Rosa, l'insonnia, il mal di testa
D - Prima di venire al Servizio, quale pensava fosse il suo problema?
R - Prima di rivolgermi a questo Servizio ero in cura presso un neurologo dal quale ho avuto delle indicazioni di terapia farmacologica; poi per qualche mese sono stata da uno psichiatra con il quale ho fatto delle sedute di psicoterapia.
D - Da quanto tempo stava male?
R - Ho cominciato a star male quattro o cinque anni fa. Ciò che mi faceva stare male era soprattutto l'insonnia. L'insonnia è iniziata dopo che ho avuto la pleurite. Per un lungo periodo quindi il malessere consisteva solo nell'insonnia e l' ho combattuto con i farmaci. Questo per tre o quattro anni.
Dopo i farmaci hanno cominciato a non avere più l'effetto desiderato ed inoltre sono comparsi altri sintomi. Ho cominciato ad avere il vomito per esempio, mi alzavo la mattina e vomitavo sia che avessi già mangiato sia che fossi a digiuno. Poi avevo una tachicardia pazzesca ho fatto moltissimi elettrocardiogrammi, poi tensione, sudorazione, tremori fortissimi e alla sera ritornavo a casa con un mal di testa fortissimo. Questi disturbi sono diventati per me intollerabili perché non mi permettevano di svolgere il mio lavoro in ospedale. Lo continuavo a fare ma con uno sforzo enorme che mi faceva stare ancora più male.
D - Questi disturbi non hanno determinato l'interruzione di una sua qualche attività?
R - No. continuavo a lavorare. Solo che mi imbottivo di farmaci sia con il neurologo che con lo psichiatra. Prendevo tre tipi di farmaci: ansiolitici, antidepressivi ed ipnotici per l'insonnia
D - Da cosa faceva dipendere questi disturbi?
R - In parte dal tipo di vita, anzi per un periodo di tempo lungo (quello corrispondente alla sola insonnia) solo dal tipo di vita, dal fatto che era molto stressante. Poi in seguito con l'aumentate dei disturbi soprattutto da me e dal fatto che non sapevo cavarmela.
Inizialmente
c'erano i problemi quotidiani, il lavoro in casa
ed il lavoro fuori casa, il figlio piccolo, poi c'era l'insoddisfazione
del rapporto coniugale, la ricerca di altri rapporti; il timore dei giudizi
degli altri soprattutto dei familiari; dopo c'é stato un rapporto con uomo che
mi ha del tutto annullata aumentando i problemi che già avevo in partenza, e c'é
stata soprattutto l'incapacità a tirarmi fuori da sola da questa situazione.
D - Vediamo allora prima questi problemi più
generali, quelli diciamo di sfondo, poi parliamo di questi altri più recenti e
più direttamente collegati al motivo per cui si è rivolta a questo Servizio.
R - I miei problemi iniziano con il matrimonio. Mi
sono sposata a diciannove anni perché aspettavo un figlio. In quel momento non
riuscii a fare la scelta di abortire perché poco prima aveva abortito mia
sorella minore con la conseguenza poi di essere stata malissimo. Così ebbi
paura che mi succedesse la stessa cosa, fui condizionata da questo evento
precedente a non fare la scelta dell'aborto. Questa dopo mi è costata
moltissimo. Ho vissuto male la gravidanza, avevo vergogna di mostrare la pancia
soprattutto ai miei
familiari.
D - Che rapporto aveva con i suoi genitori?
R -Loro mi hanno dato una educazione molto rigorosa,
non solo a me ma anche alle altre due mie sorelle le quali oggi sono ambedue in
terapia. Mio padre ci teneva molto allo studio, e su questo non c'erano problemi
lo facevo volentieri, mi sono anche iscritta a medicina, poi non ho continuato
gli studi per la nascita del figlio.Ambedue poi erano molto repressivi rispetto
al modo di vivere, loro non concepivano che io uscissi la sera, mi volevano
“frenata" e soprattutto non volevano che conducessi la vita secondo i
miei desideri le mie idee, le mie speranze.
D - i modelli e i progetti non coincidevano allora?
