MASCHIO E FEMMINA: I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO NELL'ADOLESCENZA

DIRETTORE DELLA RICERCA: dr. Elvira Reale

 

Capitolo 2

 

LE PRINCIPALI LINEE DI RICERCA SUL DISAGIO ADOLESCENZIALE

 

di

 

Vittoria Sardelli

 

 

1.            LA  DEPRESSIONE: EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

 

            E’ ormai noto che la Depressione è una patologia molto diffusa nella popolazione. I suoi effetti in termini di costi soggettivi e sociali (abuso di farmaci, ricoveri, assenze dal lavoro e dalla scuola, interruzioni di attività produttive, suicidio ecc.) sono molto alti e definiscono una situazione di allarme avvertita e affrontata dall’OMS, dalle istituzioni e organismi sanitari deputati alla tutela della salute attraverso l’intensificazione di misure preventive specifiche.

 

 

1.1            L'epidemiologia

 

            In questo lavoro riteniamo utile segnalare che da vari e recenti studi clinici ed epidemiologici passati in rassegna risulta che:

 

a.       la depressione è più comune tra le donne che tra gli uomini;

b.      l’età d’esordio è prevalentemente l’adolescenza;

c.       i tassi di prevalenza e di incidenza della depressione nell’adolescenza sono più alti per le femmine che per i maschi

 

            In un recente documento “Psycosocial and Mental Health Aspect of Women’s Health” elaborato dall’OMS in collaborazione con il "Key Centre of Women’s Health in Society" di Melbourne si evidenzia che il numero di donne con disturbi mentali è maggiore di quello degli uomini. Si afferma, inoltre, che quello della salute mentale è uno dei problemi d’area più importanti per le donne e, all’interno di quest’area, la depressione è la patologia di maggior rilievo (Visconti, 1997, Reale 1982, 1987, 1994, 1998b).

Dagli studi epidemiologici esaminati risulta che la percentuale di donne che hanno sofferto di depressione in periodi della loro vita varia dal 2% al 25% e la differenza nell’incidenza della depressione tra uomini e donne si rende evidente già nell’adolescenza.

Recenti ricerche su popolazioni di teenagers di sesso femminile indicano una prevalenza  (casi per un anno) di circa il 17% di disturbi ansiosi depressivi (Visconti, 1997).

            In particolare i risultati di alcuni studi epidemiologici sulla depressione nella popolazione generale mostrano un crescente aumento della prevalenza della depressione e indicano le donne adulte e giovani come fasce di popolazione a rischio più elevato rispetto alle altre fasce. Un recente lavoro di ricerca epidemiologica condotto presso l’Harvard Medical School e il Massachussetts General Hospital di Boston (USA) sull’andamento della prevalenza della Depressione mostra un aumento del 5% dal 1970 al 1992 che ha interessato in particolare le donne più giovani (Murphy et al, 2000).

Conferme, sull’alta prevalenza della Depressione nelle donne adulte e adolescenti, provengono anche da numerosi ricercatori che si sono occupati delle differenze di genere nelle sindromi psichiatriche.

            Tra questi citiamo Susan Nolen Hoeksema (Nolen-Hoeksema, 1990) che ha analizzato uno studio condotto nell’80 dal National Institute of Mental Health su 9453 persone in tre città degli Stati Uniti alle quali era stata somministrata la "Diagnostic Interwiew Schedule".

            Dai dati risulta che la percentuale di donne, con una diagnosi di depressione emessa nei sei mesi precedenti la somministrazione dell’intervista, è più alta (4%) di quella degli uomini (1,7%) al di là dell’età dei soggetti intervistati. La Nolen aggiunge che la differenza rispetto al sesso, per quanto riguarda i sintomi depressivi, non emerge nell’infanzia e nella preadolescenza.

                     Nell’adolescenza, invece, la variabile di genere diventa significativa: la percentuale di ragazze con depressione risulta più alta rispetto a quella dei coetanei maschi. Da altre ricerche su campioni di preadolescenti la percentuale dei maschi rispetto a quelle delle femmine risulta più alta, in relazione ai disturbi depressivi. I risultati di una ricerca condotta da Anderson e colleghi nell’87 (Anderson et al., 1987) su 792 ragazzi (maschi e femmine) di undici anni mostrano che al 2% dei maschi e solo allo 0,5% delle femmine corrispondeva una diagnosi di depressione. Questa proporzione cambiava in senso inverso per i soggetti adolescenti: su un campione di 150 ragazzi dai 14 ai 16 anni gli stessi ricercatori rilevarono solo il 2,7% dei maschi depressi contro il 13,3% delle femmine.

            L’anno precedente queste ricerche, Kandel e Davies (1986) in uno studio su 762 adolescenti dai 15 ai 16 anni avevano trovato che il 23% delle ragazze e solo il 10% dei ragazzi riportava sintomi depressivi a livello moderato o/e severo.

                     Riportiamo altri dati sulla prevalenza della depressione nell’adolescenza, forniti dal Report 1999 on  Mental Helath della direzione del Servizio Sanitario Pubblico degli USA (Surgeon General, 1999):

·        Depressione Maggiore: si arriva ad una prevalenza in un anno dell’8,3%      

·        Disordine Distimico:  la prevalenza è stata stimata del circa 3%.

Nel rapporto si segnala, inoltre, una uguale distribuzione di frequenze sia per i maschi che per le femmine durante l’infanzia fino alla preadolescenza mentre si  raddoppia per le ragazze a partire dai 15 anni d’età.

                     Risultano in linea con questa affermazione gli studi di Hawkin e Abramson (1999) del Dipartimento di Psicologia dell’Università del Wisconsin (USA). Essi sottolineano uno sviluppo delle differenze di genere nella depressione dei bambini e degli adolescenti e affermano che la differenza di genere (più ragazze che ragazzi depressi) appare emergere distintamente con la pubertà.

            In un recentissimo lavoro condotto presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Pittsburgh (USA) sui tassi di Depressione Maggiore in fasi diverse dell’adolescenza (Cyranowski et al., 2000) si afferma che i ragazzi in età prepuberale sono più inclini alla depressione rispetto alle loro coetanee.

Durante l’adolescenza avviene invece un marcato cambiamento: tra gli 11 e i 13 anni questa tendenza si inverte. Intorno ai 15 anni d’età le ragazze che hanno avuto un episodio di Depressione Maggiore sono circa il doppio rispetto ai maschi e questo “gap di genere” persiste per successivi 35-40 anni.

            Altri studi epidemiologici condotti di recente in Norvegia sulla prevalenza e l’età di esordio dei disordini psichiatrici (Sandanger et al., 1999) confermano che la depressione e l’ansia prevalgono nelle donne  (donne 21,5% - maschi 11,5%) e che l’età di esordio si è abbassata.

Pancheri nel suo volume “Depressione: cento domande, cento risposte” (Pancheri, 1998) riporta dati di studi epidemiologici sulla depressione che indicano una maggior frequenza della patologia nelle donne rispetto agli uomini. Questa distribuzione riguarda le due forme di depressione più comuni: la Distimia e la Depressione Maggiore.

