responsabile: dr. Elvira Reale
MANUALE DIAGNOSTICO E STATISTICO DEI DISTURBI MENTALI
E GUIDA AL DSM IV
Presenteremo i problemi relativi alla diagnostica dei disturbi psichici attraverso l’analisi di un testo su cui oggi converge il massimo consenso di ricercatori e clinici. Questo Manuale, il DSM IV, nell’ ultima versione , la quarta appunto, ha raggiunto anche una omogeneità e confrontabilità con un altro e diffuso sistema classificatorio : La classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati (ICD-10) elaborata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il DSM IV è oggi adottato come riferimento in molti paesi e raccoglie quindi anche le principali impostazioni sulla malattia in rapporto alle differenze di genere.
Questa ultima edizione è del 1995 e racchiude spunti interessanti che indicano alcuni cambiamenti nella concezione della malattia mentale, cambiamenti utili anche a chi si propone di allargare i confini di una medicina di genere.
Introduciamo il tema con il tipo di rappresentazione che viene data del disturbo mentale: Ogni disturbo mentale è concettualizzato come sindrome o modello comportamentale/psicologico clinicamente significativo, che si presenta in un individuo ed è associato a tre indicatori : 1. Disagio personale (es. sintomo algico), 2. disabilità (es. compromissione in una o più aree del funzionamento), 3. un aumento significativo del rischio di morte, di dolore, di disabilità, o a una importante limitazione della libertà.
Qualunque sia la causa esso deve essere al momento considerato la manifestazione di una disfunzione comportamentale, psicologica o biologica dell’individuo. Non rappresentano disturbi mentali i comportamenti devianti ( es. politico, religioso, sessuale) né conflitti sorti principalmente tra l’individuo e la società a meno che la devianza o il conflitto siano il sintomo di una disfunzione dell’individuo come descritto sopra."
Nella Guida al DSM IV il paragrafo introduttivo: " Distribuzione rispetto al sesso: artefatto o realtà clinica?" si pone il problema della causa della prevalenza del genere femminile in molti disturbi psichici e delle differenze di questi tassi di prevalenza tra studi clinici e di popolazione.
il tasso maggiore di depressione tra le donne nei contesti clinici potrebbe essere spiegato con il fatto che le donne si percepiscono maggiormente come bisognose di aiuto.
Il tasso maggiore di uomini con schizofrenia nei campioni clinici rispetto ai campioni epidemiologici , può dipendere dal fatto che gli uomini con disturbo schizofrenico hanno sintomi socialmente più dirompenti.
Vi possono essere errori nella definizione e nella elencazione dei criteri diagnostici per cui in alcune aree sono più rappresentate donne (che corrispondono meglio ai criteri prescelti) ed in altre più gli uomini. Possiamo quindi trovare che i disturbi della condotta siano sovradiagnosticati negli uomini e i disturbi di personalità istrionica possono essere sovradiagnosticati nelle donne.
Vi possono essere errori dell’esaminatore che tende per i suoi pre-giudizi a sovradiagnosticare alcuni disturbi di personalità nelle donne come il disturbo di personalità dipendente e a sottodiagnosticarlo negli uomini percepiti socialmente come maggiormente orientati al dominio.
Nella classificazione dei vari disturbi vengono presentati i tassi di prevalenza nei due generi, tratti da studi accreditati sia sulla popolazione generale che su quella clinica.
Abbiamo raccolto in uno schema, la maggioranza dei disturbi rappresentati nel DSM IV che si presentano con differenze di genere sia rispetto al dato epidemiologico, che al dato clinico comprensivo della manifestazione sintomatica.
Lo schema contiene il riferimento a:
raggruppamenti diagnostici (graficamente rappresentati nello schema da una sottolineatura) e patologie facenti parte dei vari raggruppamenti così come indicati nell’Asse I o II ( Assi dei disturbi clinici);
la patologia specifica con eventuali sotto-tipologie;
le principali manifestazioni indicate;
il riferimento a prevalenza ed incidenza, nel caso indicate e secondo le modalità esposte;
le differenze quantitative con le rispettive proporzioni nel confronto maschi/femmine;
l’età di insorgenza.
Abbiamo escluso l’analisi la sezione dei Disturbi infantili e dell’adolescenza, trattate separatamente nel DSM IV, limitandoci alla rappresentazione delle età prevalenti (giovanile ed adulta) in cui, per consenso di molti ricercatori, si esprimono le maggiori differenze di genere
LA PREVALENZA DEI DISTURBI PSICHICI
con particolare riferimento al confronto maschi/femmine.
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
RapportoF/M |
Insorgenza |
Schizofrenia e altri disturbi psicotici
Schizofrenia
Disturbo Schizofreniforme
Disturbo schizoaffettivo
Disturbo delirante Sottotipi: " tipo erotomanico
" tipo di Gelosia
Disturbo psicotico breve con codifica: " con rilevante fattore di stress
" senza fattore di stress
specif.: insorgenza postpartum Disturbo psicotico condiviso |
Prodromi: ritiro sociale, perdita di interesse scuola o lavoro, trascuratezza. Sintomi: deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, sintomi negativi. Almeno 6 mesi e almeno 1 mese di sintomi nella fase attiva
1-3 mesi, senza deterioramento funzioni psico-sociali
ricorrono insieme alterazione dell’umore e sintomi della fase attiva della schizofrenia
Presenza di uno o più deliri bizzarri per più di 1 mese
da 1 giorno a 1 mese
Folie à deux |
Su popolazione: 0,2% - 2% Nel corso della vita: 0,5% - 1% Incidenza / anno: 1/10.000
|
In ambiente clinico M>F In studi di Comunità M=F
F > M
in ambiente clinico F > Min ambiente forense M>F M>F
F > M |
M19- 25 anni F 30 anni esordio più tardivo, prognosi migliore
|
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
Rapporto F/M |
Insorgenza |
Disturbo depressivo maggiore
Disturbo Distimico
Disturbo bipolare
|
Uno o più episodi depressivi maggiori: almeno 2 settimane di umore depresso e presenza di 5 o più sintomi depressivi di cui almeno uno è costituito da umore depresso o perdita di interesse.
Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni per almeno due anni, sono presenti almeno 2 sintomi depressivi oltre l’umore depresso.
