CENTRO PREVENZIONE SALUTE MENTALE DONNA

 

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

 PROGETTO FINALIZZATO 

"PREVENZIONE E CONTROLLO DEI FATTORI DI MALATTIA" 

 

 

PROGETTO FATMA

SOTTOPROGETTO "STRESS" 

 

UNITA' OPERATIVA USL 39 NAPOLI

Resp.: dr. E. Reale

 

   

        Il lavoro clinico svolto dall'1981 al 1987 sulla depressione  ed altri disturbi psichici (disturbi d'ansia, disturbi dell'alimentazione) nelle donne ha permesso di individuare i fattori di rischio collegati alla vita quotidiana.

        Il lavoro sui fattori di rischio  è stato presentato al 1 ° Seminario Internazionale sul disagio psichico organizzato  all'interno del CNR, Roma, 1988.

        Da questo lavoro prende l'avvio la ricerca che inizierà qualche anno dopo (1991) sullo stress e la vita quotidiana della donna, svolta all'interno del Progetto finalizzato FATMA del CNR.

        Raccogliamo qui tutti i passi che il nostro gruppo ha mosso nella direzione del collegamento del lavoro clinico sulla depressione (come patologa emergente e più significativa dell'universo femminile da noi indagato) e lo stress.

        Sottolineiamo qui l'importanza di questi studi che aprono il campo  alla prevenzione primaria dei disturbi psichici nella donna, vale a dire alla prevenzione che si gioca sul terreno delle condizioni e sugli stili di vita delle persone.

        Da sempre ed ancora oggi il disturbo psichico e la depressione nella donna sono collegati con i problemi ormonali e più specificamente  con i cambiamenti del ciclo ormonale. Altre prospettive di indagine psico-sociale sono scarsamente rappresentate (e scarsamente  finanziate nel mondo della ricerca).

        Ma soprattutto queste indagini che pure affermano l'importanza di fattori di rischio diversi da quelli biologici non entrano nella pratica clinica e non sono sufficientemente conosciute dalle donne e dagli operatori sanitari

    L'importanza dell' indagine e della scoperta  di fattori di rischio per la patologia psichica legati alla vita quotidiana, agli eventi, agli stili di risposta, risiede nel fatto che grazie questa prospettiva è possibile organizzare:

 - una prevenzione prima che si sviluppi la malattia, 

-  una prevenzione a misura delle persone coinvolte, che rispecchi realtà e condizioni diverse,

- una prevenzione gestibile direttamente dalle persone, 

- una prevenzione non medicalizzata che non sia  soltanto un inizio più precoce del trattamento medico/farmacologico.

         

1. I fattori di rischio  nella malattia mentale

 

2. Discussione di un  caso

 

2. Stress e condizione femminile: ampliamento del campo di ricerca

 

3. La sintesi del lavoro di ricerca negli anni 1991-93

 

 

4.I prodotti della ricerca stress: 

i questionari per l'avvio della ricerca campione-controllo

 

 


 

 

I FATTORI DI RISCHIO

Nella MALATTIA MENTALE 1

Elvira Reale

 

 

L'analisi del lavoro svolto negli anni 1981-85 con 671 donne e negli anni 1986-87 con 442 donne (in totale 1.113 utenti) ha messo in luce le specifiche situazioni a rischio presenti nella vita della donna legate  ai particolari adempimenti del  ruolo sociale e sessuale femminile.  Sono state da noi considerate specifiche situazioni di rischio quelle in cui determinati fattori, tra loro collegati all'interno di una dinamica di rapporti della vita quotidiana, sono rappresentati in modo tale da  costituire un veicolo verso la percezione e la definizione dello stato di malattia per la persona ed il suo  contesto.  L'individuazione di queste situazioni e dei fattori di cui si compongono si è resa possibile attraverso il lavoro clinico ed il lavoro di formulazione di strumenti di lettura della vita quotidiana. Dalla vita quotidiana della donna come fonte di disagio è emersa la relazione tra lavoro domestico/ extradomestico e vissuti di capacità/incapacità.