            In particolare risulta che la Distimia compare nelle donne con una frequenza due o tre volte superiore rispetto a quella degli uomini e che la Depressione Maggiore si manifesta con un rapporto donne-uomini pari a 2:1 (Pancheri, 1998).

            Questi dati concordano con quelli forniti dal Diagnostic and Statical Manual of Mental Disorders (DSM IV), (American Psychiatric Association, 1999) in cui si afferma che “le donne hanno probabilità doppia rispetto agli uomini di sviluppare un Disturbo Distimico” e che “la prevalenza del Disturbo Depressivo Maggiore in campioni di comunità varia dal 5% al 9% per le donne e dal 2% al 3% per gli uomini (American ibidem, 1999).

            Da questi studi risulta inoltre che l’adolescenza è in generale una fase di vita in cui un soggetto ha maggiore probabilità di sviluppare un disturbo depressivo e che il primato in relazione alla frequenza dei disturbi depressivi spetta alle donne non solo in età adulta ma anche in età adolescenziale.

            Nel DSM IV si legge infatti che il "Disturbo Depressivo Maggiore" (singolo o ricorrente) è due volte più comune nelle femmine adolescenti e adulte che nei maschi adolescenti e adulti (American ibidem, 1999).

 

1.2.      I fattori di rischio della depressione

 

         In relazione all’insorgenza della Depressione in età adolescenziale le ricerche epidemiologiche e cliniche passate in rassegna hanno indicato una vasta gamma di fattori di rischio  correlabili a ipotesi eziologiche diverse tra loro.

 

Tra i fattori di rischio maggiormente evidenziati segnaliamo i seguenti:

 

Il genere femminile

                    Epidemiologi e clinici concordano sul dato che il numero di ragazze con disturbi depressivi è superiore a quello dei maschi della stessa fascia d’età.

 

I cambiamenti ormonali della pubertà

            La ricerca neurobiologica evidenzia che durante la pubertà avvengono dei cambiamenti ormonali che oltre a produrre marcate trasformazioni fisiche e caratteristiche sessuali specifiche per ciascun genere incidono sul funzionamento cerebrale e possono influenzare l’umore modulando il “release” di alcuni neurotrasmettitori associati con l’umore, in particolare, la norefrinefrina e la serotonina (Kandel et al., 1998).

 In particolare l’elevata complessità dei cambiamenti nei livelli di estrogeni, progesterone e di altri ormoni femminili provocherebbe l’esordio della depressione nelle adolescenti e spiegherebbe il dato epidemiologico di una maggiore morbilità delle femmine rispetto ai coetanei maschi.

            Questa spiegazione “ormonale” della depressione femminile è ampiamente accettata in campo medico ma, come rilevano altri numerosi ricercatori, a tutt’oggi non risulta ancora supportata da prove validabili scientificamente.

 

Lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie

            Alcuni ricercatori ipotizzano che lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie influenzi, in maniera più significativa del cambiamento ormonale, lo sviluppo emozionale degli adolescenti e che quelle caratteristiche inciderebbero sull’autostima in maniera diversificata rispetto al genere (Brooks-Gunn, 1988).

            Infatti le ragazze valuterebbero negativamente i cambiamenti fisici che  accompagnano la pubertà. Esse soffrirebbero per l’aumento di peso adiposo e per la perdita  dell’immagine snella e longilinea del periodo prepuberale, idealizzata dalla moda.

            I ragazzi, al contrario, sarebbero soddisfatti dell’aumento della massa muscolare e degli altri cambiamenti puberali del loro corpo; a sua volta il gradimento della propria immagine corporea risulterebbe più strettamente correlato all’autostima nelle ragazze che nei ragazzi per cui atteggiamenti negativi nei riguardi dei cambiamenti fisici apportati dalla pubertà produrrebbero nelle ragazze bassi livelli di autostima e quindi una maggiore vulnerabilità alla depressione.

 

La predisposizione genetica

            Diversi studi sulla ereditarietà della depressione evidenziano che la frequenza  delle forme depressive nei parenti di 1° grado (genitori, fratelli e figli) dei pazienti affetti da depressione è maggiore di quella che si osserva nel resto della popolazione.

            La frequenza globale di concordanza per i gemelli monozigoti è all’incirca del 50%; la frequenza per i gemelli dizigoti è all’incirca del 10%. I gemelli omozigoti allevati separatamente hanno una concordanza che va dal 40% al 60% simile a quella dei gemelli allevati insieme (Kandel et all, 1998).

 

L'alcolismo o l'abuso di droghe dei genitori

                     L’alcolismo o l’abuso di droghe di uno o di entrambi i genitori sono considerati fattori ostacolanti nei figli lo sviluppo di strategie di coping e di abilità sociali e quindi produrrebbero vulnerabilità alla depressione (Martin, 1995).

 

La depressione della madre

            È' più probabile avere una madre depressa che non un padre essendo la depressione più comune nelle donne che negli uomini. La depressione materna, secondo numerosi ricercatori, può aumentare nei figli adolescenti il rischio di insorgenza di disturbi depressivi.  

            Oltre che con spiegazioni genetiche di cui si è detto prima, questo dato viene spiegato, dalle ricerche psicosociali, in termini di risposta soggettiva dell’adolescente ad un contesto ambientale negativo (Martin, 1995).

La disfunzionalità familiare e lo stile dei genitori

            È stata identificata una stretta relazione tra disfunzionalità familiare e disordini depressivi negli adolescenti. La qualità della relazione familiare è associata alla presenza negli adolescenti della depressione, dello stato di non salute o/e di comportamenti di acting-out.

                    Adolescenti con relazioni familiari non compatte hanno riportato una prevalenza di depressione, tre volte superiore a quella degli altri coetanei.

 

Eventi di vita

            La ricerca psicosociale ha correlato all’insorgenza nello sviluppo dei disturbi depressivi negli adolescenti alcuni eventi di vita (life event stressors) che possono essere vissuti come trauma e che comunque richiedono notevoli sforzi adattativi in quanto producono incisive e repentine modificazioni nell’esistenza dell’adolescente

Tra gli eventi di vita più frequentemente segnalati troviamo:

-          la perdita di un genitore

In molte ricerche viene sottolineato il peso esercitato dalla morte di un genitore nell’insorgenza della Depressione Maggiore nell’adolescente.

Alcuni ricercatori come Brown e Harris (1979) considerano in particolare la morte della madre prima degli undici anni come un fattore di vulnerabilità alla Depressione in età adulta, nel caso in cui la perdita sia seguita da situazioni di carenze di cure e di relazioni significative (Brown and Harris, 1979).

-           Il divorzio dei genitori

Da alcuni studi longitudinali risulta che la Depressione è più comune anche se lievemente, negli adolescenti figli di divorziati. Studi ulteriori hanno poi sottolineato la funzione di protezione dalla depressione svolta da una relazione intima nel contesto di una storia di divorzio tra i genitori (Martin, 1995).

