CENTRO PREVENZIONE SALUTE MENTALE DONNA

Responsabile: dott.ssa Elvira Reale

 

pubblicato in:

Sistema Previdenza, anno XIX, N.211,

INPS, 2002

PATOLOGIE E GENERE

Gli studi  e le ricerche su

genere e stress

 

 

 

 

l'importanza degli studi sullo stress

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

variabile di genere nella ricerca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

i nuovi orientamenti

della ricerca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

stress e patologie femminili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

popolazione femminile

nelle ricerche sullo stress

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il ciclo della risposta stress e la condizione femminile:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lo stimolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

la risposta all'eventi: a chi tocca?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

la resistenza, la tolleranza allo sforzo e la fase di esaurimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

stress nella vita quotidiana: analisi delle risposte patologiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

i risultati complessivi dell'indagine

 

 

 

 

 

 

I risultati comuni ai gruppi patologici: l'aumento del fattore lavoro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

i risultati differenziali tra i gruppo rispetto all'analisi degli altri fattori

 

 

 

conclusioni della ricerca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

effetti generali della ricerca e revisione dei modelli di malattia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

valutazioni generali: rischio e prevenzione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli studi sullo stress in medicina aprono la porta alla decifrazione delle risposte patologiche (le malattie) in termini di vita quotidiana e ambiente. Lo stress non è altro che la risposta dell'individuo alla pressione esercitata dall'ambiente (esterno ed interno, fisico e psichico). Lo stress positivo (eustress) si riferisce ad una pressione esterna che richiede attivazione di risorse funzionali alla risoluzione della pressione stessa, lo stress negativo (distress) si riferisce ad una pressione ambientale che eccede sia soggettivamente che oggettivamente (sovraccarico) le capacità di fronteggiamento. Caratteristica del distress è il prolungamento dell'esposizione alla situazione stressante oltre un limite soggettivo ed oggettivo, che si risolve in una rottura dell'equilibrio fisico o psichico (break-down).

Ogni volta quindi che si dà una patologia possiamo richiamarci al concetto di stress negativo. Questo ovviamente è composto di elementi oggettivi: la quantità e la qualità della pressione o dell'evento stressante; ma anche la quantità e la qualità delle risorse individuali; e di elementi soggettivi quali la percezione da parte dell'individuo dalla congruità delle risorse personali, le risorse ad esempio possono essere in possesso dell'individuo che al contrario può percepirne erroneamente l'insufficienza e  ciò richiama nella valutazione dello stress anche il concetto dell'autostima. Altro elemento soggettivo è la corretta percezione dello sforzo necessario al superamento dell'evento stressante e la cognizione importantissima del limite personale: molte volte la mancanza della definizione del limite personale, o la mancanza di un modello adeguato di fatica tollerabile, ( fino a questo punto, e non oltre), comporta il presentarsi del break-down per eccesso di impegno o per "sforamento" di un limite fisiologico o psicologico. Il break-down non si presenta solo e sempre, come si potrebbe pensare, per una carenza o mancanza di risorse interne e ciò induce a valutare  nella situazione di stress anche i modelli sociali che indirizzano le persone (maschi e femmine),  nell'adozione di  comportamenti di ruolo, verso inappropriati "dover essere" o "dover fare".

 

 

Il concetto di stress porta quindi  a ragionare di malattia in termini di eventi di vita, di risposte appropriate o meno, di percezione di risorse e di stili di fronteggiamento dell'evento. Questi concetti costituiscono dinamiche chiavi di lettura e di comprensione di quanto accade ad un individuo; essi possono essere opportunamente adoperati per mettere a fuoco i fattori psico-sociali di rischio e per prevenire le condizioni del break-down.

La medicina negli ultimi anni da parte sua si sta orientando in modo sempre più chiaro verso un miglioramento degli stili di vita, con l'individuazione di quegli stili specifici responsabili di molte patologie. Per tutti questi motivi, che mostrano l'importanza degli studi sullo stress sia nella ricerca della eziologia che in quella degli stili  di vita capaci di agire come prevenzione, è assolutamente necessario  inserire nella ricerca una prospettiva di genere capace di cogliere le condizioni di stress diversificate per i due sessi.

 

Le ricerche sullo stress, al contrario, hanno finora dato poco peso alla variabile di genere. Ciò non è solo fonte di un pregiudizio, o di una mal intesa funzione neutrale della scienza, ma anche conseguenza di un circolo vizioso: gli studi sullo stress sono collegati all'evento più significativo della vita quotidiana e ritenuto di maggior peso: il lavoro produttivo. La minore presenza delle donne in questo spazio o comunque una presenza di minore peso e qualità (lavori di minor valore e responsabilità decisionale, lavori in prevalenza subalterni), ha fatto sì che le donne "naturalmente" non entrassero sulla scena di questo settore della ricerca.

           

 

Tutto ciò fino a quando gruppi di ricercatori e ricercatrici di vari paesi non hanno iniziato ad illuminare il circolo vizioso costituito dall'assioma: stress = lavoro produttivo; lavoro produttivo = prevalenza maschile.

Si è così cominciato a confrontare il lavoro manageriale di donne ed uomini e si è giunti alla individuazione di differenti profili di vulnerabilità allo stress (Davidson et al., 1986).

Si sono messi in discussione i caposaldi della ricerca sullo stress ed in particolare la validità per le donne della correlazione tra comportamento tipo A e determinate patologie. Si è visto che tale correlazione è significativa per le donne che rivestono un ruolo più simile a quello maschile, ma è meno significativa per le donne che rivestono ruoli tradizionalmente femminili (Meininger, Eaker, et al., 1988).

Si sono fornite raccomandazioni per nuove aree di indagine. In particolare questi contributi sottolineano come la ricerca futura debba rivolgersi alle situazioni psicologiche che concernono l'impiego (lavoro svolto per scelta o necessità); alla quantità di esposizione allo stress (lavoro continuo o meno), e a tutta l'area della sovrapposizione tra lavoro familiare e lavoro per il mercato (Haw, 1982).

Tra questi nuovi orientamenti della ricerca segnaliamo il dato nuovo di maggiore importanza: il lavoro familiare, che assume in sè le attività di cura psicologiche e materiali, costituisce il fattore principale di stress per le donne.

Si è cominciato così ad immettere nell'osservazione anche il lavoro familiare e a studiare le caratteristiche di quest'ultimo da solo o associato al lavoro extrafamiliare, in modo da consentire un ampliamento della ricerca funzionale all'apertura del campo di indagine al soggetto donna.

