Capitolo
6
CONCLUSIONI
1.
1.
IL
PERCORSO DELLA RISPOSTA PATOLOGICA
Il
percorso della risposta patologica, così come evidenziata nell'analisi dei dati
clinici del nostro servizio, viene confermata dai valori significativi dei
fattori sottoposti ad indagine statistica nella ricerca.
1.1
Gli eventi
Prima di iniziare la discussione diamo notizia dei dati che riguardano
gli eventi di vita, che non entrano nell'indagine statistica, ma entrano nella
definizione qualitativa del profilo dei gruppi.
Gli eventi personali (uno o più di uno per ciascun soggetto) sono più
frequenti in ambedue i campioni, e maggiormente nei gruppi delle femmine; gli
eventi familiari sono in numero minore per tutti i gruppi.
Nel grafico soprastante si
legge il numero di soggetti che ha indicato negli ultimi tre anni più di un
evento accadutogli: più eventi personali, più eventi familiari e un misto di
eventi familiari e personali. I soggetti senza eventi sono in numero maggiore
nei due gruppi di controllo. Tra maschi e femmine hanno meno numero di eventi i
maschi.
Nel grafico sottostante rappresentiamo la tipologia e il numero di eventi personali.
|
11. inizio rapporto affettivo 12. delusione sentimentale/amicale
13. fallimento scolastico 14. abuso e molestie sessuali
Nella tipologia degli
eventi personali emerge tra i maschi che è più frequente l'inizio del rapporto
sentimentale ed il fallimento scolastico; la delusione sentimentale ha un valore
stabile in tutti i gruppi.
Tra le femmine, emerge
maggiormente la delusione sentimentale; il fallimento scolastico è
rappresentato come secondo evento in tutti i gruppi tranne che nel gruppo
anoressia/bulimia; quest'ultimo si conferma tra i gruppi come quello che ha il
minor problema scolastico.
In sintesi si evidenzia che:
-
gli eventi di carattere personale superano quelli familiari in tutti i
gruppi;
-
vi è una differenza tra gruppi di controllo e gruppi patologici;
questa è data dal minor numero di eventi e dal maggior numero di soggetti che
non riferisce eventi negli ultimi tre anni;
-
vi è una differenza tra gruppi maschili e femminili rispetto
all'evento delusione sentimentale più rappresentato
tra le femmine e meno tra i maschi;
-
vi è una presenza nel gruppo di controllo maschile di un numero
maggiore di soggetti con un nuovo rapporto affettivo a differenza del
corrispondente gruppo di controllo femminile;
-
vi è una maggiore percentuale di abuso infantile nel campione
femminile a carico del gruppo anoressia/bulimia che riferisce un abuso nel 28%
dei casi.
1.2
Il carico familiare e scolastico
Dagli eventi, che abbiamo considerato come antefatto della risposta
patologica, discendono percorsi di cambiamento nell'organizzazione della vita
quotidiana dell'adolescente.
Gli
stessi eventi possono essere considerati già interni alla risposta patologica:
in questo caso divengono effetti di una condizione di malessere più che causa
scatenante. Appunto per questa duplice interpretazione gli eventi sono stati
tenuti fuori dall'impianto della ricerca e sono stati trattati in questa sezione
solo in sede di un approfondimento della discussione.
Vi
è da dire che l'evento maggiormente percepito è quello personale; gli eventi
familiari sono sullo sfondo: essi cioè vengono meno percepiti come induttori di
malessere dall'adolescente. Nella esperienza clinica sappiamo però che gli
eventi familiari apportano modifiche all'organizzazione di vita
dell'adolescente, che riducono i consueti fattori di protezione specifici di
questa età. Così quando si affaccia l'evento personale di cambiamento avremo
diverse risposte: alcune di fronteggiamento, altre di break-down per mancanza di
risorse protettive. Immaginiamo ad esempio che la delusione sentimentale delle
femmine, innesti una percezione di insicurezza in sè, supponiamo che gli eventi
familiari avevano già indotto un movimento di riduzione della rete amicale, di
spazi personali, portando l'adolescente ad avere un unico appoggio nel partner,
è chiaro che la delusione sentimentale sarà vissuta come crollo totale, oltre
ad avere un più consueto significato di singola
perdita affettiva.
Diciamo
allora che gli eventi personali e le reazioni patologiche sono occasioni per
visualizzare un equilibrio di rapporti non fisiologico per lo sviluppo e la
costruzione della identità personale dell'adolescente.
Torniamo
quindi al concetto di carico familiare e alla funzione di supporto espletata
dall'adolescente in una fase particolare, in cui dovendosi realizzare il massimo
sforzo costruttivo/adattivo, i ragazzi e le ragazze dovrebbero avere a loro
completa disposizione tutte le energie di cui sono in possesso.
Le
esigenze della famiglia caricate sull'adolescente costituiscono un primo fattore
di rischio sia per il maschio che per la femmina.
La
femmina è più caricata dei maschi di tutte le competenze di supporto che il
suo ruolo le attribuisce: la cura materiale ed affettiva degli altri con tutte
le mansioni differenziate che ne conseguono. Il ruolo che esse esplicano è di
responsabilità (molteplici e gravose) ma di scarso potere. Ed è proprio la
molteplicità dei compiti e dei ruoli che possono essere attribuiti alla femmina
che ha dato maggiore significatività a questo fattore nel campione femminile.
Ma
anche i maschi non sono esenti da questo fattore di rischio. Per loro si tratta
di compiti meno materiali e vorremmo dire maggiormente "di prestigio"
come in genere sono i compiti assegnati nella nostra società ai maschi. Essi
hanno il loro punto di massimo carico nel ruolo di confidente e di supporto
della madre, ruolo che vicaria quello del padre e come tale veicola un maggior
potere sociale. Nelle femmine patologiche aumentano il tipo e la quantità di
supporto fornito, nei maschi cambia la direzione del supporto: nei maschi sani
è prevalente il supporto al padre, in quelli patologici aumenta ed è
prevalente il supporto alla madre.
Sulla
differenza qualitativa del carico familiare si aprono le prospettive per una
ricerca che approfondisca questi nessi sul piano della popolazione clinica dei
servizi.
Alcune
osservazioni si presentano nell'immediato: i maschi hanno funzioni meno
materiali di supporto; la tipologia del loro supporto confligge meno con i tempi
fuori casa e con le relazioni esterne. Infine il supporto verso il genitore di
sesso opposto, limita il processo di identificazione con il ruolo di vittima, più
tipico nelle femmine. I maschi infine soffrono meno della perdita della rete
amicale e della perdita dell'autostima.
In
questo rapporto con la madre i maschi patologici non soffrono quindi del
complesso di "cenerentola", essi sono privilegiati: sono chiamati a
fare le veci del padre presso la madre. Questi due elementi: la
minore quantità di compiti e la tipologia del supporto, creano le basi
sia per una minore consistenza del disagio psichico maschile (nascosto anche qui
in un ruolo di maggior potere), sia per una minore percezione di vivere una
situazione di disagio.
Fatte
queste osservazioni, rimane che per ambedue i gruppi, anche se in modo
differenziato, si propone una distorsione del processo di crescita e sviluppo
della identità personale.
La
funzione di supporto familiare si conferma quindi come elemento di disturbo
della crescita adolescenziale, fattore di vulnerabilità rispetto alla necessità
di avere disponibilità di risorse adatte al fronteggiamento di nuovi eventi.
Il
carico scolastico è in aumento solo nei gruppi a rischio; questi gruppi sia
maschili che femminili si sentono impegnati nello studio: aumentano tempi e
compiti, ma i maschi in particolare riducono il rendimento (insufficiente). I
gruppi patologici risentono meno dei problemi della sfera scolastica: ambedue i
gruppi maschili e femminili riducono, rispetto al gruppo a rischio tempi e
compiti. Il carico scolastico sembra diminuire (sotto-carico) nei gruppi
patologici (tranne che nel gruppo anoressia/bulimia), mentre aumenta o si
specializza il carico familiare. Questi gruppi comunque mantengono la percezione
di un maggior sovraccarico nell'ambito scolastico.
1.3
Le risorse personali (interessi, rete amicale, progetti)
Le
risorse personali, la rete amicale gli interessi personali, a partire dalla
funzione di supporto, patiscono, in maniera maggiore per le femmine, e minore
per i maschi, una riduzione. Sul piano qualitativo si manifesta un orientamento
(tratto dall'apprendistato nella funzione di supporto familiare) verso la
ripetizione delle modalità di rapporto familiare (la modalità del supporto,
del dare, ecc.). Nello stesso tempo
prevale la modalità della sfiducia negli altri e della valutazione di non
importanza e di secondarietà di queste relazioni rispetto a quelle familiari o
di superfluità (in particolare gli interessi personali). Ed infine, interessi e
relazioni, sono percepiti spesso non come liberatori ma come sovraccaricanti e
doverosi.