-          Le violenze sessuali e i maltrattamenti fisici

La letteratura su queste tematiche evidenzia che le violenze sessuali e i maltrattamenti subiti nell’infanzia e nell’adolescenza possono scatenare, nell’immediato, risposte patologiche e/o agiscono da incubatori di futuri disturbi psicofisici in età adulta, tra cui i disturbi depressivi (Mary Seeman, 1995).

Alcune ricerche retrospettive sugli effetti in età adulta delle violenze e dei maltrattamenti subiti in adolescenza indicano che il numero di adolescenti femmine vittime delle violenze è maggiore di quello dei coetanei maschi e che questo dato sarebbe correlabile al fenomeno della maggiore diffusione  della depressione nella popolazione femminile adolescente ed adulta rispetto a quella maschile.

L’American Psychological Association (APA 2000) segnala che circa il 37% delle donne ha subito violenze prima dei 21 anni e che questo dato rappresenta solo una  sottostima del fenomeno.

Anche Patrizia Romito (Romito, 2000) in un suo recentissimo lavoro sulla violenza segnala che le violenze sessuali perpetrate sui minori oltre che a provocare immediate reazioni psicofisiche tra cui la depressione rendono le vittime, una volta diventate adulte, soggetti ad alto rischio di depressione e/o di altre patologie.

Riteniamo utile riportare una tabella elaborata dall’autrice che raccoglie i risultati di varie ricerche internazionali sulla violenza sessuale su bambine e adolescenti.

 

VIOLENZE SESSUALI SU BAMBINE ED ADOLESCENTI

 

S. Francisco (Russell, 1986), 930 donne, campione rappresentativo. 

Violenze subite prima dei 12 anni

Violenza sessuale in famiglia   12%

Violenza sessuale fuori dalla famiglia   20%

Violenza sessuale dentro o fuori la famiglia   28%

 

USA (Finkefhor et al, 1990), 1481 donne,

campione nazionale. Interviste telefoniche

Violenze subite prima dei 18 anni

Stupro   15%

 

Nuova Zelanda (Mulien et al, 1996), 497 donne

Interviste personali

Violenze subite prima dei 16 anni

Violenze sessuali   25%

Penetrazione o contatto genitale continuativi   11%

 

Australia (Fleming et al, 1997), 71 0 donne,

campione nazionale.

Violenze subite prima dei 16 anni   20%

 

Italia (Cafaro, 1992), 1317 donne,

campione autoselezionato.

Questionari autocompilati.

Violenze subite prima dei 16 anni

Violenza sessuale in famiglia    10%

 

 

 La perdita di un legame affettivo e il fallimento negli studi

Le statistiche forniscono dati allarmanti sui suicidi e i tentativi di suicidio compiuti dagli adolescenti in seguito soprattutto a tali eventi.  Il suicidio è la terza causa di morte nei giovani dai 15 ai 24 anni, con una punta tra i 15 e i 19 anni per le femmine e intorno ai 20 anni per i maschi (American Academy of Pediatrics, 2000).

 

Alcune caratteristiche della personalità

I ricercatori che ipotizzano un collegamento tra specifici stili di personalità e sviluppo della depressione individuano tale collegamento in personalità di adolescenti caratterizzate da mancanza di assertività, pessimismo, dipendenza e tendenza a rimuginare sulle cose.

            Queste caratteristiche di personalità possono ostacolare l’attivazione delle risorse dell’adolescente per affrontare adeguatamente eventi di vita stressanti producendo risposte di tipo depressivo.

            Alcuni studi rilevano che la passività e il “ruminative style of coping” è prevalente nelle donne adulte e adolescenti (Hoeksema et al., 1991).

            Inoltre le adolescenti con stile di personalità di tipo ruminativo risulterebbero più depresse dei coetanei maschi (Girgus et al., 1991).

            Le caratteristiche di personalità implicate nella depressione sarebbero correlabili all’influenza dei modelli educativi tradizionalmente improntati per le donne alla dipendenza, alla passività e alla repressione (Reale, 1998).

 

La bassa autostima

            In quasi tutte le ricerche psicologiche passate in rassegna l’autostima e la depressione risultano inversamente proporzionali.

            La bassa autostima è riscontrabile in adolescenti con situazioni familiari difficili, genitori alcolisti o tossicodipendenti e in adolescenti che hanno subito abusi sessuali. In queste situazioni un fattore che contribuisce al mantenimento della bassa autostima e quindi incide indirettamente sulla depressione è la solitudine.   Solitudine e basso livello di autostima costituiscono fattori predittivi della depressione nell’adolescenza (Martin, 1995).

 

 

 

2.                  DISTURBI D'ANSIA NELL'ADOLESCENZA: EPIDEMIOLOGIA

E FATTORI DI RISCHIO

 

 

2.1            Epidemiologia

 

I Disturbi d’Ansia rappresentano alcuni dei più comuni disturbi in età adolescenziale con una prevalenza nel corso della vita di circa il 10% (Essau et al., 1999).

            Dagli studi epidemiologici e clinici passati in rassegna risulta, infatti, che la maggior parte dei disturbi classificati come Disturbi d’Ansia iniziano a manifestarsi e si sviluppano nell’adolescenza e in età giovanile, inoltre, sono più frequenti nella popolazione femminile rispetto a quella maschile (American Psychiatric Association, 1999).

L’età adolescenziale e il sesso femminile sono indicati dagli epidemiologi come fattori di rischio per i Disturbi d’Ansia più frequenti.

Per sostanziare queste affermazioni riportiamo raccolti in una tabella, alcuni dati epidemiologici desunti dal DSMI IV e da altri studi riguardanti i Disturbi d’Ansia più comuni.

 

 

 

 

 

DISTURBI D'ANSIA

                               

Disturbi

Caratteristiche collegate al genere

Prevalenza nel corso della vita

Età d'esordio più frequente

 

 

 

Disturbo di Panico con Agorafobia

 

Disturbo di Panico senza Agorafobia

 

 

 

 

 

Frequenza di diagnosi tripla nelle femmine

 

Frequenza doppia nelle femmine rispetto ai maschi

 

 

 

 

1,5% - 3,5%

 

 

 

 

 

 

 

 

Picco nell’adolescenza

(può esserci un secondo picco verso i 35 anni)

Fobie specifiche

Sono più comuni nelle femmine che nei maschi

9% in un anno su campioni comunitari

Infanzia ed adolescenza

Fobie sociali

Maggiore frequenza di diagnosi nelle femmine rispetto ai maschi

Dal 3% al 13% nel corso della vita

Adolescenza  (verso i 15 anni) vedi nota 3 e intorno ai 20 anni d’età

Disturbo ossessivo compulsivo

(Doc)

Uguale distribuzione nei due sessi

Prevalenza nel corso della vita del 2,5%. Prevalenza in un anno del 1,5% - 2,1%

Età giovanile (con picchi in adolescenza) l’esordio è anche frequente nell’infanzia

Disturbo post-traumatico da stress

1,2% nelle femmine

0,5 nei maschi

Dall’1% al 14% nel corso della vita

Qualsiasi età

Disturbo d’ansia generalizzata

Presenza di circa 2/3 di femmine nella distribuzione tra i sessi

3% in un anno

5% nel corso della vita

Adolescenza ed infanzia

 

Un altro disturbo molto frequente nell’adolescenza è il Disturbo d’Ansia da Separazione inquadrato nel DSM IV nella categoria dei Disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’Infanzia, nella Fanciullezza e nell’Adolescenza.