Il lavoro domestico e la casa, che erano stati considerati in precedenza come ambienti non patogeni - là dove le ricerche si erano concentrate sulla vita quotidiana maschile e avevano identificato il luogo di lavoro come principale stressor - sono stati riscoperti come fattori prevalenti di stress per le donne sia casalinghe che lavoratrici.

Il lavoro domestico infatti si compone di compiti e mansioni più difficilmente quantificabili e controllabili: la individuazione dei carichi di lavoro e la legittimazione per la loro autolimitazione è più difficilmente raggiungibile a casa che non nel lavoro esterno.

E' chiaro che la misura in cui un evento è controllabile e prevedibile condiziona, al di là del carico materiale o di responsabilità, il fatto che esso sia stressante o meno. E nel lavoro di cura familiare questa caratteristica è la regola: compiti molto esigenti dal punto di vista psicologico, uniti ad un basso livello di controllo su di loro, creano contemporaneamente proteste, ovvero non gradimento, in chi ne è il destinatario, e frustrazione in chi li eroga e li svolge (Baruch et al., 1987).

Un'altra ricerca che confronta madri lavoratici e non lavoratrici individua misure analoghe di stress familiare: i due gruppi non differiscono in alcuna misura del benessere psicologico; è invece lo stress familiare un significativo predittore del malessere psicologico per i due gruppi (Schwartzberg et al., 1988).

Il lavoro familiare associa spesso queste due caratteristiche: ha come obiettivo il procurare agli altri condizioni di benessere, attraverso atti materiali e psicologici, ma al tempo stesso non è in grado di controllare gli effetti che produce. Quando si parla di lavoro familiare ci si riferisce soprattutto al lavoro connesso con il ruolo materno.

Queste caratteristiche del lavoro familiare fanno sì che esso risulti facilmente associato a malessere psicologico, depressione e bassa autostima: esso grava su tutte le donne sia impiegate che non impiegate, ma l'impiego costituisce, in determinate condizioni, un fattore di " moderazione dell'impatto dello stress familiare" (Schwartzberg et al., 1988).

Anche nell'analisi del lavoro extrafamiliare le ricerche sullo stress cominciano da qualche anno a inserire la nozione di carico di lavoro globale per definire il carico femminile composto di lavoro produttivo e carico familiare (La Rosa et al., 1994). Alla luce di questo nuovo parametro di misura dello stress lavorativo, le donne, finora poco visibili sulla scena delle ricerche sullo stress, balzano in primo piano mostrando sul lavoro maggiore predisposizione a riportare burn-out, e malattie legate allo stress.

Per questi autori, l'analisi dello stress non può prescindere dall'analisi del lavoro familiare che è individuato come principale fattore di stress per il genere femminile.

Nell'ambito del lavoro extrafamiliare, le donne madri, a parità di condizioni lavorative con i maschi, evidenziano maggiore vulnerabilità ai fattori stressanti che si manifestano sul posto di lavoro.

Dai risultati di una ricerca condotta su madri e padri impiegati si evince un'alta vulnerabilità allo stress lavorativo di genitori che lavorano in casa e fuori casa, e questi in prevalenza risultano donne. La fatica del lavoro familiare è risultata fortemente associata ad un decremento del benessere psico-fisico (Googins e Burden, 1987).

L'analisi dell'impatto del lavoro su 992 impiegati postali di cui la metà donne, indica che le donne, pur rispondendo come gli uomini ai lavori stressanti, riferiscono livelli di disagio più alti (Lowe e Northcott, 1988).

Dati sull'impatto dei ruoli familiari sul lavoro extrafamiliare si ritrovano anche nella ricerca su insegnanti maschi e femmine e sulle cause di burn-out. Per gli uomini le cause del burn-out sono rintracciabili nello stress del lavoro, per le donne nello stress determinato dai conflitti di ruolo (Greenglass e Burke, 1988).

Anche la ricerca sulle Donne - quadro in Francia giunge alla individuazione di una maggiore vulnerabilità allo stress lavorativo delle donne con lavoro familiare (Stora, 1985).

Dagli studi esaminati che prendono in considerazione la condizione femminile risulta una sufficiente concordanza nell'affermazione che il lavoro familiare con le sue specifiche caratteristiche si impone come fattore principale di stress per il genere femminile, determinando anche una maggiore vulnerabilità delle donne allo stress che si sviluppa nel lavoro extra-familiare.

Come prima si accennava, non è invece sempre vero il reciproco; ovvero: i carichi di impegno e responsabilità legati al lavoro extra-familiare di una donna, non sempre incrementano il valore stressante del suo lavoro familiare. Anzi, talora, e sotto questo specifico profilo, il lavoro extra-familiare può fungere, in determinate condizioni, addirittura da fattore protettivo rispetto al valore stressante del lavoro familiare. Deve quindi tenersi ben presente che l'effetto stressante di ciascuna delle due diverse tipologie di lavoro non può essere calcolato mediante una semplice sommatoria, ma deve essere analizzato utilizzando più sottili e complesse interazioni dinamiche.

Inoltre lo stress legato al lavoro familiare viene associato prevalentemente a decremento del benessere psico-fisico, a insoddisfazione, bassa autostima e depressione.

 

 

Queste ricerche che focalizzano la differenza tra uomini e donne relativamente agli eventi stressanti e che esplorano il lavoro familiare come potente fattore di stress per le donne, costituiscono comunque una minoranza  e non hanno avuto nè l'effetto di modificare l'approccio medico alle patologie, nè quello di sviluppare nuove vie ed orientamenti alla prevenzione per il sesso femminile. 

Gli studi in campo medico si presentano infatti abitati in massima parte da ricerche sul collegamento tra patologie e stress lavorativo, intendendo per lavoro solo quello produttivo ed extra-familiare, ed ignorando invece tutti i significati dello stress collegabili al lavoro familiare. In questo modo si è definita una solida tradizione di ricerca sul versante delle patologie a maggior impatto tra la popolazione maschile, come le patologie cardiovascolari, ed uno stretto collegamento di queste patologie con il fattore di rischio "lavoro produttivo".

Al contrario le patologie a maggiore diffusione tra la popolazione femminile sono incanalate su binari di ricerca differenziati da quelli maschili e non in collegamento con lo stress lavorativo.

·        La depressione è vista  in collegamento preferenziale  con eventi stressanti di tipo emotivo e con specifiche strutture di personalità. Nella letteratura  scientifica della psichiatria, a partire dall'800, la depressione ed in genere i disturbi psichici nelle donne sono sempre stati visti in stretto collegamento con le vicende biologico-ormonali (menarca, gravidanza e puerperio, menopausa).