L'analisi del lavoro femminile (domestico ed extradomestico) e l'analisi dei  vissuti di capacità/incapacità è stata poi condotta attraverso l'analisi dei meccanismi domanda/risposta che vedono il contesto socio-familiare come richiedente e la donna come colei che è chiamata a rispondere.  La domanda che il contesto pone è una domanda di assunzione di compiti e responsabilità: il contesto  la pone alla donna in nome di un modello di ruolo "naturale", la maternità.  Perchè questa domanda possa essere implicata nel processo di formazione della malattia mentale essa  deve avere determinate caratteristiche che si comprendono e si giustificano solo se messe in rapporto  con il modello, in nome del quale la domanda si pone come socialmente legittima. 

Caratteristica principale di questa domanda è la richiesta di svolgere un lavoro per altri in modo gratuito, in quanto definito come lavoro svolta in nome di un sentimento o di una predisposizione naturale.  Esso è sostanzialmente un non-lavoro in quanto si inscrive nel processo stesso di identificazione individuale e sociale della donna e nel processo di acquisizione, potenziamento e sviluppo delle caratteristiche personali e biologiche di base. 

A una tale domanda che si pone come socialmente cogente è difficile sottrarsi. La donna tende poi a misurare il proprio valore sulle capacità di rispondere e soddisfare alla richiesta.  Il sistema di risposta entra in crisi quando la donna sperimenta il proprio limite nella capacità di essere  conforme alle richieste e alle aspettative del contesto. In questo caso alla domanda del contesto la donna risponde a sua volta con una richiesta di aiuto nel senso di un alleggerimento del compito.

La richiesta di aiuto non inette in crisi la legittimità della domanda ma pone una pausa nell'adempimento del  compito.  La richiesta di aiuto determina una conflittualità tra la donna ed il contesto: la definizione del conflitto, con la riassunzione del compito da parte della donna, passa attraverso il giudizio di incapacità (svalutazione) che il contesto formula nei confronti della donna.  Altri elementi entrano nel determinare la fine del conflitto con la vittoria del punto di vista del contesto:  la donna non ha altri punti di vista validati da altri gruppi di riferimento; il contesto attuale è stato scelto  in un altro momento come punto di riferimento dalla donna per validare le proprie capacità.  

All'interno di questo rapporto tra il contesto e la donna sono leggibili tutti gli elementi (fattori) che entrano nella formazione del disagio psichico e che danno luogo alla definizione della donna come persona  malata:

a. sovraccarico di lavoro e di responsabilità;

b. giudizi svalutativi del contesto; 

c. mancanza di gruppi esterni di riferimento; 

d. percezione soggettiva di incapacità; 

e. restrizione delle attività e degli interessi personali; 

f. riduzione del progetto personale; 

g. presenza di malesseri fisici. 

 

Il sovraccarico è l'elemento centrale della richiesta del contesto, accompagnato dal giudizio svalutativo  nel caso in cui la donna abbia difficoltà ad adempiere al compito richiesto. 

La risposta della donna prevede la riassunzione del compito sospeso e la condivisene del giudizio del  contesto in assenza di punti di vista alternativi validati dal altri gruppi o persone.  Effetti principali della risposta di assunzione del carico di lavoro sono: la restrizione degli spazi e degli  interessi personali; la riduzione del progetto di realizzazione personale e di dimostrazione del proprio  valore; la stanchezza sottoforrna di malesseri fisici.  La lettura di questi sette fattori avviene in una dimensione ternporale che comprende la storia persona-  le della donna.

La produzione di disagio psichico accompagnato dal giudizio di malattia mentale è relativa ad uno o più periodi della storia di una persona in cui man mano la domanda del contesto si sviluppa  e si incremento in nuovi imperativi e "dover fare".  Rispetto alla determinazione di questi fattori, la storia individuale va letta secondo un ordine di amplia-  mento progressivo dei carichi di lavoro e responsabilità.

La storia della donna sotto questo aspetto si  presenta come una serie di fasi tra le quali annotiamo: l'adolescenza (con la pre-adolescenza), il matrimonio con la maternità, la menopausa con la fine della vita riproduttiva, in cui si precisano e si definisco-  no le richieste del contesto in termini di assunzione di compiti e responsabilità per conto di altri (geni-  tori, mariti, figli, nipoti, ecc.). 