Presenza di un episodio maniacale (bipolare I) o di un episodio ipomaniacale con episodi depressivi maggiori (bipolare II) |
5-9% E 2-3% Grischio nel corso vita : 10-25% E5- 12% G
~6%
0.4 –1.6%
0.5% |
2 F : 1 M
2 F : 1 M
Nessuna prevalenza |
Ogni età
Età media : 25 anni EG
esordio precoce e insidioso: adolescenza o prima età adulta |
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
Rapporto F/M |
Insorgenza |
Disturbi dell’alimentazione
Anoressia nervosa
Bulimia nervosa |
Paura di ingrassare, anche se di peso normale, mantenimento di una situazione di sottopeso accompagnata da amenorrea nelle donne Abbuffate ricorrenti , e condotte compensatorie (vomito, lassativi, diuretici, eccessivo esercizio fisico) |
0.5-1% nel corso della vita
|
90% F con il 10% di mortalità
90% F |
Pubertà Età media=17 anni due picchi= 14 e 18 anni
adolescenti e giovani adulti |
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
Rapporto F/M |
Insorgenza |
Disturbi di ansia Disturbo Ossessivo- Compulsivo
Disturbo di Panico
Fobie specifiche
Fobie sociali
Disturbo d’ansia generalizzato
|
Caratterizzato da ossessioni (che causano ansia o disagio marcati) e/o compulsioni (che servono a neutralizzare l’ansia)
Attacchi di panico ricorrenti e inaspettati, preoccupazioni persistente di avere l’attacco e preoccupazioni circa le conseguenze dell’attacco . panico senza agorafobia panico con agorafobia tipo :animali, ambiente naturale, situazionale
Paura persistente di situazioni sociali o prestazionali Ansia e preoccupazione eccessive (attesa apprensiva) che si manifestano per la maggior parte del giorno per circa sei mesi, a riguardo di una quantità di eventi o di attività. Presenza almeno di 3 su 6 sintomi ansiosi. |
F > M2.5% nel corso della vita
1.5% – 3.5% nel corso della vita
10% -11,3% nel corso della vita
3% -13% nel corso della vita 3%
|
Nessuna prevalenza
F > M
2 F : 1 M
3 F : 1 M75%- 90% F
F > M
studi epidemiologici: 2/3 F : 1/3 Mstudi clinici: 55%-60% F |
F 20-29anniM6-15 anni
20-35 anni
adolescenza
Prima dei 30 anni
|
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
Rapporto F/M |
Insorgenza |
Disturbi d’ansia Disturbo post -traumatico da stress:
Disturbo acuto da stress
Disturbi dell’adattamento Tipi: acuto e cronico |
Sintomi tipici susseguenti ad esposizione ad un fattore traumatico estremo che comporta minaccia concreta per la vita e l’integrità fisica propria o di un’altra persona.
" "
sviluppo di sintomi clinicamente significativi in risposta ad uno o più fattori psico-sociali stressanti identificabili ( non "estremi" e anche ricorrenti o continui) |
Nella Comunità: 1%-14%
Nella popol. Clinica: 5%-20% |
F Riferimento a: violenza sessuale e violenza domestica |
1-3 mesi dopo persistenza: da 1 mese fino a 12 mesi dopo entro 1 mese persistenza: da 2 giorni fino a 4 settimane
|
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
Rapporto F/M |
Insorgenza |
Disturbi somatoformi
Disturbo di somatizzazione
Disturbo di conversione
Disturbo algico
|
Storia di molteplici lamentele fisiche, in un periodo lungo.
Deficit funzionali non spiegabili con condizione neurologia o medico-generale. Nelle donne soprattutto: cefalea, dolori muscolari scheletrici |
F 0,2 – 2%M < 0,2 |
2-10 F : 1 M
F > M |
Ante 25 anni
10-35 anni |
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
Rapporto E/G |
Disturbi di personalità
Disturbo Paranoide, Schizoide, antisociale di Personalità Disturbo Narcisistico di Personalità Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità Disturbi Borderline
Disturbo Istrionico
Disturbo Dipendente di Personalità
Disturbi del controllo degli impulsi |
I disturbi di personalità si manifestano solo quando i tratti di personalità ( modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti di se stessi e dell’ambiente) causano sofferenza soggettiva e/o compromissione funzionale.
È correlato al Tipo A ( intensa ambizione, competitività, fretta, e ostilità)
Instabilità delle relazioni, dell’autostima, dell’umore, ed impulsività
comportamento sottomesso e dipendente, passività, mancanza di iniziativa, insicurezza, paura della separazione
richiesta continua di attenzioni, drammatizzazione degli stati emotivi, seduttività
In particolare: Disturbo esplosivo intermittente, Gioco d’azzardo
Cleptomania e Tricottilomania |
> 1% |
M >F
50-75% M
2 M:F1
75% F
frequenza in ambiente clinico F>M
frequenza in ambiente clinico F>M
M>F
F>M |
Patologia |
Manifestazioni |
Prevalenza |
Rapporto F/M |
Disturbi sessuali e dell’identità di genere Disfunzioni sessuali
Disturbi dell’identità di genere
Parafilie
Pedofilia e sadismo sessuale
Frotterurismo
Masochismo sessuale |
Caratterizzate da un’anomalia del desiderio sessuale e delle modificazioni psico-fisiologiche che caratterizzano la risposta sessuale, causando notevole disagio ( nota aggiunta: personale) e difficoltà interpersonale
Fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti che riguardano oggetti inanimati, la sofferenza/umiliazione di se stessi o del partner, o di bambini o di altre persone non consenzienti.
Le fantasie parafiliche posono essere agite con un partner non consenziente in modo da risultare lesive per il partner (?) stesso ( fino a: torturare, violentare, mutilare , uccidere)
Toccare o strofinarsi contro una persona non consenziente
Comportamenti afflittivi ricercati dal soggetto con partners consenzienti durante il rapporto sessuale |
Pochissimi dati epidemiologici
Richieste di interventi chirurgici: M1/30.000 F1/100.000 chirurgici:
casi conosciuti: quasi esclusivamente uomini
"
"
" |
Differenze qualitative all’interno di ogni categoria di disturbo presa in esame separatamente per maschi e femmina
Nei campioni clinici: 2-3 M:F1
1 M: 20 F |
L’impianto del DSM IV prevede la classificazione delle sindromi accompagnata dall’analisi sistematica degli studi o delle evidenze che indicano alcune caratteristiche come quelle collegate al genere , alla cultura ed all’età.
La presenza della differenza di genere è affidata quindi ai dati di prevalenza che sono validi indicatori di:
una maggiore presenza delle donne nella richiesta di trattamento;
una maggiore presenza delle donne nell’area complessiva dei disturbi psichici ed in determinate aree , come la depressione, che rappresenta secondo i dati dell’OMS l’area di maggior rischio all’interno dei disturbi neuro- psichiatrici;
una quasi esclusiva presenza delle donne delle generazioni più giovani (adolescenti e post-adolescenti) in fenomeni patologici ingravescenti come i disturbi alimentari;
una presenza di fattori di rischio traumatici e stressanti da individuare come specifici indicatori in alcune sindromi ed eziopatogenesi per le donne : la violenza sessuale l’abuso ed il maltrattamento;
una presenza pressoché paritaria di donne ed uomini in disturbi come la schizofrenia che fino a qualche anno fa veniva considerata a maggior tasso di prevalenza tra gli uomini;
un’assenza pressoché totale delle donne in patologie, come le parafilie, il cui inserimento tra i disturbi mentali , nonostante le cautele assunte nella introduzione del Manuale, è altamente discutibile sul piano metodologico, clinico e sociale.
Nel Manuale è data quindi la possibilità di leggere dove maggiormente si annidino i problemi relativi alla differenza di genere, anche se il tentativo generale del DSM IV risponde all’esigenza evitare condizioni discriminanti tra i sessi mediante l’impiego di un linguaggio neutro.
