Capitolo 5

 

LE PATOLOGIE DELL’UTERO E IL PREGIUDIZIO SCIENTIFICO*

 

Daria Minucci

Direttore  del Servizio di Oncologia ginecologica e Citodiagnostica dell'Università di Padova

 

 

1.         la situazione attuale

 

            In tutto il mondo l’isterectomia, è uno degli interventi maggiori più diffusi:  l'hanno subita negli USA (1) e nel South Australia (2) una donna su tre di 60 anni o più; nel Regno Unito (3) una donna su cinque tra quelle di età superiore a 65 anni; in Italia (4) da un’indagine caso-controllo, condotta nell’area milanese fin dal 1983, il 12,2% delle donne risultava isterectomizzata, e tra le ultra sessantenni la percentuale cresceva dal 12,8% tra le nate negli anni 1900-09 al 22,0% tra le nate negli anni 1930-39.             Il tasso annuo è anch’esso molto diverso: alla fine degli anni ottanta si andava da 550 casi ogni 100.000 donne per anno negli USA (1), a 348 in Finlandia (5) a 164 in Norvegia (6).

            Vi sono anche opposte linee di tendenza: in calo progressivo, anche se lento, negli USA (da 701/100.000 donne/anno nel 1980 a 550 nel 1988-93), ma in aumento in paesi come la Norvegia dove dal 1977-78 al 1988-90 è aumentata del 50% raggiungendo 164 casi per 100.000 donne/anno. In Italia non sono disponibili dati nazionali, ma sembra in aumento, almeno da alcuni rilevamenti regionali. In Veneto le isterectomie  sono passate da 5.909 casi nel 1993 a 6.120 nel 1994, 6.326 nel 1995, 6.685 nel 1996: questi dati oltre a dimostrare un trend in aumento ci dicono che, in Veneto, nel corso della sua vita una donna su quattro viene sottoposta ad isterectomia. Questa disparità di incidenze e tendenze indica l’esistenza di criteri più di ordine soggettivo che oggettivo  nella definizione delle indicazioni.

 

DIFFUSIONE DELL’ISTERECTOMIA

 

USA e AUSTRALIA            una donna su tre di oltre 60 anni

REGNO UNITO           una donna su cinque di oltre 65 anni

ITALIA              una donna su otto nel corso della vita (SIGO)

Veneto, 1996           una donna su quattro nel corso della vita

 

TASSO ANNUO  (n° casi ogni 100.000 donne /anno)

(fine anni ‘80)

USA             550

FINLANDIA           348

NORVEGIA          164

 

LINEE  di  TENDENZA

USA (1980  è 1990) :   tasso annuo   701 è 550

NORVEGIA (1977 è 1990):                 + 50%

Veneto           1993 : 5909 casi  è 1996 : 6685 casi

Anche le indicazioni e controindicazioni per la scelta del tipo di isterectomia (limitata al corpo dell’utero, totale, allargata ai tessuti circostanti, comprendente o meno l’asportazione degli annessi uterini e quindi delle ovaie), delle vie di accesso (addominale o vaginale), delle tecniche chirurgiche oggi disponibili (chirurgica tradizionale, laparoscopica, mista) mostrano disparità importanti non solo tra un paese e l’altro, ma anche tra i vari operatori. Negli USA una recente indagine sui criteri di valutazione per la scelta della via di accesso ha spostato le indicazioni a favore della via vaginale rispetto a quella addominale da 3:1 a 1:68 (7). Dalle indagini epidemiologiche risulta inoltre che l’isterectomia è associata spesso ad ovariectomia senza relazioni significative con lo stato patologico delle ovaie.

            Eppure il benessere della donna e la sua qualità di vita possono essere diverse se l’intervento è più esteso o più limitato o a seconda delle vie di accesso: la possibilità di conservare il collo dell’utero può giovare alla sessualità, l’avere o meno una cicatrice chirurgica visibile può influire sul suo atteggiamento psicologico e sul suo vissuto, il conservare o no le ovaie può significare, nelle donne in età fertile, una improvvisa cessazione dell’attività ormonale con un inizio traumatico ed anticipato della menopausa, non sempre ben compensabile con  terapie ormonali sostitutive.