R - Loro mi volevano come perfetta donna di casa,
moglie e madre principalmente, poi volevano anche che avessi una indipendenza
economica. I nostri progetti coincidevano solo a metà allora: per
l'indipendenza, lo studio e il lavoro ero d'accordo con loro; non ero d'accordo
sul fatto di essere essenzialmente una buona moglie, una donna sposata senza
altri interessi. In questo ho
cercato di fare a modo mio, senza però grosse soddisfazioni. Per esempio penso
di essermi sposata non tanto perché ero incinta ma soprattutto perché volevo
evadere dalla loro tutela. Poi appena sposata le cose sono peggiorate: mi sono
sentita più sola, piangevo spesso, con mio marito non ho mai avuto una vera
intesa. Quasi subito mi sono sentita trascurata non amata da mio marito che è
un tipo freddo, ancora oggi non l'
ho capito, ed ho avuto delle altre relazioni, sentendomi però in colpa.
D - Poco prima di stare male come si svolgeva la sua
vita, la sua giornata?
R - La mia vita era soprattutto centrata sul lavoro. Avevo lasciato il corso di medicina, con la disapprovazione di mio padre, ed avevo iniziato il corso di crocerossina. Il bambino era intanto cresciuto per cui non mi sentivo in colpa nel lasciarlo.
D - Ci sono stati
scontri con suo padre in questo periodo?
R - No scontri con i miei non ne ho mai avuto. Loro
ci ricattavano con la salute: “Mi fai star male, mi fai venire
l’infarto" dicevano. Noi quindi difficilmente facevamo cose che potessero
dispiacerli. Ancora oggi ci sono difficoltà nel dire e comunicare loro
decisioni su cui sappiamo che sono contrari. All'epoca io mi limitavo a fare le
cose di nascosto, piccole cose, piccoli tentativi senza scuoterli, mai una
reazione decisa.
D
- Questo corso di infermiera corrispondeva ai suoi desideri?
R - In
verità avrei anch'io volato fare medicina. mi piaceva, ma poi la responsabilità
della casa e del figlio me lo hanno impedito. Mio marito non mi ha aiutato in
questo. Il corso di infermiera rappresentava una mediazione con i
miei desideri; d'altra parte volevo lavorare.
D - E come si svolgeva la sua giornata quando si é
rivolta a questo servizio?
R - Sempre una giornata di lavoro; ma intanto il
lavoro ora aumentato. Facevo il lavoro in ospedale e nel privato. Ciò ha
coinciso con l'inizio della relazione con il mio primario Io non so se
volutamente o così per caso mi sono trovata invischiata in una situazione in
cui lavoravo dalla mattina alla sera. Si confondevano i piani dell'amore e del
lavoro: non sapevo se lavoravo per stare con lui, vicina a lui, oppure per un
interesse economico. Questa persona mi aveva completamente plagiata faceva leva
sulle mie debolezze. Mi ha strumentalizzata più di mio marito fino al punto di
annullare qualsiasi mia facoltà. Difatti io era diventata proprio incapace di
intendere e di volere.
D - Inizialmente questo rapporto aveva rappresentato
un momento positivo per la sua
vita?
R - Si, ma è è stata una mia illusione ed è durata
pochissimo. Subito ho cominciato a stare peggio di prima perché ho cominciato a
lavorare anche privatamente per questa persona, per cui sono precipitata.
D - Da cosa faceva dipendere questo “invischiamento”?
R - Essenzialmente da me. Nel senso che non avevo
fiducia e stima in me stessa. Se ne avessi avuta credo che avrei anche trovata
la forza di oppormi alle cose che non mi stavano bene; mi sarei comportata
secondo quello che pensavo.
D - Possiamo analizzare meglio questo rapporto per il
quale stava tanto male?
R - Come stavano le cose tra me e questa persona sono
emerse qui nel rapporto con la dottoressa. E' il problema centrale su cui si é
lavorato, era infatti quello maggiormente implicato nella mia situazione attuale
di malessere.
D -
Questo problema non lo aveva già affrontato con lo psichiatra?