Questa preoccupazione è espressa esplicitamente nella Guida al DSM IV è ha avuto degli effetti pratici di un certo peso ed interesse che di seguito segnaliamo.
Nella Guida si trova infatti la traccia del dibattito, che ha attraversato la Task-Force impegnata nella redazione del Manuale, sulla necessità di evitare nella classificazione forme di pregiudizio sessuale e che in concreto ha fatto scomparire o mettere in "attesa" alcune definizione connotate in modo sessista:
La sindrome pre-mestruale è stata oggetto di controversia tra gli esperti e quindi non compare in questa versione del Manuale diagnostico. E rimane sospesa per ulteriori valutazioni.
I riferimenti al ciclo biologico e alla fase premestruale rimangono solo nella discussione dei caratteri di genere all’interno di altre sindromi come quella depressiva, nell’anoressia come indicatore di gravità della patologia (amenorrea). nella definizione delle varie condizioni mediche da tenere sotto osservazione (Disturbi della Gravidanza e Parto).
La depressione post-partum non ha più una sua collocazione autonoma nei quadri depresssivi o psicotici ma diviene un elemento di specificazione della diagnosi riferito alla temporalità della manifestazioni (con esordio nel) e con una indicazione prognostica sulla eventuale severità dei sintomi ed il rischio suicidiario.
La condizione di Gravidanza Parto e Puerperio rimane codificata nella sezione che definisce la Condizione Medica Generale e che fa parte di uno degli Assi diagnostici del sistema ( Asse III).
La menopausa non trova alcuna collocazione né come sindrome né come specificatore diagnostico. La menopausa per anni è stata considerata il momento in cui la donna, per la fine del ciclo riproduttivo, correva maggiori rischi per la sua salute mentale. Le differenze di genere, negli studi più recenti, mostrano in questa fase una tendenza al livellamento: in questa età, le differenze statistiche nella probabilità di ammalarsi tra donne ed uomini tendono a ridursi.
La regressione del riferimento al ciclo biologico femminile che osserviamo in questa edizione, riferimento che è sempre stato un topos della psichiatria fin dal suo inizio, è stata facilitata da un'altra modifica che ha portato alla espulsione del termine "organico".
Scompare la differenza tra patologie endogene ed esogene che interessava anche la depressione e che intendeva mostrare una differenza tra patologie con eziologia organico/biologica e patologie con origine socio-ambientali (reattive, da trauma, da stress ecc.). Questa modifica è di gran peso culturale perché riporta il problema del disturbo psichico su un piano olistico e di unità mente – corpo, in cui diviene priva di senso la definizione di disturbi separando l’eziologia organica da quella psicologica e sociale.
Questo passo permette di liberare la psichiatria da un vecchio vizio originario: la necessità di dimostrare la base organica del disturbo psichico per presentarlo come dato di realtà fornito di una sua oggettività. La psichiatria in questo modo può riferirsi alla mente ed ai suoi processi di conoscenza, di relazione affettiva, ecc. senza dover sempre fare riferimento al corpo ed ai processi bio-fisio-chimici che supportano le attività cerebrali e quelle cognitivo-relazionali e che costituiscono da sempre le condizioni necessarie ma non sufficienti per spiegare la presenza di un disturbo mentale.
Nello stesso tempo la connotazione organica, trasformata nella dizione Condizione Medica Generale, viene posta come procedura metodologica nella valutazione di ogni disturbo psichico per escludere che quel disturbo sia secondario ad altra patologia fisica di maggiore rilevanza e/o all’abuso di sostanze.
L’eliminazione del termine organico pone una prima condizione di parità nella eziologia dei disturbi psichici tra fattori biologici, psicologici e sociali, una volta escluse l’eziologia da sostanze e da condizione medica generale.
In questa operazione in cui l’organico è stato ricompreso e circoscritto a queste due sole evenienze e condizioni, comuni a uomini e donne, si è di fatto dissolta, in linea di principio, anche la prevalenza della eziologia biologica con cui veniva connotato il disturbo psichico nelle donne.
Il discorso eziologico è nuovamente in gioco per uomini e soprattutto per le donne, più penalizzate degli uomini perché più coinvolte sia nella incidenza e prevalenza dei disturbi psichici, che nella prevalenza di eziopatogenesi biologiche collegate al ciclo riproduttivo.
Quando poi la Condizione Medica Generale non si pone come fattore esplicativo eziopatogenetico, rimane aperto lo studio dell’insieme degli altri fattori psicologici, sociali e culturali che si pongono sicuramente in relazione con i fattori biologici ma in un ruolo diverso e con la seguente configurazione, secondo l’ottica della psicologia della Gestalt: al centro, nel ruolo di figura i fattori psico-sociali e lateralmente in un ruolo di sfondo i fattori biologici.
Il passo avanti nella direzione di includere i fattori psico-sociali con un ruolo eziologico paritario lo troviamo nell’impianto multiassiale del Manuale che definisce completa una valutazione diagnostica solo se attraversa i seguenti cinque territori:
Asse I Disturbi clinici e altre Condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica.
Asse II Disturbi di personalità
Asse III Condizioni mediche generali
Asse IV Problemi psico-sociali ed ambientali
Asse V Scala di Valutazione Globale del funzionamento.
Asse I. Nell’ Asse I vengono considerate le sindromi di interesse clinico suddivise in 17 raggruppamenti comprensivi dei disturbi di personalità.
1. Disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza,
2. Demenze
3. Disturbi dovuti a condizione medica
4. Disturbi da sostanze
5.Schizofrenia ed altri disturbi psicotici
6. Disturbi dell’umore
7.Disturbi d’ansia
8. Disturbi somatoformi
9. Disturbi fittizi
10. Disturbi dissociativi
11. Disturbi sessuali e dell’identità di genere
12. Disturbi alimentari
13. Disturbi del sonno
14. Disturbi del controllo
15. Disturbi dell’Adattamento
16. Altre Condizioni di interesse clinico.
17. Disturbi di personalità
Il gruppo dei Disturbi di personalità è attribuito e quindi discusso nell’Asse II
Nella valutazione dei disturbi clinici troviamo le notizie generali; le differenze tra culture, età e sessi diversi; l’esordio ed il decorso; l’elencazione dei criteri diagnostici comprendenti i sintomi, la durata; l’esclusione di una eziologia medica e da uso di sostanze; gli effetti in rapporto alla compromissione di funzionamenti lavorativi e/o sociali, e/o di sfere importanti.
Sono importanti le valutazioni epidemiologiche tratte sia da studi clinici che da studi su comunità e popolazione che segnalano i tassi di prevalenza di un disturbo nei due sessi. La prevalenza netta delle donne è segnalata in molteplici sindromi ed in particolare nei seguenti raggruppamenti diagnostici: nei disturbi dell’umore, nei disturbi d’ansia, nei disturbi somatoformi, nei disturbi alimentari.
Una particolare attenzione nei raggruppamenti di disturbi dell’Asse I deve essere rivolta al gruppo dei "Disturbi sessuali e dell’Identità di genere".