 L’esordio compare prima dei diciotto anni e spesso precede lo sviluppo di Disturbi dell’Umore e dei Disturbi di Panico.

Anche questo disturbo risulta più frequente nelle adolescenti femmine che nei maschi ai quali però è diagnosticato prima.

E’ stata calcolata una prevalenza media del disturbo di circa il 4% dei soggetti minori di diciotto anni.

 

 

2.2            I fattori di rischio dell'ansia

 

            Le ricerche sui fattori di rischio dei Disturbi d’Ansia nell’adolescenza, come nelle altre tappe di vita, partono da ipotesi eziologiche di tipo biologico, genetico o di tipo psicosociale, molto diverse tra loro e spesso contrapposte.

Raggruppiamo pertanto i fattori di rischio più frequentemente segnalati dalle ricerche prese in esame in fattori biologici, genetici, e fattori  psicosociali.

 

Fattori biologici

Le ricerche che presuppongono una eziologia biologica dei Disturbi d’Ansia individuano in alterazioni della funzione sinaptica la base matrice di questi disturbi che sarebbero localizzati in regioni cerebrali specifiche (Mary V. Seeman, 1995).

Mentre Freud riteneva che l’Io fosse il "sito psicologico" dell’ansia, i ricercatori neurobiologici hanno identificato il sito nel “Locus Ceruleus” (Kandel et al., 1998) e, soprattutto per quanto riguarda i disturbi di panico, ritengono che l’attività che avviene in questo sito sia la principale responsabile dei Disturbi d’Ansia. Inoltre le donne adolescenti ed adulte presenterebbero una particolare vulnerabilità biologica all’ansia durante la fase premestruale per gli effetti bioattivi delle variazioni ormonali sui neurotrasmettitori, a partire dalla pubertà (Gabbard, 1995).

 

Fattori genetici

In alcune ricerche sulla familiarità sono state osservate associazioni tra i Disturbi d’Ansia in campioni di adolescenti e psicopatologie, stile di vita e comportamento dei loro genitori.

I risultati hanno evidenziato forti associazioni tra i disturbi dei figli e quelli dei loro genitori soprattutto per quanto riguarda i soggetti con diagnosi di Fobia Sociale (Cook et all, 1990).

 Ricerche di tipo genetico mostrano anche che nei figli di genitori con disturbi di panico il rischio di sviluppare Disturbi d’Ansia è cinque volte maggiore di quello dei soggetti con genitori senza Disturbo di Panico (Lieb et al., 2000).

Altri studi effettuati su coppie di gemelli monozigoti sembrerebbero confermare un’importante influenza genetica anche nel Disturbo Ossessivo Compulsivo.

 

 

 

Fattori di Comorbilità

Vari ricercatori hanno focalizzato l’attenzione sulla compresenza dell’ansia e altre patologie psichiche e/o fisiche e sulle loro reciproche influenze.

            Da alcune di queste ricerche risulta che la frequenza dei disturbi ansiosi sarebbe molto alta nei soggetti depressi (Gabbard, 1995) e in quelli con alcune malattie fisiche di tipo cronico e/o con deficit nutrizionali. Allo stato attuale, tuttavia, la natura delle interrelazioni tra fattori di rischio biologico e fattori di rischio psicosociale e ansia non è stata ancora ben chiarita, anzi, dai risultati di alcune ricerche sembra che i fattori di rischio psicosociali siano migliori predittori dei Disturbi d’Ansia rispetto a fattori di rischio biologico (Masi et al., 2000).

 

Eventi stressanti

Tra i fattori segnalati dalle ricerche di tipo psicosociale troviamo i “Life events stressors” in particolare alcuni eventi esistenziali che nella scala di Holmes e Rohe  (Burlew et al., 2000) vengono definiti eventi stressanti personali.

            Essi hanno la stessa forza d’impatto e imprevedibilità e il carattere traumatico degli eventi stressanti cataclismici. Costituiscono situazioni di minaccia per il benessere dell’individuo e di rottura del precedente equilibrio in quanto impongono richieste di adattamento forzoso che inducono difficoltà nell’attivazione di risposte adeguate.

        Riportiamo alcuni degli eventi stressanti personali segnalati da Holmes e Rohe (Invernizzi, 2000).

 

 

Separazione dal partner                                                                      

Morte di un familiare stretto

         Grave lesione personale o malattia

Matrimonio

Riconciliazione con il partner                                                             

Significativa modificazione della salute o del comportamento di un membro della famiglia                                                                   

Gravidanza                                                                                              

Problematiche sessuali                                                                            

Acquisizione di un nuovo membro della famiglia (nascita, adozione, trasferimento  di familiare)                                                    

Significativa modificazione delle attività lavorative

Significativa modificazione delle mansioni (sia in senso positivo sia in senso negativo)                                                                 

Morte di un amico                                                                                     

Cambiamento di lavoro                                                                                                                                            

Inizio o cessazione delle attività scolastiche                                           

Cambiamento significativo importante nelle condizioni di vita (nuova casa, degradazione)                                                                      

Revisione delle abitudini personali (abbigliamento, amicizia)                

Cambiamento di residenza                                                                      

Cambiamento di scuola                                                                            

Cambiamento importante nel tipo e nella quantità delle attività di svago                                                                                       

  Cambiamento importante nell'attività sociale

Cambiamento importante nelle abitudini di sonno (molto più o molto meno sonno)                                                             

 Cambiamento importante delle abitudini alimentari                               

 

 

 

 

 

In generale sono considerati correlabili ai Disturbi d’Ansia degli adolescenti eventi stressanti a carattere traumatico come:

-                     la perdita di un genitore o di un familiare stretto che vediamo associata, in misura maggiore, anche alla depressione;

-                     il divorzio/separazione dei genitori.

Molti autori identificano, infatti, nello stress conseguente alla rottura dell’unione familiare un alto fattore di rischio per lo sviluppo dell’ansia nei figli.

            Questa, inoltre, risulta collegata, soprattutto negli studi sui Disturbi Postraumatici da Stress, a eventi traumatici come violenze sessuali ed incesti.

            La popolazione minorile ed adulta che risulta essere più esposta a questa tipologia di eventi traumatici, e quindi più al rischio di sviluppare ansia o altre patologie, è quella femminile (American Academy of Pediatrics, 2000).

            Altri eventi considerati stressors nella vita quotidiana dell’adolescente sono, oltre il cambiamento di scuola, il cambiamento di amici e l’aumento delle prestazioni scolastiche.