R - Si ma senza risultato. Anzi con Il risultato di
un peggioramento della situazione. Ricordo che lo psichiatra fu costretto ad
aumentare progressivamente le dosi dei farmaci perché stavo peggio.
Perché stavo peggio si è poi capito quando ho iniziato questo rapporto con la
dottoressa. Lo psichiatra mi diceva che io dovevo lasciare quest'uomo dal quale
dipendeva la mia distruzione. Mi diceva anche che fare determinate cose contro
la morale comune aumentava la mia ansia. mi
squilibrava di più sul piano psicologico. Mi chiedeva di interrompere
questo rapporto e siccome non ci riuscivo mi sentivo ancora più incapace.
D - Cosa invece le è stato detto qui come prima cosa?
R - Già al primo colloquio la mia ansia é
diminuita; ricordo infatti che la dottoressa mi disse che il malessere non
dipendeva dal fatto che avevo un altro rapporto extraconiugale, e che poi in
seguito si sarebbe potuto capire quanti e quali rapporti erano per me
vantaggiosi. Mi sentiti subito alleggerita di una responsabilità morale. Ciò
permise poi di analizzare questo rapporto in maniera più produttiva cercando di
capire quali erano le cose che mi stavano bene e quali no.
D - Cosa cambiava durante il rapporto?
R - Il mio atteggiamento verso quest'uomo, meno
subalterno e più contrattuale e poi i sintomi che a poco a poco diminuivano di
intensità. Subito è cambiato il rapporto con i farmaci, abbiamo infatti tolto
gli antidepressivi e gli ipnoinduttori, abbiamo
lasciato l'ansiolitico regolato secondo le mie necessità.
D
- Quali campi sono stati analizzati?
R - soprattutto il campo del lavoro che poi
ricomprendeva anche in questa situazione il campo affettivo. Il lavoro che si é
fatto é stato quello di collegare i sintomi con il ritmo delle mie attività.
Si é così visto che il mal di testa dipendeva dal fatto che stavo una intera
giornata in piedi accanto a quest'uomo che visitava i pazienti.
Lui pretendeva che io portassi in testa la cuffia durante la visita, pretendeva che stessi in piedi, non c'era nel suo studio altra sedia se non la sua e quella del paziente.
Tornavo a casa con i piedi dolenti ed un cerchio alla testa. Il tremore che avevo alle mani durante il lavoro, l'ansia e gli altri sintomi dipendevano dal rapporto strano che lui aveva impostato con me. Sul lavoro dovevo dargli del lei, ufficialmente la relazione non doveva essere nota, ma ufficiosamente lo sapevano tutti Gli altri non si rapportavano con me in quanto ero la “donna del capo”.
Vivevo
rapporti stranissimi con le persone. Poi spesso lui mi trattava male, oppure era
scostante e tutto avveniva sul lavoro. Fuori del lavoro ci si vedeva si e no una
volta al mese.
Venne fuori il carattere dispotico di questa persona soprattutto nel rapporto con i subalterni. Con tutto questo avevo paura di perderlo. Così la dottoressa cominciò a dirmi di distinguere la sfera lavorativa da quella affettiva per uscire dalla situazione di confusione dove stavo.
Era necessario capire quale parte di questo rapporto era un rapporto di lavoro e quanta parte un rapporto sentimentale. In questo modo chi aveva da perdere ero io.
Analizzammo i vantaggi economici che quest'uomo aveva da questo rapporto di totale dedizione, i vantaggi rispetto ai quali il compenso economico che mi dava era poca cosa. Mi sentii mano a mano capace di affrontare la cosa, una volta che i due aspetti erano stati suddivisi: mi dicevo io gli voglio bene, sono legata, non voglio lasciarlo, e allora questo passo non mi sembra giusto farlo; però il lavoro è un'altra cosa se mi fa male stare tanto tempo sul lavoro senza la possibilità di avere spazi miei, senza la possibilità di fare una passeggiata alla luce del sole (uscivo alle sette di mattina e rientravo alle 22), senza la possibilità di coltivare qualche interesse personale, è importante che glielo dica, che riduca il lavoro; poi pensavo che questo non poteva influire sul rapporto sentimentale ed io mi sentivo ancora disponibile a quello.