In questo raggruppamento troviamo 3 tipi di disturbi su cui occorre brevemente soffermarsi:
le Disfunzioni Sessuali, le Parafilie, i Disturbi dell’identità di genere.
Le Disfunzioni sessuali riguardano il desiderio sessuale e le modificazioni psicofisiologiche che caratterizzano il ciclo di riposta sessuale ed hanno rilevanza clinica quando comportano per il soggetto notevoli disagi e difficoltà relazionali. In questa sezione si rileva una particolare equità nel trattamento dei dati sintomatici e nelle diagnosi che vengono in maniera speculare differenziate e discusse per genere.
In questa sezione si individua una interessante metodologia di approccio al disturbo che introduce un criterio di equità nella valutazione delle differenze di genere in un campo unitario di osservazione e valutazione.
Il Disturbo dell’identità di genere così come trattato nel Manuale non sanziona il comportamento omosessuale. Registra un atteggiamento sociale meno tollerante nei confronti della omosessualità maschile rispetto alla omosessualità maschile.
L’attenzione clinica al problema scatta non solo quando sono rappresentati desideri ed azioni di appartenere al sesso biologicamente opposto, ma quando tali desideri creano un disagio soggettivo clinicamente significativo con compromissione delle aree vitali (sociali, lavorative ecc.)
Le Parafilie costituiscono invece un capitolo ambiguo, sbilanciato tra problemi di disagio soggettivo e condotte antisociali rilevanti.
Alcune scelte sessuali come il feticismo, il travestitismo, il voyerismo, il masochismo sessuale possono produrre sofferenze, non essere soggettivamente accettate, creare problemi con il partner, ecc. e come tali possono produrre un disagio clinicamente significativo e compromettere le aree di funzionamento individuale e sociale.
Altri comportamenti invece come il frotteurismo, la pedofilia ed il sadismo sessuale prevedono come indicatore patologico, ovvero come espressione sintomatica per la definizione di patologia, che vi siano atti concreti ( e non solo le fantasie), diretti a soggetti (preferibilmente bambine e donne) non consenzienti. Questi atti inoltre, all’interno della classificazione del disturbo possono comportare l’uso di minacce, della violenza e di strumenti lesivi dell’integrità fisica (tortura, mutilazione, violenza sessuale, omicidio).
In questo tipo di valutazione diagnostica come in altre (ad es. la valutazione del disturbo antisociale di personalità), occorre approfondire il criterio con il quale sono assemblati e messi sullo stesso piano da un lato disturbi, i quali prevedono principalmente disagi personali accertati, sintomi e difficoltà relazionali, e dall’altro lato disturbi invece che si sostanziano principalmente di condotte antisociali e che provocano "disturbo" ovvero danni rilevanti esclusivamente nelle vittime, in prevalenza donne e bambini.
I criteri assunti per la definizione di questi disturbi non sembrano soddisfare i criteri enunciati in premessa nel Manuale stesso, come necessari per la classificazione dei comportamenti nell’area dei disturbi mentali e specificamente: la mancanza di sintomi dolorosi o di disagio personale (molti soggetti affetti da pedofilia e sadismo sessuale, sostengono ad esempio che il loro comportamento non causa loro disagio e che il loro unico problema sono le reazioni degli altri) e la mancanza del criterio di disfunzionalità o compromissione sociale. Questo criterio infatti non sembra applicarsi in questi casi ( e solo in questi casi) alla persona affetta " da uno di questi disturbi" ma al contesto sociale ed in particolare alle vittime dirette e non consenzienti (o con difetto di capacità di dare un consenso, i bambini ad esempio).
Ma un altro elemento è da annotare che ha valore per il tipo di valutazione di genere che andiamo effettuando: non sembra equo, che nel DSM IV si scelga di occuparsi di tali condotte definite come disturbi (esclusivamente maschili) e non ci si occupi in modo altrettanto esteso o più esteso degli effetti e dei danni specifici che questi comportamenti inevitabilmente producono sulle vittime.
Nel DSM IV infatti i danni psichici delle vittime, più ampiamente connotate come abuso, violenza sessuale, maltrattamento fisico, non hanno un’adeguata né specifica trattazione, essi vengono inseriti, insieme ad altri fattori di stress, senza una indicazione di prevalenza rispetto al genere, nella trattazione diagnostica del Disturbo Postraumatico da Stress, e nella sezione delle "Altre condizioni clinicamente rilevanti" denominate genericamente come " Abuso e Maltrattamento su adulti o minori".
Sempre nell’Asse I vengono indicate altre condizioni che possono essere riconosciute come significativamente collegate all’esordio della patologia: situazioni relazionali, con un coniuge o con i figli, con un genitore; situazioni relative ad abuso e maltrattamenti; ed inoltre problemi scolastici, lavorativi, di identità (realizzazione personale), di lutto, di una specifica fase della vita.
In via di principio queste condizioni "facoltative" possono essere di grande importanza se correlate con problemi e fasi della vita psico-sociale della donna. Per quanto riguarda la condizione di abuso e maltrattamento rileviamo nuovamente la scarsità di informazioni a riguardo e la mancanza di una precisa connotazione di tali eventi secondo il genere, con l’uso di un linguaggio artificialmente neutro che nasconde il dato ufficialmente noto (OMS e World Bank) che: circa il 50% di depressione nelle donne è attribuibile sul piano eziopatogenetico alla violenza sessuale ed ai maltrattamenti domestici.
Asse II. La definizione del disturbo di personalità assume nel DSM IV un carattere storico e psico-sociale più che genetico, esso infatti è prospettato come maggiormente correlato alla esperienza del soggetto più che ad una norma esterna.
"I disturbi di personalità derivano dai tratti di personalità intesi come modi costanti di percepire rapportarsi, pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi.
Soltanto quando i tratti di personalità causano una compromissione funzionale significativa o una sofferenza soggettiva essi costituiscono disturbi di personalità".
Un disturbo di personalità si caratterizza come:" Modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo modello si manifesta in due o più aree seguenti:
cognitività, b. affettività, c. funzionamento interpersonale, d. controllo degli impulsi.
Esso determina disagio clinico e compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti, il quadro è stabile e l’esordio si può far risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta".
I Disturbi di personalità possono costituire la diagnosi principale, in relazione alla richiesta fatta dal soggetto, al problema esposto e al tipo di sofferenza e di disfunzionalità che tale disturbo provoca; oppure possono essere annotati come un fattore di rischio ( pre-morboso) per un altro disturbo che entra nella costituzione della diagnosi principale come oggetto principale dell’intervento clinico.
L’importanza di questo Asse è nella individuazione dei "tratti" come modelli e stili comportamentali che possono essere messi in relazione con azioni e modi di essere disfunzionali al benessere individuale.
Nonostante in questa sezione vi sia stato il tentativo di "ripulire" le diagnosi da connotati evidenti di genere per raggiungere criteri di parità, i disturbi di personalità, così come sono definiti, rappresentano ancora raggruppamenti di tipologie comportamentali facilmente individuabili come più tipicamente maschili o più tipicamente femminili. La loro tipizzazione in senso maschile o femminile si presenta o come effetto o come causa della prevalenza di un genere o dell’altro in uno specifico disturbo.