Anzi la depressione e gli altri disturbi psichici (ansia, attacchi di panico, anoressia, ecc.) sono da sempre considerati come tipica risposta patologica femminile alle avversità della vita: una risposta cioè di passivizzazione dell'iniziativa, di inermità, di incapacità a reggere gli eventi duri, in definitiva una risposta non collegata con chiari eventi esterni di sovraccarico, pressione e stress, quanto piuttosto a fattori interni di debolezza e fragilità emotiva.

·        Le patologie cardiache sono state valutate soprattutto nel genere maschile e sottovalutate nel genere femminile; la eziologia da stress per la patologia cardio- vascolare è  misconosciuta  nella popolazione femminile. Anche oggi, quando si è esplicitamente riconosciuto il fattore della sottovalutazione di questa patologia tra le donne, si mantiene il riferimento ad eziologie biologiche ed ormonali (la caduta dello scudo protettivo ormonale in menopausa) piuttosto che valutare l'impatto delle variabili psico-sociali come lo stress lavorativo e familiare.

·        Infine anche per i  tumori femminili ha prevalso una linea interpretativa legata più alla biologia ed all'attività riproduttiva che non ad altre cause ambientali e lavorative (anche in un ruolo di concause di pari dignità). Una sola concausa è stata associata alla patologia oncologica ed è la depressione, in quanto produttrice di un atteggiamento di passività ed inermità di fronte all'aggressione della malattia. Questa circolarità di ipotesi eziologiche tra patologia tumorale e depressione costituisce a parer nostro un doppio ostacolo al riconoscimento di fattori di rischio di tipo ambientale per la salute della donna.

Per nessuna di queste patologie si è mai fatto riferimento al carico di lavoro familiare nè al doppio lavoro, nè si sono impostate ricerche che avessero una ipotesi o un obiettivo di tal genere.

La mancanza del riferimento alle condizioni di lavoro nelle donne allontana il sesso femminile dal riconoscimento in ogni sede, da quella medica, a quella legale, a quella lavorativa, del rapporto tra salute e lavoro. In campo medico questo mancato riconoscimento penalizza le donne dal punto di vista del trattamento adeguato e soprattutto della prevenzione; ma anche dal punto di vista legale e lavorativo la donna non vede prendere in adeguata considerazione il nesso tra le sue patologie  e le condizioni di vita ambientali e lavorative.[1]

            Le ragioni di questa insufficiente rappresentazione del mondo femminile negli studi sullo stress  e sul collegamento con le patologie sono essenzialmente legate a tre fattori:

a. l'idea di sforzo, di fatica, di energia umana presente nel concetto di lavoro è collegata alla:

-  centralità del lavoro produttivo;

-  differenziazione tra lavoro produttivo per il mercato, ed il lavoro riproduttivo per la casa;

-  considerazione del lavoro familiare come non  lavoro;

b. la rappresentazione di due tipologie di personalità ben distinte: l'una attiva, aggressiva, competitiva (maschile); l'altra passiva, dipendente (femminile);

c. la differenziazione tra  eventi gravi e  meno gravi, tra eventi riguardanti la vita affettiva e la vita economico/lavorativa.

 

Questi tre fattori incarnano di fatto il pregiudizio che da sempre accompagna l'analisi differenziale delle patologie maschili e femminili.:

-         le patologie maschili sono rappresentate pregiudizialmente in correlazione con lo sforzo, la fatica fisica, il lavoro; con il loro eccesso (lavori manageriali e di responsabilità) o con la loro mancanza (  disoccupazione e mancanza di potere);

-         le patologie femminili sono rappresentate invece come maggiormente correlate con gli stati emotivi, la variabilità dell'umore a sua volta in connessione con il ciclo biologico-ormonale, le vicende affettive e relazionali ( delusioni amorose, perdita di figli, abbandoni affettivi,  ecc.).

Questo pregiudizio che divide il campo di osservazione e della ricerca  ha un effetto di trascinamento anche sulla eziologia complessiva delle stesse patologie: la patologia depressiva, per il fatto di essere più rappresentata ed indagata tra le donne, soffrirà maggiormente per il minor collegamento con il campo del lavoro e dello stress; la patologia cardiovascolare, più rappresentata ed indagata tra gli uomini, è meglio collegata con gli studi sullo stress e con le teorie dell'organizzazione del lavoro.

E sempre per effetto di questo trascinamento, avviene che: se le donne presentano sintomi toracici, saranno meno soggette ad indagini di tipo cardiovascolare ma più facilmente inserite in un contesto valutativo di tipo psichico (ansia, depressione, ecc.); se invece gli uomini   presentano sintomi depressivi saranno con più facilità  inseriti in quadri valutativi che prendono in considerazione la vita lavorativa e lo stress.

Questa divisione aprioristica nel campo di indagine tra ciò che è legato al ruolo femminile e ciò che è legato al ruolo maschile, ha comportato a nostro avviso la parzialità di molti studi, centrati sull'universo maschile, e molte difficoltà nel collocare le patologie femminili a pieno titolo tra le  patologie da stress. 

 

 

Il progetto FATMA, (Prevenzione e Controllo dei Fattori di Malattia, quinquennio 1992-1997) con il suo sottoprogetto Stress, ha aperto le porte in Italia all'inizio degli anni '90, agli studi sul collegamento tra stress, fattori di rischio e patologie ad alto impatto tra la popolazione generale. Il sottoprogetto accoglieva studi trasversali sulle patologie cardiovascolari, sulle patologie psichiche, sulle patologie tumorali. Esso apriva anche la prospettiva, con la nostra Unità Operativa di Napoli, a studi sul collegamento tra lo stress, il lavoro familiare, ed alcune tra le patologie emergenti nella popolazione femminile: depressione psichica, ipertensione arteriosa, carcinoma mammario. 

           

La ricerca sullo stress e vita quotidiana delle donne, condotta dalla nostra Unità Operativa dell'ASL Napoli 1 ha diretto quindi la sua attenzione sulla zona grigia degli studi sullo stress : il lavoro familiare. Il suo scopo era quello di raggiungere anche per le donne l'obiettivo di collegare alcune patologie (in particolare quelle cardiovascolari e depressive) al sovraccarico di impegno e responsabilità, ovvero ad una tipica risposta da break-down in presenza di stressors ambientali e lavorativi precisamente individuabili[2].