            La ricerca psicosociale considera, come fattori di rischio per questi disturbi anche un alto livello di aspettative genitoriali sulle prestazioni scolastiche dei figli. Esse agirebbero da pressioni favorenti nei ragazzi risposte di tipo ansioso, disfunzionali al raggiungimento degli obiettivi su cui sono puntate le aspettative familiari.

 

Fattori di personalità

In campo psicologico è stata esaminata la correlazione dei disturbi con alcuni fattori della personalità. Questo tipo di correlazione è stato individuato prevalentemente in adolescenti che presentano inibizioni comportamentali, timidezza, mancanza di assertività, dipendenza (Essau, Petermann,1999).

            In alcuni studi sulle differenze di genere nello sviluppo dei Disturbi Ansiosi si ipotizza che questi fattori di personalità, individuati prevalentemente nelle adolescenti, siano dovuti al condizionamento dei modelli sociali di ruolo improntati alla passività per le donne e alla competizione per gli uomini ( Seeman, 1995).

 

 

 

 

3.                ANORESSIA - BULIMIA NERVOSA: CRITERI DIAGNOSTICI,  EPIDEMIOLOGIA  E FATTORI DI RISCHIO

 

 

Mentre gli altri gruppi campione della ricerca sono formati da adolescenti di entrambi i sessi, il gruppo con disturbi dell’alimentazione include solo adolescenti femmine. Questa composizione è stata determinata dalla mancanza di maschi adolescenti con diagnosi di disturbo dell’alimentazione non solo presso il nostro Servizio ma anche nei reparti e negli ambulatori delle Cliniche Universitarie e nei Servizi di Salute Mentale della ASL Na 1 dove abbiamo reperito una parte degli adolescenti per la formazione dei gruppi con patologia. Questa assenza può interpretarsi come conferma evidenziata in epidemiologia, della maggiore diffusione dei disturbi dell’alimentazione nella popolazione femminile rispetto a quella maschile.

                     L’Anoressia nervosa (AN) e la Bulimia nervosa (BN) vengono infatti indicate dalla letteratura scientifica, come patologie quasi esclusivamente femminili che esordiscono e si manifestano prevalentemente nell’adolescenza e presentano un andamento crescente dei livelli di incidenza.

 

 

3.1              Criteri diagnostici

 

Secondo i criteri diagnostici del DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali che fornisce un codice nosografico internazionale di questi disturbi) (DSM IV 1999), i criteri necessari per emettere una diagnosi di Anoressia Nervosa sono:

a)                         rifiuto di mantenere un peso corporeo nella norma con peso al di sotto del 15% rispetto a quello minimo per l’età e la statura

b)                         paura intensa di aumentare di peso, anche se si è sottopeso

c)                         distorsione della percezione corporea o ruolo importante del peso e della figura fisica nel determinare la valutazione di sé

d)                         amenorrea (assenza di tre cicli consecutivi).

 

Si parla inoltre di AN di tipo restrittivo se il calo di peso è ottenuto prevalentemente attraverso il digiuno, la dieta o l’eccessiva attività fisica, e di AN di tipo purging se avvengono abbuffate seguite da condotte di eliminazione (vomito auto indotto, lassativi e diuretici).

 

       I criteri per la diagnosi di Bulimia Nervosa sono:

a)                         presenza di abbuffate compulsive

b)                         attivazione di comportamenti compensativi inappropriati per evitare l’aumento di peso (vomito autoindotto, abuso di lassativi e/o diuretici)

c)                         frequenza delle abbuffate e delle condotte compensatorie di almeno due volte la settimana negli ultimi tre mesi

d)                         ruolo importante del peso e della figura fisica nel determinare l’autostima

e)                         il disturbo non si verifica esclusivamente in caso di Anoressia Nervosa.

 

La paura di ingrassare è il sintomo comune sia all’Anoressia  che alla Bulimia.

            I sottotipi della BN si distinguono in base alla presenza di condotte di eliminazione compensatorie e senza condotte di eliminazione ma solo attraverso il digiuno o l’attività fisica eccessiva.

            Le forme di Anoressia e Bulimia che rispondono solo ad alcuni ma non a tutti i criteri nosografici richiesti sono classificati come disturbi NAS (non altrimenti specificati).

            Nella selezione dei nostri campioni di ricerca ci siamo attenuti ai criteri previsti per la diagnosi di AN e BN e pertanto sono state escluse le adolescenti che presentavano disturbi alimentari NAS e le adolescenti con Being Eating Disorders (BED).

        I BED sono disturbi alimentari subclinici (abbuffate senza compensazioni inappropriate) diffusi in maniera allarmante nella popolazione femminile e in                     particolare tra le teenagers, essi sono oggetto di osservazione scientifica in quanto spesso anticipano lo sviluppo dei più gravi disturbi del comportamento alimentare.

 

3.2              Epidemiologia  dei disturbi alimentari

 

A.     Anoressia Nervosa

 

Fino a cinquant’anni fa l’Anoressia Nervosa  era considerata una malattia rara e diffusa tra le giovani donne di classi sociali elevate.

                    L’aumento è iniziato dopo la seconda guerra mondiale e si è intensificato a partire dagli anni settanta coinvolgendo tutte le classi sociali.

            I risultati di varie ricerche epidemiologiche e studi clinici passati in rassegna indicano un notevole aumento del fenomeno negli USA, nell’Europa occidentale, in Giappone e, anche se di grado minore, in Europa orientale.

            La prima documentazione formale dell’aumentata incidenza di questa patologia fu fornita nel 1970 dallo psichiatra svedese Sten Theander (Theander, 1970) che esaminò gli archivi dei dipartimenti medici e psichiatrici delle due maggiori cliniche universitarie del Sud della Svezia,  per il periodo 1930-60.

                   Dall’esame dei dati risultò una quintuplicazione dell’incidenza del disturbo in circa trenta anni. Altre numerose indagini condotte successivamente nel campo della ricerca epidemiologica confermano l’aumento dell’incidenza del disturbo.

Gordon (Gordon, 1991) in un suo studio sulle radici socioculturali dei disturbi dell’alimentazione parla di “epidemia sociale” di questi disturbi per il loro esplosivo incremento. Egli inoltre ipotizza che il fenomeno Anoressia sia sottostimato in quanto i dati sulla incidenza e la prevalenza sono di solito ricavati dalle casistiche cliniche e pertanto si riferiscono solo alle situazioni più gravi e vengono esclusi  tutti i casi non trattati.

                    Un’adeguata informazione sulla diffusione dei disturbi viene data, secondo Gordon, solo dalle ricerche su campioni casuali a rischio (le adolescenti) che evidenziano anche diversi e molteplici gradi di questi disturbi.

            Tra gli studi epidemiologici sui disturbi dell’alimentazione condotti dai ricercatori italiani citiamo quello di Cuzzolaro  (Cuzzolaro et al., 1990) che attraverso la somministrazione  dell’ Eating Attitude Test (E.A.T.) di Garner e Garfinkel (Garner et al., 1982) su un ampio numero (4435) di adolescenti (età media 16,5) fanno risultare una prevalenza in un anno nell’ambito di una popolazione femminile di 0,8% di Anoressia mentale e 1,03% di Bulimia.

