Modelli culturali e rappresentazioni soggettive della dipendenza:
un
nodo del processo trasformativo nella pratica terapeutica al femminile.
Relazione
al Congresso Nazionale della Società degli Psicologi Italiani
San
Marino, 1991
1. Un tipo di personalità
che si associa alla depressione é caratterizzato dalla necessità di piacere
agli altri e di agire secondo le aspettative altrui... é incapace di entrare in
contatto con se stesso, non ascolta propri desideri, non conosce cosa significhi
essere se stesso, quando ha una sensazione di infelicità, di mancanza di gioia
tende a credere che non sia colpa degli altri"[i]
Queste
considerazioni di Arieti e Bemporad ci introducono nel cuore del problema della
depressione collegata all'identità femminile. I caratteri di personalità
menzionati costituiscono infatti l'ossatura di quella identità che il sociale
attribuisce alla donna. Rileggiamo brevemente i valori femminili
tradizionalmente attribuiti alla donna dall'ideologia dominante: 1. Riferimento
all'uomo per supporto concreto e per statuto sociale; 2. vita attraverso gli
altri e per gli altri; le donne sono incoraggiate a realizzarsi in modo mediato
(principalmente attraverso il marito e i figli); 3. la vita delle donne é
centrata sulla conservazione della vita sia creandola direttamente, sia
simbolicamente prendendosi cura dei malati, anziani, ecc., concretizzando ciò
nei ruoli di madre, insegnante, infermiera, ecc.; 4. proibizione di esprimere ed
affermare se stessa, di essere aggressiva e di cercare posizioni di potere; 5 .
enfasi sulla bellezza fisica come strumento di seduzione e unica attribuzione di
potere sul maschio."[ii]
Salta agli
occhi l'incongruenza delle tesi sulla malattia psichica e sulla depressione
femminile avanzate dalla letteratura scientifica in genere: per esse infatti
determinati caratteri sono al tempo stesso prototipi dell'identità femminile
felicemente realizzata, e forme tipiche presenti nelle situazioni di malessere e
disagio psichico
La comprensione
di questa incongruenza può essere offerta da
una lettura meno miope del problema che consideri almeno l'esistenza di
due possibili identità di riferimento per la donna e che postuli, collegato al
problema dello sviluppo di determinati caratteri dell'identità femminile,
almeno due concetti di dipendenza. La dipendenza infatti può essere assunta
come carattere fondamentale di riferimento rispetto alla molteplicità dei
comportamenti e degli atteggiamenti femminili implicati nel giudizio sociale e
di malattia e di realizzazione felice di una propria identità.
Identità
Abbiamo
postulato, sulla base dei vissuti contraddittori spesso delle donne, e dei
corrispondenti giudizi esterni, due identità: l'una é rappresentata dai
compiti di ruolo e cioé dalle richieste del contesto centrate intorno alla
funzione materna attribuita socialmente alla donna. Questa identità si
configura proprio come un essere ed un agire per altri.
Al
di là di questa identità, o al di sotto, vi é un agire ed un essere che si
sottrae agli imperativi del ruolo: questo agire non codificato né riconosciuto
socialmente né individualmente dalla singola donna, rappresenta una soggettività
potenziale che aspira ad essere riconosciuta, a divenire identità ufficiale non
più fondata sui compiti di ruolo ma sulle esigenze personali.
Esiste oggi
quindi ufficialmente una unica identità quella sociale assunta anche falsamente
dalla donna come identità personale: ufficiosamente é presente invece anche
questo agire espressivo di esigenze personali che non ha valore di identità.
All'esistere di questa identità negata si devono le contraddizioni dei
comportamenti femminili.[iii]
Questa
precisazione sul concetto di identità femminile dal nostro
punto di vista é necessaria perché ci permette meglio di affrontare il
tema specifico della dipendenza in una dimensione storico-relazionale con l'eplicitazione
di più punti di vista, e con il riferimento a una identità femminile non
monolitica né unica né data una volta per sempre in quanto naturalmente
fondata.