Sempre
sul piano delle risorse personali il progetto si riduce, ma soprattutto non
viene considerato un importante punto di appoggio della propria realizzazione;
prevale l'orientamento a ripetere il progetto familiare; o a fare progetti
di "fuga" poco incarnati nelle condizioni soggettive (desideri
personali, abilità e competenze).
La
condizione di "coppia" è maggiormente presente nelle femmine
patologiche e nei maschi sani: essa conferma anche per l'adolescenza la validità
dei risultati delle ricerche epidemiologiche che riportano la condizione
coniugale adulta come protettiva per i maschi e non per le femmine.
1.4
La percezione soggettiva ed il giudizio altrui
Si
riduce la stima di sè e vi sono cambiamenti negli stili di risposta (caratteri
A e B) per tutti i gruppi a partire
dal gruppo di controllo.
I
cambiamenti minori sono dei gruppi a rischio, cambiano maggiormente gli altri
gruppi.
La
sima di sè per i maschi procede dalla stima degli altri e viceversa nelle
femmine, dove la percezione di sè è generalmente più negativa dei giudizi
altrui.
Questa
differenza qualitativa va approfondita successivamente con una ricerca mirata su
un congruo numero di casi clinici mettendo al centro l'osservazione sulla
connessione tra supporto fornito dai maschi ed il giudizio familiare.
Le
femmine patologiche hanno una peggiore immagine personale: si considerano
insicure, incapaci e meno stimabili dei maschi. Le femmine patologiche (solo il
gruppo ansia/depressione) riducono quindi notevolmente la loro sicurezza e
percezione di capacità, i maschi patologici, a confronto con le femmine,
aumentano poco l'insicurezza e la disistima personale.
La
pressione del giudizio familiare è più elevata nei maschi che hanno valori
molto più alti delle femmine nel sentirsi coinvolti e dipendenti dal giudizio familiare (il giudizio familiare è
necessario ai maschi nell'83% dei casi rispetto al 55% dei casi nelle femmine).
Il
giudizio esterno (extra-familiare) ha più valore nei maschi che non nelle
femmine (ad eccezione del gruppo anoressia/bulimia), ma crea una minore
sensazione di pressione del giudizio familiare in tutti e due i campioni
maschili e femminili.
1.5
La stanchezza ed altri disturbi
Per
la stanchezza ed altri disturbi le femmine sia a rischio che patologiche
lamentano più disturbi dei maschi.
I
tipi di disturbi più presenti nelle femmine patologiche e meno nei maschi sono:
il pianto immotivato, i
comportamenti evitanti, l'insicurezza, la tendenza all'isolamento. Le femmine
inoltre ricorrono più ai farmaci. I comportamenti aggressivi sono in equilibrio
tra i due sessi. I maschi patologici dal canto loro mostrano più comportamenti
ripetitivi e più ricorso al medico.
In
tutti i gruppi patologici i
disturbi non sono messi in relazione con le vicende della vita quotidiana; nei
gruppi a rischio questa correlazione, molto importante per un discorso di
prevenzione, è ancora presente.
La
stanchezza si correla con l'aumento della pressione dei compiti e responsabilità
ed è più elevata nei gruppi a rischio; gli altri disturbi psico-fisici
costituiscono un ampliamento del malessere e si trovano in modo più specifico
nei gruppi patologici come segnali e spia, nell'anno precedente l'insorgenza
della sintomatologia portata all'attenzione dello specialista
(psicologo/psichiatra) e diagnosticata, di un malessere che sta per uscire dalle
normali relazioni quotidiane ed assumere la veste di inspiegabilità e non
controllabilità (le caratteristiche del sintomo psichico).
2.
2.
IL PASSAGGIO DALLA CONDIZIONE DI
RISCHIO A QUELLA PATOLOGICA: I
GRADI PROGRESSIVI DEL
MALESSERE NELLA VITA QUOTIDIANA
2.1
I gruppi femminili
Il
passaggio dal gruppo sano al gruppo a rischio
In questo passaggio troviamo: un aumento di eventi, un aumento
significativo del carico scolastico e del carico familiare. La presenza di un
ruolo di mediatore dei conflitti familiari che si evidenziano e si manifestano
apertamente.
Le risorse personali,
in particolare gli interessi ed i progetti, sono ancora presenti ma si manifesta
la funzione di supporto per altri e la percezione di doverosità.
La rete amicale è
significativamente ridotta, alto è l'indicatore sulla disparità tra dare ed
avere: si consolida la funzione ed il ruolo "per altri" (maggiore tra
le femmine a rischio). La disparità nel dare nell'ambito della rete amicale si
configura come franco fattore di rischio per questo gruppo che si avvia a
consolidare quegli aspetti che lo porteranno verso la patologia. Essa infatti
introduce, in un fattore in partenza "protettivo", elementi di
evidente sovraccarico e quindi di rischio per la salute psichica.
Caratteristiche di
questo gruppo sono l'urgenza e la fretta, tipiche delle situazioni di stress e
di pressione esterna. Così tipica è anche la configurazione della stanchezza
come unico segnale della pressione. In aumento inoltre
i mutamenti di carattere con maggiore aggressività (soprattutto i maschi
a rischio), ma anche più insicurezza (soprattutto le femmine).
Si inverte il rapporto tra preminenza del giudizio esterno
sulla percezione di sè. Inversione che
segna tutti i gruppi patologici femminili, diversamente dai gruppi maschili,
mostrando così un diverso ruolo giocato dal giudizio familiare, facendo
ipotizzare modalità diverse di espressione di questo giudizi (giudizi che
puntano più sui modi di essere soggettivi che non sui comportamenti e sulle
abitudini).
Oltre la stanchezza si
segnala nel campione femminile a rischio l'aumento di tutti i disturbi sia
fisici che psichici; ed in particolare due indicatori aumentano: "la
preoccupazione per il peso" e "il pianto immotivato", che non si
rilevano nel corrispondente gruppo maschile.
Il passaggio dal gruppo
sano al gruppo a rischio è quindi caratterizzato da una situazione di
sovraccarico e di stress, con spiccato aumento del supporto agli altri familiari
e non, riduzione dell'autostima in rapporto ad un aumento evidente di
insicurezza.
Il
passaggio dal gruppo a rischio al
gruppo ansia/depressione e al
gruppo anoressia/bulimia
Il gruppo a rischio è
il gruppo da cui si dipartono i percorsi differenziali
per le due risposte di tipo ansioso/depressivo e del tipo disturbo nella
condotta alimentare. Questi due gruppi non hanno tra loro forme di passaggio o
di transizione; sono infatti abbastanza equivalenti: solo il gruppo
anoressia/bulimia presenta una maggiore distanza in quasi tutti i fattori sia
dal gruppo di controllo che da quello
a rischio.
A.
Il
passaggio gruppo a rischio - gruppo ansia/depressione
Si inverte il rapporto
carico scolastico - carico familiare: aumenta il carico familiare e si riduce
quello scolastico. Nel carico familiare è presente il ruolo di supporto alle
funzioni della madre nei ruoli di cura e nei compiti domestici; presente in modo
preminente anche il ruolo di sostituto e supporto alla funzione materna. Aumenta
la percezione di incompetenza e di mancanza di risorse. Assente la conflittualità
familiare evidente; è scarso il ruolo di mediazione.
Gli interessi personali
si riducono o si azzerano, sono considerati superflui, così i rapporti amicali;
i progetti sono in collegamento con le aspirazioni familiari.
La stima di sè è la
più bassa, così come la percezione di incapacità è la più elevata.
Il giudizio familiare
in particolare (fattore tendenzialmente significativo nella differenza tra il
gruppo a rischio ed il gruppo patologico) diviene l'elemento differenziale più
significativo nel passaggio dal gruppo a rischio al gruppo ansia/depressione. Il
suo peggioramento, nel senso di un aumento dei giudizi di incapacità ed
insicurezza, segna un cambiamento da sottolineare, anche in relazione
all'aumento della percezione negativa di sè, che va nella stessa direzione
(elevata percezione di incapacità, ridotta nel gruppo a rischio).
Aumentano i disturbi
psichici ed il pianto immotivato; questo gruppo non ha percezione del
collegamento dei disturbi con gli eventi e le condizioni di vita.
B.