Selvini Palazzoli (1998), in un recente lavoro di ricerca clinica sui disturbi dell’alimentazione, li definisce “malattie sociali” che si manifestano nelle ragazze con una frequenza di circa dieci volte maggiore rispetto ai maschi.

            Questi invece ricorrono all’uso di sostanze stupefacenti otto volte in più delle femmine.

                   Secondo l’autrice i disturbi alimentari rappresentano l’attuale “male delle donne” che nel secolo scorso era invece rappresentato dall’isteria.

            Per meglio illustrare quanto finora detto sull’Anoressia Nervosa riportiamo le tabelle elaborate da Cuzzolaro, tratte dal “Trattato di Psicopatologia dell’Adolescente” (Pissacroia, 1997) che raccolgono i risultati di importanti ricerche internazionali sulla prevalenza e l’incidenza di tale patologia .

 

Tab. A   Studi sull'andamento dell'incidenza per anno dell'Anoressia Nervosa.

 

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1° autore           Periodo          Area                     Campione                per 100.000

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Theander            1931-60     Sweden                 (popolazione generale)           0,24

Theander            1951-60     Sweden                 (popolazione generale)           0,45

Jones                  1960-69     U.S. (New York)  (donne 15-24)                         0,55

Jones                  1970-76     U.S. (New York)  (donne 15-24)                         3,26

Willi                   1956-58     Switzerland          (popolazione generale)           0,38

Willi                   1963-65     Switzerland          (popolazione generale)           0,55

Willi                   1973-75     Switzerland          (popolazione generale)           1,12

Willi                   1983-85     Switzerland          (popolazione generale)           1,43

Willi                   1956-58     Switzerland          (donne 12-25)                         3,98

Willi                   1963-65     Switzerland          (donne 12-25)                         6,79

Willi                   1973-75     Switzerland          (donne 12-25)                        16,76

Willi                   1983-85     Switzerland          (donne 12-25)                        16,80

Lucas                  1935-84    U.S. (Rochester)   (pop. Femminile generale)    14,60

Lucas                  1935-39    U.S. (Rochester)   (pop. Femminile generale)    16,60

Lucas                  1950-54    U.S. (Rochester)   (pop. Femminile generale)      7,00

Lucas                  1980-84    U.S. (Rochester)   (pop. Femminile generale)    26,30

Lucas                  1935-84    U.S. (Rochester)   (donne 15-19)                        69,40

Lucas                  1980-84    U.S. (Rochester)   (donne 15-19)                      155,90

Lucas                  1935-84    U.S. (Rochester)    F: M = 8,1:1

Lucas                  1980-84    U.S. (Rochester)    F: M = 11,6:1

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Tab. B Studi sulla prevalenza dell'Anoressia Nervosa. I valori si riferiscono, in percentuale, a campioni di donne adolescenti e adulte giovani, nella maggior parte dei casi studentesse.

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1° Autore         Paese               Anno             Altri criteri             DSM-III   DSM-R

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Crisp                 UK                   1976              1,0  (scuole private)

                                                                        0,2  (scuole pubbliche)

Button              UK                   1981, 1988    0,2 - 0,4                             0,2

Szmuckler        UK                   1983              1,1  (scuole private)

                                                                        0,14(scuole pubbliche)

Ballot               South Africa     1981                                                            3

Rastam             Sweden            1985                                                        0,84  

Giliberg           Sweden             1986                                                            8

Cuzzolaro        Italy                  1988, 1992                                                         0,4-0,36

Culiberg          Sweden             1988                                                                        0,26

Ben Tovim     Australia            1989                                                                          0,1

Toolstrup        Denmark           1990                                                                          0,5

Whitaker         US                     1990                                                                          0,3

Manara            Italy                  1991                                                                        0,22

Dolli                Italy                  1991                                                                          0,2

Lucas               US                    1991                                                                        0,48

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3.3            Epidemiologia della Bulimia Nervosa

 

La Bulimia che letteralmente significa “fame da bue” è una sindrome di interesse scientifico più recente rispetto a quello per l’Anoressia. Una delle prime descrizioni delle sue manifestazioni fu fatta da  Russel che nel 1979 definì la Bulimia “un’inquietante variante dell’Anoressia Nervosa"  (Russel, 1979).

            E’ diffusa nelle varie classi sociali degli USA, dell’Europa occidentale e del Giappone, mancano dati attendibili sulla sua diffusione in altri Stati.

            E’ stata descritta come un “disturbo epidemico nascosto” (Gordon, 1991) nel quale solo un esiguo numero di soggetti giunge alle cure mediche e dove, a differenza dell’anoressia, i sintomi possono essere mascherati da un’apparente normalità.

 

Prevalenza : il DSM IV riporta una prevalenza tra l’1 e il 3% di Bulimia nella popolazione di adolescenti e giovani adulti di sesso femminile.

            In Italia da uno studio di prevalenza su 4429 soggetti adolescenti (età media 16 anni ½) è stata estrapolata l’1,03% di prevalenza (in un anno) del disturbo bulimico in una popolazione femminile.

            Altri studi indicano una prevalenza di 0,5-1% per l’Italia del Nord, 0,7-1% per l’Italia centrale, 1,7% per l’Italia del Sud.(Guardini,1999).

            Il fenomeno Bulimia è oggetto di ampia osservazione soprattutto in America che risulta essere il paese a maggior diffusione di questa patologia. Secondo alcuni epidemiologi circa due milioni di ragazze e giovani donne americane presenterebbero problemi di Bulimia clinicamente significativi.

 

Incidenza: 0,9% (1990) della popolazione femminile. Negli anni ’80 c’è stata, probabilmente, una sopravvalutazione dell’incidenza che risultava del 2% della popolazione femminile a causa dell’inclusione nelle indagini anche di sintomatologie subcliniche.

 

Popolazione a rischio: la ricerca epidemiologica e clinica concordano sul definire soggetti a rischio le adolescenti e le giovani donne. Nove bulimici su dieci sono di sesso femminile.

 

Età d’esordio: in media l’età di esordio della BN si colloca tra i 16 e i 25 anni con picchi a 17-18 anni.

 

                   Riportiamo, come per l’AN la tabella di M. Cuzzolaro, (1997), che raccoglie i risultati di varie ricerche epidemiologiche sulla prevalenza della BN.

 

Studi sulla prevalenza della Bulimia Nervosa. I valori si riferiscono, in percentuale, a campioni di donne adolescenti e adulte giovani, nella maggior parte dei casi studentesse.