Tra i disturbi a prevalenza femminile che riassumono anche maggiori tratti tipizzabili come femminili vi è:
il Disturbo istrionico di personalità che viene presentato nella Guida al DSM IV con una nomenclatura modificata rispetto alla precedente (Disturbo isterico) troppo connotata rispetto al pregiudizio di genere nella storia della psichiatria .Gli autori segnalano comunque giustamente che: " una diagnosi con un altro nome può ancora essere sessista. Il problema è che tale disturbo può continuare a rappresentare una versione esagerata dei tratti femminili stereotipati."
Ma nonostante questa epurazione più eclatante del "disturbo isterico" dovuto all’assunzione di atteggiamenti "politically correct", rimangono tracce evidente della differenza di genere nei tratti di personalità, attribuiti generalmente a uomini o donne, che sovraintendono alla classificazione dei corrispondenti disturbi. Queste tracce delle differenze di genere sono poi convalidate dalle prevalenze epidemiologiche che mostrano come uomini e donne siano rispettivamente in pole position negli uni o negli altri ambiti di disturbi.
Troviamo una prevalenza di donne non solo nel disturbo istrionico ma anche nei disturbi seguenti:
il Disturbo dipendente di personalità; e il Disturbo borderline.
Questi disturbi riassumono tratti di personalità che vengono socialmente attribuiti in modo differenziato a uomini e donne e che per le donne hanno le seguenti caratteristiche:
comportamento sottomesso e dipendente, passività, mancanza di iniziativa, insicurezza, paura della separazione; (disturbo dipendente)
richiesta continua di attenzioni, drammatizzazione degli stati emotivi, seduttività; (disturbo istrionico)
instabilità delle relazioni (ricorso alla idealizzazione e svalutazione dell’altro) dell’autostima e dell’umore, e da impulsività,: " questi individui e empatizzano con gli altri e li coccolano solo con l’aspettativa che gli altri saranno presenti a loro volta per soddisfare le loro necessità. Hanno repentini cambiamenti dell’immagine di sé, di aspirazioni e progetti; manifestano propositi suicidiari ricorrenti ." (disturbo borderline).
Questi disturbi contengono indicatori a maggioranza "femminili" e per tanto sono maggiormente rappresentati nella popolazione femminile ma hanno anche elementi misti (a prevalenza maschile) anche questi facilmente identificabili. Ad esempio sempre nel disturbo borderline si parla di percentuale più bassa di suicidi realizzati, statisticamente più frequenti negli uomini, e di percentuale più alta di suicidi tentati , più frequenti nelle donne.
Il problema dei tratti di personalità che divengono disturbi non è secondo noi risolvibile sul piano diagnostico: la diagnosi rileva quello che le condizioni di vita l’educazione, le culture producono. Cercare di livellare gli stili comportamentali rischia oggi di nascondere differenze comportamentali rilevanti per la comprensione della genesi del disturbo psichico in uomini e donne precludendoci la possibilità di adottare strategie di trattamento diversificate e strategie di prevenzione efficaci.
Il problema più semplicemente si risolve non dando alcuna connotazione patognomica ai tratti di personalità, che rimangono invece indicatori di specifici percorsi di formazione dei sintomi, e di produzione di disagio, così come lo sono gli eventi e le condizioni di vita ( affettive lavorative, ecc.).
L’Asse III, di cui si è già parlato, consiste nella indagine su problemi fisici, ad ampio raggio, che possono avere una influenza sul disturbo oggetto della valutazione.
Questo Asse è molto importante perché induce a non sottovalutare i sintomi fisici ed a prendere in considerazione anche altre strade prima di giungere ad una diagnosi psicologica o psichiatrica. Questo Asse è, in via di principio, di grande importanza per le donne che patiscono maggiormente la sottovalutazione di una condizione medica generale rispetto alla sopravvalutazione dei problemi psichici.
Specificamente poi sono riferite alle donne le condizioni di Gravidanza, Parto e Puerperio.
Questa decisione è comunque secondo il nostro punto di vista discutibile: infatti la condizione medica definita di "Gravidanza, Parto e Puerperio" non corrisponde ai criteri di presenza di una patologia così come invece è presente nelle altre Condizioni mediche definite come "malattia del: sistema circolatorio, respiratorio, digerente, muscolo scheletrico, genito-urinario, ecc."
Gravidanza Parto e Puerperio non sono patologie mediche ma condizioni fisiologiche, la loro presenza in questa area con questa nomenclatura non è a nostro avviso adeguata. Le patologie fisiche connesse a questi eventi della vita della donna andavano specificate e distinte da una dizione generica ( come quella adottata) che può pesantemente alludere al pregiudizio di considerare le fasi fisiologiche della vita della donna (gravidanza, parto e puerperio) intrinsecamente patologiche o foriere di patologia.
Questa impropria collocazione ripropone, secondo noi, il vecchio problema della eziopatogenesi dei disturbi psichici correlata al ciclo biologico-riproduttivo della donna, eziopatogenesi che non compare nelle premesse metodologiche esplicitamente dichiarate del Manuale.
L’Asse IV : Problemi psicosociali ed ambientali.
L’Asse IV riporta i problemi psicosociali ed ambientali che possono influenzare la diagnosi il trattamento e la prognosi. I problemi sono visti sia come fattori scatenanti o esacerbanti una condizione di disturbo psichico oppure come fattori conseguenti al disturbo che devono essere presi in considerazione nel trattamento.
Un problema psicosociale può essere: un evento vitale negativo, uno stress familiare o interpersonale di altro tipo, l’inadeguatezza del supporto sociale, o delle risorse personali, altri problemi del contesto su cui si sono sviluppate le difficoltà individuali. Anche gli eventi positivi possono essere stressanti possono essere indicati se causano un problema di adattamento.
I problemi psico-sociali se sono al centro dell’attenzione clinica vanno riportati sull’Asse 1 ( Altre Condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica).
L’indicazione prevede di annotare i problemi psicosociali presenti solo l’anno prima perché considerarti con più probabilità connessi alla situazione di disagio presente. Ma possono essere anche annotati su questo Asse eventi e situazioni precedenti se contribuiscono al disturbo psichico.
I problemi sono i seguenti:
problemi con il gruppo di supporto principale;
problemi legati all’ambiente sociale;
problemi di istruzione;
problemi lavorativi;
problemi abitativi;
problemi economici;
problemi di accesso ai servizi sanitari:
problemi legati all’interazione con il sistema legale/criminalità;
altri problemi psico-sociali e ambientali.
L’introduzione di questo asse nel sistema di valutazione diagnostica del DSM IV è di notevole importanza. In linea di principio permette di analizzare il disturbo, non solo in riferimento a sintomi e condizioni invalidanti (effetti del sintomo) come avviene nell’ Asse I, ma anche in relazione agli antefatti ed agli eventi dell’ultimo anno e precedenti correlati con le modifiche dello stato di benessere.