Dipendenza
Partiamo
da un significato generale della dipendenza che si riferisce alla relazione tra
individui basata sullo scambio di risorse per raggiungere scopi individuali o
sociali.[iv]
Si tratta di una dipendenza bilaterale che presuppone individui liberi in grado
di scambiare risorse, abilità e capacità personali adatte al reciproco
raggiungimento dei propri fini.
Questo é un
modello positivo di dipendenza su cui si basa la nostra
organizzazione sociale. Questo concetto di dipendenza non contrasta con
il valore dell'autonomia, fondato sulla libertà di scelta, e
sull'autoregolazione. Un modello di autonomia "stile Robinson Crosue"
non é proponibile oggi.
Al contrario vi
è un secondo concetto di dipendenza che contrasta con i
valori dell'autonomia e che é socialmente giudicato negativo. Si tratta
della dipendenza per così dire unilaterale: non ci sono più due
individui reciprocamente interessati allo scambio e in grado di possedere
risorse capacità da scambiare; ma vi é un individuo che mancando
di risorse, capacità, strumenti per soddisfare i propri interessi,
bisogni, scopi
li chiede ad un altro.
Le risorse
possono realmente mancare o l'individuo può credere, o essere stato indotto a
credere, di non possederle; può pensare di non poterle raggiungere da solo; può al contrario avere
delle risorse ma queste possono non
essere considerate idonee allo scambio, possono essere cioé senza alcun valore sociale.
In ogni caso si
configura una relazione asimmetrica che dà luogo ad un rapporto di dipendenza
in cui solo un membro della relazione ha (o sembra di avere) bisogno dell'altro
per soddisfare le proprie esigenze (materiali, psicologiche, sociali).
All'interno di
questo modello ricade la rappresentazione sociale della
dipendenza femminile.
2.
Daremo una breve lettura delle giustificazioni date all'attribuzione del
carattere di dipendenza alla donna e al tempo stesso analizzeremo
i contenuti di essa.
La dipendenza
femminile trova la sua ragion d'essere, secondo le scienze
dominanti, nella serie di mancanze e carenze, tutte biologicamente
fondate.
Queste
carenze riguardano vari piani che di seguito menzioniamo
a.
sul piano fisico, la donna manca della forza necessaria a svolgere compiti
e mansioni più pesanti, é debole fisicamente, si ammala di più, non
sostiene gli stress fisici;
b.
dal punto di vista sessuale, la donna manca dell'organo sessuale per
eccellenza; ciò la rende debole negli impulsi sessuali e nella loro
realizzazione, non conosce l'attività;
c.
intellettualmente é carente, ha poteri di critica e giudizio ridotti, manca di
sufficienti capacità logico-matematiche, o ne possiede in misura minore
rispetto all'uomo; determinate professioni scientifiche non le sono congeniali,
ed infatti le donne si indirizzano preferibilmente verso professioni di aiuto ed
assistenza;
d.
dal punto di vista affettivo la donna invece é considerata in posizione di
vantaggio. Possiede maggiore emotività, capacità di comunicazione, desiderio
di amare e di dare affetto. Ma proprio tanta ricchezza in questo campo e tanta
povertà negli altri la rende adatta al lavoro riproduttivo e al lavoro di cura, come interesse principale se non esclusivo
della sua vita. Inoltre la ricchezza emotiva la costringe ad essere sempre alla
ricerca di oggetti da investire, cui dispensare cure. Anche per questo aspetto
giudicato non di carenza ma di ricchezza la donna é comunque considerata nella
condizione di dipendenza.
e.
dal punto di vista produttivo la donna é carente. Questa carenza non é altro
che la conseguenza delle altre: proprio perché non ha forza fisica, aggressività,
scarsi poteri di critica, bisogno
di dispensare affetto di cui è eccessivamente ricca, non è adatta al lavoro di
mercato con le sue regole e le sue leggi fondate nella
razionalità, competizione, freddezza.