Il
passaggio gruppo a rischio - gruppo anoressia/bulimia
Il passaggio a questo
gruppo non fa registrare l'inversione di tendenza nell'aumento tra carico
scolastico e familiare. Questo gruppo aumenta poco o niente le incombenze
familiari (compiti domestici, di cura generale e di supporto/sostituto della
madre); è più simile al gruppo a rischio per quanto riguarda il carico
scolastico; ma è anche meno insoddisfatto del gruppo a rischio.
L'attenzione a questo
gruppo è nella funzione di supporto e confidente che esplica sia nei confronti
della madre che del padre. Questa caratteristica rende questo gruppo unico.
Come il gruppo a
rischio, il gruppo anoressia/bulimia mantiene gli interessi personali anche se
aumenta l'isolamento dai coetanei in queste attività.
In maniera
significativamente diversa dal gruppo a rischio riduce o azzera la rete amicale,
ed i progetti personali. Questi ultimi diversamente dai progetti del gruppo
ansia/depressione non hanno un
particolare carattere di prosecuzione delle aspirazioni familiari (30% Vs 55%).
Altra differenza
(tendenzialmente) significativa di questo gruppo dal gruppo a rischio è
l'aumento del fattore F6B (giudizio extra-familiare). In contro tendenza con gli
altri gruppi femminili, il gruppo anoressia/bulimia peggiora il giudizio esterno
e da questo si sente più colpito degli altri gruppi. Minori differenze,
rispetto al gruppo a rischio, risiedono nel giudizio familiare (diversamente da
quanto succede per il gruppo
ansia/depressione).
Il giudizio familiare
è invece caratterizzato soprattutto, diversamente dal gruppo ansia/depressione,
dall'aumento dei caratteri 'A' (70% Vs 50%). Per il resto i suoi valori sono più
simili al gruppo a rischio anziché al gruppo ansia/depressione.
Per quanto riguarda la
stanchezza ed altri disturbi, questo gruppo condivide con il gruppo a rischio la
preoccupazione per il peso. Ma diversamente dagli altri gruppi ricorre più a
farmaci, a medici, ed interrompe maggiormente le sue attività per i malesseri (
> del gruppo a rischio ma anche > del gruppo ansia/depressione). Infine più degli altri si sente in colpa e disapprovato.
2.2
I gruppi maschili
Il
passaggio dal gruppo sano al gruppo a rischio
In questo passaggio
troviamo: un aumento di eventi, un aumento significativo del carico scolastico,
in presenza di conflittualità scolastica, in aumento, anche se solo
tendenzialmente significativo, il carico familiare. In famiglia prevalgono i
ruoli di supporto generale e quello di mediatore; è presente il ruolo di
supporto del padre in prosecuzione con le caratteristiche del gruppo sano, ma
aumenta il ruolo di supporto della madre (tendono ad essere equivalenti).
Il carico complessivo
(scolastico e familiare) crea percezione di gravosità, di doverosità, ma anche
di non apprezzamento.
Negli interessi personali,
mantenuti rispetto al gruppo sano, compare un indicatore interessante che è la
funzione di sostegno agli interessi altrui (come nel corrispondente gruppo
femminile); inoltre compare un
altro indicatore dello stesso genere che è dato dall'aumento delle interruzioni
delle attività per sostenere interessi altrui ( familiari).
La rete amicale si mantiene.
I progetti sono presenti con
un'unica differenza: sono distanti dalla realtà attuale.
La percezione di sè si
modifica per la presenza di un aumento dei caratteri sia 'A' che 'B'.
Aumenta la disistima dei
familiari ed anche quella extra-familiare (ma aumenta meno).
Si mantiene come nel
gruppo sano la prevalenza del giudizio familiare sulla percezione di sè
(diversamente da quanto succede per i gruppi femminili a rischio e patologici).
Caratteristica di
questo gruppo, come nel corrispondente gruppo femminile, sono l'urgenza e la
fretta tipiche delle situazioni di stress e di pressione esterna. E' presente
anche la stanchezza come segnale della pressione, ed insieme alla stanchezza
sono in aumento anche tutti gli indicatori che rivelano problemi sia fisici che
psichici quali: l'insicurezza, i mutamenti di carattere, i comportamenti
ripetitivi e di evitamento, ecc.
Segnaliamo, come
indicatore specifico rispetto agli altri gruppi, l'aumento nell'assunzione di
altre sostanze, oltre il ricorso abituale ai farmaci. Non vi è in questo gruppo
la preoccupazione per il peso, nè il ricorso frequente ai medici.
Anche questo gruppo,
come il corrispondente gruppo femminile, si caratterizza per una situazione di
stress e di sovraccarico.
Il
passaggio dal gruppo a rischio al gruppo patologico
0
Il
gruppo patologico riduce il carico complessivo sia nell'ambito familiare
che in quello scolastico. Rispetto al gruppo a rischio, specializza la
sua funzione di supporto e la orienta sulla madre anziché sul padre.
In
rapporto a questa funzione riduce tempi ed attività fuori casa, e si riducono
anche gli interessi personali. Nei rapporti con i coetanei mancano i rapporti di
confidenza: sono preferiti i rapporti familiari.
La
percezione di sè non varia molto: è lievemente più negativa con un lieve
aumento della disistima e dei caratteri 'B'.
Il
giudizio familiare è invece un fattore che differenzia, come i corrispondenti
gruppi femminili, il gruppo patologico dal gruppo a rischio. Il gruppo è
insoddisfatto e sovraccaricato dal giudizio familiare; in particolare è legato
al giudizio familiare nell'83% dei casi e ne percepisce la necessità ed il
coinvolgimento.
Questo
fattore guida, come nel campione femminile la transizione dalla situazione di
rischio a quella patologica. Nel campione femminile però erano significativi
gli aspetti della tipologia e della frequenza dei giudizi, nei maschi
è più significativa la percezione del sovraccarico e della dipendenza.
Nella
stanchezza ha valori molto distanti dal gruppo a rischio soprattutto per quanto
riguarda: la riduzione dell'autonomia (72,22% dei casi), la mancanza di
collegamento tra i disturbi e le vicende della vita quotidiana (55%), la
incapacità a tenere sotto controllo i disturbi (66%).
2.
3.
LA CONFERMA DELLE IPOTESI DELLA
RICERCA
Alla luce dei risultati della ricerca possiamo individuare le ipotesi confermate e quelle non confermate.
Ipotesi I: confermata
di
condizioni
I fattori indicatori di condizioni di rischio psichico nella vita quotidiana
sono presenti in maniera significativa nei gruppi sperimentali - patologici sia
maschili che femminili; esiste cioè una differenza significativa tra gruppi
patologici, gruppi a rischio e gruppi di controllo.
Ipotesi
II : c
Ipotesi II: confermata
I gruppi patologici mostrano
differenze significative al proprio interno: vale a dire che i soggetti
appartenenti a raggruppamenti patologici diagnosticati nei servizi specialistici mostrano, rispetto ai
gruppi definiti a rischio, diverse condizioni della vita quotidiana (differenza
nella presenza e nella intensità dei fattori).
Ipotesi
III:
Ipotesi III: non confermata
Il gruppo anoressia bulimia, non mostra una differenza significativa rispetto al
gruppo patologico "ansia-depressione". Le differenze mostrate nella
discussione sono quindi solo di carattere qualitativo e non statisticamente
significative.
Ipotesi IV:
Ipotesi IV: parzialmente confermata
I campioni maschili e
femminili mostrano differenze significative rispetto al genere solo nel
confronto trasversale tra tutti i gruppi patologici e non patologici. Nei
confronti a coppie non tutti i gruppi mostrano significatività: i gruppi di
controllo sono esenti da differenze significative. Le differenze tra gruppi
corrispondenti sono significative solo nel confronto tra i due gruppi a rischio
e patologici maschili e femminili e soltanto nell'aspetto della quantità.
Il
percorso della risposta patologica attraverso i fattori della vita quotidiana,
percorso che i gruppi con le loro differenze mostrano come significativo, si
visualizza nei gruppi maschili e femminili in modi analoghi: l'aumento della
pressione di compiti e responsabilità, la riduzione della sfera degli interessi
personali e amicali, la riduzione della stima di sè e degli altri; e l'aumento
di una percezione psico-fisica di malessere.
Questo
percorso è costruito da un lato sull'analisi delle differenze tra i gruppi: per
ciascun campione si nota una progressione di valore dal gruppo a rischio verso
quello patologico. Questa progressione di valore differenzia in modo
significativo e complessivamente i
gruppi tra loro; ed inoltre differenzia i gruppi in rapporto ad alcuni
fattori
specifici.
Il gruppo a rischio maschile
ha più carico scolastico, e più carico familiare, ma il gruppo patologico si
"specializza" nel ruolo di confidente e supporto della madre.
