da dispiegare nella post-adolescenza
Cosa si fa per proteggersi rispetto ad un disagio psichico?
Se un progetto adolescenziale può fallire è necessario che esso sia sempre sostituibile o che la post-adolescente abbia tale percezione.
In particolare riferendoci al progetto di coppia, le condizioni della sua sostituibilità le ritroviamo in:
- il mantenimento di relazioni di supporto sociale ed amicali non ricomprese nella relazione di coppia;
- il rafforzamento di una percezione di sè, indipendente dal giudizio del partner;
- il mantenimento dell'investimento degli interessi personali extra-coppia (lavoro, hobby, ecc.);
Queste condizioni costituiscono fattori di protezione dal disagio psichico provocato dalla dipendenza dal partner, tipica della post-adolescente.
Ma occorre anche che la post-adolescente investa energie su di sè, se è stata un'adolescente che per una serie di condizioni familiari non ha potuto sviluppare alcuni elementi personali. E' possibile effettuare una ricerca sugli interessi dismessi ed accantonati per potenziarli, mentre si possono tralasciare interessi ed obiettivi che più propriamente si riesce a valutare come appartenenti ad altri.
Consigliamo quindi alla post-adolescente di interrogarsi su di sè, e sulle idee che si è fatta di sè:
le incapacità che si attribuisce o che le attribuiscono sono veramente tali?
Il progetto che ha davanti è quello voluto? o si tratta di un progetto che piace più agli altri?
Cosa cerca nella relazione di coppia? Forse quello che i propri genitori non hanno realizzato? Oppure cerca una valorizzazione che le sembra non aver avuto in adolescenza?
Consigliamo inoltre di valutare nelle relazioni con gli altri e con il partner se il bilancio dare avere è in pari.
Se la percezione è di dare più che ricevere, tipica percezione che produce in prospettiva senso di disparità e sofferenza, è bene cambiare atteggiamento e modalità di relazione, in modo da non sentirsi in credito.
Per non sentirsi in credito è opportuno adottare un comportamento in cui si dà quello che non genera mancanza e bisogno di risarcimento, si può dare solo ciò per il quale non ci si aspetta, e non è necessario, una restituzione, un ricambio.
Consigliamo anche di ridefinire i propri modi di essere ed i propri comportamenti soffermandosi a valutare le caratteristiche dei modelli di comportamento che sono stati trasferiti in adolescenza.
Ricordiamoci allora che i modelli che inducono malessere:
- hanno caratteristiche di unilateralità, parzialità, e dover-essere;
- veicolano pregiudizi sociali;
- costituiscono vincoli e costrizioni per la libera espressione di sè.
Segnaliamo due categorie di modelli
¨ Modi dell'essere: i modelli che si riferiscono alle caratteristiche strutturali della persona e cioè a "come sono e come sono fatta";
¨ Modi del fare: i modelli che si riferiscono alla dimensione del fare, ovvero ai comportamenti e agli stili di risposta.
Le modalità dell'essere, maggiormente implicate nel disagio femminile, sono quelle della passività, della oblatività, della dipendenza dagli altri (i caratteri pregiudiziali della femminilità).
Le modalità del fare maggiormente implicate nel malessere femminile sono quelle che privilegiano il fare per altri (è giusto, doveroso, è naturale, ecc.), rispetto al fare per sè ( è egoistico e contrario all'essere una buona madre, ecc.).
Questi modelli frequentemente intralciano la espressione di sè (interessi, desideri, competenze) e devono poter essere "cambiati".
Per far ciò devono poter essere rappresentati e pensati come parziali, modificabili, e connotati da pregiudizi.
I modelli o i vari "dover-essere" che gravano su una persona entrano nel processo di costruzione del progetto personale.
Valutiamo insieme i nostri modelli :
la mia attività, indipendenza, capacità di iniziativa, egoismo, sono stati mai criticati e considerati un pericolo, un intralcio alla mia realizzazione?
Ci sono stati momenti, episodi, eventi per cui mi è sembrato che queste caratteristiche fossero davvero pericolose?
Mia madre mi è sembrata una donna che non sapesse farsi valere con mio padre, ha avuto bisogno di me?
Mio padre non è stato un buon marito, ma ha saputo prendersi la vita come voleva, era libero ma "egoista"?
Ho sempre pensato che non mi sarei fatta mettere i piedi in testa da un uomo?
Rispetto a questi modelli, rispondiamo ad alcune domande:
conosco oggi le cose che mi fanno star bene?
Conosco quali atteggiamenti e comportamenti sono dettati dalle mie esigenze e quali dall'esigenza di "non creare dispiacere" agli altri? Se si, riesco a bilanciare gli uni e gli altri, mantenendo sempre un saldo attivo per le mie esigenze?
Penso che si può essere liberi senza essere giudicati egoisti?
So come fare per non "farmi mettere i piedi in testa da un uomo come mia madre"? Se si , dove e con chi ho imparato questi metodi?
Posso pensare che una relazione può cambiare? e che se provoca malessere può essere "sostituibile"?
Posso anche avere periodi in cui mi dedico ad altro senza vivere in coppia?
Se si pensa di vivere in una situazione di dipendenza ....
I passi per liberarsi da una relazione di dipendenza
· liberare risorse ritirandole da campi di attività non personali;
· ritirare l'attenzione dall'altro e dalle sue esigenze per soddisfarle e rivolgerla a sé;
· sperimentare altre relazioni ed attività separate dalla persona con la quale si è in rapporto di dipendenza.
Questi passi, che puntano alla modifica della relazione di dipendenza, sono passi graduali che stimolano la persona ad un allargamento della base relazionale che è fondamentale per non vivere la relazione come insostituibile.
In questo modo la persona acquista conoscenza delle reali capacità ma anche delle possibilità di acquisirle da sola o attraverso altre relazioni; ridisegna la propria capacità contrattuale, visualizza le risorse presenti e quelle da acquisire, e soprattutto si pone nella relazione senza l'idea che sia insostituibile.