Questa ricerca ha dimostrato che se si introducono chiavi di lettura appropriate, si riescono ad individuare anche per la donna gli stressors ambientali e lavorativi in grado di agire nell'insorgenza di alcune patologie  come fattori scatenanti, come co-fattori, od ancora come fattori di vulnerabilità.

 

La ricerca " stress e vita quotidiana della donna " ha portato avanti la riflessione su due versanti:

-         l'affermazione della importanza strategica dell'indagine sullo stress, anche per la donna, per la definizione dei fattori precursori di  malattia, in grado di individuare i percorsi alternativi verso il potenziamento e la promozione della salute;

-         l'ampliamento del campo di indagine tradizionale con la riformulazione e riorganizzazione di ipotesi e strumenti capaci di rilevare le fonti di stress per ambedue i generi, con focalizzazione della condizione femminile, attualmente maggiormente misconosciuta.

Il percorso della ricerca è stato così caratterizzato dalla necessità metodologica di introdurre  nuovi strumenti di indagine, o ampliare quelli già in uso, in modo da riuscire a  rappresentare la complessità del punto di vista di genere costituito da uomini e donne.

Tra questi strumenti  concettuali ed operativi segnaliamo in particolare:

¨      il riferimento prioritario alla condizione "lavoro" anche per la valutazione delle patologie ad ampia diffusione tra la popolazione femminile;

¨      l'ampliamento del concetto "lavoro" come attività complessiva   data dalla visione integrata  del lavoro familiare per la casa, del lavoro produttivo per il mercato, del lavoro di cura per entrambi, casa e mercato.[3]

¨       la revisione delle tipologie di personalità (tipo A e B), con uno spostamento deciso da una concezione bio-psichica di tipo a-storico, ad un'altra storico-sociale che collega i modi di essere (strutture della personalità) all'organizzazione degli stili di risposta personali in rapporto ai modelli di ruolo;

¨      la rivisitazione del concetto di evento stressante alla luce del significato dei "cambiamenti" all'interno delle tappe di vita della donna. Ad esempio la tappa della maternità attraversata dalla così detta depressione post-partum, oggi più che mai al centro dell'osservazione dei mass media, è un evento tipicamente correlabile con l'aumento del carico di lavoro e responsabilità.

 

 

Prima di giungere ai risultati della nostra ricerca , rivediamo in sintesi il ciclo della risposta stress che si sviluppa a partire da un stressor (stimolo stressante).

Gli stressors possono essere di varia natura: frequentemente coincidono con eventi di vita di particolare grado ed intensità che producono cambiamenti significativi (perdite economiche, perdite affettive, abbandoni, cambiamenti di ambiente, ecc.).

La risposta stress è mediata costantemente dalla valutazione cognitiva del significato dello stimolo.

La nostra ricerca prevede quindi l'analisi dettagliata del percorso della risposta di stress nella donna individuando tre campi di indagine: stimolo, risposta, [4].

Nel campo dello stimolo  sono da analizzare gli eventi, i cambiamenti che si verificano nella composizione del carico di lavoro femminile.

Nel campo della risposta sono da prendere in considerazione sia la valutazione soggettiva dell'evento, sia la valutazione delle risorse personali per fronteggiare l'evento, sia i modelli che indicano la doverosità o meno della risposta di fronteggiamento.

Nel campo della resistenza e dell'esaurimento sono analizzate: l'estensione temporale della fase di fronteggiamento dello stimolo (evento), la tolleranza allo sforzo e la caduta  delle barriere protettive, i segnali precursori del break-down.

 

Nella nostra ricerca lo stimolo é considerato come un evento che introduce un cambiamento nel normale corso della vita quotidiana. L'indagine non é diretta all'enucleazione di particolari eventi di vita; l'attenzione si focalizza sul normale corso della quotidianità e su cambiamenti minimali, che riguardano la modifica qualitativa e/o quantitativa del carico di lavoro complessivo della donna.

Secondo molti ricercatori, le donne più degli uomini subiscono nel corso della vita, un maggior numero di eventi che comportano cambiamenti sia fisici che psichici stressanti. Molti di questi cambiamenti, vengono considerati solo nell'aspetto psicologico ed affettivo e non in quello socio-lavorativo.

In particolare, mancano gli strumenti per misurare nella donna le trasformazioni lavorative che si accompagnano ai cambiamenti che riguardano più direttamente la sfera riproduttiva. Questi cambiamenti nella vita riproduttiva della donna difficilmente sono rappresentati come aumento della pressione lavorativa in grado di modificare gli equilibri psichici; al contrario di quanto accade nel lavoro produttivo, dove  i collegamenti tra cambiamenti organizzativo/ambientali, aumento della pressione lavorativa e difficoltà/disturbi psico-fisici sono immediatamente focalizzati.

Se ad esempio, nel reparto di una qualsiasi azienda, si verifica la contrazione del personale per ferie o malattie, immediatamente si potrà pensare ad un aumento del lavoro come causa di stress se il personale residuo darà segni di burn-out.

Facciamo ora un esempio di un evento stressante di tipo neutro che non attiene direttamente al campo del lavoro produttivo nè a quello riproduttivo: il cambiamento di residenza. E' più facile che un tale evento, apparentemente neutro, abbia più probabilità di essere valutato correttamente in un uomo che non in una donna. Pensiamo infatti subito, nel caso di un uomo, all'ipotesi che tale cambio di residenza possa aver coinciso con un allontanamento dal posto di lavoro e quindi possa aver determinato una estensione dei tempi lavorativi ed una contrazione del tempo libero da impegni tali da giustificare una risposta di distress. Per una donna invece diviene più difficile fare quelle operazioni mentali che possono portare a collegare il cambio di residenza con un aumento del carico familiare; occorrerebbe infatti misurare una serie di spostamenti quali quelli: scuola-casa per i bambini; super-mercato- casa per l'approvvigionamento; casa e luoghi di socializzazione per il tempo libero ecc. ,

Le donne quindi incorrono generalmente in più eventi stressanti ed in più campi della vita quotidiana, e questi eventi sono meno facilmente misurabili e collegabili con l'incremento del lavoro e con lo stress lavorativo. Per le donne manca una solida tradizione di analisi del lavoro familiare per poter collegare i cambiamenti tutti, da quelli fisiologici, a quelli sociali, all'aggravio di lavoro (aumento di carichi e di tempi, riduzione dei tempi di riposo, ecc.)  e responsabilità.