            L’associazione dell’isterectomia con l’ovariectomia cosiddetta “profilattica” è un tema contraddittorio ed affrontato più su base empirica che scientifica. Dalla letteratura risulta spesso, per esempio, che per quanto l’ovariectomia sia eseguibile senza diversità di difficoltà sia che l’isterectomia venga eseguita per via addominale o per via vaginale, la si esegue molto di più nel primo caso (8), come se le indicazioni alla prevenzione o la valutazione della situazione delle ovaie potesse variare in relazione alla via di accesso. Alcuni testi di chirurgia per medici ne danno indicazioni in relazione all’età, con alcune diversità, proponendola alcuni fin dai 40 anni di età della donna, altri più tardi, ma comunque tutti sono d’accordo ad indicarla se la donna è in menopausa.

La giustificazione è la prevenzione, in queste donne, del carcinoma dell’ovaio, ma i dati epidemiologici portati a supporto di questa tesi sono approssimativi e contradditori (9,10). E’ l’unico caso rimasto in medicina in cui si tolgono organi sani: il tumore maligno dell’ovaio è ancora una delle peggiori eventualità cliniche per la sua aggressività e la prevalenza di stadi avanzati al momento della diagnosi, ma oggi comunque la disponibilità di indagini ecografiche indica possibili percorsi di diagnosi precoce; allora perché privare la donna di un  organo sano e di un apporto ormonale importate (11) sia prima che dopo la menopausa? Quante ovaie si asportano, con le relative conseguenze, per prevenire pochi tumori?

            Anche la conservazione o meno di un collo dell’utero sano in corso di isterectomia per affezioni ginecologiche benigne ha avuto alterne vicende: la sua quasi sistematica conservazione quando si sono cominciate ad eseguire le isterectomie avveniva più per le difficoltà connesse con la sua asportazione che per ragioni oggettive di rispetto per la salute della donna. La sua asportazione prima degli screening citologici per la prevenzione del carcinoma del collo dell’utero poteva avere anche alcuni vantaggi. Il collo dell’utero non è un organo inutile e la sua perdita con le conseguenti alterazioni dell’innervazione circostante può influire negativamente sulle funzioni urinarie ed intestinali e sulla sessualità (12), ma anche su questo argomento i dati scientifici sono contraddittori.

 

Il collo dell’utero, in linea teorica, dovrebbe essere tolto su in presenza di una sua patologia non altrimenti curabile.

Non c’è comunque accordo su queste scelte, e pochi sono i dati della letteratura che dimostrano oggettivamente, con studi accurati anche di lungo periodo, quali sono i vantaggi reali o gli svantaggi in un caso o nell’altro, qual’è il rapporto costi/benefici di una scelta e dell’altra.

            L’isterectomia, inoltre, non è un intervento privo di complicanze, che possono essere legate all’intervento chirurgico in se stesso (emorragie, infezioni, fistole, disturbi della motilità intestinale ed alle vie urinarie, ecc.) e soprattutto dovute alle sequele successive alla perdita dell’utero o di tutto l’apparato genitale interno e possono essere sia di tipo ormonale che fisico, ma soprattutto di ordine psicologico e relazionale.

 

COMPLICAZIONI DELL’ISTERECTOMIA (Harris, review, 1997)

 

EMORRAGIA (1-3%)

intraoperatoria  (necessità di trasfusione o perdita ematica >1 litro)     0,2-3,7%   

AH  0,2% *               VH  0,7% *    LH 0,21%  ^

postoperatoria  (ogni perdita che richieda trattamento)

   AH     1,6% *       VH     1,9% *    LH   0,50% ^

      0,9% °          2,6% °      

 

INFEZIONI

febbre inspiegata (38° da 24 ore dopo l’intervento)

   AH  32,3%  *            VH 15,3% *    LH 2,7% ^

infezione nella sede di intervento

   AH    9%  *            VH  3,9% *    LH  1,4%^

infezione distante dalla sede di intervento 

 - urinaria:         1-5%          LH 0,33%

 - polmonare:      rara

 

DANNI AGLI ORGANI VICINI

Vescica        0,5% (1971)    1-2% (1986-1995)

   AH 0,3% *                   VH 1,6% *    LH 1,1% ^

Intestino

   AH 0,3% *                   VH 0,4% *    LH 0,25% ^

Uretere

   AH 0,2% *                   VH    /     *      LH  0,2% ^

 

TROMBOEMBOLIA (AH -VH)

   AH *    0,2% v    2,4% vv       VH *   0,2% v      1,6% vv

 

DEISCENZA DELLA FERITA

   AH  0,3-0,7%             VH : aneddotica    LH 0,29% ^

 

NECESSITA’ DI INTERVENTI CHIRURGICI MAGGIORI   (3,4%-4,3%)