Definita
la donna come carente per molti aspetti , definita cioé come soggetto debole,
sorge la necessità della nomina di un tutore, di qualcuno cioé che in suo nome
e per conto suo, si assuma il compito di integrare e supportare le sue
debolezze. Questo tutore individuato nel soggetto socialmente forte, l'uomo, la
rappresenta nel pubblico e si assume la responsabilità della sua esistenza. Da
queste presunte carenze nasce la necessità per la donna di entrare in un rapporto
tutorio di protezione sociale.
La
rappresentazione sociale della dipendenza femminile sta quindi in questi termini:
esiste ed è "provata scientificamente" una debolezza del soggetto
donna in vari campi del sociale, per questo
esclusivamente la donna va protetta. Inoltre esistendo una sua ricchezza
in campo affettivo va data
alla donna la possibilità di occupare tutto lo spazio della cura data
senza avere assegnati compiti nel sociale: a questo può sempre provvedere la
relazione tutoria con l'uomo e l'assunzione di responsabilità dell'uomo nei
confronti della donna.
Esiste
quindi una dipendenza che attiene il rapporto col sociale nel quale é bene che
la donna sia supportata e che trae la sua necessità da caratteristiche
naturali. A questa rappresentazione sociale corrisponde un vissuto della donna
che è di scarsa autostima in determinati settori, di bisogno di investimento
del privato, di affidamento all'uomo.
Questa
rappresentazione sociale che giustifica il rapporto di dipendenza dall'uomo,
imputandolo alla donna, crea nella donna un complesso bisogno di dipendere dagli
altri anche in condizioni di dimostrato malessere e disagio che va affrontato
rivedendo tutte le falsificazioni operate dall'ideologia corrente.
3.
Dal nostro punto di vista il rapporto tutorio non nasce dalle carenze
prima elencate. Queste non possono essere lette come mancanze naturali e/o
attribuibili alla natura femminile. Alcune di queste affermazioni sulla carenza
delle donne sono false: come l'affermazione della mancanza di forza fisica. La
forza delle donne non é mai stata rappresentata sul piano storico generale ma
le cronache storiche e i documenti storici parlano della presenza massiccia
delle donne in ogni modello di produzione, da quello agricolo a quello
industriale. La inferiorità rispetto al sesso maschile é stata
surrettiziamente creata dall'assunzione del paradigma
"il sesso maschile é più potente". Gli altri aspetti di
inferiorità: il lavoro intellettivo e quello produttivo sono una conseguenza
dell'impiego unilaterale delle capacità delle donne. Esse, e questo è il dato
di partenza storico-economico, sono state indirizzate socialmente al lavoro
della cura e in questo modo orientate a sviluppare alcune caratteristiche in
misura maggiore di altre. Si pensi solo alla pedagogia e al processo educativo
che investe le donne nell'infanzia e nell'adolescenza e si vedrà subito come ed
in che misura avviene questo indirizzamento. Se quindi la necessità del
rapporto tutorio non nasce da esigenze delle donne (le carenze naturali), esso
avrà un ' altra origine. Questa origine la ritroviamo come necessità interna
dell'organizzazione sociale in generale ed in particolare, per la nostra epoca,
come necessità della società industriale. All'epoca della rivoluzione
industriale, quando stava per nascere il
nuovo modo di produzione, l'uomo si ritrovò soggetto libero capace di vendere e
scambiare senza riserva la sua forza-lavoro; la donna no.[v]
La donna si presentava, così come lo era stata in precedenza, vincolata ai
figli, non libera cioé di vendere la propria capacità lavorativa. Ciò invece
di segnare una modifica dell'assetto sociale significò solo una penalizzazione
della donna cui fu assegnato un minor valore economico. Questo minor
valore significò che la donna fu
incapace di provvedere anche solo a se stessa. La risposta sociale ulteriore fu
quella di dichiarare la donna responsabile
di questo minor valore sul mercato (falsificando i dati della realtà
storica) e di approntare un
modello compensatorio delle carenze della condizione femminile attraverso il ricorso al rapporto tutorio.[vi]
In tal modo si otteneva il lavoro gratuito nel privato e un lavoro meno pagato
nel sociale.