Questa sezione, a cui è stato affidato il mandato di rappresentare le condizioni psico-sociali, è troppo poco dettagliata, in confronto all’impianto diagnostico molto ampio dell’Asse I e II che presentano un insieme esteso di differenze di sintomi e di manifestazioni di disagio.
Riteniamo quindi che il mancato approfondimento dei collegamenti dei vari problemi con i vari tipi di disagio costituisca una situazione sbilanciata rispetto alla premessa iniziale in cui si affermava in linea di principio che i fattori biologici, psicologici e sociali concorrono in modo paritario alla formazione dei disturbi mentali.
Ci sembra che l’impianto diagnostico pur aprendosi ad un modo di vedere il disturbo più articolato e complessivo, in pratica non sia ancora in grado di offrire una valutazione degli eventi sociali e relazionali tale da creare un collegamento operativo (valido per la prevenzione) tra tipologia degli eventi, loro peso soggettivo e contestuale, modelli di comportamento, stili di risposta agli eventi e produzione di un disturbo mentale. In particolare la mancanza di analisi di dettaglio degli eventi psico-sociali, rinvia il lettore e soprattutto l’utilizzatore ad una percezione degli eventi sovra-ordinata secondo il pregiudizio sessuale. Ad esempio la condizione lavorativa, non differenziata nelle sue componenti di lavoro per il mercato e lavoro per la famiglia, sarà intesa solo come lavoro per il mercato introducendo un bias nella rilevazione: per cui negli uomini sarà sovrarappresentato il problema lavoro e nelle donne sottovalutato.
L’Asse V. Nell’Asse V è prevista la Valutazione Globale del funzionamento di un individuo (VGF). Questo Asse misura la gravità dei sintomi secondo una scala che va da 100 ( massimo benessere individuale e funzionalità sociale) a 10 (minima funzionalità sociale con pericolo di fare male a se stesso e/o agli altri).
Annotiamo che la Scala di Valutazione Globale del funzionamento (VGF) è molto poco dettagliata, tuttavia mostra la presenza di bias di genere: gli accenni alla vita quotidiana ed agli stili comportamentali di buon funzionamento o cattivo funzionamento lungi dall’essere onnicomprensivi sono piuttosto una rappresentazione del funzionamento maschile.
Ad esempio per tutti prendiamo l’item che rappresenta il livello 100 (la piena funzionalità) : "i problemi della vita non sembrano mai sfuggire di mano è ricercato dagli altri per le sue qualità positive". Nelle donne con problemi di depressione ciò che succede è che la donna depressa rimpiange questa funzionalità ottimale in cui tutti la cercavano, ma solo perché era al servizio delle esigenze degli altri (modello della Gheisha). Ebbene questo funzionamento ottimale così definito nella Scala è quello che più facilmente si collega al crollo psico-fisico ed al rischio di depressione grave nella donna.
Per converso all’estremo inferiore della scala del funzionamento sociale troviamo come indice di gravità i comportamenti pericolosi per sé e per gli altri. Se valutiamo questo indicatore di gravità con i dati sui comportamenti violenti, che riguardano maggiormente gli uomini, e i dati sui suicidi realizzati, che riguardano anch’essi maggiormente gli uomini, vediamo che questo tipo di gravità è nettamente sbilanciato sul versante maschile e poco si conforma con la tipologia del disagio femminile.
In tutti i livelli intermedi della Scala gli indicatori rappresentativi dello stato salute/malattia sono poco specificati come quello lavorativo, (che ancora una volta, in assenza di specificazione, rimanda all’idea dominante del lavoro per il mercato), oppure come quello scolastico o sociale che sono rappresentati con esempi connotati sul versante di un solo genere, senza una chiara esplicitazione di ciò: fughe da scuola furti a casa e nei negozi, conflitti con i compagni di lavoro, incapacità a mantenere il lav
DISCUSSIONE DEI PROBLEMI
Come si è potuto notare, il DSM IV introduce delle novità rilevanti che costituiscono passi avanti per il problema della differenza di genere.
Quello che a noi preme affrontare a conclusione di questa prima disamina di un testo completo e riconosciuto al livello internazionale, è l’intreccio, non sempre limpido, tra aspetti metodologici innovativi e valutazione dei dati improntati a determinati pregiudizi di genere.
In questa senso va letto il tentativo che il DSM IV ha portato avanti in due direzioni:
eliminare grossolane diversità di valutazione tra disagio maschile e femminile, eliminando le forme più dibattute che implicavano una maggiore esposizione del genere femminile al pregiudizio di fragilità e debolezza costituzionale e biologica;
ridurre artificiosamente le differenze di genere , ancora rintracciabili nelle specifiche sindromi, oppure nei fattori di rischio ambientali, con un accurato linguaggio tecnico in cui fosse limitato al minimo il riferimento al genere a vantaggio di una dizione neutrale di "soggetto" non sessualmente identificato.
Tra i passi avanti compiuti nella prima direzione annotiamo come il legame con la biologia sia stato quasi definitivamente sciolto, soprattutto nelle relazioni eziologiche tra disturbo psichico e fasi del ciclo riproduttivo (nonostante esso poi sia stato riproposto in parte nell’ASSE III), superando definitivamente un legame con la prima psichiatria di Charcot.
Ma altri pregiudizi permangono, nascosti sotto un impianto che si vuole definire neutrale rispetto al genere. In particolare rimane la differenza tra maschi e femminine legata a due modi di manifestare il disagio: l’uno più rispondente ai criteri prescelti per definire un disturbo psichico (sintomo doloroso, disfunzionalità percepita soggettivamente), l’altro non omogeneo a questi criteri, più legato invece a comportamenti che arrecano disagio agli altri (violenza, antisocialità, mancanza di controllo degli impulsi ecc.). E ancora l’impianto neutralistico non permette in altri casi di visualizzare completamente le specifiche eziologie legate ai fattori psico-sociali, quando un determinato fattore è rappresentato nella sua parzialità ( come ad esempio il lavoro nell’Asse IV)
Al disotto di questi problemi rimane poi quello della prevalenza dei disturbi psichici. Riproponiamo allora la domanda che nella Guida al DSM IV è stata posta: le differenze nella prevalenza dei disturbi psichici correlate alla differenza sessuale sono un artefatto o realtà clinica?
La prevalenza delle donne nell’area dei disturbi psichici non può essere esaustivamente spiegata con il fatto che le donne si percepiscono più malate, si lamentano di più del loro malessere e ricorrono più facilmente all’aiuto del medico.
Se diciamo che le donne si lamentano e questo lamentarsi è solo riferito ad una sensibilità più accesa, ad una minore tolleranza del dolore, e non a condizioni di vita oggettivamente più difficili degli uomini, evidenti in qualunque parte del mondo, avremo di nuovo affermato che ciò deriva dalla debolezza costituzionale delle donne, ovvero ci saremo nuovamente riferiti al più vecchio pregiudizio di genere sulla "lamentosità" delle donne, e sull’essere "malate immaginarie".
Debolezza che viene sconfermata da tutti gli studi che individuano la maggiore tolleranza delle donne al dolore rispetto agli uomini e maggiore resistenza delle donne alla stanchezza fisica.