E questo gruppo patologico
riduce in maniera più evidente gli interessi e la rete amicale; inoltre
presenta rispetto al gruppo a rischio una peggiore immagine di sè ed una
maggiore percezione di malessere psico-fisico.
Il gruppo a rischio
femminile ha anch'esso il maggior carico scolastico, ma il minor carico
familiare, minore riduzione della sfera delle risorse personali ed in
particolare: la rete ed i progetti personali
sono attivi e meno negativa è la percezione di sè.
Questa
stessa progressione di valore (differenza statisticamente significativa tra i
gruppi maschili e femminili) la troviamo anche nel rapporto tra gruppi maschili
e femminili a partire dal gruppo a rischio ed in maniera più evidente nei due
gruppi patologici.
Il
carico familiare, la percezione di sè, i disturbi, ma anche la rete amicale e
gli interessi personali demarcano le differenze dei gruppi maschili e femminili.
Le
differenze tra gruppi maschili e femminili indicano che:
-
in partenza gli adolescenti maschi e femmine vivono nelle stesse
condizioni in rapporto allo stato di salute;
-
le differenze si manifestano solo quando inizia un percorso verso
la patologia, e ciò sta a significare che le femmine vengono maggiormente e
diversamente caricate delle funzioni di supporto familiare, rispetto ai maschi.
Quando infatti si realizza la necessità di una funzione di supporto nell'ambito
della famiglia le adolescenti femmine patiscono maggiormente le condizioni di
restrizione della sfera degli interessi personali, il depauperamento delle
risorse personali, la riduzione
della stima di sè.
3.
4. I FATTORI
DI RISCHIO E LA PREVENZIONE
Dalla
ricerca sono emersi con evidenza i fattori di rischio che caratterizzano i
profili dei gruppi campioni patologici sia maschili che femminili. Da queste
evidenze possiamo ora trarre, come esito finale della ricerca, le indicazioni
necessarie per avviare il discorso dentro la cornice della prevenzione, ovvero
per definire, con una discreta attendibilità, le caratteristiche dei fattori di
protezione.
In
questo capitolo saranno quindi messi a fuoco i fattori di protezione,
antagonisti a quelli che la ricerca ha individuato come fattori di rischio,
cercando di delineare i comportamenti appropriati da prediligere rispetto a
quelli meno appropriati di genitori, educatori in genere ed anche delle
istituzioni, famiglia e scuola.
Al
di là delle differenze individuate tra i due generi, che configurano un rischio
generale più elevato per le femmine, abbiamo trovato che i fattori implicati
nello sviluppo di un disagio psichico ruotano intorno a condizioni di vita
omogenee per i due sessi. In particolare, e ciò va ribadito in questa sede, le
differenze tra i due sessi compaiono solo quando si innescano i processi di
malattia; solo allora si sono notati comportamenti diversi tra maschi e femmine
da addebitare quindi proprio a funzioni di ruolo sociale diversificate che si
concretizzano nella fase dell'adolescenza in
relazione ad eventi familiari e sociali specifici.
Una
particolare attenzione è stata data al gruppo anoressia/bulimia che non ha un
gruppo di confronto nel campione maschile, data la particolarità della sindrome
che colpisce al 95% il sesso femminile. Questo gruppo si è presentato con
alcune particolarità distintive - anche rispetto all'altro gruppo patologico
femminile (ansia/depressione) - che andranno approfondite in una successiva
ricerca. Allo stato attuale della
ricerca la loro condizione di vita
ha mostrato un indice più elevato di abusi sessuali ed una maggiore funzione di supporto e confidenza verso il
genitore di sesso maschile.
L'ipotesi
di una maggiore implicazione del corpo sessuato (con i caratteri distintivi
della femminilità) e del corpo estetico ( il corpo riconosciuto bello secondo i
canoni maggiormente diffusi) è senz'altro la più convincente. Questo gruppo è
infatti quello che orienta la propria sofferenza (sintomo) intorno alla
cancellazione delle rotondità femminili (in particolare seno, pancia, cosce),
il sotto-gruppo anoressia; ed intorno al riconoscimento estetico del proprio
corpo come valore personale apprezzabile secondo gli standards comunemente
accettati, il sotto-gruppo bulimia..
L'anoressia
è tutta imperniata sul rifiuto del cibo e su una immagine che suggerisce la
cancellazione del proprio sesso. Nella bulimia l'aspetto sessuato rimane e ciò
che si rincorre è un'ideale di perfezione e di rassomiglianza con i modelli
estetici più apprezzati: quest'ultima è una ricerca di valore attraverso il
corpo, la prima è un rifiuto del proprio corpo.
La
diffusione dell'una e dell'altra patologia tra le adolescenti
indica che:
-
da un lato, ancora
oggi i mass media parlano alle
adolescenti femmine in termini estremi di valorizzazione del corpo attraverso
canoni rigidi e misure anatomiche precise;
-
e dall'altro, la diffusione della violenza e dell'abuso degli
uomini contro le donne, una realtà di cui oggi soltanto si sta prendendo
coscienza, , ci parla del trauma delle adolescenti che rifiutano il loro corpo,
e preferiscono nascondere o meglio punire le proprie forme femminili in modo
drastico e totale.
Noi
ci proponiamo sulla base dei risultati della ricerca di sviluppare una indagine
clinica sull'analisi e sul confronto dei casi per meglio precisare le differenze
tra il gruppo dell'anoressia e quello della bulimia.
Queste
differenze sono però limitate alla fase di innesco del disagio psichico e alle
modalità più radicali di espressione del disagio: la ricerca ha messo in luce
che il gruppo ansia/depressione non è significativamente diverso dal gruppo
anoressia/bulimia, per cui nel discorso della prevenzione tratteremo questo
gruppo insieme all'altro gruppo patologico (ansia/depressione).
Procediamo
quindi nella trattazione sistematica delle misure di prevenzione seguendo passo
passo i fattori di rischio nelle varie aree della vita quotidiana, così come
sono emersi nella ricerca.
Gli eventi
Gli
eventi, soprattutto quelli incontrollabili, non possono essere ovviamente
oggetto di prevenzione. Così come non possono essere oggetto di prevenzione i
cambiamenti ormonali di questa tappa di vita, che nella letteratura sono però
additati come i maggiori responsabili delle vicende psichiche di quest'epoca,
soprattutto nelle femmine. Perteanto gli eventi non sono stati inseriti nei
fattori sottoposti ad indagine statistica. E' invece controllabile e quindi
oggetto di prevenzione tutto ciò precede e/o segue gli eventi.
La
prevenzione di una catastrofe (terremoto, alluvione, straripamento ecc.)
comporta sia misure che riguardano la prevenzione dell'evento, ad esempio il
tenere conto dell'ambiente ecologico ed il non procedere su una strada di
distruzione dei presidi naturali di protezione, sia misure che riguardano la
riduzione del danno.
Così
in un evento di perdita come la morte di un genitore, o di separazione, o altro
ancora, non riveste importanza la gravità dell'evento in sè, ma come esso
viene vissuto e soprattutto come cambia la vita dell'adolescente in termini di
ampliamento delle sue responsabilità e di invischiamento nella vicenda di
perdita. Al centro dell'attenzione è sempre il sovraccarico, il ruolo precoce
di responsabilità nei confronti di terzi ed in particolare di figure adulte,
l'inversione dei ruoli genitori-figli.
Area familiare
Il
sovraccarico familiare è il primo fattore di rischio nella vita degli
adolescenti, anche se il crollo, la crisi adolescenziale non sembra procedere
immediatamente da questo evento ma successivamente a partire da altri eventi più direttamente personali come ad
esempio per le femmine la delusione affettiva e per i maschi il fallimento
scolastico.
Il
sovraccarico familiare è un fattore che svolge un ruolo centrale con un'azione
specifica di accumulo (tipica dello stress cronico), e con una capacità di
incidere su altri fattori tipicamente di protezione, riducendone la portata
protettiva o azzerandoli.
Il
sovraccarico familiare agisce su altri fattori e crea modificazioni nella
organizzazione di vita dell'adolescente, nella sua rete amicale, nel suo stile
di risposta, nella percezione di sè.
Gli
elementi che abbiamo distinto nel sovraccarico sono:
-
il carico familiare in generale: ovvero la funzione di supporto all'interno
dell'economia e delle attività di cura familiari. Questa configurazione del
sovraccarico è più tipica nelle femmine: per le ragazze si esprime la
tendenza, legata al genere, a renderle più competenti nel lavoro familiare;
esse assolvono quindi alla maggiore richiesta di aiuto che proviene dal contesto
familiare. Di ciò vi è traccia nella nostra ricerca nelle frequenze degli indicatori, che sono sempre più
elevate nelle femmine, e nelle indagini epidemiologiche che indicano come i
tassi di malattia psichica nelle
ragazze siano più elevati di quelli dei maschi.