Da questa
lettura deriva una diversa articolazione del problema della dipendenza: essendo
stata definita manchevole e priva, di determinato valore, la
donna é stata sottratta al campo del reciproco scambio di risorse e
capacità (dipendenza positiva) e collocata quindi forzosamente nel campo
della dipendenza unilaterale o a senso unico.
La
sua condizione all'interno di questo secondo campo si è dispiegata in due
ambiti di concretizzazione della dipendenza:
a.
il rapporto con i figli;
b.
il rapporto tutorio con l'uomo.
Questi due
ambiti saranno non più considerati come facenti parte di uno
unica realtà e perciò valutati unitariamente. L'ideologia dominante li
vuole uniti perché l'uno fondato nell'altro, noi li vogliamo disuniti perché
non si fondano l'uno sull'altro, ma rappresentano due percorsi diversi della
imposizione e oppressione sociale , ed hanno contenuti ed ambiti diversi.
Il rapporto con
i figli o materno costituisce la dipendenza che chiameremo
di tipo A.
Dipendenza A
Questo
tipo di dipendenza deriva alla donna dalla attribuzione/assunzione dei compiti
di ruolo compresi nel modello materno.
Il carattere di
questa dipendenza non è naturale (fondata cioè nella natura biologica): le
modalità di svolgimento della cura sono un prodotto culturale, non attengono-
infatti all'attività procreatrice.
Essa é rappresentata come naturale in virtù della postulata ricchezza della
donna nel campo affettivo, e della sua supposta carenza negli
altri campi.
In questa
rappresentazione della dipendenza troviamo due elementi costitutivi:
l'attribuzione dei compiti di cura alla sola donna e l' ipertrofia della cura
stessa. Grazie a questi due elementi la donna si trova implicata in una
relazione totalizzante che la danneggia rispetto alle complessive capacità di
sviluppo personale, ma che danneggia - anche se in modo diverso - anche l'altro.[vii]
Questa
relazione, fondata sulla cura dell'altro, che possiamo chiamare anche
"di servizio" comporta due conseguenze: la concentrazione delle
capacità della donna in questo ambito e la secondarizzazione di ogni altra
attività.
All'interno di
queste caratteristiche si evidenzia come modo
d'essere della dipendenza A, 1 'attività. La donna in questo ambito, in
cui concentra capacità e risorse é valida, attiva, autonoma organizzatrice,
ecc. La dipendenza non é infatti dalle risorse e capacità altrui (carattere
socialmente negativo della dipendenza), ma dai bisogni altrui e dalla loro
soddisfazione. Ella in questa relazione mette le sue capacità e le sue risorse
al servizio degli interessi di benessere e di sviluppo altrui, diviene ella
stessa strumento dell'accrescimento delle risorse altrui. La sua inautonomia si
realizza in questo ambito al livello degli scopi: i suoi scopi sono realizzati,
vale a dire ha svolto degnamente le sue prestazioni ed i suoi compiti e può
essere soddisfatta, solo se gli altri
sono stati soddisfatti dalla sua attività. L'unica forma di esposizione al
giudizio altrui, in questo ambito, é mediata dalla espressione di una
soddisfazione o di un piacere altrui la donna é quindi sempre molto attenta
"ad agire secondo le aspettative altrui".
Chiameremo
"B" la dipendenza
che si realizza nel rapporto tutorio con l'uomo.
Dipendenza B.
Abbiamo già
visto anche per il rapporto tutorio come sia postulato un fondamento naturale
(nelle esigenze naturali della donna di essere compensata dall'uomo per le sue
carenze di base, e come tale postulato abbia invece solo un fondamento
storico/economico).
