Capitolo 6
LA SALUTE DELLA DONNA IN MEDICINA DEL LAVORO
Irene Figà Talamanca
Professore
ordinario di Igiene industriale dell'Università "La Sapienza" di Roma
1. evoluzione
storica della medicina del lavoro nei confronti della donna
La
storia della medicina del lavoro femminile è diversa da quella maschile, sia in
Italia che in altri paesi europei. Questa differenza è da attribuire
specialmente al fatto che nel mondo del lavoro le donne sono state sempre
segregate in occupazioni "femminili", considerate meno rischiose e di
limitato interesse per la ricerca medica. Infatti, le poche donne eventualmente
addette a lavori a rischio (ad es. esposte ad agenti tossici o cancerogeni),
vengono sistematicamente escluse dagli studi e dalle ricerche epidemiologiche,
considerando il genere un potenziale fattore di confondimento. L'unico tema che
ha attratto interesse scientifico è stato quello della salute riproduttiva.
L'intento primario di queste ricerche era quello della tutela della maternità e
del neonato.
Già
all'inizio del secolo i medici sociali, gli ostetrici e i medici del lavoro
hanno condotto studi per valutare i disagi delle donne lavoratrici in
gravidanza, tra le quali si rilevava sia un incremento della patologia
ginecologica che ostetrica, con eccesso di aborti spontanei, prematurità e
mortalità neonatale e infantile (1).
Un
nuovo interesse per la salute delle lavoratrici si è acceso a partire dagli
anni '70 in seguito al movimento femminista e alla sensibilizzazione del mondo
del lavoro. Molte ricerche recenti hanno mostrato che, da una parte, il lavoro
in sé non costituisce un rischio maggiore per le donne in confronto agli
uomini: la funzione riproduttiva e il lavoro non sono incompatibili se il
contesto sociale assicura sufficienti garanzie e assistenza. Anzi secondo questi
studi, la condizione che maggiormente compromette la salute delle donne (e degli
uomini), è la disoccupazione e la sotto occupazione (2).
2.
alcune
specificità del lavoro della donna e dei rischi lavorativi
Quale
è la situazione attuale della salute delle donne nel mondo del lavoro in Italia
e come si differenzia rispetto agli uomini?
Il
tasso di partecipazione al lavoro delle donne in Italia è aumentato dal 27%
degli anni '70, al 36% alla fine degli anni '90. Le donne lavorano
principalmente nel terziario, specialmente come coadiuvanti. Il tasso di
disoccupazione femminile è quasi pari al doppio rispetto a quello maschile
(17.3% contro 9.3%). Questo è vero soprattutto tra le giovani del meridione,
dove il 67% delle donne tra i 15 e i 24 anni risulta disoccupato (3).
Le
malattie professionali e gli infortuni sono molto più frequenti tra uomini che
tra donne, e questo è da attribuire alla maggiore presenza di uomini nei
settori ad alto rischio, quali l'edilizia, le miniere e i trasporti. (tabella
1).
Secondo
un'analisi dettagliata da parte dell'INAIL, il rischio di infortunio delle
lavoratrici è oggi di circa un terzo inferiore rispetto a quello dei
lavoratori, sia in agricoltura che in industria e nel terziario, mentre il
rischio per infortunio mortale è ancora più contenuto (circa nove volte
inferiore per la donne) (4).
Tuttavia,
questo vantaggio per le donne viene a mancare man mano che si esaminano più
dettagliatamente i settori con prevalenza di manodopera femminile. Nel settore
sanitario, per esempio, il 54% degli infortuni riguardano le donne e la stessa
percentuale vale per il settore tessile, soprattutto nell'attività di
confezione. Esaminando gli indici di frequenza (tabella 2), si evince, infatti,
che il vantaggio delle donne si riduce drasticamente nei settori
"femminili", quali il settore alimentare, alberghiero, il settore
della ristorazione e quello sanitario.
Un'altra
interessante osservazione concerne il trend storico degli infortuni. Negli
ultimi anni, i dati registrano una progressiva diminuzione del vantaggio delle
donne.
Nel
periodo 1994‑1997, si è registrato un aumento dell'occupazione femminile
del 2.4% e una diminuzione dell'occupazione maschile dell'1.7%. A questa
variazione nell'occupazione però, ha seguito una variazione non proporzionale
degli infortuni. Tra gli uomini si osserva una diminuzione del 9.8%, mentre per
le donne si osserva un aumento dell'8.4%.