-
La funzione di supporto verso la madre. Per tutti gli adolescenti maschi e
femmine, è soprattutto il supporto alla funzione di cura materna unitamente al
supporto individuale alla madre (supporto emotivo) che crea il maggior carico.
-
La funzione di mediazione tra i genitori, convertita poi anch'essa in maggiore
funzione di supporto alla madre, visto il ruolo generalmente di vittima che la
madre riveste o tende a rivestire
agli occhi dei figli nel conflitto tra i genitori.
Se
il sovraccarico familiare è il fattore di rischio princeps, quello da cui si dipartono anche
le altre difficoltà nei campi della vita quotidiana collegati, a questo
è necessario applicare misure di prevenzione appropriate che consistono in
maggiori informazioni ai genitori, ma anche in più supporti istituzionali alle
famiglie e soprattutto alle madri, affinchè i figli non siano chiamati a
svolgere quella funzione di supporto che si paga poi in termini di danni alla
salute.
Le
misure di prevenzione devono essere mirate quindi sia al cambiamento
dell'organizzazione della vita familiare, sia al fornire adeguate informazioni
ai genitori.
Nella
organizzazione della vita familiare è bene che il lavoro di cura sia equamente
distribuito tra i suoi membri per evitare situazioni di sovraccarico.
La
prima azione sarà mirata a coinvolgere nella funzione di aiuto tutti i figli,
maschi e femmine, di diversa età, senza esoneri. Saranno poi individuate,
soprattutto per i figli adolescenti, funzioni di partecipazione al lavoro
familiare che privilegiano l'organizzazione autonoma del proprio spazio vitale.
Questa azione è di grande risultato per la prevenzione: occuparsi di sè e
delle proprie cose (ordinare, pulire le cose, la propria stanza, ecc.)
costituisce sia un alleggerimento del carico domestico complessivo, sia una
progressione nell'autonomia personale. Una organizzazione di questo genere evita
il confronto con una vittima sovraccaricata (in genere la madre) che chiede
aiuto, genera angoscia e sensi di colpa, ma anche ribellione ed aggressività e
pone l'adolescente di fronte alle sue specifiche responsabilità di auto-cura,
stimolandone l'autonomia e le competenze.
Infine
una ridistribuzione di compiti generali potrà essere poggiata sulle spalle
degli adolescenti solo se ambedue le figure adulte assolvono a compiti generali,
ovvero solo dopo che si è provveduto ad una condivisione di compiti tra i due
genitori (là dove sono presenti).
Una
mancanza di equità nella distribuzione dei compiti generali crea negli
adolescenti chiamati a svolgerli sia un disagio da sovraccarico, sia una
percezione di "cenerentola " con riduzione dell'autostima.
E'
chiaro quindi che un miglior livello di parità tra i genitori nella res
domestica facilita le operazioni di livellamento delle responsabilità,
anche quando le funzioni siano differenziate tra i genitori (lavoro esterno
l'uno e lavoro interno l'altra): è importante infatti che non vi siano preclusioni
alla condivisione dei compiti domestici da parte di chi svolge il lavoro
esterno.
Ma
il punto che abbiamo visto emergere con più forza per maschi e femmine è la
funzione di supporto alla madre, che appare nella nostra società ancora come
funzione prevalente per gli adolescenti.
La
funzione di supporto alla madre unisce maschi e femmine, ma nelle femmine si
aggiunge al lavoro di cura mentre nei maschi rimane come luogo preferenziale del
supporto.
La
prevenzione anche in questo ambito è in mano agli adulti: la misura che la
riguarda non può che essere l'informazione e la formazione svolta
con ambedue le figure genitoriali. E' importante che tutte le vicende e
le difficoltà emotive e relazionali dei genitori non debbano trovare un punto
di equilibrio nel rapporto con il figlio adolescente.
Le difficoltà della madre, sia di una madre separata
che convivente con il partner, non devono trovare assolutamente una
soluzione compensativa attraverso il supporto del figlio. Se è vero, come la
teoria sistemico-relazionale ci ha mostrato, che spesso la coppia si rinsalda
sul figlio- problema, è pur vero che a lungo andare il figlio problematico
rischia di minare per sempre l'equilibrio di coppia, favorendo dopo un periodo
di riavvicinamento, fughe di uno o di tutte e due i genitori.
Il
figlio con un problema psichico aumenta i problemi della coppia o dei singoli
genitori anziché risolverli: pertanto è interesse dei genitori mantenere i
figli in "buona salute" occupandosi attentamente della questione del
sovraccarico e del supporto, ed evitando consapevolmente di "girare"
ai figli adolescenti una richiesta
di aiuto o di risarcimento di un danno affettivo.
La
funzione di supporto alla madre, nella nostra esperienza clinica, passa
attraverso modalità diverse; la più frequente ma anche la più sommersa e la
meno evidente è il figlio/a come fonte di gratificazione principale o come
relazione più significativa per la madre: il figlio/a compagno, il
figlio/figlia confidente, il figlio/figlia complice, il figlio/figlia sostituto
del partner, il figlio/figlia realizzatori del progetto adolescenziale dei
genitori.
Un
test indiretto ma significativo per
misurare la presenza o meno di una funzione di supporto di tal genere è
valutare la condizione di isolamento/socialità dei genitori sia sul piano
personale che di coppia e definire la condizione di rischio per il figlio alla
luce di un basso indice di confidenza, socialità, apertura al mondo esterno a
carico dei genitori presi singolarmente o insieme nel rapporto di coppia.
Non
è sufficiente per la prevenzione del disagio adolescenziale, se si vive in modo
isolato, proporre al figlio modelli
di socialità: conterà di più la realtà fattuale ed il bisogno inespresso o
non verbalizzato di trovare una qualche compagnia, per cui il fattore protettivo
migliore consisterà proprio nell'aggiustare la vita relazionale dei genitori
per evitare che il figlio si senta, anche solo implicitamente, chiamato alla
funzione vicariante di una rete amicale, di
un confidente, di un partner.
Il
supporto del figlio può essere specializzato: può investire la funzione di
mediazione, ed è più tipica degli adolescenti del nostro campione definito
"a rischio", o può essere un supporto difensivo di uno dei genitori
(in prevalenza la madre, appunto). Il supporto "schierato" nei
confronti di un genitore crea maggiore disagio
della funzione di mediazione. Abbiamo infatti visto come la funzione della
mediazione sia maggiormente presente negli adolescenti a rischio piuttosto che
in quelli patologici.
Vi
è poi una condizione di rischio specifico per le adolescenti femmine in cui lo
schieramento è duplice ed alternato tra padre e madre, ed è tipico del gruppo
anoressia/bulimia.
Costituisce
quindi una protezione dal rischio di svolgere un supporto emotivo/relazionale,
il non avere un genitore in situazione di bisogno (psicologico e relazionale),
oppure l'avere un genitore, che pur trovandosi in questa situazione, è
indirizzatoe attrezzato a cercare supporti esterni alla famiglia.
Una
situazione tipica della funzione di supporto
è la difesa del genitore esposto maggiormente (la madre appunto) a situazioni
di violenza psicologica e fisica tipica nei maltrattamenti familiari.
Anche in queste situazioni la madre
deve essere attrezzata a chiedere supporti esterni, e l'istituzione deve essere
in grado di fornire adeguate risposte, che coinvolgano al minimo gli
adolescenti.
In
definitiva tutto ciò che l'adolescente fa per uno o per
tutte e due i genitori,
vicariando una funzione che è propria dei genitori e rinunciando alla propria
posizione di figlio, potrà incanalarsi in un disagio psichico.
Area attività di
studio
Lo
studio è un problema minore per gli adolescenti patologici, lo è di più per
gli adolescenti definiti a rischio nella nostra ricerca.
Dalla
scuola cominciano i segnali della presenza di un problema: la scuola quindi deve
essere guardata con molta attenzione in quanto costituisce la prima spia per
valutare un disagio adolescenziale.
Nei ragazzi si riduce la
frequenza ed il rendimento. Le ragazze cominciano invece a passare più tempo
sui libri. Ambedue i gruppi si sentono sovraccaricati e stanchi, poco valutati e
insoddisfatti.