La ricerca clinica mirante a individuare il percorso di formazione del disagio e della malattia, si estende quindi in tutte queste fasi della vita della donna a partire dall'adolescenza. Nell'adolescenza infatti il  contesto sociale comincia a richiedere, in nome di un apprendistato al proprio ruolo sessuale, al ragazzo/ragazza l'assunzione dei compiti di ruolo in termini di lavoro e prestazioni d'opera.  Nell'infanzia, l'assunzione di determinati compiti di ruolo non può avere la stessa ampiezza e la medesima legittimità che tali richieste hanno nell'adolescenza. Eventuali richieste nell'infanzia potranno considerarsi come un'anticipazione di quelle adolescenziali/pre-adolesenziali: esse infatti preparano il terreno per una futura adesione alle richieste ufficiali dell'adolescenza. 

La ricerca clinica percorre quindi la storia di queste fasi e vi legge l'ampliamento dei carichi di lavoro, i  giudizi svalutativi del contesto, la presenza o meno di gruppi di sostegno, i vissuti di incapacità, la riduzione o meno degli interessi e dei progetti personali, nonchè la presenza di stanchezza e malessere fisici. Così facendo individua tutti i fattori-rischio di una situazione e li combina insieme fino a tratteggiare  in una linea continua l'eventuale percorso della donna verso la definizione di uno stato di malattia. 

Il percorso completo verso la malattia si compone esso stesso di una serie di tappe che corrispondono  all'intensità e alla quantità di disagio vissuto dalla donna in termini di sentimenti di incapacità: l'incapacità nella fase di addestramento al ruolo (l'adolescenza), l'incapacità in altre fasi della vita della donna; l'insostenibilità come percezione quasi totalizzante della propria incapacità e come tale, condizione  propedeutica dell'ammalamento. 

Queste tappe di progressivo avvicinamento alla percezione e quindi allo stato di malattia possono coincidere con fasi diverse della vita della donna (ad es.: l'adolescenza, poi il matrimonio, ed infine la maternità), oppure possono iscriversi tutte in unica fase (quella dell'adolescenza ad esempio). Il verificarsi dell'una o dell'altra possibilità dipende dal modo come si presentano i fattori di cui si è parlato. Se ad esempio nell'adolescenza alcuni dei fattori sono solo parzialmente presenti e individuano una riduzione di certe possibilità  (interessi personali, gruppi di riferimento, progetti) ma non una loro caduta totale o assenza, ecco che il  percorso verso la malattia si prospetta di più ampio respiro e può abbracciare più fasi della vita della  donna.  Nel caso in cui il percorso di malattia si dispiega lungo più fasi della vita della donna esso si presenta con la seguente tipologia di fattori, nella tappa adolescenziale:

a.         il sovraccarico di lavoro deve contenere richieste di supporto materiale o psicologico alle figure genitoriali e in particolare alla madre;

b.        il giudizio del contesto deve indurre l'adolescente ad adempiere alla funzione di sostegno richiesta e  deve rimuovere gli interessi personali in contrasto con tale funzione;

c/d.       è presente un punto di riferimento esterno al contesto familiare; grazie a questo, il giudizio di incapacità è assorbito limitatamente; 

e.          la restrizione degli spazi avviene, ma permane un atteggiamento di ribellione che tende a mantenerli  aperti anche contro le indicazioni del contesto; 

f.               le richieste del contesto con le restrizioni subite inducono la formulazione di un progetto alternativo  alle indicazioni familiari; a questo progetto è affidato il riscatto dal giudizio svalutativo del contesto e la  dimostrazione futura delle proprie capacità di riuscita in uno o più campi dell'esistenza (vita affettiva e/  o matrimoniale; maternità; studio; lavoro e carriera; ecc.); 

g.                     i malesseri fisici non interpretati come malattia psichica, ma utilizzati dal contesto per definire l'adolescente come debole, bisognoso di aiuto e protezione familiare. 