(durante o entro  otto settimane dall’intervento)

   AH  1,8%  *            VH 5,1%  *                   LH 3,2%

 

MORTALITA’  isterectomia per patologia benigna:  1,6   

_____________________________________________________________________________

Legenda:   *CREST study,1982           °Amirikia,1979      ^ Harris,1996

    vdonne a basso rischio        vvdonne ad alto rischio

Dall’analisi di numerose casistiche risulta che la mortalità per l’intervento sia tra 6 e 11 casi su 10.000 operate per affezioni  ginecologiche benigne e tra 29 e 38 casi su 10.000 operate per complicanze legate alla gravidanza ed al parto, mentre la morbilità, comprendente tutti i gradi di complicazioni post-operatorie, in un vecchio studio del 1982 (13), è stata rilevata nel 43% delle isterectomie vaginali e nel 24% di quelle vaginali.

Da uno dei pochi studi epidemiologici sistematici condotto su tutte le isterectomie eseguite in Danimarca nel periodo 1978-81, emerge che  le complicazioni, dal momento dell’intervento fino a sei anni dopo, sono avvenute nel 2,6% dei casi entro i primi 30 giorni, nel 3,7% entro 90 giorni, nel 9,4% entro due anni; circa l’8% aveva avuto necessità di nuovi ricoveri in relazione alle complicazioni nell’arco dei sei anni di osservazione (14).

Tra le complicazioni più rilevate e più studiate vi sono i disturbi psicologici e quelli sessuali, ma anche in questo campo i risultati sono contraddittori. Occorre dire che  molti studi non sono condotti con metodologie corrette e non sempre si è tenuto conto di variabili importanti come il tipo di intervento, l’informazione data, il supporto familiare, le condizioni preesistenti, la terapia ormonale sostitutiva (15-19). Infine occorre dire che pochi sono gli studi sugli esiti a distanza, in particolare sui vantaggi di salute ottenuti specie nelle isterectomie per patologia benigna.

 

 

COMPLICAZIONI DELL’ISTERECTOMIA (Harris, review, 1997)

 

DISFUNZIONI PSICOSESSUALI

·            dispareunia

·            diminuzione della libido

·            diminuita lubrificazione vaginale

 

Questione controversa: la letteratura precedente  sosteneva un aumento di disfunzioni sessuali, i lavori più  recenti non confermano.

Tutti sono d’accordo su:

u l’asportazione concomitante delle ovaie in premenopausa porta ad un aumento delle disfunzioni sessuali;

u un adeguato counseling preoperatorio sulle indicazioni, il tipo di intervento, il decorso postoperatorio migliora lo stato di benessere postoperatorio;

ulo stato delle funzioni sessuali prima dell’intervento è il miglior fattore  predittivo  della funzione sessuale dopo.

 

DISFUNZIONI DEL TRATTO URINARIO INFERIORE

§           Segnalazioni cliniche di aumento (incontinenza, ritenzione, disuria, poliuria,ecc)

§           In pazienti studiate prima e dopo l’intervento, anche con urodinamica, non si è osservato un significativo aumento.

§            Virtanen (1993) ha notato una diminuzione della stress incontinence

 

DISMOTILITA’ GASTROINTESTINALE

§           intestino irritabile:   compare nel 5% dei casi, diminuisce nel   60%

§           stipsi: in generale è descritta in significativo aumento, ma mancano studi comparativi prima/dopo

·           diminuite sensazioni rettali             

·           aumento del volume rettale                                                                        

·           diminuita motilità del sigma

 


2.         le prospettive

 

            La medicina moderna, basata sull’evidenza, cioè su conoscenze ed esperienze oggettive, verificabili e confrontabili, ci obbliga a valutare efficacia ed appropriatezza degli interventi medici, diagnostici e/o terapeutici, in relazione alle possibilità che offrono  di promuovere e/o recuperare il bene salute. Ogni atto chirurgico comporta in sé un rischio per la salute  che può essere corso solo per un beneficio maggiore; l’isterectomia, oltre al rischio chirurgico, comporta anche la perdita della capacità riproduttiva e di un organo che ha una grande valenza simbolica nell’identità femminile. L’isterectomia quindi come atto terapeutico è giustificata solo nella misura in cui è l’unico mezzo possibile per impedire o riparare un danno rilevante alla salute e dovrebbe comunque essere limitata all’asportazione della minor parte possibile dell’utero, in relazione al beneficio che si vuole ottenere, privilegiando le vie di accesso meno invasive.