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1° Autore         Paese             Anno           Criteri Russell       DSM-III    DSM-III-R

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Stangler            US                1980                                                   5,3

Halmi               US                1981                                                    19

Button              UK               1981, 1988          0,9 - 1,6                  1,6

Pyle                  US                1983                                                   4,5

Cooper             UK               1983, 1988          1,9 - 1,8

Johnson            US                1984                                                   4,9

Gross                US                1988                   9,6

Drenowski        US                1988                   2,9 - 3,3

Cuzzolaro         Italy              1988, 1992                                         1,7            1,0 - 0,7

Culiberg           Sweden         1988                                                   0,5              0,26

Ben Tovim      Australia        1988                                                 15,2               2

Bushnell          New Zeland   1990                    0                            0,2              0,5

Toolstrup        Denmark         1990                                                                     0,3

Kinike             Japan               1988                  2,9                                             0,3

Dotti               Italy                  1991                                                                    5,3

Ledoux           France              1991                                                  1,8             1,1

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  3.4     I fattori di rischio nei disturbi alimentari     

 

Al di là degli specifici orientamenti di ciascun settore, gli studi scientifici sui disturbi dell’alimentazione concordano nel segnalare come principali fattori di rischio di insorgenza di quei disturbi il genere femminile e l’età adolescenziale e giovanile.

                    Superata ormai la posizione imperante nella prima metà del 1900 secondo la quale l’Anoressia Nervosa doveva essere considerata solo un disturbo da insufficienza globale dell’ipofisi (Cuzzolaro,1991), la ricerca biologica spiega la peculiarità di genere e l’età con la maggiore complessità dello sviluppo puberale femminile rispetto a quello maschile.

            Le funzioni ormonali e le loro connessioni con i meccanismi cerebrali predisporrebbero le adolescenti a disordini nella regolazione  della nutrizione.

            La ricerca psicosociale considera importanti non tanto i cambiamenti ormonali della pubertà quanto piuttosto le trasformazioni morfologiche dovute allo sviluppo puberale (Apfeldorfer, 1996). L’evidenza di queste trasformazioni  sarebbe molto più alta nelle adolescenti femmine che nei maschi e orienterebbe l’attenzione delle ragazze sul proprio corpo, contribuendo a produrre un altro fattore di rischio: la preoccupazione eccessiva per il peso corporeo.

            Garner e Garfinkel (Garner e Garfinkel, 1982) considerano l’eccessiva preoccupazione per il peso corporeo uno dei fattori predisponenti all’Anoressia Nervosa.

            Essi hanno individuato in relazione a questa patologia una serie di fattori di rischio individuali, familiari e culturali che possono avere funzioni predisponenti, scatenanti e/o cronicizzanti.

                   Riportiamo alcuni dei fattori, indicati dai due ricercatori, (con esclusione di quelli cronicizzanti) che hanno costituito una linea guida per le successive ricerche sui fattori di rischio (Invernizzi, 2000).

 

·        Fattori predisponenti

 

Individuali

Sviluppo della personalità deficitario quanto ad autonomia, identità, autostima

Disturbi nella sfera percettiva e cognitiva

Eccessiva preoccupazione per il  peso corporeo

Traumi perinatali

Concomitanza di altre patologie

 

Familiari

Caratteristiche demografiche

Parametri educativi di alimentazione bellezza, performance

Familiarità per disturbi affettivi, abuso di sostanze, anoressia nervosa, obesità

Pattern specifici di interazione genitori - figli

 

 

Culturali

Modelli estetici di magrezza

Modelli di performance

 

·        Fattori scatenanti

 

Individuali, familiari, culturali

Dieta alimentare

Separazione e perdita

Alterazioni dell' omeostasi familiare

Nuove richieste da parte dell'ambiente

      Minacce dirette all'autostima

      Malattie concomitanti

 

            Alcuni studi in campo psico-sociale segnalano come fattori di rischio specifici quelli legati all’ambiente socio-familiare e culturale delle adolescenti:

-                     la maggior esposizione delle ragazze, rispetto ai ragazzi, a forti pressioni familiari e sociali opposte e contraddittorie: da una parte al successo alla competitività e all’indipendenza; dall’altra alla repressione dell’autonomia e dell’iniziativa personale (Bruch, 1988). Questo creerebbe senso di frammentazione, confusione ed inadeguatezza che l’adolescente contrasterebbe con l’attivare di comportamenti anoressici e/o bulimici dimostrativi delle sue capacità di controllo e di raggiungimento degli scopi.

-                     Il condizionamento dei modelli culturali che mitizzano la magrezza per le donne; il non corrispondere al nuovo stereotipo della femminilità (la magrezza) alimenterebbe, nell’adolescente, vissuti di inaccettazione e disistima di sé contro i quali agirebbe attivando comportamenti alimentari patologici.

-                     Pressioni specifiche al controllo del peso corporeo esercitate in ambienti ad alta competizione come quello della danza. Le scuole di danza funzionerebbero da palestre di addestramento ai disturbi dell’alimentazione perché indurrebbero le ragazze a conformarsi a rigidi modelli di magrezza e ad essere competitive tra loro.

 

           La ricerca psicologica segnala come fattori di rischio alcune tipologie familiari caratterizzate da:

1)                         invischiamento dei membri: gli studi (soprattutto relazionali - sistemici) delle famiglie di anoressiche e bulimiche (a partire da quelli di Minuchin e di Selvini Palazzoli) (1980; 1988) focalizzano l'attenzione sui meccanismi di invischiamento familiare (coinvolgimento dei figli nelle problematiche familiari) e di iperprotettività dei genitori che impedirebbero alle figlie adolescenti di sviluppare un percorso di autonomia e di distacco dalle famiglie.

2)                         Stress materno: studi recenti (Selvini Palazzoli et al., 1998) hanno sottolineato il ruolo dello stress materno nell'attivazione dei comportamenti alimentari patologici: la madre attuale affaticata e stressata dal peso del doppio ruolo (di madre e lavoratrice) avrebbe poche energie per captare eventuali difficoltà della figlia e questa, avendo difficoltà a parlare con una madre eternamente stressata, svilupperebbe nei suoi confronti un attaccamento "ansioso ed evitante". La sofferenza determinata da questo tipo di attaccamento determinerebbe, per difesa, lo sviluppo degli atteggiamenti individualistici e narcisistici che accompagnano i disturbi del comportamento alimentare.

3)                         Padre periferico: questi studi prendono in esame anche la figura dei padri delle adolescenti con disturbi dell'alimentazione. Si tratta di padri ancora legati alla famiglia d'origine, con un ruolo periferico in quella attuale, poco disponibili al colloquio, intransigenti e con atteggiamenti maschilisti.

            In particolare l'intransigenza paterna è messa in stretta correlazione con i disturbi bulimici delle figlie.

 

            Tra le caratteristiche di personalità individuate dalla ricerca psicologica e psichiatrica come fattori soggettivi predisponenti i disturbi dell'alimentazione si segnalano: tratti ossessivi, perfezionismo, dipendenza, intolleranza delle frustrazioni, tendenza all'autosvalutazione (Fairlurn et al., 1999).

            La ricerca medica sulla comorbilità dei disturbi dell'alimentazione in adolescenza associa questi disturbi prevalentemente ai disturbi dell'umore, ai disturbi ossessivo-compulsivi, ai disturbi di personalità e al disturbo borderline di personalità, questi ultimi risultano associati in particolare alla Bulimia Nervosa (Bollea Larissa, 1996).

