8.1
per
una prevenzione dell'aids gender-oriented
Laura
Corradi
1.
Alcuni
dati sul fenomeno
Per
molto tempo l'Aids é stato presentato come una malattia che colpiva
prevalentemente gli uomini. Oggi si sa che l'Aids colpisce sempre più anche
le donne: i dati del World
Health Report 2000 Confermano
un trend in ascesa ponendo tra le cause di morte per malattia, l'Aids
come quarta causa per le donne e
come quinta causa per gli uomini.
Nella
tabella sottostante è stato messo in evidenza il confronto tra i dati 1998 ed i
dati 1999 su: " Deaths by cause, sex and mortality stratum in WHO Regions":
Dati
1998 Mortalità
per HIV/AIDS |
Dati
1999 Mortalità
per HIV/AIDS |
||
Uomini 1.164.000 |
Donne 1.121.000 |
Uomini 1.302.000 |
Donne 1.375.000 |
|
|
|
|
Source:
World Health Report 2000
Il
confronto mostra la crescita in dati assoluti delle morti per AIDS nella
popolazione generale femminile. I motivi di questa crescita, e del
"sorpasso femminile" sono da individuare
in una sottovalutazione iniziale del fenomeno e nella mancata e adeguata
ricerca dei fattori di rischio specifici per le donne.
Nell'analisi
delle statistiche suddivise per sesso ed età, l'HIV è la principale causa di
morte per uomini e donne della fascia di età 15-44 anni. Nei paesi ad alto
reddito (High Income), l'HIV non è più tra le principali 10 cause di morte,
rimanendo tale solo per i paesi a basso reddito.
Nelle
statistiche italiane, la percentuale di
casi registrati di AIDS dal 1982 al 1997 dal Centro Operativo Aids (COA)
dell'Istituto Superiore di Sanità è in prevalenza maschile (78,2%)[1].
La proporzione cambia nella fascia pediatrica: nei casi al di sotto dei
13 anni (1,5% dei casi) vi è una situazione di equivalenza tra maschi e
femmine, con una lieve maggioranza di femmine. Il tipo di trasmissione
prevalente è quello verticale: ovvero l'infezione contratta dalla madre.
La
donna quindi oltre ad essere, in determinate condizioni di rischio, vedremo più
vulnerabile all patologia, costituisce anche
il fattore di rischio principale nell'età pediatrica (trasmissione
verticale dell'infezione).
2.
Perché
le donne sono maggiormente a rischio
Nessuna
categoria di donne può essere considerata a priori fuori rischio.
Infatti, come recita uno slogan inglese, il virus non é razzista, classista, o
sessista perché può colpire chiunque: la studentessa e l'impiegata; la madre e
la tossicodipendente; la professionista e l'operaia; la nubile e la sposata; la
"prostituita" e la giovanissima alle
prime esperienze; la eterosessuale, la bisessuale, la lesbica.
Le
donne in generale sono più vulnerabili per diverse ragioni.
Durante il rapporto sessuale si creano frequentemente, per l'attrito, delle
micro-lesioni che possono mettere in contatto sangue e sperma (o sangue e
sangue, o sangue e liquidi vaginali). Le mucose interne della vagina (o
dell'ano) sono più suscettibili, rispetto alla pelle del pene, a subire
micro-lesioni durante il rapporto. Inoltre lo sperma contiene il virus in misura
molto maggiore del liquido vaginale.
3. Sulle modalità
di diffusione
Inizialmente,
nella prevenzione dell'Aids, i gruppi considerati a rischio erano tre:
tossicodipendenti, emofiliaci e omosessuali. Con il termine categoria "a
rischio" si indicano dei gruppi di persone che, per qualche ragione, hanno
una maggiore probabilità di contrarre una malattia.
Questo approccio é particolarmente valido per le malattie occupazionali
mentre mostra dei limiti se applicato all'Aids. Infatti non si possono
considerare in sé a rischio una preferenza sessuale, una malattia, e una
dipendenza da sostanze.
Chi appartiene ad una categoria "a rischio" ha una probabilità
statistica maggiore di contrarre l'Aids. Questo - per quanto riguarda
tossicodipendenti, emofiliaci e omosessuali - é vero solo se non vengono
rispettate determinate precauzioni. Quindi "a rischio" sono i
comportamenti, non le categorie sociali: é a rischio chi non si protegge
durante i rapporti sessuali (siano essi di tipo eterosessuale o omosessuale); é
a rischio chi si inietta droga con la siringa di un altro (ma anche chi si
inietta un antibiotico con la siringa di un altro); sono a rischio le
trasfusioni di sangue, se questo non viene scrupolosamente controllato, non gli
emofiliaci.
