Resp.: dr. E. Reale
La 2° Linea guida
La percezione di malattia ed il sintomo:
oltre
l'inquadramento diagnostico-nosografico
Dopo la fase dell'accoglienza e la
scelta dell'intervento inizia un percorso individuale che segue alcune tappe
codificate : la prima tappa è costituita dall'analisi del sintomo, la
seconda tappa dall'attraversamento della storia personale e dal
riconoscimento dei fattori che all'interno della vita e delle relazioni
quotidiane hanno concorso alla formazione della percezione di malattia.
Parliamo più propriamente di
percezione di malattia e di disagio per indicare con maggiore chiarezza che
il campo psichico è costituito per la massima parte
da ciò che il soggetto sente ed esprime; anche l'ascolto dei sintomi
in questo campo è veicolato necessariamente da ciò che il soggetto vive ed
esperisce. Questa particolarità del campo psichico, definita
approriatamente anche nei criteri diagnostici presenti nel DSMIV, conduce
l'operatore a privilegiare l'ascolto e la narrazione del soggetto come
strumento principale di conoscenza della condizione di disagio. Rispetto ad
altre patologie la narrazione del soggetto non può essere sostituita o
avvalorata da indagine oggettive e strumentali.
Il concetto di percezione
di malattia rinvia alla mediazione insostituibile nella relazione con il
paziente che è l'esperienza percepita e narrata; per questo nell'ambito
dell'intervento psicologico-clinico parleremo non più di malattia
tout court ma di percezione di
malattia e di percorso di ammalamento per individuare le tappe
storicamente determinate che conducono alla percezione di un disagio
psichico.[1]
La
prima tappa dell'intervento è
la conoscenza del sintomo attraverso il confronto del tecnico con la
percezione di malattia dell'utente. Questa tappa dell'intervento coincide
con l'ultima tappa del percorso di formazione della malattia dal punto di
vista della storia della persona.
Conclusa la fase dell'accoglienza e
della prima valutazione con l'inquadramento generale dei sintomi e della
condizione di vita, fase essenziale alla individuazione del contesto della
condizione di malessere, si apre la strada dell'approfondimento del
malessere dal punto di vista della percezione e dei vissuti della persona,
il sintomo cioè come sofferenza soggettiva. Questa tappa è propedeutica
all'inserimento del sintomo nella vita della persona ed al suo collegamento
con la storia della persona che si attua nella fase della conoscenza del
"percorso di ammalamento"( Cfr.: Linea-guida n.3).
Il sintomo
psichico nella percezione soggettiva del paziente
Il sintomo in sè non si accompagna
sempre alla percezione di malattia, perchè questo avvenga sono necessarie
due condizioni :
§
la intensità e la
frequenza del sintomo devono interferire con l'andamento della vita
quotidiana in modo tale da costituire ostacoli e creare disfunzionalità ;
§
il sintomo deve sfuggire
al sistema di controllo del soggetto che non riesce a mettere in atto
strategie adeguate di fronteggiamento.
Noi tutti abbiamo esperienza
dell'ansia, di momenti di panico, di insicurezza, di paure immotivate, ma
tutti questi sintomi se non superano una determinata soglia di intensità e
frequenza e se sono inseriti in un sistema strategico di controllo che li
contiene non dà luogo a quel giudizio soggettivo (percezione) di malattia
(ovvero di incontrollabilità) che è necessario per determinare una
richiesta di aiuto al tecnico.
Per questi motivi il sintomo ha
sempre una storia che è importante rintracciare con una fase di passaggio
fondamentale:
-
dalla capacità di gestione e controllo
-
alla fase della ingovernabilità.
Raccomandazione
generale
E'
opportuno superare il pregiudizio che la condizione di malattia si
instauri in un determinato momento senza ritenere che dietro vi sia sempre
un processo di formazione rintracciabile attraverso la lettura della
storia personale.
Bisogna
quindi valutare bene e dare il giusto peso ad affermazioni del tipo:
"Prima andava tutto bene, ovvero non c'era alcun malessere e poi
improvvisamente......." Questa affermazione ovviamente riguarda sia
la vita quotidiana sia lo stesso sintomo: ambedue sono sotto osservazione
per individuare attraverso la loro interrrelazione la presenza di zone
di disagio esistenziale pre-esistenti alla richiesta di aiuto.