Dopo
alcuni mesi di queste riflessioni ebbi il coraggio di dirgli che non avevo più
intenzione di lavorare nel privato perché stavo male.
D - E' stata poi meglio?
R - Sì, sono stata molto meglio, anche se questo
tempo libero che avevo non era ancora organizzato. Ma cominciai a fare il
progetto di riprendere gli studi e di iniziare un corso universitario per
psicologia. Fatto poi questo primo passo di spezzare il rapporto lavorativo
privato tutto ne è venuto di conseguenza.
Mi
sono resa conto che il rapporto per quest'uomo era un
rapporto di totale soggezione dell'altro, ai suoi bisogni e non solo a
quelli affettivi. Lui infatti cominciò a dire che le cose erano cambiate, che
lo avevo tradito, che questo voleva dire che non avevo un interesse per lui; in
breve piano, piano smettemmo di vederci fuori del lavoro.
Ne soffrii un poco ma non tanto come avrei pensato in passato.
Soprattutto mi resi conto di come mi aveva strumentalizzata.
A
questo punto c'é stata un'altra decisione importante: l' ho presa in gran
fretta é come se qualcosa fosse scattato in me. Una specie di molla che mi
faceva desiderare un cambiamento più radicale. Dopo ho avuto dei ripensamenti
ma la dottoressa me l' ha sempre molto validata come scelta costruttiva e non
come fuga come ogni tanto pensavo. In effetti questa decisione io l' ho presa
solo dopo aver modificato, e in qualche modo chiuso il rapporto con quest'uomo.
Non era certo una fuga dal rapporto. Questa scelta rappresentava invece il
bisogno di allontanar mi dall'ambiente di lavoro ospedaliero e in particolare
quello napoletano che è molto deteriorato.
Così ho fatto il concorso come capo-infermiera a …. e l' ho vinto
D - Si è quindi trasferita a …..? Ha interrotto il rapporto con il Servizio?
R - Mi sono trasferita ma ho mantenuto per alcuni mesi i contatti.
D - Cosa poi è cambiato nella sua vita?
R - Un pò tutto. Prima di ogni cosa il rapporto con
me stessa. Diciamo che la dottoressa mi ha messo in piedi e che io ora sto
facendo i primi passi. Diciamo poi che questi passi li percepisco come positivi
anche se ho ancora delle incertezze.
Mi sono trovata molto
bene nel nuovo ambiente di lavoro, sono stimata per il lavoro che faccio e
questo mi gratifica molto. Avevo delle paure circa la mia capacità di assumere
un ruolo di responsabilità come quello di capo infermiera e invece ho
verificato di essere all'altezza della situazione. Inoltre adesso ho un'altro
rapporto affettivo con un uomo che non esercita alcun potere su di me, forse
anche un pò troppo dipendente da me, ma un rapporto in cui mi trovo bene e
soprattutto in cui riesco ad esprimere il mio punto di vista su quello che mi va
e quello che non mi va. Con mio marito abbiamo deciso di separarci. Non è una
decisione facile soprattutto perché lui ha scaricato tutte le colpe su di me.
Poi c'é il bambino in mezzo che mi dà qualche preoccupazione.
D - I suoi sintomi sono del tutto passati?
R - Rimane ancora il problema dell'insonnia ma molto
limitatamente. Prendo ancora di tanto in tanto l'ansiolitico. A volte lo prendo
solo per paura di non dormire. Ma anche per questo aspetto sto cercando di
modificarmi
D - Cosa direbbe ad un'amica con i suoi stessi problemi?
R - Le direi di:”non farsi del male”, di non
andare contro se stessa; di riflettere sulle cose prima di farle per capire se
sono quelle che veramente si vogliono o che gli altri vogliono.
D - Cosa si aspettava da questo Servizio?
R - Ma diciamo che ero un pò scettica all'inizio.
Poi si é rivelato per me un Servizio
efficacissimo poi era un Servizio pubblico, se avessi dovuto rivolgermi al
privato probabilmente non me lo sarei potuto permettere.
D - Ci sono delle differenze che ha trovato tra questo
Servizio ed altri?