Gli
elementi costitutivi di questa relazione sono:
a.
il disinteresse del tutore alla relazione che non
deve arrecare nessun vantaggio personale ma che ha come unica finalità
la promozione sociale della donna;
b.
la sottomissione e la gratitudine della donna verso il tutore.
Date queste
caratteristiche del rapporto, il modo d'essere di questo tipo di dipendenza é:
la passività. La donna cioé attende passivamente dall'uomo le regole e le
norme per l'agire, si affida a lui nei rapporti con il mondo, cerca il suo
consenso sempre, non prende iniziative, si sottopone costantemente al suo
giudizio.
Rispetto al
fatto che l'uomo svolge questo compito di tutela senza ricavarne alcunché - in
modo gratuito - ella sente di avere un dovere di gratitudine verso lui. La
tutela ha come fine la promozione sociale della donna, la sua realizzazione
sociale: questa per la donna consiste nell'applicazione felice del modello
materno (valido sempre sia nel caso di della casalinga che della emancipata).
L'uomo si propone quindi nel rapporto di tutela come il depositario del modello,
colui che può indicare le strade e le strategie per la sua attuazione.
Questo tipo di
dipendenza si colloca, rispetto alla precedente, al livello delle risorse e
degli strumenti: l'uomo fornisce alla donna queste risorse e capacità di cui
manca ( o si suppone che manchi), consentendole così di realizzare il suo fine
personale che è rappresentato dal raggiungimento della identità femminile
socialmente riconosciuta.
L' esposizione
al giudizio altrui é la regola di questa dipendenza: essa é diretta e avviene
in ogni momento della vita quotidiana della donna quando si dà il caso o la
necessità di prendere decisioni o si danno cambiamenti della routine. Questa
articolazione della dipendenza in varie forse ci permette di cogliere vissuti
contraddittori che noi donne viviamo, e - fatto specifico - di cogliere questi
vissuti con più chiarezza nella relazione terapeutica.
5.
Possiamo così dare una risposta sia alle tesi contraddittorie delle
varie scienze ed ideologie che vogliono la donna sana e malata "nello
stesso tempo e per gli stessi aspetti", sia ai vissuti spesso
apparentemente incongruenti delle donne.
Quando
si parla di autonomia e dipendenza nella vita quotidiana si parla sempre e solo
dell'ambito di applicazione dei compiti del ruolo. Lì solo è possibile parlare
di autonomia o in alternativa di dipendenza; lì solo la donna può essere
attiva, autonoma e capace, con sufficiente autostima.
Il campo della
dipendenza B (rapporto tutorio) non prevede alcuna inclusione dell'autonomia: é
il campo in cui alla donna sono dettate le regole per l'agire nel suo interesse
personale; agire finalistico per la cui realizzazione si suppone che non
abbia capacità e
risorse di autonomia. Quando si parla di autonomia e dipendenza ci si riferisce
quindi ad ambiti diversi della vita e a modalità diverse di dipendenza.
Quando una
donna arriva al nostro Servizio di salute mentale lamenta l'insorgere
di una incapacità e dipendenza dagli altri che prima non esisteva:
"Non riesco più a far niente, non so stare più sola, mi devono
accompagnare, prima facevo tutto e
lo facevo bene, ora non mi sento nessuno, sono l'ultima donna, sono
inutile".
La malattia, la
depressione, il disagio portano alla luce l'incrinatura
dell'autonomia solo all'interno dei compiti di ruolo; il rapporto tutorio
non viene posto in
discussione dalla donna perché in esso la donna non vi legge un cambiamento, un
prima ed un dopo come conseguenza della percezione di malessere. Il rapporto con
l'uomo é vissuto dalla donna, sia prima sia dopo (della malattia), come
rapporto di protezione e affidamento, e tale percezione rimane
spesso al di là delle dimostrazioni più clamorose della sua falsità.