Il vissuto
soggettivo correlato alla percezione del sintomo
La percezione di malattia nasce quando in rapporto a sensazioni
spiacevoli già precedentemente sperimentate, ma non con la stessa intensità
e frequenza, si sperimenta per la prima volta una soglia-limite, quello del
non controllo e della mancanza di padronanza.
La persona sperimenta, al di là di
questa soglia sempre soggettivamente determinata, due tipi di sensazioni
prevalenti:
-
sensazioni legate al corpo con una percezione di minaccia e morte
fisica;
-
sensazioni legate alla mente con una percezione di morte psichica
(mancanza e/o perdita di: motivazioni, piacere, desideri, progetti, ecc.).
In generale le sensazioni legate
alla mente possono avere avuto e contenere sul piano storico anche le
sensazioni di minaccia fisica ( ansia, somatizzazione, fobie, ossessioni,
ecc.). Da questa esperienza della limitazione della vita e della propria
funzionalità ad opera di un sintomo, che inizialmente si percepisce
corporeo ( ovvero con sede nel corpo fisico), può provenire poi alla
persona la sensazione successiva di morte psichica.
In
base a queste esperienze e sensazioni possiamo quindi individuare e codificare due condizioni soggettive di
malessere:
a.
un malessere attribuito
ad un corpo percepito come macchina che si rifiuta di funzionare e che è
sfuggito al controllo. Si inseriscono qui tutte le sensazioni e percezioni
di malessere corporeo e ad esse collegate
le sensazioni psichiche di allarme, paura, minaccia.
L'associazione di queste sensazioni con situazioni e luoghi in
cui tendono a verificarsi ed a ripetersi produce le cosiddette
condotte di "evitamento" ( fobie) con lo scopo di allontanare e
prevenire le sensazioni "spiacevoli".
b.
Un malessere attribuito
alla mente percepita in situazione di stallo
e di perdita di funzionalità con vissuti connotati nel modo
seguente:
-
perdita della sicurezza e della fiducia in sè, perdita del
rapporto di certezza con sè ( chi sono?, che senso ho, ecc.);
- demotivazione
e mancanza di desideri;
- facile
stancabilità,"tutto costa fatica";
- senso di morte
e di perdita riferito a se stessi ( non mi
riconosco più, non servo più a niente,
meglio morire)
Questi vissuti
caratterizzati in modo chiaramente depressivo hanno due possibili origini:
-
come conseguenza di problemi relativi a sintomi precedenti,
determinati in genere da una cronicizzazione del sintomo e dalla
conseguente perdita di importanti spazi e ruoli sociali;
-
come conseguenza diretta dei problemi della vita quotidiana non
riconosciuti come generatori di disagio, o riconosciuti come tali ma
percepiti come immodificabili
Il sintomo e la
sua fenomenologia nel percorso di formazione all'interno della vita
quotidiana
Si possono rintracciare due diversi
stadi del sintomo relativamente alla loro fenomenologia
e funzionalità.
Tutti i sintomi costituiscono,
abbiamo visto, esperienze personali e soggettive di malessere. Ciascun
individuo di fronte ad esso assume comportamenti se non di risoluzione
almeno di adattamento e controllo.
Se
queste strategie, di adattamento e controllo sono a lungo soddisfacenti , o
non interferiscono con le funzioni principali, o ritenute tali, esse possono
a mantenersi a lungo e non ostacolare la persona.
Le limitazioni che da queste
condotte provengono sono inserite in stili di vita che riescono a contenerli
senza particolari o evidenti o costosi problemi personali e relazionali.
Queste limitazioni sono comunque rintracciabili e danno segni evidenti
relativi alla presenza di ansia, insicurezza, difficoltà personali ( di
accettazione, affermazione, realizzazione) e relazionali ( di
contrapposizione del proprio sistema di bisogni con quello altrui).