E’ ampiamente documentato che le donne vivono in tutto il mondo più a lungo ma in peggiori condizioni di salute degli uomini. E’ evidente che da un lato vi è una maggiore resistenza dell’organismo femminile alle malattie (vita più lunga) ma al tempo stesso questa potenzialità non è sfruttata se poi sono proprio le donne a vivere in peggiori condizioni di salute in ogni realtà a parità di età e di status sociale.
Ciò vuol dire che il problema della salute della donna è affrontato meno correttamente (dalla ricerca e dall’organizzazione dei servizi sanitari) dei problemi di salute degli uomini: con meno attenzione o con procedure meno appropriate che producono maggiore cronicizzazione dei disturbi. La maggiore cronicizzazione dei disturbi, o la maggiore persistenza di stati patologici, in tutte le aree della salute, è scarsamente documentato, ma nella pratica clinica si evincono sempre maggiori difficoltà diagnostiche nella rilevazione della corretta eziologica di un disturbo e maggiori difficoltà nella individuazione di trattamenti efficaci nelle donne rispetto agli uomini.
D’altra parte se anche volessimo prendere in considerazione il fatto che le donne percepiscono più degli uomini gli stati di malessere psico-fisici, che li esprimono di più in determinate modalità e che per questa percezione riducono la loro funzionalità sociale, non avremo fatto altro che dire che soffrono maggiormente di disturbi psichici.
Il disturbo psichico, l’ansia e la depressione sono stati soggettivi, la cui valutazione esterna non può prescindere dalla valutazione del soggetto che è l’indicatore per eccellenza del suo stato di malessere. Una persona esterna potrà solo aggiungere, come percepito direttamente, che a quel modo di sentire corrisponde anche una visibile disfunzionalità comportamentale.
Appare quindi non proponibile per quanto riguarda il disturbo psichico pensare ad una sopravvalutazione del disturbo tra le donne perché le donne " lo sentono , e lo percepiscono di più"; queste evenienze infatti coincidono con le condizioni per cui si può parlare della presenza di un disturbo psichico: che vi sia cioè una persona che percepisca un determinato stato, e che in relazione a questo malessere percepito riduca le sue prestazioni, o le modifichi.
Il dato quindi della maggiore percezione potrà rappresentare un indicatore che differenzia realmente uomini e donne; esso indica che il disagio psichico è più diffuso tra le donne che non tra gli uomini e non costituisce un bisa nella ricerca : vale a dire non determina di per sé una sopravvalutazione impropria o erronea del disturbo psichico tra le donne.
Infatti il sentire maggiormente un disturbo, il prestarvi attenzione, o porlo al centro, è il processo tipico di formazione della patologia psichica. Sentire il disturbo, provare il sentimento di impotenza, sottovalutare le proprie risorse e capacità è il dato più generalmente intrinseco alla patologia psichica
Se il percepire di più non costituisce un bias che porta alla sopravvalutazione del fenomeno tra le donne, neanche il maggiore ricorso al medico lo è.
Il ricorso maggiore all’aiuto medico è stato correlato alle differenze di genere attraverso i tratti di personalità diverse: più attivi e autonomi gli uomini, più dipendenti e passive le donne. In questa ottica gli uomini trovano in sé più risorse per reagire e le donne meno. Se si guarda il problema non dall’interno (tratti di personalità biologicamente intesi ) ma dall’esterno (ambiente esterno o stili di comportamento appresi) potremo dire anche, rovesciando l’ottica "pregiudiziale" che sfavorisce le donne nella percezione collettiva, che le donne rispetto agli uomini trovano nell’ambiente quotidiano meno facilmente soluzioni al loro problemi, hanno meno strumenti socio-culturali per trovare le soluzioni, e sono meno orientate dai medici a trovarle nell’ambiente di vita.
Sentire di stare male, percepire l’intolleranza al malessere, e non sapere come fare per risolvere il problema ritenendolo al di sopra delle proprie capacità di gestione, sono tutti aspetti del disturbo psichico e costituiscono dati interni alla patologia.
In questo senso, anche il maggiore ricorso al medico non costituirà un bias della ricerca ma può essere considerato la spia di una condizione di malessere psichico più diffuso tra le donne.
D’altra parte, le donne sono prevalenti in quasi tutti i disturbi psichici studiati, nonostante vi sia il tentativo di pareggiare la presenza tra donne ed uomini facendo rientrare nella patologia psichica categorie comportamentali che non soddisfano i criteri principali di identificazione del disturbo psichico.
Alla fine, se i criteri del disturbo psichico sono quelli definiti nella introduzione metodologica al DSM IV, senza cambiare questi criteri, dovremo considerare corrispondente alla realtà clinica osservata la prevalenza delle donne nei circuiti della psichiatria.
Dovremo inoltre ripartire da questa differenza per ricercare i fattori di rischio ed i processi patogenetici, senza di nuovo riproporre eziologie desuete e pregiudiziali per le donne come: la costituzionalità e la naturalità; oppure a fattori differenziali impropri che vedono la specificità del disturbo mentale maschile nella risposta antisociale e nella violenza e quello delle donne nella risposta depressiva.
Per la realizzazione di questo obiettivo occorre che l’impianto diagnostico dei disturbi psichici sia rivisto per accogliere i giusti nessi tra sintomi, e fattori eziopatogenetici, superando le tentazioni di un’analisi delle differenze tra i due generi costituzionalista, tendenzialmente priva di possibilità di miglioramento dello stato di salute delle donne ma anche degli uomini, e avvicinandosi maggiormente ad un’analisi storica e culturale che nasce dall’osservazione "sul campo" delle diverse condizioni di vita e ritorna sul campo per proporre strategie concrete di modifica degli stili di vita comprensivi dei più tradizionali comportamenti di ruolo sociale.
Occorre anche che vi sia una capacità di far interagire il principio della equità tra i generi coniugandolo con l’osservazione delle differenze, il che significa che uomini e donne devono essere presenti ambedue nel campo di indagine prescelto (criterio della equità e della pari opportunità di valutazione e trattamento) e ciascuno deve essere rappresentato con i caratteri del proprio genere specularmente visti e paritariamente riferiti a due principali classi di dati:
corporei – biologici (apparati riproduttivi, circolatori, cerebrali, peso corporeo, metabolismi, ecc.),
socio-psichici (eventi di vita, organizzazione del lavoro, stili di risposta appresi).