In particolare nel confronto tra lavoro familiare e lavoro per il mercato, il lavoro familiare é per la donna, diversamente dall'uomo, quello che é soggetto a maggiori dilatazioni ed ampliamenti: esso si candida quindi a principale fattore di stress per le donne. Il lavoro extra-familiare, può essere a secondo dei casi, un fattore di protezione, se riduce la pressione del lavoro familiare, al contrario se non riduce la pressione del lavoro familiare, ma si somma ad esso, può divenire esso stesso fonte aggiuntiva di stress. Nella generalità dei casi, il lavoro extra-familiare viene "appesantito" dai carichi familiari, o rendendo la donna meno disponibile e meno libera di assumere e sostenere nuove responsabilità in questo campo; oppure rendendo la donna più vulnerabile, perchè già gravata dal carico familiare, allo stress del lavoro esterno.

 

La risposta come reazione emozionale/comportamentale di confronto con lo stimolo, é subordinata alla valutazione dello stimolo e delle risorse in possesso del soggetto.

Le risposte conseguenti si esprimono secondo due polarità: fronteggiamento/evitamento

L'evento contiene una richiesta traducibile in un tot di carico di lavoro o responsabilità, l'onere della  risposta e dell'assunzione del carico  su chi deve ricadere? 

La competenza in genere per tutto quello che riguarda il lavoro di cura sia nelle attività familiari che in quelle extra-familiari (anche il lavoro produttivo si è detto ha quote di lavoro di cura, che sarebbe interessante quantificare e far emergere, perchè anch'esso tende a ricadere nei gruppi misti sulle donne) viene attribuita alle donne dai modelli sociali e di ruolo.

La richiesta di lavoro, implicita o esplicita, che deriva dall'evento, viene assunta con più frequenza dalla donna (invece che dall'uomo) ed inserita nel contesto delle proprie competenze e risorse, inducendo a selezionare così con più frequenza  una risposta di fronteggiamento piuttosto che una di evitamento e fuga.

Hanno un peso rilevante i modelli di ruolo, in particolare quello della maternità che induce più frequentemente la risposta di fronteggiamento ovvero la risposta di assunzione e gestione di nuovi carichi e responsabilità. Questo modello pre-formato agisce in modo da chiudere altre vie valutative anche più aderenti alla propria realtà e al proprio benessere psico-fisico. 

La fase della valutazione, che presiede alla risposta, viene così spesso tagliata via, o non elaborata in modo fattivo secondo un criterio  costo-beneficio  più favorevole dal punto di vita della salute psico-fisica.

Anche la valutazione delle risorse non viene sufficientemente elaborata sotto l'imperativo del "si  deve fare": soprattutto ciò che succede  frequentemente è che le risorse vengano tagliate da altri campi. Succede così che il tempo libero, il riposo, gli interessi personali, la rete relazionale vengano eliminate e sacrificate  all'esigenza di far fronte agli impegni assunti o che si devono assumere.

Il ruolo femminile ed i modelli sociali inducono molto spesso la donna ad una risposta di fronteggiamento "ad ogni costo". Fa parte del modello della maternità il "to cope", il rispondere cioé ai bisogni degli altri facendosene carico in prima persona.

            Si assiste quindi nella donna ad una scelta "vincolata" che spesso preclude l'accesso alla strada della sottrazione e  dell'evitamento del carico o della responsabilità.

            Questo dato  é centrale per comprendere la dinamica della risposta di stress  nelle donne, ed  anche per sconfermare il falso pregiudizio sulla debolezza e  fragilità femminile, sulla mancanza di forza ed energia nella donna.

            Ma é proprio questo esercizio di forza ad oltranza : "faccio io, ci penso io, me ne faccio carico io, ecc." ad avere una prima conseguenza  negativa per la salute: riduce inevitabilmente il campo degli interessi personali auto-riferiti (quelli che costituiscono le risorse, e che sono responsabili del ciclo di auto-riproduzione di energie  psico-fisiche), lo spazio ed il tempo per sé.

 

Questo tipo di risposta pre-formata, costituisce anche quella che crea maggiore tolleranza allo sforzo, prolungando oltre ogni limite la fase della resistenza che è la durata  del concreto dispiego di energie per fronteggiare il nuovo compito fino alla sua risoluzione.

            Nelle risposte ad eventi stressanti da parte delle donne si realizza proprio a causa del modello materno, che impone l'imperativo di perseguire prima e ad oltranza l'obiettivo di benessere altrui, la violazione delle norme di sicurezza personale. La donna tende a bruciare in queste risposte le risorse personali, fa cadere le normali protezioni sociali: in una parola si espone frequentemente ad andare oltre il limite che è costituito dalla salvaguardia dell'interesse personale (i propri spazi ed i tempi di attività autoriferite, per sè e non per altri, il mantenimento di una propria rete sociale e relazionale di scambio, supporto e di riconoscimento reciproco, lo spazio/tempo libero da attività).

            A differenza delle situazioni di stress lavorativo, nel cui ambito i ricercatori hanno mostrato come vi sia la possibilità di individuare i segnali precursori del burn-out, che indicano come l'esposizione per un determinato soggetto stia travalicando un limite soggettivo ed oggettivo; nella esposizione allo stress che riguarda il campo del lavoro di cura, mancano modelli che permettono alla donna, ma non solo a lei, anche ai tecnici, di leggere i segnali precursori del break-down psico-fisico.

Il lavoro familiare non è considerato un lavoro e non è misurato in termini di sforzo fisico o psichico; le attività di cura presenti nel lavoro femminile sono spesso indecifrabili e sembrano attenere ad una naturalità che non produce fatica; in questa condizione lavorativa della donna i segnali di affaticamento e di stress, che pure sono prodotti, non sono riconosciuti e non danno luogo a opportune strategie di modifica.

I tipici segnali di affaticamento e di stress del lavoro familiare e di cura, che nella nostra pratica clinica abbiamo imparato ad individuare sono: la stanchezza, la confusione mentale, la sovrapposizione di idee, le dimenticanze, la difficoltà a staccare il controllo dalle situazioni con pesanti interferenze con il sonno e l'alimentazione (cicli vitali), la meccanizzazione delle operazioni con il distacco emotivo dai compiti, la ripetitività e la ossessività nell'espletamento dei compiti. Questi segnali, in carenza di adeguati modelli di fatica del lavoro materno o di cura, non hanno possibilità di essere interpretati correttamente sul terreno del sovraccarico di lavoro e vanno ad ingrossare il mare magnum dei disturbi psichici, il cui triste primato è tutto sulle spalle delle donne.