Queste strategie, che la persona ha
adottato nel corso della sua vita, sono utili segnali per la definizione
della storia del malessere e della sua origine e per la misurazione della
loro gravità in termini di sedimentazione dell'esperienza e radicamento del
comportamento.
Tutti i sintomi possono avere avuto un percorso di formazione antecedente.
In generale un sintomo ha una storia un percorso anche in riferimento
alla propria modalità di essere: un sintomo ossessivo combatte una
insicurezza circa l'adempimento di compiti e responsabilità di cui si è
spesso impropriamente sovraccaricati, un rituale serve ad allontanare il
pericolo di comportamenti personali "pericolosi" in condizioni di
conflitto tra la dimensione del dovere fare ( per ruolo, per modelli, per
pressioni) e del non voler fare; il comportamento bulimico risolve il
conflitto tra il desiderio di mangiare ed il perseguire un valore estetico;
il comportamento anoressico riduce il problema della visualizzazione dei
segni distintivi del proprio sesso,
un comportamento depressivo è un ritiro dalla attività, uno stand
by in situazione di eccesso di fare ed agire in mancanza di
"interruttori conosciuti e abilitati allo scopo".
1.
Analisi dei
comportamenti e stili di vita che sottostanno alla formazione del sintomo:
il percorso "pre-sintomatico"
Comportamenti e stili di vita che
favoriscono lo sviluppo di una formazione sintomatica futura e che
rispondono all'esigenza soggettiva di contenimento e controllo di un
malessere esistenziale:
Ø
diete e comportamenti
alimentari di controllo e contenimento del corpo dentro limiti percepiti
come accettabili e socialmente favoriti.
Ø
Comportamenti che
riguardano la scelta di un partner dello stesso sesso: come evitamento delle
ansie/angoscia/stress relativi alla relazione eterosessuale.
Ø
Comportamenti rivolti
alla scelta di partners finalizzati a ricevere
supporto psico-affettivo compensativo
di vicende affettive padre-madre squilibrate.
Ø
Comportamenti ripetitivi
e di controllo della vita quotidiana, percepiti come liberamente scelti in
un sistema di tutela personale.
Ø
Comportamenti di
passività e inerzia;
Ø
Comportamenti altamente
specializzati e finalizzati alla costruzione di progetti percepiti come
unici e/o come fortemente correlati con la realizzazione della propria
identità personale.
Ø
Comportamenti di
evitamento della fatica e/o dei problemi
Ø
Comportamenti di
aggiramento dei problemi attraverso la formazioni di dipendenze: esempio,
abitudine ad assumere sostanze (farmaci, droghe, eccitanti), fuga da casa e
iperattività, gregarismo, ecc.
L'analisi di questi comportamenti
definisce una prima area di sintomi che non vengono portati all'attenzione del
tecnico perchè essenzialmente non sono collegati all'esperienza di un
malessere da parte del soggetto. Essi sono vissuti come strumenti che
aiutano a superare le difficoltà, controllati dal soggetto, utili allo
scopo personale.
Tali comportamenti insorgono più
tipicamente nell'adolescenza 13-19 anni e nella post-adolescenza 20- 26 anni, essi sono possono essere definiti come strategie di coping inappropriate rispetto a eventi e vicende affettive e sociali
percepite come onerose. [2]
Ma anche nell'età adulta si
osservano comportamenti di questo tipo, se pensiamo ad alcuni comportamenti
legati al ruolo materno: eccessiva cura dell'ordine e della pulizia,
eccessiva cura e controllo dei
figli, pensieri di allarme rivolti a prevedere ed evitare eventi negativi;
la scarsa propensione o la carenza di uscite da casa per mantenere il
controllo ed i compiti legati al materno, ecc..
Oppure se pensiamo al ruolo
maschile: eccessiva attenzione alla potenza ed alle prestazioni sessuali,
eccessivo investimento sulla carriera, eccessivo controllo degli altri per
mantenere il dominio, ecc.
Il percorso "pre-sintomatico"
segnala atteggiamenti, comportamenti relazionali, stili di risposta che pur
avendo un valore di tutela e di difesa ( così infatti sono percepiti)
risultano inappropriati ed onerosi in termini di precarietà del benessere
psicofisico.