            Non è facile definire, superando le vecchie concezioni  organicistiche, il concetto di salute e di malattia. L’OMS ha definito la salute nel 1947 ad Alma Ata  come  “stato di benessere fisico, psichico e relazionale”; malattia è quindi  tutto ciò che compromette questo stato di benessere. Nel nostro specifico quale patologia dell’utero costituisce malattia e necessita quindi di essere prevenuta e/o curata? e quando non vi è altro strumento terapeutico che quello chirurgico? e quale è l’intervento più appropriato in ciascuna delle molteplici situazioni cliniche che si possono osservare?

            Da molte indagini (5) risulta che il 10-15% delle isterectomie è eseguito per patologia tumorale maligna, mentre il 85-90% avviene per patologia benigna, (principalmente fibroleiomiomi, in parte minore endometriosi, prolassi uterini, metrorragie, o, raramente, per urgenze come emorragie infrenabili o  infarcimenti uterini post-partum, ecc.).

            I tumori maligni dell’utero e dell’ovaio costituiscono un grave rischio per lo stato di benessere  della donna e l’isterectomia, modulata nella sua estensione a seconda dello stadio clinico, rimane ancora il principale presidio terapeutico. Tuttavia la diagnosi precoce di molte neoplasie del collo dell’utero e dell’ovaio comincia ad offrire  oggi la possibilità di eseguire nelle forme molto iniziali interventi più limitati, per esempio circoscritti al solo collo dell’utero o al solo ovaio. C’è da dire, inoltre, che le attività di screening dei tumori del collo dell’utero tramite il Pap-test – che permette di diagnosticare le lesioni che precedono i tumori e quindi di rimuoverle con piccoli interventi “radicali rispetto alle lesioni”, ma conservativi per quanto riguarda l’utero -  hanno oggi ridotto ad un terzo  i casi di donne affette da tumori invasivi  che richiedono l’isterectomia e, tra questi, quelli che richiedono gli interventi più radicali. Anche altre alterazioni dell’utero come le iperplasie, ritenute a rischio per lo sviluppo di carcinomi, possono oggi essere validamente curate in gran parte con terapia ormonale o con la sola ablazione endometriale.

            Per quanto riguarda le alterazioni  benigne, che costituiscono oggi il motivo di gran lunga prevalente per cui si consiglia l’isterectomia, da tutte le casistiche risulta che le indicazioni più frequenti sono costituite dalla fibromatosi uterina (30-35%), dall’endometriosi (20%), dalla patologia del pavimento pelvico (15%), da dolore pelvico cronico, iperplasie endometrio, sintomi multipli associati.         

 

Nella fibromatosi, in tutte le sue multiformi espressioni, l’ACOG (American College Obstetrics Gynecology)  accetta come indicazione:

-utero di volume superiore a quello di 12 settimane di gestazione o superiore a 280 gr.;

-presenza di sintomi (perdite ematiche, dolori,ecc.) non controllabili con terapia medica;

-rapida crescita dei fibromi in menopausa.

La SIGO (Società Italiana Ginecologia e Ostetricia) sta elaborando le sue linee guida con l’orientamento ad indicare un volume uterino superiore a quello corrispondente a 16 settimane di gestazione.

            Queste formazioni, allora, quando sono un semplice alterazione anatomica di un organo e quando invece costituiscono malattia o rischio di malattia? Cioè, quando incidono o possono incidere sullo stato di benessere fisico, psichico e relazionale della donna? La risposta a questa domanda è fondamentale per verificare la necessità o meno di una terapia e, in caso di risposta affermativa, quale sia la terapia più adeguata ed efficace.

            Manca una definizione oggettiva  dei criteri che possono far includere o meno una fibromatosi tra le malattie; il danno allo stato di benessere della donna deriva più che dal loro volume o dalla loro localizzazione, dalla presenza o meno di sintomi e  dalla loro entità, dalle  modificazioni che ne possono derivare per la vita sessuale e per la capacità riproduttiva, e, non ultimo, dalle influenze sul suo atteggiamento psicologico e sul suo vissuto, in definitiva sulla sua qualità di vita. Esistono peraltro pochi dati in letteratura che abbiano valutato, in base alla situazione clinica ed agli esiti dell’intervento, se questo sia stato realmente efficace ed appropriato, capace cioè di rimuovere i sintomi e migliorare significativamente la qualità della vita, o se vi fossero state altre possibilità.