Perchè
la scuola? Perchè la scuola è un fattore di protezione naturale per gli
adolescenti: nella scuola dovrebbe avere luogo la socialità, l'espressione
delle capacità soggettive, l'uguaglianza tra i sessi, la giusta distanza tra
educatori e ragazzi; essa dovrebbe costituire un luogo in cui non si richiede
frequentemente la funzione di supporto.
Se
la scuola invece non funziona come fattore di protezione, se in essa prevalgono
gli aspetti di svalutazione delle capacità dell'adolescente, se non si realizza
una incentivazione della rete sociale ed amicale, in essa potranno verificarsi i
primi, ma a volte anche gli ultimi, segni
leggibili di un break-down. Quando
succede che, senza un motivo apparentemente valido, un brutto voto o una
bocciatura determina un'azione a corto-circuito nell'adolescente,
è inutile chiedersi cosa è successo e se per colpa della scuola o della
famiglia, sarà più giusto chiedersi cosa la scuola non ha fatto per sviluppare
un'adeguata azione di protezione da un disagio che coinvolge l'adolescente in
primis nella famiglia e poi anche nella scuola.
Se
invece la scuola riesce a leggere un cambiamento nell'adolescente, che si
individua nel calo di rendimento, nelle assenze (per i maschi), ma anche in un
maggior investimento dello studio (nelle ragazze) è bene che sappia che può
agire sul suo terreno specifico per potenziare la propria qualità di
fattore di protezione, prevenendo in questo modo anche i rischi che si
creano in famiglia, nel caso che l'adolescente sia afflitto in da una condizione
di sovraccarico.
Attualmente
la strada di chiamare i genitori, in presenza di un calo di rendimento, e
suggerire che il ragazzo ha problemi in famiglia, non appare la più appropriata
perchè tende a scaricare tutte le
responsabilità sulla famiglia, già aggravata da una serie di responsabilità
per conto delle altre istituzioni
che spesso sono latitanti.
Inoltre,
se in genere è la funzione di supporto alla madre che grava sull'adolescente,
l'intervento della scuola tende a colpevolizzarla senza offrire alcuna soluzione
di alleggerimento di un carico che impropriamente affligge l'adolescente ma che
altrettanto impropriamente tende a gravare sulla madre.
Se
la scuola può offrire un
intervento sul terreno della prevenzione, questo non va rivolto a singoli
genitori, nel momento in cui si verifica un problema scolastico, ma ai genitori
in generale chiamati a partecipare
ad un "laboratorio per lo scambio di informazioni ed esperienze"
finalizzato alla discussione di strumenti di lettura appropriati e alla
diffusione di informazioni adeguate sui principali fattori di rischio nel
disagio psichico.
D'altro lato la scuola, come ulteriore azione di prevenzione, può e deve
attrezzarsi come luogo di vita per gli adolescenti, offrendo delle occasioni ai
ragazzi per stare insieme, per sviluppare delle progettualità collettive, che
siano capaci di sollecitare la socialità, ma anche le capacità e le competenze
personali.
In
definitiva la scuola funziona da luogo in cui si esprime il sovraccarico e dove
si innesca e si evidenzia la crisi: ne sono testimonianza le "morti da
scuola" su cui la scuola si interroga. Certo la scuola non è responsabile
di queste crisi, che hanno un più lungo percorso di maturazione e provengono da
altri luoghi, ma è pur vero che la scuola ha in mano un potente strumento per
bloccare ed invertire un percorso verso la patologia: deve essere consapevole di
ciò e divenire competente nell'uso degli strumenti preventivi che sono in suo
possesso. Vedremo anche nel corso della trattazione degli altri fattori di
rischio come la scuola può intervenire per fortificare e sviluppare misure di
prevenzione per gli adolescenti nell'area della rete amicale, degli interessi e
dei progetti personali.
L'area delle relazioni
amicali
Si
riducono le amicizie, non si esce più con gli amici il sabato sera: forse
alcuni genitori saranno soddisfatti di ciò, si sentiranno più tranquilli,
soprattutto se ciò si riferisce alle figlie femmine. Ma in effetti se l'uscire
troppo, non avere regole, spaventa molto di più i genitori per i pericoli
esterni, la riduzione amicale, il saltare un sabato, o una domenica, preferire
di stare a casa, è un altro e più sottile campanello d'allarme.
Tutti
i gruppi della nostra ricerca riducono la socialità, ma in modo molto più
evidente le femmine: ed è proprio la riduzione delle relazioni e delle uscite
fuori casa che dai genitori di adolescenti femmine viene accolta positivamente
come elemento di riduzione dell'ansia.
I tempi fuori casa sono
importanti, così come sono importanti le amiche e gli amici con cui confidarsi,
così come è importante avere i segreti, ed anche, quando è necessario per
difendere uno spazio di autonomia, dire bugie.
E'
rischioso insegnare ai figli a non avere fiducia negli altri, a diffidare di
chiunque, a confidarsi solo con i genitori. E' rischioso anche ossessionare i
figli con la trasparenza, col dire sempre tutto di sè.
E' vero che i tempi sono brutti, ma è importante dare un messaggio
positivo sul fatto che conoscere nuove persone è un valore; così come è un
valore non essere diffidenti. E' importante inoltre che i genitori siano
presenti senza invadere e che riescano a tollerare che nell'adolescenza il
figlio o la figlia cominci a distanziarsi.
Le
femmine più dei maschi riducono la loro sfera sociale, le relazioni divengono
sporadiche: ebbene, visto che tale aspetto passa maggiormente sotto silenzio, è
importante che nelle strategie di prevenzione mirate sulla differenza di genere,
questo dato sia tenuto presente. E' opportuno che si sappia anche che negli
adolescenti la rete amicale, la socialità diffusa, non può essere surrogata
con il rapporto di coppia. Dalla ricerca emerge che il rapporto di coppia è più
frequente nei maschi sani e nelle femmine patologiche. Questo sembra confermare
i dati delle ricerche sulle coppie adulte che indicano che il matrimonio e la
vita in due come fattore di protezione per i maschi e non per le femmine. Quindi
a maggior ragione il rapporto di coppia, che in altre ricerche è
considerato come fattore di rischio per le femmine, deve essere compensato con
una vivace vita di relazioni e con un'adeguata rete amicale.
Questo
vuol dire che la socialità nelle femmine non può poggiare solo sulla relazione
sentimentale privandola della rete amicale: il rapporto di coppia non
può nè vicariare nè surrogare la rete amicale.
L'esperienza
clinica del nostro Centro ha individuato nella fascia post-adolescenziale (19-23
anni) un rischio specifico in aumento tra le ragazze: l'abbandono sentimentale
da parte del partner e la reazione di break-down rappresentata dal tentato suicidio e/o dalla crisi
depressiva. Non è però l'abbandono sentimentale a determinare il break-down,
ma ciò che viene prima e cioè proprio il rapporto di coppia quando è vissuto
in modo esclusivo e alternativo rispetto alla
vita di relazione, agli interessi personali e a tutto quanto si configura come
sfera del "per sè".
L'analisi delle condizioni
di vita dei post-adolescenti
costituirà per il nostro gruppo un nuovo impegno di ricerca, importante per
sviluppare soprattutto lo studio dei rischi contenuti nei modelli culturali
appresi e vissuti nell'adolescenza.
Indicazioni in positivo, per
quest'altro fattore di rischio, sono
la cura e l'attenzione alle relazioni dell'adolescente: il favorire le relazioni
anziché ostacolarle pilotandole verso rapporti
intra-familiari o extra-familiari ma di coppia, tutti solo fittiziamente
rassicuranti.
In quest'area la scuola, come si è già detto, può svolgere un'utile
azione di sviluppo della socialità e della rete amicale. Attività di tempo
libero, organizzazione di gruppi di socializzazione su specifici temi possono
fornire un valido supporto a tutti gli adolescenti costituendo poi un intervento
specifico sul terreno della prevenzione del rischio di disagio psichico.
Gli interessi
personali
Questa
area configura lo spazio della libera espressione del sè, quello spazio a cui
l'adulto deve dare attenzione (sia in famiglia che a scuola) per conoscere e
sostenere le potenzialità dell'adolescente in tutti i campi sia affettivi che
cognitivi e relazionali.
Gli interessi personali
costituiscono un'area sottratta al dovere; ebbene, nei gruppi patologici
quest'area non ha più questo carattere: anch'essa crea stanchezza, doverosità,
senso di inutilità.
Ciò
vuol dire due cose:
-
che vi è un sovraccarico in altre aree e questa area non ha la
possibilità di essere coltivata e sperimentata come area di piacere e libertà;
-
oppure che anche questa area è stata subordinata agli interessi
degli adulti, alle loro aspirazioni mancate, ai loro bisogni di supporto, ecc.