I segnali di stress nelle donne sono sottovalutati o misconosciuti, essi in genere non vengono correlati allo sforzo psico-fisico nel corso di una risposta di stress (di fronteggiamento dell'evento stressante) e non producono una sua riduzione. Anche lo sforzo nel lavoro produttivo delle donne, è sottovalutato perchè esso non è letto ed interpretato in connessione con lo sforzo dispiegato contemporaneamente nel lavoro di cura, che viene svolto in parallelo o in sequenza nella casa e per la famiglia, o in quello svolto nella zona sottostante al lavoro produttivo: basti pensare a quante mansioni aggiuntive vengono richieste ad una donna, in genere non richieste ad un uomo, durante lo svolgimento delle mansioni lavorative[5].

In sintesi la fase della resistenza ovvero della risposta all'evento è una fase importante: in essa un errore di valutazione all'atto dell'assunzione del compito può essere opportunamente corretto con un cambiamento di obiettivi e/o di strategia, se si conoscono i segnali di affaticamento prima che avvenga un crollo fisico o psichico.

Nella vita quotidiana femminile non vi è questa conoscenza adeguata: accade spesso che il lavoro familiare e le attività di cura, dispiegate nella famiglia e fuori della famiglia, non siano considerati lavoro e pertanto non siano considerati come aventi un peso in grado di costare fatica fisica e psichica.  Mancando in generale un modello della fatica che riguardi il lavoro familiare e le attività di cura, mancano anche i presupposti perchè essi possano essere riconosciuti agevolmente come causa di disturbi psico-fisici.

 

 

La ricerca sperimentale, svolta nell'ambito del CNR[6],  ha messo a confronto tre delle principali patologie femminili: depressione psichica, carcinoma mammario ed ipertensione arteriosa per evidenziare la presenza o meno di fattori di rischio collegati con l'ambiente e gli stili di vita.

Il campione scelto è stato costituito da:

·        tre gruppi con patologia: 120 donne di età compresa tra i 25 e 54 anni e di omogenea condizione sociale, coniugate con figli, casalinghe e lavoratrici, con depressione psichica, ipertensione arteriosa, carcinoma mammario. Ciascun gruppo è suddiviso in due sottogruppi di patologie omogenee, rispettivamente   di maggiore e minore gravità;

·        un gruppo senza patologia: 40 donne con il medesimo profilo anagrafico e socioculturale dei gruppi con patologia.

L’indagine è  stata condotta attraverso un questionario a risposte chiuse sullo stress (daily life questionnaire). Il questionario indaga sette aree rappresentative delle condizioni di vita della donna e della percezione di sè: carico  di lavoro familiare ed extra-familiare; rete relazionale; interessi personali; progetti personali; percezione di sé; giudizio degli altri; percezione di stanchezza e di ridotta capacità psicofisica.

Il questionario usato segue un  modello  multifattoriale, i risultati sono fondati sull'analisi della varianza (multivariata ed univariata) nei confronti pianificati incrociati tra i vari gruppi.

 

I risultati dell'indagine hanno indicato che vi è una differenza significativa tra i tre gruppi patologici ed il gruppo di controllo rispetto alla composizione dei fattori che indicano diverse modalità di carico di lavoro e di stili di vita. Tutti i gruppi patologici infatti nell'analisi multivariata   si differenziano in modo significativo dal gruppo di controllo (P<0,0000001);

Le analisi poi della varianza univariata hanno messo in evidenza le differenze e le omogeneità tra i tre gruppi rispetto ai singoli fattori. Si sono potuti individuare così differenti profili di rischio dei tre gruppi di donne all'interno della vita quotidiana.

Riassumiamo quindi i risultati del lavoro attraverso la lettura di alcune omogeneità e differenze tra i gruppi,  riscontrate nei vari fattori oggetto dell'indagine.

 

Il fattore di rischio per tutte le patologie è l'aumento di lavoro complessivo: ovvero l'aumento del lavoro familiare ed extra-familiare, unitamente alla riduzione (maggiore o minore a secondo dei gruppi patologici) di supporti, rete amicale, interessi e progetti.

Il carico di lavoro familiare si presenta nei nostri dati con le caratteristiche del cambiamento e in particolare con l'aumento delle mansioni, dei compiti, dei tempi. Il lavoro familiare ha maggiori potenzialità di indurre uno stress patologico: la sua crescita  riguarda tutte le donne sia quelle casalinghe che quelle non casalinghe, esso cresce in maggior misura del carico esterno, e il livello qualitativo si abbassa in modo significativo mostrando un aumento dei valori di: insoddisfazione, percezione di fare cose che non spettano, di essere caricati al di sopra delle proprie possibilità, di essere sacrificati, percezione di colpa ed attribuzione a sé di ogni responsabilità.

 

              Il gruppo più caricato di lavoro familiare è il gruppo depressione, seguito dal gruppo ipertensione ed infine dal gruppo carcinoma.

 

Il carico di lavoro extra-familiare, nel gruppo di donne non casalinghe, cresce anch'esso, ma in misura minore rispetto al  carico familiare.

 

               
              Nel lavoro extra-familiare le donne presentano una crescita significativa , rispetto al gruppo di controllo, soprattutto degli indicatori che segnalano il peggioramento della qualità (mancanza di: soddisfazione, motivazione personale (autoriferita), autonomia decisionale, socializzazione; carenza di riposo; frequenti dimenticanze; conflittualità)

Il gruppo più caricato di lavoro esterno risulta essere il gruppo "ipertensione" per quanto riguarda gli aspetti quantitativi, mentre gli altri gruppi mostrano di soffrire maggiormente per il  peggioramento delle condizioni del lavoro.

Complessivamente si evidenzia  nei gruppi delle donne, con una delle tre patologie, un aumento generale e significativo della pressione lavorativa.

Il lavoro entra così in questa ricerca come potente fattore di stress significativamente collegato all'insorgenza di tutte e tre le patologie indagate. Si conferma anche che  il lavoro esterno non costituisce sempre un fattore di protezione come alcune ricerche sul casalingato sembrano suggerire.

Inoltre in associazione all'aumento del lavoro familiare,  il lavoro esterno diviene per le donne, rispetto ai maschi,  un più potente fattore di rischio per la salute.

 

1.        Il gruppo "ipertensione" mostra, a differenza degli altri una minore riduzione delle attività personali e delle relazioni sociali (campo delle risorse personali). La stima di sè non si riduce in modo significativo.