            Negli studi prospettici di coorte di Karen Carlson (The Maine Women’s Health Study I e II) si rileva una riduzione dei sintomi, anche se con alcune differenze, sia con la terapia chirurgica che non, e si conclude che molte donne con fibromi, perdite ematiche, dolore pelvico cronico beneficiano di trattamenti non chirurgici, ma che l’isterectomia rimane un’importante alternativa quando i trattamenti conservativi falliscono.

            In parallelo anche nella ricerca scientifica è mancato un impegno costante per individuare le cause che favoriscono l’insorgenza dei fibromi, dati indispensabili per poterli prevenire e/o curare efficacemente senza ricorrere necessariamente a terapie chirurgiche. Lo scarso impegno nella ricerca di base può essere dovuto al fatto che si tratta di alterazioni benigne, che non sempre costituiscono “malattia” nel senso che abbiamo detto sopra, ma anche al fatto che, con una chirurgia così diffusamente applicata e silenziosamente subita dalle donne, spesso senza valutazione del rapporto con il beneficio che si intendeva ottenere, si è in qualche modo by-passato il problema.

 

 

 

3.         la ricerca di nuovi percorsi diagnostico-terapeutici

 

            Di fronte alla diagnosi  di fibroma occorre in primo luogo chiedersi, quindi, se occorre solo osservarne il comportamento o se invece è necessaria una terapia. Su questo occorre definire meglio i criteri per una scelta che sia basata su dati oggettivi di un sicuro beneficio per la donna. In attesa di linee guida e definizioni più certe, su cui è indispensabile un serio impegno di ricerca, bisogna comunque riferirsi all’antico concetto che la cura serve se vi è un rischio concreto e misurabile di danno alla salute, da prevenire o da rimuovere, e che la cura non deve addurre danni peggiori di quelli esistenti.

            Se la terapia appare necessaria, occorre valutare prima di tutto  l’utilità della terapia medica. Non esistono in questo campo, come ho sopra osservato,  farmaci capaci di agire sulle cause e risolvere definitivamente il problema, esiste però la possibilità di farmaci che possono rimuovere o ridurre sintomi come le perdite ematiche, che costituiscono causa di anemia  e quindi di possibile malattia, o possono ridurre il volume dei fibromi e ridurre anche per questa via disturbi dolorosi o  emorragici e recuperare così lo stato di benessere della donna.

            Se la terapia medica non è sufficiente o se ci si trova nella circostanza (per esempio in previsione di una gravidanza) in cui sia necessario rimuovere i fibromi rimane l’approccio chirurgico. Questo deve in primis tendere a rimuovere i fibromi e non l’utero. Nella pratica clinica, così come si è tramandata fino ad oggi, si è ritenuto in genere che la miomectomia, l’intervento cioè che rimuove i fibromi e conserva  l’utero, fosse da eseguire nelle donne molto giovani ed in quelle comunque che esplicitamente desideravano mantenere la possibilità di avere figli. L’intervento di miomectomia, può essere più semplice di quello di isterectomia o più complesso, lungo e complicato, soprattutto in caso di miomi multipli, voluminosi, inseriti nello spessore della parete uterina, inoltre, conservando l’utero, c’è un rischio non trascurabile di comparsa di ulteriori miomi: tutti questi motivi sono state alla base della scelta fin qui prevalentemente fatta di eseguire interventi conservativi solo se fosse stato necessario conservare la capacità riproduttiva.

            Le nuove tecniche chirurgiche, la possibilità, ove necessario, di preparare ed accompagnare l’intervento con terapie mediche capaci di facilitarlo e di prevenire la ricomparsa di miomi, la disponibilità di strumenti diagnostici per un adeguato follow-up  possono indirizzare oggi la scelta verso interventi conservativi, qualunque sia l’età della donna. Le tecniche endoscopiche (laparoscopia e/o isteroscopia), quando indicate, sono di notevole vantaggio soprattutto nell’immediato decorso post-operatorio che è sicuramente più breve e meno impegnativo, anche se non è ancora sufficientemente dimostrato il loro vantaggio nelle valutazioni  a lungo termine.

            Un vero consenso informato è essenziale perché la donna possa liberamente decidere tra un intervento conservativo con un certo rischio di recidive e con la necessità di un adeguato follow-up ed un intervento demolitore. Nei casi (che dovrebbero essere ormai pochi) in cui si valuti più vantaggiosa per la salute della donna l’isterectomia, non pare giustificata l’asportazione delle ovaie e del collo dell’utero, se sani.