Come
fattore di protezione è importante che ci sia uno spazio libero, che
l'adolescente occupi da solo o con gli amici e di cui sia totalmente padrone. Questo spazio può essere lo
spazio concreto del fare, oppure del pensare, del sentire o di qualunque altra
cosa che interessi l'adolescente senza alcun riferimento ai bisogni degli altri
ed alla sfera del dovere.
Questa
spazio di libertà è molto importante sia per meglio sviluppare e sperimentare
cose che potrebbero anche in futuro trovare un'applicazione pratica, sia per
definire una identità personale originale e non soggetta a regole dettate
dall'esterno.
Nel
questionario il fattore veniva denominato "i miei
hobbies" per caratterizzare bene il senso di totale "gratuità
e non interesse per gli altri" di queste attività.
Nella
pratica clinica con le donne adulte, si è spesso dovuto ricorrere al concetto
di gratuità ed inutilità per gli altri per introdurre la donna, sovraccaricata
dal lavoro di cura, nella dimensione dell'agire personale
svincolato da compiti e doveri.
In questa area, l'adulto
deve astenersi dal dare contenuti, ma può soltanto ascoltare e fornire, se
possibile, strumenti e risorse.
L'area della
progettualità
Cosa
farò da grande? In quest'area vi
è un duplice rischio contenuto sia nella
caduta della progettualità: "non ho più desideri e voglia di fare
progetti"; sia nella paura del
fallimento o dell'incapacità a svolgere e portare fino in fondo i progetti
scelti.
Nella
ricerca ciò che differenzia i gruppi sono alcuni indicatori:
-
per i maschi, la
distanza del progetto dalle capacità e risorse disponibili nell'attualità;
-
nelle femmine, il prolungamento dei progetti dalle aspirazioni dei
genitori.
L'area della progettualità
è molto importante, una buona progettualità, innestata sulle capacità e sui
desideri degli adolescenti e sufficientemente lontana dai desideri ed
aspirazioni dei genitori, è un potente fattore di protezione soprattutto per il
futuro 'ingresso dell'adolescente nella vita adulta.
L'area della progettualità
femminile è quella più a rischio, perchè su di essa pesa una doppia
progettualità (affettivo/lavorativa) che spesso genera conflitto; ma è
soprattutto la progettualità affettiva, che spesso sovrasta
ogni altra progettualità personale, a creare i maggiori rischi di
disagio psichico.
Il ruolo dei genitori in
quest'area è quello di fare un passo indietro; essi sono coinvolti nel progetto
del figlio/a e difficilmente riescono, se non particolarmente addestrati, a
distinguere l'interesse personale da quello del ragazzo/a. E' facile in
quest'area che i genitori, in maniera anche inconsapevole, veicolino i loro
desideri ed aspirazioni attraverso quelli dei figli. Più è alta
l'insoddisfazione dei genitori o più numerosi sono i desideri non realizzati, e
più è a rischio la progettualità dei figli
con le sue caratteristiche di libertà e autonomia.
Ma sulla progettualità
affettiva pesano anche i modelli che i genitori hanno offerto ai figli: ovvero
lo spettacolo che hanno dato della loro relazione di coppia. Una madre che
soccombe alla violenza, che si fa vittima, che non reagisce, insegna alla figlia
la tolleranza alla violenza nel rapporto di coppia.
Una
madre che si lamenta con la figlia di essere infelice a causa del comportamento
del partner, suggerisce alla figlia l'idea di un uomo ideale, che nella realtà
non esiste: insegna alla figlia ad aspettarsi dagli altri, da un partner, le
ragioni per vivere ed essere felici.
Una
madre che si piega ai desideri dei figli maschi, insegna loro che è possibile sempre trovare una donna che si
dimentica dei suoi bisogni per andare incontro a quelli degli altri.
Anche
in quest'area si possono sviluppare adeguati fattori di protezione mirati al
rafforzamento della progettualità personale, svincolata dai desideri e dalle
pressioni genitoriali. In questo la scuola potrebbe offrire un valido supporto
agli adolescenti istituendo dei
"laboratori progettuali". Un laboratorio progettuale potrebbe avere la
funzione di mettere l'adolescente a contatto con i suoi desideri, di sostenerlo
nella scoperta delle proprie capacità, e di fornirgli un supporto per
sviluppare un'idea progettuale compatibile
con le varie esigenze del mercato.
La
percezione di sè ed il giudizio degli altri.
La
svalutazione di sè colpisce i ragazzi e le ragazze, con una differenza:
la
percezione di sè e più negativa nelle ragazze rispetto al giudizio familiare;
e viceversa nei maschi.
Questo
dato molto importante suggerisce percorsi diversi di malattia e conseguentemente
strategie di prevenzione diversificate.
Nei
maschi a rischio e patologici è più elevata la percezione della pressione del
giudizio esterno come giudizio di limitazione e/o di svalutazione rispetto alla
percezione soggettiva ( la percezione diretta di come si è e di quanto si
vale).
Questa
articolazione del rapporto tra percezione soggettiva e percezione altrui di sè
(giudizio esterno) nel campione maschile ha un valore protettivo rispetto alla
tipologia del disagio, in particolare rispetto agli aspetti depressivi, ed alla
modalità di formazione del sintomo che si lega in maniera più evidente ad
eventi e rapporti con l'esterno e che pertanto assume una maggiore visibilità
sia per l'adolescente che per il
contesto.
Non
è un caso se finora per l'uomo sono state maggiormente praticabili strade di
prevenzione e trattamento sociale del disagio psichico. Le patologie maschili,
sin dal 1800 e dalla nascita della psichiatria moderna con Charcot, hanno fatto
riferimento ad una eziologia legata alla dimensione psico-sociale ed in
primis al lavoro.
Per
l'isteria - nell'80% femminile e nel 20% maschile - due erano le strade
interpretative praticate: per le donne si trattava di disordini ormonali legati
al ciclo biologico, per l'uomo di traumatismi da lavoro.
Ritornando
alla nostra ricerca, il rapporto tra percezione soggettiva e giudizio esterno
nei maschi, ma soprattutto nel campione sano complessivo di maschi e femmine,
sta ad indicare che la percezione negativa di sè procede dal giudizio
svalutativo degli altri.
Come
succede allora che questo rapporto si capovolge nelle femmine a rischio e nelle
femmine patologiche?
La
risposta la troviamo nell'analisi degli indicatori di questi due fattori che si
compongono diversamente nei maschi, e nelle femmine patologiche ed a rischio:
-
nei maschi, prevale, accanto alla riduzione della stima di sè,
l'aumento dei comportamenti considerati anomali (sia A che B);
-
nelle femmine, la riduzione della stima di sè si accompagna alla
crescita, raddoppiata rispetto ai maschi, della sensazione di incapacità ed
insicurezza.
Se
si valutano queste differenze, apprezzabili solo nei gruppi patologici (e non in
quelli sani) se ne deduce che il giudizio familiare o comunque il giudizio
esterno ha una diversa funzione nei maschi e nelle femmine:
-
nei maschi è di tipo repressivo, interviene esplicitamente sui comportamenti
indesiderati, censurandoli dopo che si sono manifestati;
-
nelle femmine interviene non tanto sui comportamenti (ex post) quanto sulla
capacità interna ai soggetti di assumere o meno determinati comportamenti (ex
ante), ovvero sulle modalità di essere, più che su quelle legate all'agire.
Questa
differenza è chiara nella pratica clinica con le adolescenti ed è stata
studiata dal nostro gruppo nella patologia ansioso-depressiva
della donna adulta. Spesso la donna infatti
viene disincentivata ad assumere comportamenti considerati disfunzionali
ad un equilibrio del contesto attraverso la messa in discussione delle sue
capacità personali che riguardano in particolare il saper essere autonoma ed il
saper fare le scelte giuste.
Illuminante
nella nostra ricerca è anche il rapporto tra i due indicatori: insicurezza ed
incapacità, visto nel passaggio dal gruppo femminile a rischio a quello
patologico. Il gruppo femminile a rischio ha gli stessi valori del gruppo
patologico nella insicurezza, ma non nella incapacità: il che vuol dire che la
prima formazione, nel percorso di malattia, è l'acquisizione della insicurezza
e solo successivamente si assume la percezione soggettiva di incapacità. Questo
percorso, pur presente nei maschi, è molto meno accentuato, ed in particolare
ciò che cresce nel passaggio dal gruppo a rischio a quello patologico è solo
la percezione di incapacità.
Quest'analisi
molto dettagliata è utile per illuminare le zone buie del disagio
femminile che spesso rimangono inesplorate ed affidate, più spesso che negli
uomini, ad analisi ed interpretazioni biologistiche.