2.        Il gruppo "depressione" al contrario mostra la più alta e significativa riduzione degli interessi e progetti personali, nonchè della stima di sè

3.        Il gruppo "carcinoma" riduce i progetti e gli interessi personali, la sfera relazionale è limitata alla famiglia, ma mantiene un buon livello di autostima e soprattutto riceve la stima degli altri più degli altri gruppi

 

 

 

-          Le donne sia casalinghe che lavoratrici hanno le medesime probabilità di ammalarsi, il lavoro esterno infatti non svolge una protezione efficace: esso preso singolarmente é minore induttore di stress, ma nel quadro di insieme del lavoro familiare ed extra - familiare che si realizza nella condizione femminile, diviene ulteriore elemento di stress.

-          L'evento esterno determina una necessità di cambiamento e questo evento é più facilmente di carattere familiare che sociale, attiene maggiormente al campo del "lavoro familiare". Gli eventi infatti che danno l'input sono più frequentemente quelli attinenti allo sviluppo del ruolo materno e alle attività di cura (maternità biologica o psicologica: il provvedere agli altri materialmente e psicologicamente, sia figli sia non). L'evento determina un processo a cascata di molteplici cambiamenti che vanno tutti nella direzione del sovraccarico di lavoro, in primis di quello familiare.

-          Il lavoro familiare viaggia sempre a livelli limite, anche nel gruppo sano, facilmente crea situazioni di sovraccarico. Il lavoro familiare é meno riconosciuto come fattore di stress e più difficilmente inserito in ottiche di modifica (alleggerimento); il lavoro extra-familiare é al contrario l'anello debole, storicamente di formazione più recente, meno vissuto come diritto, viene subito percepito e spesso individuato come unico produttore di stress e più facilmente eliminato. Inoltre l'aumento complessivo del carico di lavoro induce altri cambiamenti, valutati come necessari alleggerimenti.

-          In generale, è alleggerita la zona delle risorse personali (interessi, progetti, relazioni amicali). La differenza tra i gruppi comincia da questi fattori: da qui si cominciano ad apprezzare quei comportamenti diversi che indirizzano le donne in percorsi patologici differenti.

Il primo atto del percorso di formazione della risposta di stress coinvolge la maggioranza delle donne: agli eventi di vita, che nell'impianto dinamico, costituiscono l'occasione perché si produca una domanda sociale e familiare di un nuovo carico, fa seguito in genere una risposta di assunzione del carico. Una tale risposta trova il suo fondamento di non rifiutabilità nella "normalità" del lavoro familiare in relazione proprio a tipologia, modalità organizzative, e modelli di riferimento, ecc., che lo definiscono come lavoro non defettibile.

Successivamente, le modifiche che si innestano in riferimento ad altre condizioni della vita quotidiana, tendono a differenziare maggiormente sia gli sviluppi della situazione di stress, sia i comportamenti dei gruppi patologici. E così le relazioni, gli interessi, i progetti, la stima di sé e degli altri svolgono un ruolo di maggiore o minore protezione, di approfondimento o alleggerimento dello stress, di aumento o riduzione delle capacità di lettura del proprio malessere e di intervento sul primo fattore di stress: il carico di lavoro.

La prima distinzione si individua nella diversità di comportamento tra i gruppi a patologia psichica, ed i gruppi a patologia fisica : il mantenimento della buona stima di sé, ed un buon giudizio degli altri sono sicuramente fattori di protezione rispetto al break - down psichico, ma non proteggono da quello fisico.

Questa distinzione tra ciò che é fisico e ciò che é psichico é chiaramente solo metodologica, condividendo noi le posizioni che vedono una interconnessione stretta tra dominio dello psichico e del fisico in quanto tutti e due poggiano sulla struttura unitaria biologica, psicologica e sociale dell'individuo. Quando parliamo della differenza tra psichico e fisico non la valutiamo nell'ambito della eziopatogenesi delle varie patologie, ma nell'ambito degli effetti e dei punti di scarico della tensione bio - psichica e della pressione sociale: il corpo biologico nella ipertensione e nel carcinoma, il corpo psichico nella depressione e nell'ansia.

 

 

 

Da questa diversa e nuova impostazione del campo di ricerca, che non separa pregiudizialmente i contenuti della vita delle persone in base al sesso, ma che è attenta a tenere insieme gli elementi di specificità di ciascuna condizione, si colgono una serie di effetti.

 

Effetto generale: il lavoro entra, come per gli uomini nella valutazione della genesi di importanti patologie, come per gli uomini così per le donne. La condizione lavorativa deve essere analizzata sia  nelle donne con impegni esclusivamente domestici che nelle donne  che lavorano per il mercato. Per le prime è il lavoro familiare che deve essere valutato con gli stessi criteri di un qualsiasi altro lavoro produttivo, per le seconde il lavoro familiare deve essere sommato e visto in connessione con quello esterno. Per entrambe deve essere analizzata poi "l'attitudine alla cura degli altri", come portato del modello appreso della maternità, che è uno specifico "valore aggiunto" nella definizione dello stress femminile.

 

Effetti specifici:

¨      la depressione esce dal campo delle patologie correlate quasi esclusivamente a fattori biologico-riproduttivo ed entra a pieno titolo nel campo delle patologie da stress per il ruolo centrale svolto dalla pressione del carico di lavoro familiare cui si aggiungono elevate quote di insoddisfazione e percezione di sovraccarico, in connessione con altri fattori quali la riduzione delle risorse personali con conseguente abbassamento della stima di sé, e la riduzione di supporti esterni;

¨      anche per il carcinoma, il carico di lavoro svolge un ruolo importante; il lavoro familiare e quello esterno pesano qualitativamente e percettivamente, sono infatti   vissuti come insoddisfacenti, non rispondenti alle motivazioni personali e producono senso di sovraccarico e di fatica. L’associazione con la depressione come principale fattore di rischio è sconfermato: questo gruppo infatti evidenzia la migliore auto-stima ed etero-stima ed ha i maggiori supporti ed aiuti;

¨      l’ipertensione ed i disturbi cardiovascolari insieme si correlano per le donne, così come già emerso per gli uomini, al sovraccarico di lavoro e responsabilità considerato però come qualità di lavoro totale (lavoro familiare + lavoro extra-familiare). Queste patologie escono così dalla generale sottovalutazione in cui erano state relegate per la mancanza di indagini a tutto campo sulla dimensione lavorativa. Questo risultato è importante anche per la valutazione del rischio cardiovascolare in età menopausale: la caduta dello scudo protettivo ormonale nella donna deve indurre i ricercatori ad una maggiore e più attenta valutazione dei fattori di rischio collegati al carico di lavoro familiare ed extra-familiare che possono, in questa fase di minore difesa biologica, svolgere il ruolo di fattori scatenanti.