           

 

Oltre che per i fibromi anche per tutta la patologia benigna è necessario individuare percorsi diagnostico-terapeutici simili: alla fine gli interventi di isterectomia per cause benigne, che oggi sono la maggior parte, dovrebbero ridursi di molto, perché molti meno saranno i casi da trattare con terapia chirurgica e la maggior parte di questi  comunque potranno giovarsi di una terapia chirurgica conservativa. E’ una via, che come tutte le scelte in medicina necessita di essere verificata lungo il percorso sia per quanto riguarda le indicazioni in cui l’isterectomia è indispensabile, sia per limitare l’intervento comunque all’asportazione di ciò che è ammalato e non di ciò che è sano, utilizzando come unico indicatore il recupero del benessere globale e della qualità della vita della donna nell’immediato e a lungo termine. E’un lavoro impegnativo, richiesto al mondo medico, di ricerca e  di verifica delle scelte più efficaci ed appropriate per la salute della donna, di formazione degli operatori.

 

INDICAZIONI ALL’ISTERECOMIA PER PATOLOGIE BENIGNE: NUOVE TENDENZE

 

Fibroleiomiomi uterini

prevalenza:                  16,9 tra le donne nere e 8,2 tra quelle bianche

rappresentano il 30% delle indicazioni all’isterectomia

i sintomi clinici che motivano l’intervento sono:

§         volume

§         rapida crescita

§         sanguinamento, che non risponde alla terapia medica o all’ablazione endometriale

§         dolore che non risponde alla terapia e di sicura causa uterina

 

volume utero

La soglia comunemente accettata per raccomandare l’isterectomia è un volume come o superiore a 12

  settimane di gravidanza, ci si sta ora orientando su un volume come o superiore a 16 settimane.

Le  motivazioni addotte sono (ma non vi sono evidenze scientifiche):

§         evitare potenziali futuri sintomi:

§         possibile aumento di rischio chirurgico per volumi maggiori:

o        può esservi in corso di isterectomia di uteri superiori a 20 settimane un lieve aumento di perdite ematiche, ma non è documentata una aumentata necessità di trasfusioni né una aumentata morbilità

§         evitare interferenze con la valutazione clinica degli annessi e ritardare la diagnosi di cancri ovarici o tubarici, non documentata evidenza scientifica

§         prevenzione del cancro uterino (rischio di sviluppare un cancro uterino in una donna di 50 anni è  di circa il 2,4% e dello 0,6% per quello cervicale; le probabilità di morte sono rispettivamente del 0,2% e 0,3%.)

§         diagnosi più precoce di leiomiosarcoma (rischio < 1/1000)

 

Trattamenti alternativi:   miomectomia e terapia medica (GnRH agonisti)

 

·         se vi sono 4 o meno fibromi, il rischio di recidive, nei 10 anni dopo la miomectomia, è del 20%

·         il trattamento con analoghi dà una riduzione di volume del 40-60%, ma non sono stati ancora trovati sistemi per mantenere stabile il risultato

·         mancano studi di valutazione dell’effettivo costi/ efficacia nella vita della persona

·         queste ipotesi sembrano più difficilmente attuabili per il rischio di un aumento di sintomi da fibromi in corso di terapia sostitutiva in menopausa.


4.             isterectomia: linee-guida

 

            Come si è visto, l’isterectomia è un intervento molto diffuso, su cui, però, da anni si è aperta una fase di riflessione critica nello stesso mondo sanitario, sia in relazione alle indicazioni che alle tecniche di esecuzione e agli esiti di salute. E’ necessario, quindi, elaborare linee-guida in relazione sia alle indicazioni che alle tecniche per  l’isterectomia. Tale necessità nasce, in particolare, dai seguenti motivi:

·        i cambiamenti della medicina, della ginecologia e della chirurgia ginecologica;

·        il sempre maggior numero di specialisti che affrontano le tematiche chirurgiche della specialità;

·        l’estensione della medicina basata sull’evidenza scientifica e di conseguenza, la valutazione, su questi criteri, dell’appropriatezza di ogni atto medico;

·        la disparità di incidenza di tale intervento e delle sue indicazioni  nei vari paesi e, nell’ambito dello stesso paese,  nei vari ospedali;

·        la diversa attenzione agli aspetti economici dell’assistenza sanitaria;

·        l’attenzione sempre maggiore alla salute intesa come stato di benessere fisico, psichico e relazionale, e quindi alla qualità della vita, come elemento fondamentale della salute;

·        la necessità di un nuovo rapporto medico-paziente, in cui il paziente diviene attore della decisione e il consenso informato diviene strumento fondamentale di salute.