Nelle tappe successive la presenza e l'intensità di questi fattori si misura attraverso un confronto quantitativo/qualitativo con i fattori presenti nell'adolescenza e attraverso il riferimento attuale che la persona fa a quote di progetto personale ancora da realizzare e su cui fondare la dimostrazione delle risorse  e capacità individuali. 

In una fase successiva a quella adolescenziale (primi rapporti di coppia, fidanzamento, avvio all'attività lavorativa esterna, ecc.) si possono determinare ulteriori condizioni di sovraccarico e di riduzione degli spazi personali. Quando queste condizioni non sono ancora totalizzanti ma lasciano ancora spazio alla progettualità personale, la fase interessata non costituisce ancora l'ultima tappa del percorso verso la  malattia. Essa invece struttura e approfondisce ulteriormente il senso di incapacità soggettiva creando ulteriori condizioni verso la percezione di malattia. 

In una tappa di questo tipo, che abbiamo definito come tappa della formazione della " percezione di incapacità antecedente al percorso di ammalamento" si devono poter verificare le seguenti condizioni in  rapporto alla tappa dell'addestramento al ruolo:

a.b.    un incremento delle richieste di ruolo con una attribuzione di chiara incapacità alla donna nel caso  di difficoltà all'adesione/mantenimento del compito;

c.d.    mancanza di punti di riferimento al di là del contesto attuale (il contesto attuale deve coincidere con  quel punto di riferimento alternativo alla famiglia presente nella tappa adolescenziale); una restrizione  (non totale) degli spazi per coltivare interessi personali;

e.f.     una condivisione del giudizio del contesto ed in rapporto a ciò la riduzione di una o più quote del progetto adolescenziale (dimostrativo delle proprie capacità messe in discussione dal contesto familiare). 

g.       approfondimento e/o ricerca di malesseri fisici. 

 

            Infine la tappa da noi chiamata della "insostenibilità" definisce una situazione soggettiva ed oggettiva di rischio imminente rispetto alla possibilità di ammalarsi.  In questa tappa, che può coincidere con ogni fase della vita della donna, ma che più frequentemente  coincide con la fase della maternità e dell'allevamento dei figli piccoli (in presenza o meno del doppio lavoro), i fattori si presentano in questo modo:

a.b.    ulteriore e più assorbente sovraccarico di lavoro, accompagnato da un ulteriore giudizio di incapacità relativo ad un nuovo e diverso settore o campo dell'attività della donna; 

c.d.    mancanza di gruppi esterni di riferimento e caduta del sostegno da parte del contesto di riferimento  alternativo a quello familiare nell'età adolescenziale; chiusura di ogni spazio per coltivare interessi personali (confronto operato sulla base della storia precedente); 

e.f.     fallimento del progetto dimostrativo (adolescenziale), assunzione del giudizio di incapacità e permanenza di un'unica possibilità (aspetto, settore ecc.) per dimostrare il proprio valore; 

g.       presenza di una stanchezza generalizzata, senso di fatica, pesantezza, rallentamento.

 

Dalla situazione da noi definita come di insostenibilità, il passaggio alla esperienza ed alla definizione   soggettiva/oggettiva di uno stato di malattia è relativamente breve: esso avviene attraverso la caduta  di quest'unica possibilità di realizzazione cui viene, in modo concentrato, affidata la dimostrazione delle proprie capacità.   

 

L'ingresso nell'ottica della malattia determina un capovolgimento del punto di vista della donna: la vita quotidiana con le sue difficoltà ed i suoi conflitti perde valore e l'attenzione si concentra sulla valutazione dei disturbi fisici e sulla rappresentazione di sé come persona malata. Il malessere fisico e la stanchezza saranno ora percepiti, non più nel contesto degli accadimenti quotidiani, ma isolati, privi di collegamenti con la propria vita e tali da essere giustificati solo col ricorso al concetto di malattia: essi diventano così non più segnali di intolleranza a determinati rapporti della vita quotidiana ma sintomi di una qualche patologia.     