Inoltre, la prevenzione mirata a questi tre gruppi ha fatto sì che
diminuisse il rischio in queste aree - mentre si é esteso ad altre. Due grosse
lacune si evidenziano oggi nel panorama italiano:
A.
viene sottostimato il rischio per le donne sposate di contrarre la
malattia dal proprio marito.
Sono
soprattutto uomini sposati i clienti abituali di donne "prostituite".
Gli uomini, sposati o fidanzati possono fare uso (sia occasionale che assiduo)
di prostituzione senza che la moglie o fidanzata lo sospetti. Intessere una
relazione parallela può avere dei rischi mentre la prostituta non viene vissuta
come pericolosa per la stabilità della famiglia. Anche nei casi in cui un
marito frequenti sempre la stessa prostituta, la durata di tale relazione non é
percepita come un tradimento né come una alternativa al matrimonio, grazie alla
mediazione del denaro. La prostituzione é sia femminile che maschile, ma la
fruizione di sesso a pagamento da parte delle donne é molto limitata: in genere
i clienti di prostituti maschi sono altri uomini che non sempre riconoscono se
stessi come gay o bisex. Spesso sono sposati e si auto-rappresentano come
eterosessuali.
A
latere, andrebbe anche considerato il problema della violenza contro le donne,
ovvero delle varie forme di imposizione del rapporto sessuale - dalla richiesta
di una “prova d’amore” tra giovani fidanzati, al consueto pressing
maschile durante il corteggiamento, allo stupro. Il rapporto sessuale ottenuto
attraverso l’imposizione (più o meno violenta) non rispetta le esigenze della
donna ed ignora un elemento fondamentale nella prevenzione dell’Aids: conosci
te stesso e l’altra persona. L’amore imposto o rubato è frutto di rapporti
di potere fondati sull’abuso di genere, sulla fretta di consumare o sul
ricatto affettivo, sulla mancanza di consapevolezza e di rispetto per sè e per
la partner. Per questo esso difficilmente prevede l’uso di preservativo e può
essere un veicolo della patologia.
Esiste
inoltre un problema di autonomia della donna nella gestione della prevenzione,
la quale prevede l'uso del preservativo, ed è ovviamente rivolta agli uomini,
che la possono gestire direttamente ed in autonomia: le donne possono solo
contrattarla e non sempre hanno rapporti sociali, economici paritari che
permettono loro di contrattare o imporre una misura protettiva del rapporto
sessuale.
B.
Viene sottostimato il rischio di contagio attraverso i rapporti orali
sia su uomo che su donna.
I
messaggi preventivi riguardanti l'Aids in Italia spesso omettono che i rapporti
orali sono a rischio. Ma mentre per i rapporti su uomo sono già in commercio i
profilattici (ai vari sapori) per uso orale, nulla viene fatto per impedire la
trasmissione del virus durante rapporti orali su donna, siano essi contatti di
tipo eterosessuale che omosessuale.
E'
stata finora negletta nel contesto italiano una prevenzione che tenga conto
delle preferenze sessuali. Anche nel rapporto fra donne, al contrario di
pregiudizi diffusi, il rischio di contrarre l'Aids esiste: attraverso rapporti
orali il liquido vaginale infetto può entrare a contatto con le mucose della
bocca o con piccole lesioni nella cavità buccale e consentire la trasmissione
del virus.
E'
però possibile avere rapporti orali protetti attraverso l'uso di un apposito
foglietto di lattice molto sottile (già commercializzato da più di un decennio
negli Usa) che consente di non avere contatto con le secrezioni vaginali: si
chiama latex square, perché quadrato oppure dental dam (diga dentale) perché inizialmente veniva usato solo dai
dentisti durante devitalizzazioni o altre operazioni che rendevano necessario
isolare un dente dal resto.
4.
Conclusione
E'
necessario che le strutture preposte alla salute pubblica inizino un lavoro di
comunicazione preventiva ed informazione sanitaria tra le persone che offrono
sesso a pagamento - in qualsiasi forma ed a qualsiasi clientela - con modalità
culturalmente appropriate ed etnicamente sensibili.
E'
altresì necessario intensificare i messaggi indirizzati al cliente, che
funzionino come deterrenti sia rispetto all'uso di schiavitù sessuale che al
consumo di rapporti - di qualsiasi tipo - non protetti. Sarebbe importante
promuovere un cambiamento culturale atto a scoraggiare l'uso di sesso a
pagamento ed a ridurre la piaga del turismo sessuale di maschi europei nei paesi
del terzo mondo.
Occorre
inoltre sfatare il mito che i rapporti sessuali tra donne siano "safe"
e che il sesso orale in generale non costituisca comportamento a rischio.
Infine
occorre differenziare i messaggi preventivi per le donne, ponendo attenzione
all'età, all'estrazione sociale ed alle diverse preferenze sessuali.
[1] Ministero della Sanità (1999) Compendio del Servizio sanitario Nazionale anno 1997, Servizio Studi e Documentazione, Roma.