               

Inoltre, è bene sottolineare che è importante una continua collaborazione tra il mondo medico e le donne tutte, affinché la salute sia sempre  il vero e unico obiettivo. Questo deve esprimersi  attraverso la realizzazione di nuove  dinamiche del rapporto informazione-consenso, che deve guidare il cittadino ad essere il soggetto del percorso sanitario che lo riguarda; ma deve esprimersi anche nella partecipazione alla ricerca per individuare percorsi diagnostico-terapeutici sempre più appropriati, come pure nella collaborazione alla formazione del personale sanitario, affinché acquisisca le conoscenze necessarie per offrire ai cittadini prestazioni sempre più qualificate e la capacità di comunicare con i pazienti in modo da fornire loro le informazioni ed il sostegno necessari perché possano essere i veri  protagonisti della promozione e recupero della salute.

In merito al consenso informato e al processo decisionale relativo alla scelta dell’isterectomia va ricordato quanto segue:

§         Più dell’85% delle isterectomie sono elettive: c’è, cioè, almeno un’altra ragionevole procedura alternativa.

§         nonostante i dati scientifici la decisione di operare dipende ancora dall’interpretazione soggettiva della paziente e del suo medico, rimane quindi esposta all’influenza delle motivazioni personali e culturali di ambedue.

§         La capacità di dare un’informazione completa e corretta e tale che possa aiutare veramente la  donna a scegliere deve far parte delle capacità professionali da acquisire nei percorsi formativi dei ginecologi.

 

Di seguito sono riportati uno schema ed una esemplificazione relativi alla metodologia da applicare per una corretta procedura di consenso informato, ricavato da uno dei rarissimi lavori sull’argomento nelle riviste scientifiche di ginecologia.

 
ISTERECTOMIA: LA DECISIONE ED IL CONSENSO INFORMATO

 

METODOLOGIA

 

PREPARED Protocol (PROTOCOLLO Predisposto)

P  rocedure - Procedura: il percorso dell'azione considerata

R  eason - Motivo: indicazione alla procedura

E  xpectation - Aspettativa: esiti benefici della procedura

P  references - Preferenze: vantaggi dal punto di vista del paziente

A  lternatives - Alternative: altre  opzioni  e procedure

R  isks - Rischi: esiti potenzialmente dannosi della procedura

E  xpenses - Costi:  tutti i costi diretti e indiretti

D  ecision - Decisione: scelta consapevole (pienamente informata) della paziente

                                                                                                          

  (Gambone J.C., Reiter R.C., 1997)

 

ESEMPLIFICAZIONE

 

FIBROMI VOLUMINOSI, ASINTOMATICI (Gambone J.C., Reiter R.C., 1997)

 

PROCEDURA                Isterectomia Addominale Totale

MOTIVI                La diagnosi è leiomioma uterino asintomatico

                                Per questa diagnosi i danni potenziali sono:

1.        Sintomi futuri

2.        Diagnosi ritardata di cancro delle ovaie (o delle tube di Falloppio)

3.        Diagnosi ritardata di leiomiosarcoma (meno di 1 su 1.000 casi)

4.        Aumentate complicazioni operative in futuro quando l’utero più risultare più grosso

ASPETTATIVE  Assenza di un ragionevole beneficio per il presente:

1.        I sintomi possono non svilupparsi

2.        Bassa riduzione del rischio di cancro (non fondato in base all’evidenza)

3.        Diagnosi e trattamento precoce di leiomiosarcoma (meno di 1 su 1.000 casi)

4.        Bassa riduzione del rischio di complicazioni chirurgiche se si opera presto

SCELTE

1.        Evitare l’intervento chirurgico

2.        Aumentare la longevità a causa di una precoce diagnosi di cancro

ALTERNATIVE

1.        Attesa vigile

2.        Miomectomia e/o

3.        Trattamento tipo 'GnRH' seguito da isterectomia vaginale

RISCHI

                                Morte: 1-1,6 per 1.000 casi

                                Complicazioni: 25-30% dei casi:

1.        Serio-raro (es. lesione dell’uretere)

2.        Minore-comune (es. infezione del tratto urinario)

COSTI                 

1.        Isterctomia addominale totale: costi diretti stimati $ 4.200,00

2.        Altri costi indiretti

DECISIONE

Questa paziente può decidere che l’attesa vigile è ragionevole sulla base dei rischi della procedura, per esempio basso rischio di morte o di altre complicazioni, dei costi e relativamente dei bassi rischi (di cancro e morte per cancro) legati alla gestione dell’attesa.