Anche i fattori-rischio, in quanto collegati alla vita quotidiana perdono di visibilità nell'ottica della malattia: essi diventano illeggibili proprio perchè la malattia azzera ogni motivo e ogni ragione di malessere  proveniente dal contesto di vita.   

Per questi motivi l'analisi dei fattori-rischio avviene secondo due modelli relativi a due diversi obiettivi  e finalità:   

-         il lavoro clinico con la persona che definisce la propria condizione come malattia;

-         il lavoro di prevenzione in soggetti con situazioni a rischio come adolescenti, donne con particolari sovraccarichi (doppio-lavoro, figli piccoli, ecc.) ecc..     

Nel primo caso il lavoro è individuale e parte dall'ottica della malattia e dalla esplorazione dei sintomi fisici/psichici così come la persona li percepisce e corno li ha codificati (in genere la codifica è omogenea a quella psichiatrica ufficiale e dipende dall'iter che la persona ha avuto all'interno dell'istituzione medico/psichiatrica).

Il lavoro inoltre sarà indirizzato al recupero dei fattori di rischio attraverso la lettura dei rapporti della vita quotidiana. Si ripercorreranno le fasi della vita della persona maggiormente interessate da sovraccarichi e da richieste del contesto (analisi della vita quotidiana e della storia personale) e si traccerà a ritroso, partendo dalla definizione di malattia, un percorso di individuazione delle tappe (incapacità nella fase di addestramento al ruolo, incapacità in altre fasi, insostenibilità) nelle quali si è presentato e sviluppato l'insieme dei fattori di malattia (analisi della percezione di malattia).   

Nel secondo caso il lavoro è con gruppi e verte sulla individuazione dei fattori di rischio presenti nella fascia di età e nella fase di vita rappresentato dal gruppo (omogeneo). Con i gruppi si utilizzerà un questionario aperto, comprendente situazioni concrete rappresentative degli specifici fattori di rischio, che    sarà poi sottoposto all'attenzione e discussione collettiva.    Il lavoro di individuazione dei fattori di rischio per la patologia mentale all'interno della popolazione  femminile ha comunque una più ampia collocazione. Esso riguarda tutti i soggetti sociali, che seppure    limitatamente per un periodo della vita, o per una determinata condizione economica, o per collocazione sociale, si trovano a rivestire una posizione di subordinazione e di dipendenza dagli interessi altrui.   

Il modello della "maternità" come modello di comportamento sociale in virtù del quale è previsto l'accantonamento delle proprie esigenze a favore dei bisogni altrui, può riguardare non solo le donne (che  restano comunque l'incarnazione completa del modello), ma tutti quelli che rivestono posizioni subalterne.   

La "maternità" come sinonimo di rapporti di dipendenza e tutela, all'interno dei quali colui che è dipendente e bisognoso di tutela viene richiesto di una serie di compiti, non considerati come lavoro, ma come prestazioni naturali fornite nell'interesse dello sviluppo, della realizzazione personale.  

 I fattori di rischio da noi individuati si collocano in linea generale in questi tipi di rapporti: essi riguardano le donne in maniera più esauriente e totalizzante ma anche altre categorie di persone.

 

 


Il caso clinico e la rappresentazione

deI fattori di rischio nel percorso di ammaliamento

 

Vogliamo ora esemplificare il discorso con l'esposizione di un caso clinico rappresentativo di quella condizione femminile a rischio di cui si è parlato.

Si tratta del caso di una donna coniugata ( Silvia, clicca qui per il caso in extenso) con tre figli al di  sotto dei 14 anni, con un lavoro esterno, che arriva al Servizio a 34 anni, dopo l'ultima maternità.  All'esposizione del caso seguirà la presentazione dello schema del percorso di ammalamento della donna con l'individuazione dei fattori di rischio.  Il caso clinico rappresenta anche la metodologia di intervento del Servizio donne: il percorso tracciato non è quello che la donna aveva in mente all'inizio del rapporto terapeutico ma esso stesso è frutto del  lavoro di ricostruzione ,fatto insieme alla operatrice del Servizio, che riguarda le richieste del contesto  e la rinuncia a causa di esse dei propri spazi e progetti. 