Nelle
tinto lavanderie, dove le donne si espongono a solventi (TCE e PCE), il 61%
delle malattie professionali concerne le donne (5). Altre malattie professionali
comuni tra donne sono le dermatosi (che rappresentano complessivamente il 60% di
tutte b tecnopatie indennizzate), causate da irritanti quali acidi alcali sali
metallici, solventi organici, utilizzati tra le addette alle pulizie,
parrucchiere, operaie dell'industria tessile, farmaceutica e sanitaria, in
agricoltura e in floricoltura (6). Un'altra malattia professionale tipicamente
femminile è la sindrome del tunnel carpale. Colpisce categorie come le addette
alla cucitura e le orlatrici del settore tessile e calzaturiero che attuano una
ipersollecitazione funzionale del polso (7).
Infine,
elevatissimo è il tasso di infortuni e intossicazioni domestiche che colpiscono
prevalentemente donne e bambini, categorie per le quali i dati sono poco
reperibili.
Si
stima che gli incidenti domestici ammontino a più di un milione all'anno, di
cui un numero oscillante tra 4.500-6.500 mortali, cioè tre volte il numero di
morti da infortuni sul lavoro. Tra le principali cause di infortunio domestico
mortale figurano incendi, gli impianti elettrici, e i fornelli. Secondo i dati
del centro antiveleni di Pavia, nel periodo 1996-97 la maggior parte degli
infortuni domestici coinvolgevano donne ed erano associati con il lavoro
domestico (7).
3.
differenze
di genere nella risposta biologica a rischi lavorativi.
L'organismo
femminile reagisce in modo diverso da quello maschile in rapporto ad alcune
esposizioni lavorative. Esempi:
a)
Il lavoro fisico pesante/stressante è meno tollerato dalle dorme.
Questo è da attribuire in parte al fatto che la distribuzione/organizzazione
del lavoro è spesso basata su misure standard maschili, con esclusione delle
donne da lavori gravosi.
b)
Il lavoro a turno è caratteristico del settore sanitario e di
alcuni altri servizi (ad es. assistenti di volo). Può interferire con il
sistema endocrino delle donne, causando alterazioni del ciclo mestruale.
c)
La tossicocinetica di alcuni tossici presenti negli ambienti di
lavoro è diversa per i due sessi. Ci sono, per esempio, differenze
nell'assorbimento, ritenzione, metabolismo ed escrezione di sostanze
liposolubili come il benzene e il TCE (le donne ne ritengono di più).
L'assorbimento cutaneo è maggiore per le donne (es. per molti solventi); anche
la distribuzione può essere diversa. Per esempio, la concentrazione di alcool
nel sangue delle donne è più elevata anche dopo correzione per peso corporeo.
Le differenze di genere nella cinetica dei tossici lavorativi sono state
studiate in modelli animali mentre i dati umani provengono da popolazioni di
lavoratori maschi, non permettendo confronti.
d)
Nello studio dei tumori mentre il tipo di lavoro è sempre
considerato un fattore di rischio per i lavoratori maschi, negli studi tra
donne, il fattore "lavoro" è trascurato, persino negli studi di
tumori esclusivamente femminili. Solo molto recentemente sono state studiate
esposizioni lavorative a fattori chimici e fisici in relazione al tumore al seno
e agli organi genitali. Per il tumore al seno, che è il tumore più frequente
tra donne, è noto che il ritardo alla prima gravidanza e il non allattamento
(più comuni tra le donne più istruite e le donne che lavorano), sono
importanti fattori di rischio. Anche alcune esposizioni lavorative chimiche sono
state associate con un incremento del rischio, così come le esposizioni a
radiazioni ionizzanti, in particolare tra ospedaliere e assistenti di volo.
Alcuni studi recenti suggeriscono che anche altri tumori possono presentarsi in
modo specifico alle donne e non agli uomini. Esempi sono esposizioni ad alcuni
solventi e idrocarburi e tumore al rene, tumore al polmone tra lavoratrici
industriali, leucemia e linfoma tra donne addette all'agricoltura (8).
Dalle
statistiche sulle malattie più comuni tra donne e uomini in Italia risulta che
le donne italiane sono più frequentemente colpite da disturbi
muscoloscheletrici degli uomini (Tabella 3). Questi disturbi, pur essendo
estremamente comuni non hanno ricevuto sufficiente attenzione dai medici. Le
donne più colpite sono le addette al settore sanitario, nel lavoro d'ufficio,
nell'industria alimentare, nel lavoro di pulizia. Sono coinvolti in particolare
gli arti superiori (es. sindrome al tunnel carpale, la malattia di De Guervain)
e sono spesso associati con lavoro ripetitivo del polso e della mano, con sforzo
manuale e vibrazioni. Altri disturbi comuni tra donne sono quelli del collo,
delle spalle e della schiena, dovuti a fattori di rischio biomeccanico, quali
posture incongrue, prolungata permanenza nella posizione eretta, sollevamento
ripetitivo di pesi e fatica muscolare localizzata.