Ci riferiamo qui a molti episodi di violenza fisica e psicologica cui la donna
é soggetta senza una adeguata comprensione del carattere violento ed ingiusto
di determinate azioni. [viii]
Non possiamo in
questa sede approfondire tutte le conseguenze pratiche dell'assunzione di questo
punto di vista indifferenziato che occulta i contenuti della dipendenza, ma alcuni campi li possiamo
sinteticamente indicare riservandoci successivamente di fare un adeguato
approfondimento.
-
La donna ritiene e quindi vive il proprio piacere come conseguenza del
piacere
altrui; in questo senso organizza e struttura la ricerca del piacere.
-
Si rappresenta mentalmente e
quindi vive il rapporto con l'uomo come rapporto
positivo di promozione personale. Nella vita quotidiana, se l'esperienza
le sconfermerà questa credenza, tenderà a cambiare l'uomo (sia di fatto,
trovandone un altro, sia cercando di trasformare quello che ha), ma mai
il tipo di relazione.
-
La donna si rappresenta e vive come capacità migliori quelle emotive ed
affettive, non valuta, né percepisce coli soddisfacenti altre capacità.
-
Se si sente st1anca tende a vivere il lavoro esterno corse sovraccarico;
non dà valore al senso di
stanchezza se proviene dall'interno del rapporto di cura.
-
Non riconosce un interesse dell'uomo o del contesto nell'attività di
indirizzamento, tende pertanto ad accoglierle come dettate nel proprio
interesse
Queste ed altre
implicazioni possiamo trovare nei vissuti e nelle rappresentazioni soggettive
della dipendenza.
L'aver colto
sia il processo di costruzione storico/sociale della dipendenza femminile,
sia i diversi ambiti
concettuali e pratici di concretizzazione della dipendenza, ci fornisce una
importante chiave di lettura per le diverse forme di disagio che la donna
esprime nel rapporto terapeutico. Disagio che la donna non rappresenta con
sufficiente chiarezza , così com'è intrappolata nelle rappresentazioni
esteriori del suo rapporto con il mondo.
ËËËËËËËË
*
Lo studio sulla dipendenza femminile fa parte della ricerca su: "Stress e
condizione femminile svolta, svolta dalla nostra Unità Operativa di Napoli
nell'ambito del Progetto Finalizzato CNR "Prevenzione e controllo dei
fattori di malattia", Sottoprogetto "Stress".
[i] S.Arieti, J1Bemporad, La depressione grave e lieve, Feltrinelli, Milano 1981, pag. 165. La citazione ha comportato un accorpamento di concetti: gli autori si riferiscono alla condizione del paziente depresso in generale. Nella nota a pié di pagina si legge comunque che le donne con questo tipo di personalità sono più numerose degli uomini.
[ii]
AA.V.V.,. L'intervention Féministe, Editions Saint-Martin, Montreal 1983,
pag.88.
[iii] . E. Reale, Disagio psichico della donna: principi dell'intervento di salute mentale, in Atti del Seminario Internazionale "Identità, genere, differenza',' F. Angeli, Milano 1991.
[iv] R. D 'Amico, Dipendenza e disagio psichico: analisi teorica e spunti per una riflessione, in "Atti del 1° Seminario Internazionale su Il disagio psichico femminile", CNR Roma, 1989.
[v] E. Reale, Il posto della donna nella storia della psichiatria, Devianza ed Emarginazione, Milano, dicembre 1985, pag.78
[vi] nell'attività clinica vi sono abbondanti esempi della "sindrome risarcitoria" che si trova alla base di molte condizioni di malessere e disagio psichico.
[vii] Ci si riferisce a tutto il rapporto "madri-figli", e allo sviluppo delle specifiche patologie da dipendenza.
[viii]
E. Reale, V.Sardelli, La santè mentale des femmes lieé à la violence, in
Actes du Colloque Internationale sur la violence à l' égard des femmes,
Ginevra 1989.