La ricostruzione della storia con l'individuazione della dinamica di rapporto reale tra la donna ed il contesto è parte integrante del percorso di uscita dalla percezione di malattia e dal sintomo. Come conseguenza di un cambiamento della lettura della propria storia si hanno anche mutamenti nell'organizzazione della vita quotidiana e modifiche di atteggiamento verso le figure del contesto di vita (marito, figli,  suocera). Anche in questo caso ve ne sono stati, ma non sono qui esposti, ed hanno permesso alla donna l'abbandono dell'ottica della malattia attraverso una revisione dei progetti adolescenziali e attraverso  la strutturazione di una condizione di vita più alle sue esigenze attuali.

Lo schema che riportiamo di seguito rappresenta la storia di Silvia nelle tappe salienti del suo percorso di ammalamento (le due fasi dell'insostenibilità: 1982-85) fin al settembre 1985, data in cui inizia quella riflessione cruciale sulla propria rinuncia, incapacità, che si conclude nel gennaio 1986 con l'arrivo al Servizio e con la preoccupazione di una propria malattia.

 Il cambiamento del punto di vista è rappresentato dalla svolta del percorso: Silvia quando arriva al Servizio non riferisce più le difficoltà della vita quotidiana presenti e passate ma riferisce solo il proprio sintomo (le dimenticanze, e la paura della perdita di memoria) come interruzione patologica della propria funzionalità psico-fisica.

Per Silvia ciò che è accaduto precedentemente nella sua storia ha perso significato e non viene messo in relazione con l'attuale malessere. L'intervento del Servizio donne punta al contrario a questa ricostruzione del legame tra sintomo e storia e rimette in discussione i rapporti della donna con il suo contesto nell'ambito di tutta la storia personale.

Si individuano così nello schema anche le tappe precedenti al percorso di ammalamento: i primi anni di matrimonio e l'adolescenza con il rapporto con la madre. Per ogni tappa sono riportati gli eventi e le relazioni con il contesto suddivise e inquadrate nelle sette condizioni di rischio che abbiamo precedentemente elencato.

Si evidenzia così come già nell'adolescenza vi sia un sovraccarico relativo alla funzione di supporto nei confronti della madre, e in relazione a ciò una parziale chiusura degli spazi amicali con eccezione del rapporto di fidanzamento. Successivamente il rapporto col fidanzato/marito sarà caricato di gran parte della progettualità personale e questa sarà investita della necessità di dimostrare alla madre le proprie capacità di riuscire nel campo affettivo/sessuale, ambito in cui la ragazza era stata maggiormente sottoposta a critica.

Ed è proprio questo progetto dimostrativo, vissuto come privo di alternative, a venir pian piano meno negli anni futuri. D'altra parte negli anni seguenti il sovraccarico si mantiene costante e riguarda la funzione materna: a Silvia, che pur lavora, non è consentito (da se stessa e dagli altri) di sentirsi esonerata dal lavoro domestico che ritiene di dover fare con massimo impegno e gioia, forse anche maggiore di altre donne perchè lavorando pensa di sottrarre del tempo ad una funzione considerata primaria.

Nel momento della riflessione sul malessere fisico Silvia ha completato tutto il percorso del restringimento degli spazi ed interessi personali, si trova ulteriormente sovraccaricata dall'ultima maternità, ha perso il progetto di un rapporto di coppia soddisfacente e paritario, è stata per questo giudicata incapace dagli altri e poi anche da se stessa, ed infine perde anche la sua ultima parte del progetto: "una buona lavoratrice ".

Il rischio di malattia presente fin dall'adolescenza con il sovraccarico materno, il restringimento degli spazi amicali e l'elaborazione di un progetto dimostrativo, si attualizza all'epoca dell'ultima maternità. In questa epoca per Silvia i campi in cui erano presenti i fattori di rischio hanno raggiunto il loro massimo valore rispetto alla caratteristica che li contraddistingue: un sovraccarico che si aggiunge agli altri; una totale limitazione degli interessi personali, una mancanza totale di ogni punto di riferimento esterno alla famiglia attuale, una percezione negativa di sé in tutti i campi, fallimento di ogni parte del progetto personale; condivisione dei giudizi del contesto; riflessione sul proprio corpo come non funzionante, evidenziazione dei disturbi fisici come una patologia.