Proposta
Ciò che può rimanere e ciò che va modificato nel DSM IV
ASSE I |
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Livello dell’Accettazione |
Livello del rigetto |
Proposta di modifica |
Va confermata la eliminazione delle differenze tra organico e non organico ; vanno confermate le eliminazione di sindromi speciali collegate in modo eziologico al ciclo biologico femminile. |
Le categorie diagnostiche non devono contenere impliciti riferimenti alle differenze di genere utilizzando un linguaggio neutro di omologazione forzata. Non è accettabile l’assunzione di due criteri in contrasto tra per definire il disturbo psichico: passivo ( sofferenza personale) applicato alle donne; attivo ( sofferenza agli altri) applicato agli uomini. |
Disaggregazione per sesso delle espressioni sintomatologiche ; raccolta dei sintomi, racchiusi nelle varie sindromi, differenziati per uomini e per donne. Eliminazione delle sindromi in cui chiaramente manca del tutto il criterio della sofferenza individuale e vi sia la rappresentazione di un solo genere. |
ASSE II |
||
Livello dell’Accettazione |
Livello del rigetto |
Proposta di modifica |
I tratti di personalità intesi come stili di risposta appresi costituiscono guide alla comprensione delle differenze di prevalenza tra uomini ed donne nel disturbo psichico |
La copertura delle differenze di genere attraverso un linguaggio neutro e la costruzione di una diagnostica a parte che ripropone il problema dell’autonomia dei tratti di personalità rispetto a condizioni di vita, educazione ai ruoli, eventi, ecc. I disturbi di personalità vanno rigettati perché ripropongono in modo sottile il problema del sostrato biologistico nelle differenze di comportamento tra i due generi. |
Costituire in questo asse, come quella proposta sui meccanismi di difesa, una informazione più dettagliata sugli stili di risposta diversificati e prevalenti negli uomini e nelle donne ma collegati saldamente con i ruoli ed i compiti sociali che i due generi sono chiamati a svolgere. Lo stile di risposta, a differenza del tratto di personalità è un concetto più leggero su cui può essere indirizzato l’intervento di modifica. |
ASSE III |
||
Livello dell’Accettazione |
Livello del rigetto |
Proposta di modifica |
Importante acquisizione è la definizione di due eziologie (condizione medica generale e abuso di sostanze) che attraversano tutte le valutazioni diagnostiche e che sono poste come criterio da escludere. |
Permane il pregiudizio biologistico nella codifica di gravidanza parto e puerperio tra le condizioni patologiche. Le condizioni mediche sono state indicate in riferimento a sistemi fisiologici (circolatori, respiratori, ecc.) non a fasi di vita. |
Va eliminato dalle condizioni mediche generali il riferimento a Gravidanza , Parto e Puerperio. Le patologie di queste fasi rientrano tutte come specificazioni nelle patologie dei sistemi generali ( es. una tossicosi gravidica sarà inserita come specificazione nel sistema……) |
ASSE IV |
||
Livello dell’Accettazione |
Livello del rigetto |
Proposta di modifica |
Importante acquisizione del valore dei fattori psico-sociali nella eziologia dei disturbi mentali |
I fattori psico-sociali non sono rappresentati esplicitamente rapporto con le differenze di genere che si evincono come sottofondo; alcuni fattori psico-sociali tendono ad occultare le differenze e le prevalenze di genere; altri fattori che si riferiscono di fatto ad un solo genere sono rappresentati teoricamente come comprensivi di ambedue. |
I fattori psico-sociali devono comprendere ad ogni livello i due generi e pertanto le loro connotazioni vanno ampliate (nozione del lavoro inteso come lavoro produttivo e familiare); altri fattori di rischio psico-sociale vanno esplicitati nella loro appartenenza e prevalenza di genere ( la violenza sessuale è un fenomeno molto diffuso: agito dagli uomini e subito dalle donne) |
ASSE V |
||
Livello dell’Accettazione |
Livello del rigetto |
Proposta di modifica |
Rimane ed è importante la definizione del funzionamento sociale nella valutazione diagnostica |
Non può essere collocata in modo separato rispetto all’ASSE I e non sono accettabili i livelli di funzionalità/disfunzionalità presenti |
Va inserito nell’ASSE I come criterio di gravità del sintomo. Vanno rivisti i criteri di funzionamento sociale rendendo disponibili agli operatori le varie opzioni di gravità e non solo quelle collegate alla violenza identificabili con criteri di gravità del comportamento attribuito ai maschi. |
[1] American Psychiatric Association (1995), DSM IV Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, International Version with ICD-10 codes, Washington D.C. Edizione it. V. Andreoli, G. Cassano, R. Rossi, Milano 1999
[2] American Psychiatric Association ( 1995), DSM IV Guidebook, Washington D.C. ,Edizione it. Romolo Rossi, (a cura di) Milano 1997.
[3] Questi disagi personali possono giungere, secondariamente e in determinate e chiare condizioni di alterazione del rapporto con la realtà, a condotte penalmente rilevanti.
[4] Il danno psichico che essi provocano non è equiparabile a traumi di altra natura, come la guerra, o altri stressors naturali ( terremoto, catastrofi, incidenti ecc.): questi traumi pur nella loro drammaticità si riferiscono a tragedie collettive che fungono da supporto. Nella violenza sessuale, nell’abuso e nel maltrattamento familiare la vittima è in condizione di isolamento durante l’evento e spesso anche dopo, in caso di sopravvivenza.
[5]
Heise L. et al. (1994),
Violence against Women: The Hidden Health Burden,
The International Bank
for Reconstruction and Development/ The World Bank, Washington, D.C.
Disability-adjusted life years to women age 15 to 44
due
to conditions attributable to domestic violence and rape.
Relevant
conditions |
Total
DALYs lost to women age 15 to 44 (millions) |
Share
attributable to domestic violence and rape |
Depression |
10.7 |
50
percent |
Alcohol
dependence |
0.9 |
10
percent |
Drug
dependence |
1.1 |
10
percent |
Post
Traumatic stress disorder |
2.1 |
60
percent |
Suicide |
5.5 |
30
percent |
[6]
M. Piccinelli and F. Gomez Homen, Gender Differences in the Epidemiology of
affective disorders and Schizofrenia, WHO – Nations for Mental Health ,
1997
“Nolen-Hoeksema (1987) ha suggerito che influenzano lo stato depressivo non solo le differenze di personalità (attività nei maschi, passività nelle donne) ma anche i modi di rispondere all’abbassamento del tono dell’umore: gli uomini tentano di distrarsi in attività ( e.s. attività fisiche) le donne riducono l’attività e rimuginano pensieri (active response Vs/ ruminative response)”.
[7] Non dimentichiamo che nella cardiologia la donna per molto tempo non è stata stata considerata come oggetto di indagine: ci si è riferiti all’uomo ed alla sua relata coronoarica e cardiovascolare. Ciò ha comportato la conxseguenza che gli interventi di angioplastica, siano stati meno rischiosi negli uomini che noin nelle donne.
[8] La parità non può cancellare le diversità tra soggetti; la partità deve poter far sì che le differenze se vi sono siano riportate a condizioni di vita le cui caratteristiche se manifestano disparità dannose per un soggetto devono poter essere rimosse o indicate per un intervento che abbia l’obiettivo del rimuovere differenze dannose per la salute. Non parlare delle differenze o usare metodi che attribuiscono le differenze alla biologia o alla genetica significa muoversi in un’ottica di pregiudizio colpevole miratoi alla non modificazione dello statu quo di disparità o svantaggi.
[9]
M. Piccinelli and F. Gomez Homen, Gender Differences in the Epidemiology of
affective disorders and Schizofrenia, WHO – Nations for Mental Health ,
1997