Al contrario, la paziente può scegliere di non accettare di correre questo basso rischio di cancro e preferire la miomectomia, oppure può decidere per l’isterectomia.

 

 

referenze e note

 

 

1)       Lepine LA., Hillis SD., Marchbanks PA., Koonin LM., Morrow B., Kieke BA., Wilcox LS. Hysterectomy surveillance United States, 1980-1993. MMWR CDC Surveill. Summ.: 46,1, 1997.

 

2)  MacLennan  AH., MacLennan A., Wilson D. The prevalence of hysterectomy in South Australia. Med. J Aust.: 158,807, 1993.

 

3) Chapple A. Hysterectomy: British National Health Service and private patients have very different experiences. J. Adv. Nurs.: 22,900,1995.

 

4) Parazzini F., La Vecchia C., Negri E., Tozzi L.  Determinants of hysterectomy and oophorectomy in northern Italy.  Rev. Epidemiol. Sante Publique: 41, 480, 1993.

 

5) Luoto R., Kaprio J., Keskimaki I., Pohjanlahti JP., Rutanen EM. Incidence, causes and surgical methods for hysterectomy in Finland, 1987-89. Int. J. Epidemiol.: 23, 348, 1994.

 

6) Backe B. Lilleeng S. Hysterectomy in Norway. Quality of data and clinical practice. Tidsskr Nor Laegeforen.: 113, 971, 1993.

 

7) Kovac SR. Guidelines to determine the route of hysterectomy.Ostet. Gynaecol.: 85, 18, 1995.

 

8) Carlson K.J., Miller B.A., Fowler F.J. Jr The maine women’s health study 1: outcomes of hysterectomy.

Obstet. Gynaecol.: 83, 556, 1994.

 

9) Jacobs J., Oram D.H. Prophylactic oophorectomy. Brit. J. Hosp. Med.: 38,440,1987.

 

10) Weber A.M., Hewett W.J., Gajewski W.H., Curry S.L. Serous carcinoma of peritoneum after oophorectomy. Obstet. Gynaecol.: 80, 558, 1992.

 

11) Sluijmer A.V., Heineman M.J., De Jong F.H., Evers J.L. Endocrine activity of the postmenopausal ovary: The effect of pituitary down regulation and oophorectomy. J. Clin. Endocr. Metab.: 80, 2163, 1995.

 

12) Hasson H.M. Cervical removal at hysterectomy for benign disease. Risk and benefits. J. Reprod. Med.: 38, 781, 1993.

 

13) Dicker R.C., Greenspan J.R., Strauss L.T. Complications of abdominal and vaginal hysterectomy among women of reproductive age in USA. Am. J. Obstet. Gynecol.: 144, 841, 1982

 

14) Andersen TF, Loft A., Bronnum-hansen H., Roepstorff C., Madsen M. Complications after hysterectomy. A Danish population based study 1978-1983. Acta Obstet. Gynecol. Scand.: 72, 570, 1993.

 

15) Thornton E.W., McQueen C., Rosser R., Kneale T., Dixon K. A prospective study of changes in negative mood states of women undergoing surgical hysterectomy: the relationship to cognitive predisposition and familial support. J. Psychosom. Obstet. Gynecol.: 18, 22, 1997.

 

16) Bernhard L.A., Harris C.R., Caroline H.A. Partner comunication about Hysterectomy. Health Care Women Int.: 18, 73, 1997.

 

17) Ryan M.M. Hysterectomy: social and psycosexual aspects. Baillieres Clin. Obstet. Gynaecol.: 11, 23, 1997.

 

18) Helstrom L., Lundberg P.O., Sorbom D., Backstrom T. Sexuality after hysterectomy: a factor analysis of women sexual lives before and after subtotal hysterectomy. Obstet. Gynaecol.: 81, 357, 1993.

 

19) Nathorst-Boos J., von Schoultz B., Carlstrom K. Elective ovarian removal and estrogen replacement therapy-effects on sexual life, psycological well-being and androgen status. J Psychosom. Obstet. Gynecol.: 14, 283, 1993.

 

 



* Alcuni contenuti di questo contributo sono presenti anche in un'altra pubblicazione (Isterectomia, il problema sociale di un abuso contro le donne, (a cura di) M. Dalla Costa, Angeli,1998).