Percorso di ammalamento di Silvia

 

 

 

 


XY = cambiamento/ribaltamento del Punto di vista del soggetto.

Dalla insostenibilità alla malattia

  j

 

 

 Cambiamento del punto di vista: dalle difficoltà della vita quotidiana ( scontri, fallimenti , ecc.) ai sintomi psico-fisici. Dalla insostenibilità alla malattia.

Iniziano le dimenticanze, comincia la riflessione su un corpo che non funziona, allarme e panico per la paura di perdere il lavoro. Abbandono del lavoro e contatto con un Servizio specialistico

 

Gennaio 1986

 

 

 

 

(asse cronologico su cui si situano gli eventi sottostanti)

Settembre 1985

 

 

 

   

 

 

 

   

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

f f f f f f f

2° FASE DELLA INSOSTENIBILITÀ (1985)

Sovraccarico = accudimento figlio, mancanza di aiuto, doppio lavoro .               Giudizio dei contesto =  giudizi svalutativi della suocera e della madre "Sei pazza, non sei capace, devi farlo tu".              

 Restrizione delle sfere personali = rinuncia agli hobbies,   agli straordinari lavorativi, alle passeggiate.              

Assenza di gruppi esterni = mancano amicizie di supporto.             

percezione soggettiva = assunzione del giudizio esterno "io  non sono capace di essere una buona madre".             

Riduzione del progetto = fallimento del progetto di una nuova maternità, riduzione alla sola sfera lavorativa.              

Malesseri fisici = stanchezza

1° FASE DELLA INSOSTENIBILITÀ (1982-84)

Ultimo scontro con il contesto per l'affermazione del proprio punto di vista e del progetto personale = scontro con   il marito per l'affermazione di un rapporto di coppia fondato sulla fedeltà e sincerità, rottura del rapporto con  il marito, abbandono della casa.          

Giudizio del contesto = incapacità ad essere una buona moglie tollerante verso il marito.          

Mancanza di gruppi esterni = nessun rapporto di sostegno esterno alla famiglia allargata          

Percezione di sé = condivisione del giudizio familiare " non   sono una buona moglie"          

Riduzione del progetto =  rientro in casa e rinuncia al progetto di un rapporto d'amore e fedeltà, mantenimento della  quota di progetto relativa alla maternità "se non sono  una  buona moglie sarò almeno una buona madre e una buona           lavoratrice".

 

FASE DELL'INCAPACITÀ IN ALTRE TAPPE DI VITA ( primi anni di matrimonio)

Sovraccarico di lavoro = lavoro domestico che si aggiunge   al lavoro esterno con il matrimonio.          

Giudizio di incapacità del contesto = devi svolgere il lavoro in casa totalmente, se ti rifiuti sei incapace (suocera).          

Restrizione delle sfere personali e mancanza di punti   esterni di riferimento =il lavoro domestico e quello esterno le impediscono di coltivare e iniziare rapporti esterni.          

Percezione di sé = accettazione del punto di vista del contesto.          

Riduzione del progetto = rinuncia al rapporto paritario.

Presenza di malesseri/ malesseri fisici aspecifici.

 

FASE DELL'ADDESTRAMENTO AL RUOLO (adolescenza)

Sovraccarico di lavoro = supporto amicale della madre. (giudizi del contesto svalutazione estetica e caratteriale

Restrizione delle sfere, limitazione alla sfera scolastica

Mancanza di supporti: senza rete amicale, solo il fidanzato.

Percezione  di sé: conforme al giudizio del contesto

Progetto personale: dimostrativo delle capacità "buona madre e buona lavoratrice" (modello materno)cori l'aspirazione a divenire compagna perfetta del future marito (diversità dalla madre).

Malesseri tristezze, pianti, mal di testa .

 

 


[i] L’articolo è tratto da: “ Atti del I° Seminario Internazionale sul Disagio Psichico della Donna”, CNR, Roma 1989, pagg. 326-338