            La presenza di queste associazioni ha rinforzato l'orientamento di alcuni ricercatori e clinici ad includere i disturbi dell'alimentazione in quadri di altre patologie di cui sarebbero solo un'espressione.

                    Secondo alcuni modelli psicopatologici il disturbo dell'alimentazione funzionerebbe da organizzatore di una patologia psichica sottostante e, in alcuni casi, come barriera protettiva contro la psicosi (Recalcati, 1998).

            Tra i fattori predisponenti sono stati inclusi: la familiarità al disturbo (l'anoressia nervosa sarebbe più frequente fra le sorelle e le madri delle anoressiche che nella popolazione generale), l'alcoolismo dei genitori, l'obesità della madre.

            Gli studi sugli eventi stressanti e l'esordio dei disturbi dell'alimentazione segnalano le esperienze di perdita affettiva (morte di un genitore), l'ospedalizzazione, gli abusi sessuali ed i maltrattamenti fisici come significativi fattori di rischio. In particolare è stato evidenziato uno stretto collegamento tra Bulimia Nervosa e abuso sessuale subito in adolescenza (Recalcati, 1998).

 

 

4. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

 

Le ricerche in campo biomedico e genetico sulla depressione e l'ansia hanno notevolmente ampliato le conoscenze su aree, attività cerebrali, sul funzionamento e sugli effetti nella psiche di fattori ormonali (particolarmente evidenziati negli studi sulla depressione femminile), di fattori chimici e di fattori genetici. Tuttavia dai risultati delle ricerche prese in esame emerge che, nonostante il notevole progresso degli studi in questo campo, non è stata ancora dimostrata un’origine esclusivamente organica né della depressione né dell’ansia.

            Più che di cause o di specifici fattori di rischio biologici si parla con certezza solo di correlati biologici, cioè di alterazioni di parametri biologici e biochimici a livello cerebrale presenti in soggetti con quei disturbi. Ciò non significa che l’ansia o la depressione siano dovute a quelle alterazioni, ma significa che la ricerca in quel settore ha evidenziato la loro presenza in pazienti con Disturbi d’Ansia e Disturbi dell’Umore indipendentemente dalle cause possibili.

Anche dagli studi sulla trasmissione genetica, effettuati soprattutto su gemelli monozigoti, non si ricavano dati che dimostrino in maniera inequivocabile l’esistenza di una base genetica di quei disturbi. I fattori genetici agirebbero da fattori predisponenti e quindi non a prescindere dai fattori scatenanti e da altri fattori che la ricerca in campo psicosociale segnala come fattori di rischio.

            C’è inoltre da dire che le ricerche che partono da ipotesi biologiche e genetiche sono state effettuate prevalentemente su campioni di popolazione adulta e pertanto i risultati sarebbero solo indirettamente estensibili agli adolescenti.

            Come operatrici di un Centro che lavora sulla prevenzione dei disturbi mentali delle donne e degli adolescenti, riteniamo opportuno esprimere tali osservazioni riguardanti i limiti della ricerca biologica sulla depressione e l’ansia che costituiscono, insieme ai disturbi dell’alimentazione, le patologie prevalenti nelle donne e negli adolescenti.

            La ricerca biologica appare poco collegata a quella psicosociale mentre risulta esserlo con la ricerca farmacologica e quindi funziona, anche se indirettamente, da rinforzo al mercato degli psicofarmaci di cui le donne sono le più alte utilizzatrici. Inoltre, essendosi abbassata negli ultimi anni l’età di esordio di molti disturbi psichici, il mercato dei farmaci ha coinvolto anche i giovani e gli adolescenti che, trovando una risposta prevalentemente farmacologica ai loro problemi, non conoscono e non utilizzano altri strumenti di uscita dal disagio.

                     Passando al campo di ricerca sui fattori psicosociali di rischio, tra gli eventi di vita sembrano più implicati, soprattutto nell'esordio dei disturbi dell’umore, gli eventi non controllabili come perdere un genitore o un sostituto genitoriale e subire violenze e maltrattamenti.

            La ricerca psicologica segnala come precursori della depressione e dell’ansia soprattutto alcuni tratti caratterologici e componenti della personalità dell’adolescente tra cui: inibizione, insicurezza, mancanza di assertività e dipendenza. La bassa autostima risulta, in più ricerche, associata prevalentemente alla depressione ma viene segnalata come fattore di rischio anche di altre patologie psichiche dell’adolescenza.

            Anche in questi casi occorre osservare che le caratteristiche di personalità menzionate sono molto legate al genere e costituiscono comportamenti che i modelli culturali ed educativi tendono a consolidare come ottimali nelle ragazze.

            E’, inoltre, frequentemente correlata ai disturbi d’ansia la pressione esercitata sull’adolescente dall’aumento delle prestazioni scolastiche e dalle aspettative genitoriali.

            Le ricerche esaminate, dal punto di vista della nostra esperienza, non prendono in considerazione in modo specifico come fattore di rischio la funzione di supporto che l'adolescente svolge nei confronti del nucleo familiare. Ciò che viene costantemente preso in considerazione, anche nell'analisi delle famiglie disfunzionali o delle condizioni di stress materno, è il mancato supporto o le mancate cure ed attenzione date all'adolescente; ma non viene analizzata - cosa più grave e più rischiosa per la salute psichica - la funzione di supporto che l'adolescente è chiamato/a a svolgere nei confronti dei genitori o nell'ambito della famiglia.

Per quanto riguarda i Disturbi dell'Alimentazione, rimangono questioni ancora aperte la prevalenza di questi disturbi nelle ragazze e l'aumento costante della loro incidenza.

            La maggior parte dei risultati delle ricerche passate in rassegna intravede possibili risposte a tali questioni nella maggiore complessità, rispetto a quella maschile, delle trasformazioni corporee apportate alle adolescenti dalla pubertà che orienterebbe le loro attenzioni sul corpo.

            Le adolescenti subirebbero gli effetti negativi, in termini di svalutazione di sé, della contraddizione tra l'aumento del loro peso corporeo apportato dalla pubertà e l'enfatizzazione della magrezza che rappresenta il nuovo stereotipo della femminilità.

            A ciò si aggiungerebbero le difficoltà, nello sviluppo della propria identità, a conformarsi agli attuali modelli di ruolo che prevedono per le donne la realizzazione nel senso dell'autonomia, dell'indipendenza e del successo ed insieme, in modo contraddittorio, esaltano i valori di una femminilità "naturalmente" passiva e accondiscendente.

            Alcuni ricercatori individuano inoltre un nesso tra abuso sessuale e disturbi dell'alimentazione soprattutto nei casi di Anoressia mentre altri lo individuano nei casi di Bulimia.

            Le differenze tra queste posizioni e la frequenza, con cui l'evento abuso compare nelle storie di vita delle adolescenti, che presentano seri problemi di alimentazione, evidenziano la necessità di approfondire le conoscenze sul ruolo esercitato dall'esperienza dell'abuso nella genesi dell'Anoressia e/o della Bulimia.