Questi
disturbi sono spesso più comuni tra donne anche all'interno dello stesso
ambiente di lavoro. Il perché va probabilmente ricercato nella divisione del
lavoro. Le donne, pur facendo i lavori "più leggeri", sono assegnate
ai compiti più ripetitivi, in posizioni fisse e incongrue, che richiedono più
impegno da gruppi muscolari più piccoli ma anche più vulnerabili. Molti di
questi rischi tuttavia sono invisibili, misconosciuti, e trascurati sia dai
ricercatori che da chi deve occuparsi della salute dei lavoratori.
4.
problemi
emergenti
Uno
dei problemi concreti nella tutela della salute delle donne lavoratrici concerne
le norme di prevenzione.
Gli
standard sui limiti di esposizione a rischi lavorativi sono stabiliti sulla base
di un astratto "lavoratore medio" di sesso maschile. Tale figura è in
realtà una finzione e quindi sono esclusi da questa concezione i lavoratori
"atipici", cioè quelli giovani o vecchi, le donne, quelli di taglia
piccola o grande e, specialmente, i soggetti più suscettibili. Questi ultimi,
infatti, sono i più vulnerabili anche al rischio di esclusione dal lavoro e
alla emarginazione sociale. Questo problema non riguarda solo la donna in
gestazione, la quale ovviamente dovrebbe essere oggetto di tutela specifica (9).
Ma anche per la tutela della salute riproduttiva non è sufficiente focalizzare
l'attenzione solo sulla gravidanza. Le esposizioni a rischi lavorativi prima e
durante la gravidanza e nel puerperio comportano il rischio non solo per il
nascituro ma anche per la salute riproduttiva in senso lato (riduzione della
fertilità, alterazioni del ciclo, ecc.). Inoltre, l'importante recente sviluppo
scientifico in questa area ha evidenziato che il sistema riproduttivo maschile
è altrettanto sensibile a questi rischi, per cui la sola tutela delle donne è
una strategia errata.
Un
altro problema sempre più sentito è lo stress lavorativo. Secondo lo studio
"Gender and Working Conditions in the European Union", le donne sono
più frequentemente addette a lavori stressanti, ma meno frequentemente a
mansioni di responsabilità e potere decisionale. Di conseguenza, le donne sono
più soggette a depressione (19% tra donne contro 1'11% tra uomini), e più
spesso assumono psicofarmaci. Inoltre, le donne subiscono più frequentemente
discriminazione e molestie, che spesso aumentano il rischio di depressione e
possono portare alla perdita del lavoro (10).
L'aspetto
più gravoso per la tutela della salute della donna che lavora fuori casa è il
doppio lavoro. Il dilemma della iniqua distribuzione del lavoro non è stato
risolto nemmeno nei paesi con politiche molto avanzate (es. i Paesi Scandinavi).
Il carico eccessivo della donna non è solo in relazione al lavoro fisico ma,
specialmente, al lavoro di "cura" della casa, dei figli, degli anziani
e al "lavoro invisibile" ("Role overload"). Questa
condizione, secondo gli studi della Frankenhauser, può influire negativamente
sulla salute mentale della donna, soprattutto in assenza di riconoscimento e di
adeguato rinforzo positivo da parte dell'ambiente di lavoro. Si ipotizza
inoltre, che questa reazione può essere specifica per le donne (11).
Altre
questioni emergenti in Italia riguardanti le donne lavoratrici concernono le
nuove forme di lavoro, sempre più diffuse nella realtà italiana. Il telelavoro,
il lavoro interinale, il part- time, la flessibilità, possono essere un
importante beneficio per la donna, ma possono anche comportare dei rischi. Il
doppio ruolo della donna lavoratrice, già sovraccarico, richiede la possibilità
di pianificare e prevedere il lavoro. Senza questi elementi di stabilità e
certezza è impossibile mantenere quel difficile equilibrio tra obblighi
familiari e obblighi lavorativi.
Infine,
sono estremamente trascurati i bisogni sanitari delle donne dei gruppi di
minoranze etniche che lavorano in Italia. Hanno problemi specifici non solo
nella sfera riproduttiva e sessuale, ma anche di altro genere (ad es. traumi
psicologici problemi alimentari malattie infettive legate, in alcuni casi, alla
prostituzione). Spesso, anche se lavorano e hanno diritto al SSN preferiscono
servizi privati per ragioni culturali e di comunicazione (ad es. preferiscono
personale medico femminile).