Essa
ci suggerisce anche che è più difficile riconoscere nel disagio femminile le
ragioni sociali e relazionali, e che più spesso con le adolescenti femmine - ma
non vuol dire che tali strumenti non vengano usati anche con i maschi - si tende
a minare il terreno delle sicurezze personali e della capacità di fare scelte
autonome.
Valga
come esempio il caso, da noi trattato, di una post-adolescente, che nel recupero
della sua identità personale, messa in discussione, riandava con la memoria
all'ultima volta (16 anni) in cui era uscita di casa con un abito frutto di una
scelta personale: una gonna lunga ed un cappello floscio; riconoscendo in quello
stile il proprio stile, che aveva dovuto abbandonare, perdendo tra l'altro,
all'interno di un percorso verso forme sempre più marcate di insicurezza, anche
la capacità di scegliere da sola l'abbigliamento giusto per sè.
Il problema della percezione
di sè, dello stile personale nel modo di essere
e di vivere, è un fattore che alla fine può abbracciare e riassumere
tutto il problema del disagio psichico dell'adolescente. Nella ricerca il tema
della percezione di sè è stato delimitato proprio per permettere di operare
confronti tra i vari gruppi su alcuni elementi caratteristici del modo di
percepirsi dell'adolescente.
Dall'analisi
di questo fattore possiamo ricavare in particolare l'indicazione circa l'uso di
alcuni strumenti educativi e formativi nei riguardi degli adolescenti.
Quest'analisi ci sconsiglia di
usare nei confronti degli adolescenti strumenti, non tanto repressivi, quanto
svalutativi delle capacità di coping,
delle capacità di affidamento e di appoggio su di sè.
La
funzione preventiva nel rapporto educativo, è quella che
incoraggia l'adolescente a fidarsi di sè e delle proprie capacità, a
fare a meno dell'adulto come guida onnipresente.
In
definitiva, in un'ottica di prevenzione del disagio psichico, è opportuno ed
imprescindibile non affidarsi a strategie educative che utilizzino i seguenti
strumenti:
-
giudizi negativi e svalutativi della persona in toto;
-
giudizi svalutativi non tanto dei comportamenti adottati quanto
delle capacità di scelta soggettiva.
Lo
strumento della svalutazione psicologica può
avere varie forme: dal "non vali e non sei capace di.... e
hai bisogno di guida, di affidarti al giudizio degli altri, ecc.".
Questo strumento è un'arma pericolosa che va ridotta al massimo:
ha una capacità elevata di distruzione delle sicurezze personali e la
sua azione ha una notevole capacità di estensione temporale. Esso viene usato
soprattutto quando si ha come obiettivo il far accantonare o dismettere cose
che non sono negative in sè, ma che si scontrano con le finalità e gli
interessi della famiglia e soprattutto con la funzione di supporto che si
intende far svolgere all'adolescente. E poichè dalla ricerca viene fuori che
soprattutto con le femmine, che sono più sovraccaricate nel contesto familiare,
viene usata la svalutazione delle capacità di scelta e di autonomia, se ne può
dedurre che questa modalità sia un potente
alleato della funzione di supporto svolta per la famiglia e che essa faccia
parte di una strategia di cattura del consenso dell'adolescente alle funzioni
da svolgere in casa. In effetti è più facile per un adolescente
rinunciare ad uscire, a vedere le amiche/i, e preferire di stare in casa, se si
sente insicuro/a ed incapace di affrontare il mondo esterno.
Per questo specifico
problema si possono ipotizzare per l'adolescente, come si sono utilizzati per le
donne, i gruppi di auto-stima, in cui si scoprono o si rafforzano i propri stili
comportamentali e le proprie modalità espressive.
I disturbi psicofisici
Segnaliamo
tra questi la stanchezza, che è un primo segnale di malessere valido per tutti
i gruppi sia maschili che femminili. La stanchezza è rappresentata anche in
tutti i fattori come rinuncia a
fare le cose, soprattutto le cose meno collegate con il dovere e più collegate
con il piacere: vedere gli amici, uscire, praticare hobbies, ecc.
La
facile rinuncia agli interessi, alla frequenza degli amici per stanchezza è un
chiaro indizio di sovraccarico.
E'
bene che questa facilità alla
rinuncia non sia considerata un valore positivo, ma guardata invece con
attenzione come segnale di un sovraccarico e come necessità di individuare i
punti di carico per un'adeguata strategia di alleggerimento.
In tutti i gruppi
patologici, ma non in quelli a rischio, la stanchezza e gli altri disturbi sono
considerati scollegati dalle vicende quotidiane, e come tali non offrono
all'adolescente ed alla sua famiglia l'opportunità per adeguate modifiche di
atteggiamenti e comportamenti.
Lo
scollegamento dei disturbi dalle vicende della vita quotidiana è un chiaro
fattore di rischio che va combattuto con
un'adeguata azione informativa da parte dei servizi sanitari specializzati nei
disturbi dell'adolescenza.
Come
specificità di genere emersa nei disturbi, ricordiamo che
il pianto immotivato è risultato tipico nelle ragazze dei campioni a
rischio e patologici, così come: la maggiore stanchezza, l'insicurezza, la
tendenza all'isolamento. E' importante soprattutto
che tali segnali non siano sottovalutati nelle ragazze, attribuendoli
alla tappa biologica che attraversano, ma -vista
la diffusione dei disturbi psichici- che essi siano presi in considerazione e
diano l'avvio ad una riflessione sull'adozione di opportune strategie di
modifica della vita quotidiana.
In
particolare ci preme sfatare un altro pregiudizio sulle femmine: la facilità al
pianto come dato strutturale del comportamento femminile, messo in relazione con
la variabilità ormonale, dato che la nostra ricerca ha confermato come presente
nelle femmine ma solo delle femmine
dei gruppi patologici ed a rischio,
mentre invece è totalmente assente nel campione sano allo stesso modo di quello
maschile.
Questo
sintomo non può essere quindi valutato come espressione della normale fase
adolescenziale femminile: esso è un indicatore specifico del disagio femminile,
collegato a quella azione, da noi analizzata nel fattore precedente (la
percezione di sè ed il giudizio degli altri), che è la induzione a non fidarsi
di sè, perno del processo di sviluppo della insicurezza e della riduzione
dell'autostima.
Se
compare il pianto immotivato nelle femmine, non sia quindi sottovalutato, come
accade oggi, ma lo si consideri un valido campanello d'allarme e ci si ponga in
fretta la domanda di quali strumenti di pressione si stiano usando su
quell'adolescente che devono essere immediatamente ritirati e convertiti.
Per concludere
In
definitiva, il tipo e lo stile di vita degli adolescenti sono in grado di
informarci sui rischi attuali e futuri di una patologia psichica, e questa
ricerca ha puntualizzato i rischi e suggerito anche specifici comportamenti
di contrasto.
La
prospettiva è quindi quella di elaborare e poi adottare una complessiva
strategia di prevenzione, che accolga le singole misure proposte e sviluppi, con
un piano di integrazione tra servizi sanitari specializzati ed istituzione
scolastica, un pacchetto di misure rivolte da un lato al potenziamento della
socialità e della progettualità dell'adolescente, e dall'altro
all'informazione dei genitori sui rischi che possono individuarsi all'interno
della vita familiare.
E'
appunto seguendo queste linee, che promanano dai risultati della ricerca, che si
raccoglie la sfida della lotta alle malattie psichiche sul terreno più
redditizio della prevenzione. Ma come si vede il terreno della prevenzione non
può essere abitato solo dalla istituzione sanitaria anche se da quest'ultima
deve partire l'input a restituire al
sociale ed alla collettività un problema di disagio che nasce su quel terreno
e, attraverso percorsi tortuosi evidenziati dalla ricerca, si trasforma in
malattia della mente. E' l'istituzione sanitaria che deve attuare questo primo
riconoscimento, senza sottrarre alla collettività un problema più complessivo
incapsulandolo nell'astratto linguaggio medico; dopo che l'istituzione sanitaria
si sarà fatta carico di mostrare, con quella metodologia della evidenza che le
è propria, un "percorso eziologico" aperto alla prevenzione sociale
ed ambientale, è possibile costruire pratiche di prevenzione con obiettivi
mirati e condivisi da più soggetti istituzionali.
E'
a questo punto che si rende possibile ma anche necessaria l'integrazione tra le
due istituzioni - sanitaria e scolastica - per portare avanti consapevolmente il
raggiungimento di obiettivi, non solo di prevenzione ma più correttamente di
promozione della salute, man mano più adeguati e a vantaggio degli adolescenti.