 

 

La ricerca mostra come i fattori indagati (lavoro familiare ed extra-familiare, interessi e progetti personali, rete relazionale, giudizio degli altri e percezione di sé, stanchezza e sforzo percepito) che rappresentano condizioni di lavoro, tipologie e stili di vita, hanno un rapporto diretto con la formazione delle principali patologie cui sono soggette le donne.

Essi possono quindi assumere il ruolo di “fattori sentinella” ed entrare a far parte di efficaci strategie di prevenzione. Tra essi sottolineiamo l’importanza del lavoro familiare con il suo ruolo di primo fattore di rischio comune a tutte e tre le patologie indagate; tale ruolo finora non è stato mai riconosciuto al lavoro familiare nell’ambito della ricerca sanitaria e non è mai stato correlato positivamente con l’alta frequenza e diffusione delle patologie tra le donne.

Ed ancora, tra queste patologie richiamiamo l’attenzione soprattutto sulla depressione: il campo di ricerca è stato finora “ingombrato” da teorie ed ipotesi che collegavano principalmente la depressione alla biologia e alla specificità del ciclo ormonale. E  proprio ciò ha facilitato il ricorso a trattamenti farmacologici prolungati che hanno fatto delle donne, secondo la stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le più alte consumatrici di psicofarmaci e le più alte  utilizzatrici dei servizi medico-psichiatrici.

Dalla ricerca Stress e vita quotidiana partono i seguenti suggerimenti:

-         una riflessione sulla specifica presenza femminile nell'organizzazione del lavoro, con un'attenzione ad ambiti lavorativi non esplorati prima ( l'attività della cura ed il punto di vista integrato sulla connessione tra lavoro familiare ed extra-familiare);

-          lo sviluppo di appropriate linee guida su una prevenzione a misura di donna  che costituiscano da un lato preziose informazioni per le donne stesse, dall’altro lato elementi formativi per l'organizzazione dei servizi sanitari.

 

 


REFERENZE

 

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Dean K. (1984), “Self – Care: what people do for themselves”, in S. Hatch – I. Kickbush (a cura di) Sel-help in Europe, OMS, Regional Office for Europe, Copenhagen.

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Lowe, G.S.; Northcott, H.C. (1988) The impact of Working Conditions, Social Roles, and Personal Characteristics on Gender Differences in Distress, Journal Work and occupations, Feb. Vol. 15 (1) 55-77.

Meininger, J.C. (1985) The validity of Type A Behavior Scales for Employed Women, Journal Chron Disease, vol. 38, n. 5.

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Reale, E.; Sardelli, V. (1992) Stress e condizione femminile: ampliamenti del campo di ricerca, in La Rosa G. (a cura di) "Stress e Lavoro", Progetto Finalizzato CNR: Prevenzione e Controllo dei Fattori di Malattia (FATMA), Sottoprogetto Stress, Il Mulino, Bologna.

Reale E. et al. (1998) Stress e vita quotidiana della donna: una indagine sperimentale sui rischi di malattia. Progetto Finalizzato CNR: Prevenzione e Controllo dei Fattori di Malattia (FATMA), Sottoprogetto Stress, Roma

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Stora, B. (1987) Le stress des dirigeants en France en 1985. Les Cahiers de Recherche, Chambre de Commerce et d'Industrie de Paris.

 

 

 


 


NOTE

[1] La medicina Legale e delle Assicurazioni dovrebbe essere attraversata dalla riflessione sulle differenze di genere per modificare il suo impianto teorico-pratico ed includere in molte patologie delle donne anche la eziologia lavorativa.

 

[2] I risultati della ricerca sono oggetto di una pubblicazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche: "Stress e vita quotidiana della donna: una indagine sperimentale sui rischi di malattia" C.N.R. Roma 1998. Stralci della ricerca sono stati anche pubblicati sul sito: www.salutementaledonna.it

 

[3] Il lavoro familiare:

è costituito da mansioni, compiti e responsabilità oggettivamente misurabili come funzioni tipi e tempi. Esso ha come fruitori i familiari sia presenti in casa che quelli fuori della casa. Questo lavoro non gode di riconoscimento economico e come tale è svalorizzato.

Il lavoro esterno o extrafamiliare:

è anch'esso costituito da mansioni, compiti e responsabilità misurabili in funzioni, tipi e tempi; esso si svolge fuori dell'ambiente domestico (azienda) , ma anche nella casa (lavoro a domicilio), ed ha come fruitori persone esterne alla famiglia. Esso gode di un riconoscimento economico e sociale.

Il lavoro di cura o meglio attività di cura:

costituisce il risvolto soggettivo delle attività lavorative sia familiari che extra-familiari espletate dalle donne. E' misurabile con l'intensità e la costanza dell'attenzione rivolta agli altri, con l'estensione del farsi carico in prima persona dei bisogni, sia materiali che psicologici e sociali, degli altri. Esso non è riconosciuto e costituisce un "plusvalore" del  lavoro femminile.

 

[4] Secondo Selye (stress fisiologico) lo stress è una risposta dell'organismo ad ogni richiesta operata su di esso. Esso è prodotto da un'ampia gamma di stimoli denominati stressors.

La situazione di stress si sviluppa in 3 fasi: allarme, resistenza, esaurimento. Lo stress non é una condizione patologica dell'organismo: esso produce patologia quando lo stressor é di particolare intensità e dura per periodi sufficientemente lunghi; ciò avviene quando la strada di superamento della situazione è impedita.

Per Lazarus (stress psicologico) la risposta di stress è mediata costantemente da una eccitazione emozionale: questa risposta é attivata solo dalla valutazione cognitiva del significato dello stimolo.

Sul versante sociale si colloca la teoria degli eventi di vita di particolare grado ed intensità che producono cambiamenti significativi (perdite economiche, perdite affettive, abbandoni, cambiamenti di ambiente, ecc.).

Cfr: E. Reale et al. " Stress e condizione femminile: ampliamenti del campo di indagine" in La Rosa G (a cura di ) "Stress e lavoro", Il Mulino, 1992, Bologna.

 

[5] Tra le richieste improprie legate al ruolo vi sono anche quelle sessuali: le molestie sul lavoro costituiscono oggi un tema ancora poco esplorato, che tende ad essere sottovalutato dalle donne stesse.

 

[6] Reale, E. et al. (1998), Stress e vita quotidiana della donna: una indagine sperimentale sui rischi di malattia, Progetto Finalizzato CNR: Prevenzione e Controllo dei Fattori di Malattia (FATMA), Sottoprogetto Stress, Roma.