2.
Il manifestarsi del
sintomo ed suo collegamento con gli stili di vita adottati precedentemente
Solo in una seconda fase, in concomitanza con altre vicende ed
eventi che stimolano la persona
ad attivare ed approfondire il comportamento scelto come fronteggiamento
delle difficoltà esistenziali-relazionali, un comportamento asintomatico può
raggiungere il valore tipico (la soglia) del sintomo ovvero quei caratteri
che abbiamo già descritto di incontrollabilità, indesiderabilità
e percezione di anormalità.
Ogni persona porta all'attenzione
del tecnico un sintomo quando esso non riesce più ad essere inserito in uno
schema di fronteggiamento personale del disagio come ad esempio l'ansia, il
panico, la depressione, oppure nel momento in cui esso è sfuggito al
controllo e alle pratiche soggettive di contenimento: solo ad esempio quando una dieta,
il vomito, l'abbuffata, un rapporto sentimentale - omosessuale o
eterosessuale che sia- , un rituale, un comportamento di evitamento, una idea
diventa centrale, e sfugge al controllo e solo quando la persona si riscopre dipendente, asservita ad essa
senza più cioè quella possibilità di gestione autonoma.
Ogni sintomo, in maniera più o meno
chiara ha dietro di sè comportamenti quotidiani pre-sintomatici che
segnalano al soggetto o a chi gli sta intorno una organizzazione del
quotidiano non congeniale e non salutare. Molte delle difficoltà che si
incontrano nel trattamento psicologico e clinico sono da collegare a
questi percorsi antecedenti alla formazione del sintomo stesso ed ai suoi
collegamenti con stili e atteggiamenti più antichi.
La comprensione di questi percorsi
antecedenti ci permette di diagnosticare meglio qualità e consistenza della
formazione sintomatica attuale e cogliere meglio, vale a dire con una
maggiore prossimità alla origine, i collegamenti di essa con le relazioni e
gli eventi della vita quotidiana.
Il percorso pre-sintomatico si
caratterizza rispetto al sintomo come la formazione di un sistema di
dipendenza personale da qualcosa o da qualcuno, il sintomo rappresenta
invece la rottura della relazione della dipendenza come esplosione di
angoscia ed ansia, o vissuti di morte e di fine in rapporto alla mancanza di
altri sistemi di riferimento che diano sicurezza.
Il sintomo fornisce quindi un
orientamento clinico per la comprensione di un sistema personale e
relazionale di crisi, di un equilibrio saltato. Il percorso all'origine del
sintomo segnala gli eventi concreti, gli accadimenti quotidiani, le
relazioni ed i vissuti di essi che possono far risaltare i
fattori responsabili , all'interno della vita quotidiana, della
rottura di un equilibrio.
Definizione delle
due sequenze utili alla ricognizione della condizione sintomatica espressa
dall'utente
1.
La individuazione del
percorso sperimentato dall'utente all'ingresso nella percezione di malattia
Per tutti i sintomi in sintesi vale lo stesso
processo di formazione all'interno della percezione di malattia:
-
Esperienza di perdita di
padronanza e del controllo di sensazioni e di vissuti, percezioni e
comportamenti.
-
Percezione di modifica
del rapporto con la realtà: perdita dell'automatismo nel fare le cose,
tutto deve ora essere pensato, richiede attenzione, sforzo.
-
Percezione di stanchezza
e logoramento.
-
Percezione di un
cambiamento personale: non sono più come ero prima, sono diversa da prima e
sono diversa dagli altri.
-
Ricerca di attribuzione
del cambiamento al sistema della malattia come elemento estraneo, esterno
cioè alla propria vita.
-
Richiesta di aiuto al
tecnico ( medico, psichiatra, psicologo).
2.
Le tappe dell'analisi
del sintomo da parte del tecnico
L'analisi del sintomo deve contenere
sia il riferimento al percorso di formazione retrostante , sia il
riferimento all'attualità, e cioè:
-
una precisa
individuazione del comportamento di dipendenza che ha preceduto la
formazione del sintomo, la sua collocazione nella storia personale.