In
conclusione, la critica delle scienze biomediche di bias maschile è
particolarmente forte in medicina del lavoro. Una parziale giustificazione è
che storicamente il lavoro femminile era meno rischioso di quello maschile.
Questa differenza sta scomparendo e quindi diventa prioritaria l'esigenza di
ricerca sugli effetti dei rischi ambientali e occupazionali per la salute della
donna che lavora.
referenze
e note
1.
Figà Talamanca I, Salerno S. Towards a history of the health of working
women in Italy. In Contribution to the history of Occupational and Environmental
Prevention. A. Grieco et al.. Ed. Elsevier 1999, Amsterdam.
2.
Figà Talamanca I, Pagano R Disoccupazione e salute: che cosa dicono le
statistiche italiane. Epidemiologia e Prevenzione; 1988; 34: 50-53.
3.
ISTAT. Rilevazione trimestrale sulle forze lavoro. Ott. 1997.
4.
Ortolani G. I numeri degli infortuni: un confronto tra i sessi. In Donna,
Lavoro e Rischio Infortunistico. INAIL Monografie, Nov. 1997, n. 7.
5.
Gargano G e Quaranta L. Donna e Ambiente di Lavoro. In Donna, Lavoro e
Rischio Infortunistico. Op. Cit. p.43.
6.
Citarella G. Donna e Malattie Professionali. In Donna, Lavoro e Rischio
Infortunistico. Op. Cit. p. 49.
7.
Candura S.M., Butera R., Verni P. et al., Intossicazioni occidentali
durante attività domestiche: l'esperienza del centro antiveleni di Pavia
(1996-97). Folia Med. 1998; 69: 1615-1622.
8.
Zahm Shelia Woar, Word M.H., Silverman D.T., Occupational Cancer. In
Woman and Health. Goldman M.B. e Hatch M. (Editors), Academic Press New York
2000.
9. Figà Talamanca. Limiti di esposizione per la prevenzione
di danni alla riproduzione: una proposta operativa. Giornale Italiano di
Medicina del Lavoro ed Ergonomia. Vol. XX, n. 1, 1998: 5-9.
10. Kauppinen F, Kandolin I. Gender and working conditions in
the European Union. Dublin: The European Foundation for the Improvement of
living and working conditions, 1998.
11. Frankenhauser M et al.. Women, Work and Health. Stress
and Opportunities. Plenum Press, New York, 1991.
Tabella 1.
OCCUPAZIONE E INFORTUNI TRA DONNE E UOMINI. ITALIA 1997
|
DONNE |
UOMINI |
%
DONNE |
|
|
|
|
Popolazione |
29.183.000 |
27.685.000 |
51.3 |
Occupati* |
7.229.000 |
12.858.000 |
35.99 |
Infortuni
denunciati |
224.836 |
800.907 |
21.9 |
Mal.
prof. denunciate |
2.892 |
24.586 |
10.5 |
Fonte INAIL
* Fonte ISTAT
Tabella 2. INDICI DI FREQUENZA DI INFORTUNI
TRA DONNE E UOMINI PER SETTORE DI ATTIVITA'. ITALIA 1996
|
Indice
di frequenza /1000 |
|
|
Uomini |
Donne |
Industrie
tessili dell'abbigliamento |
43.6 |
24.0 |
Alimentare |
56.5 |
42.6 |
Alberghi
e ristoranti |
46.4 |
42.8 |
Sanità |
27.7 |
22.9 |
Fonte
INAIL
Tabella 3.
Andamento dell'occupazione
femminile 1994-1997 e degli infortuni
e malattie professionali denunciati
|
Maschi |
Femmine |
F/M
x 100 |
Artrosi/artrite |
15.5 |
21.5 |
1.4 |
Osteoporosi |
1.4 |
6.6 |
4.7 |
Diabete |
3.0 |
3.1 |
1.0 |
Ipertensione |
8.6 |
9.8 |
1.1 |
Asma bronchiale |
3.6 |
2.6 |
0.7 |
Bronchite
cronica |
5.9 |
3.8 |
0.6 |
Malattie del
cuore |
2.7 |
3.6 |
0.96 |
Disturbi nervosi |
3.6 |
5.4 |
1.5 |
Ulcera gastrica |
4.5 |
2.8 |
0.6 |
ISTAT: Indagine multiscopo sulle famiglie, 1996.