-
Il collegamento di
questo comportamento con specifiche vicende di limitazione dell'autonomia
personale.
-
La individuazione del
momento (prima situazione concretamente descrivibile e collegabile con
eventi recenti) in cui il comportamento pre-sintomatico
diviene sintomo, sfuggendo al sistema di controllo personale.
-
La raccolta dei sintomi
così come elencati e percepiti dall'utente
analizzando e mettendo in evidenza:
a.
la tipologia del
sintomo;
b.
il carattere di passività
o attività connessa in riferimento alla percezione di soggezione o di
gestione e controllo del sintomo;
Raccomandazione di genere
Risulta essere un pregiudizio di genere considerare che i sintomi
passivi (malessere subito) sia caratteristico delle donne e quello attivo
( malessere agito) sia caratteristica del genere maschile. I sintomi
psichici come abbiamo visto hanno per tutti, uomini e donne,
caratteristica di controllo e dominio in una fase, ed in un'altra hanno
per tutti le caratteristiche di soggezione e dominazione.
Eventualmente la connotazione passiva o attiva può riguardare il
contenuto e la manifestazione del malessere - in genere iperattivo nel
comportamento fobico-ossessivo e carente di attività in quello depressivo
- che non ha differenze tra uomini e donne se non nel fatto che le donne
sperimentano più sintomi ansiosi, e più sintomi depressivi.
c.
la percezione di
inabilitazione connessa (sentimenti di incapacità, disabilità,
debolezza);
d.
gli effetti del sintomo
nella vita quotidiana e nelle relazioni affettive e sociali, con particolare
riferiemento alle perdite lamentate a causa del sintomo. E' importante
conoscere cosa in concreto il sintomo interrompe e cosa fa cambiare, che non
era già cambiato prima;
e.
il modello di malattia
psichica posseduto dall'utente ( esperienze familiari di malattia,
interventi inappropriati di altri tecnici precedenti, idee veicolate dai
mass media) che può
condizionare negativamente l'approccio tecnico e creare ostacoli
all'intervento.
Da
inserire nell'intervento
Alcune volte, questi comportamenti e
stili di vita possono costituire dei problemi per la persona ed essere
portati in discussione ad un tecnico o ad un Servizio psicologico per
ottenere un aiuto.
E' importante non sottovalutare una
richiesta di aiuto fatta senza che sia ancora comparso un sintomo , ma solo
su una difficoltà o su un
problema relazionale su uno stile di vita che si comincia a percepire
inappropriato.
Questo tipo di rischiesta senza un
sintomo o una evidenza patologica, non trova sempre servizi adatti a dare
risposte appropriate: la nostra organizzazione sanitaria è orientata sulla
cura delle patologie e meno sulla prevenzione.
Per l'individuazione di questi
comportamenti e stili di vita disfunzionali allo sviluppo delle risorse di
una persona è bene operare con una metodologia di gruppo e con una
metodologia che punta alla diffusione più larga di informazione presso le
Istituzioni, in primis la scuola, e presso le famiglie.
i due modelli
di malattia mentale nella
psichiatria moderna |
|
modello medico: (Charcot) Gall, Moebius,
Kraepelin, Bleuler |
modello psicologico: (Charcot), Bernheim, Janet,
Breuer, Freud |
ò separazione tra normalità e
patologia ò Il medico guarda il malato: raccoglie l'insieme di sintomi
per individuare la sindrome o
malattia |
ò continuità tra normalità e
patologia ò il
medico ascolta il malato: interpreta il sintomo fisico
come segnale del mondo interno (psichico) del paziente
|
[2]
Questi comportamenti costituiscono un'area di intervento
preventivo di grande importanza soprattutto nell'adolescenza e nella
post-adolescenza: possono infatti dare indicazioni su stili di vita e su
scelte che non rispettano i bisogni di benessere della persona e che
hanno un'alta probabilità di far sviluppare malessere e sintomi. Essi
inoltre nell'adolescenza possono costituire quei segnali indispensabili
per comprendere un percorso di vita prima che si innesti, come
inspiegabile, una risposta estrema a corto circuito.