CENTRO PREVENZIONE SALUTE MENTALE DONNA

Responsabile: dr. Elvira Reale

 

Le Due Dipendenze: Percorsi Storici

Intervento alla tavola rotonda su: “il femminile in psicologia”

Congresso Nazionale Psicologi Italiani, San Marino 1991

 

L'esperienza di lavoro clinico con le donne  ci ha indotto ad una riflessione sull'origine e sul carattere della dipendenza femminile[i].         

Nella relazione presentata, che é agli Atti di questo Convegno, abbiamo messo l'accento su due modi in cui le donne si rappresentano e vivono la dipendenza .  Siamo partite da un concetto generale di dipendenza: la dipendenza cioé come  attribuzione di un carattere consistente nell'essere bisognoso di supporto altrui per realizzare obiettivi personali;  senza che ciò configuri un rapporto di scambio e reciprocità (dipendenza reciproca = fondamento dell'autonomia nella nostra società).         

Questi due modi di viversi e rappresentarsi come dipendenti corrispondono  a due ambiti e a due  tipi di relazioni  della vita quotidiana femminile:         

A. la vita familiare collegata ai rapporti con il materno;         

B. la vita extrafamiliare collegata al rapporto con il mondo esterno e con l'uomo.         

 

Nel primo ambito (area del materno e dei compiti ad esso collegati) la donna si percepisce come competente, con buon livello di capacità e risorse personali, autonoma (nel senso di non aver bisogno di richiedere risorse  altrui). La donna in questo ambito si sente potente e in grado di affrontare ogni situazione; ella però non è consapevole di vivere una particolare situazione di dipendenza: quella situazione che non si manifesta nell'essere  carente di risorse ma nella mancanza di "fini direttamente personali". 

In questo primo ambito la donna esprime un agire che riguarda il conseguimento di finalità di benessere e realizzazione altrui. La sua dipendenza si manifesta allora nell'essere rivolta alla soddisfazione dei bisogni altrui, nell'essere attenta osservatrice dei livelli di gradimento e di benessere degli altri, nell'essere pronta ad accogliere i giudizi degli altri come guida per il proprio agire. I vissuti soggettivi che risaltano in questo ambito sono quelli di autonomia non accompagnati però da un adeguato livello di soddisfazione personale: la donna si percepisce competente ma non trae soddisfazione dalle sue azioni che non sono autofondate.

Nel secondo ambito (rapporto con l'esterno e l'uomo) la donna si percepisce secondo gli schemi più comuni del concetto di dipendenza - come bisognosa di supporto perché non in grado di affrontare con risorse autonome e proprie il mondo esterno il sociale. Qui si vive come inautonoma, incapace, bisognosa di tutela e protezione per raggiungere la realizzazione di fini personali fondati nel sociale. Vi è in questo ambito la rappresentazione di un fine personale (il per sé), a differenza del campo precedente in cui il fine rappresentato era quello altrui; ma mancano le risorse (a differenza dell'altro campo in cui le risorse non mancavano); queste ultime (le risorse) sono raggiungibili, nella rappresentazione sia sociale che soggettiva, solo con la mediazione dell'uomo. L'uomo in questo ambito assume la veste di mezzo indispensabile per il raggiungimento di un fine personale.

I due ambiti ora menzionati sono vissuti dalla donna come non comunicanti tra loro e non capaci di sviluppare un qualche rapporto di scambio. Questa percezione di non commensurabilità è derivata dal sociale che rappresenta un ambito (quello familiare) di scarso valore e l'altro come maggiore valore. Si verifica cosi che, pur essendo gratuiti ambedue "i dare" - quello della  donna nel rapporto di cura, quello dell'uomo nel rapporto di protezione - la donna si percepisce in debito, come colei che dà meno o cose di minor valore, e l'uomo in credito come colui che dà cose di maggior pregio.

A questo svantaggio derivante dalla comparazione e raffronto dei due ambiti se ne aggiunge per la donna un altro: l'autonomia parziale che la donna realizza nel primo ambito (autonomia delle risorse non dei fini) non le consente di rivolgere a suo vantaggio le risorse spese. La donna quindi nel rapporto con l'uomo, privata della ricaduta positiva di risorse personali spese molto spesso ad esclusivo vantaggio dell'altro o degli altri, si percepisce ancor più povera e più deprivata di quello che il sociale (la cultura, i modelli, ecc.) le attribuisce.

Vediamo ora come questa duplicità dei vissuti di dipendenza/autonomia sia presente nel rapporto della donna con la malattia (psichica) ed infine come si strutturi sul piano storico nelle prime fasi dello sviluppo infantile ed adolescenziale.

 

Il rapporto con la malattia

Quando la donna arriva ad un Servizio di salute mentale lamenta la perdita di che capacità ed autonomia, attribuendo la responsabilità di ciò ai sintomi  che impediscono il normale svolgersi delle attività quotidiane. Non si tratta però di una percezione falsa: ma della percezione soggettiva di autonomia inerente il campo delle attività "materne". Ciò vale anche se nella percezione di questa perdita è incluso il campo del lavoro esterno: esso infatti é vissuto come prolungamento del lavoro familiare e come supporto di quello (svolto cioé in relazione alla soddisfazione dei bisogni altrui.

 La percezione della perdita di autonomia non riguarda invece il rapporto con l'uomo ed rapporto diretto con 1'esterno. In questo secondo ambito la donna non sviluppa in genere un vissuto di perdita di autonomia collegato alla malattia: in esso infatti normalmente la donna si vive come bisognosa di supporto ed inautonoma.

 

Le prime fasi dello sviluppo

 Nell'infanzia il binomio autonomia/dipendenza è presente in toto nella pratica della "cura": cura di sè  e cura degli altri.

 Inizialmente è la madre che attende alle funzioni della cura nei confronti dei propri figli sia maschi che femmine. Poi, a secondo dei contesti sociali e culturali, l'attività di cura si differenzia: si osserva così una tendenza nelle madri a rendere le femmine più rapidamente responsabili della "cura di sé" La cura di sé, nei primi anni di vita, implica attività materiali e conoscitive che riguardano il proprio corpo, come il lavarsi,  vestirsi, il mangiare, ecc. e poi attività che riguardano il rapporto del corpo con lo spazio esterno.  Il modello della cura di sé costituisce il primo livello di autonomia accessibile all'essere umano. Attraverso questo agire si costruiscono le prime competenze circa se stessi e il mondo esterno.

Le bambine quindi, avviate con più precocità dei maschi, verso questa prima forma di autonomia personale, mostrano migliori capacità nel coordinamento motorio, nel linguaggio, nel pensiero logico-matematico. Citiamo solo le ricerche che riguardano questo ultimo aspetto: si é visto come le bambine nelle prime classi elementari abbiano un miglior rendimento nell'apprendimento matematica rispetto ai maschi; però si é anche visto che perdono questo vantaggio man mano che progrediscono nell'età (alla fine del I ciclo di scuola).

Noi attribuiamo queste migliori capacità delle femmine proprio all'apprendimento delle attività della cura personale; e consideriamo che i successivi destini delle bambine siano dovuti alla trasformazione di questa fondamentale forma di autonomia in un agire finalizzato alla cura altrui.

Nel racconto della storia infantile delle nostre pazienti ritroviamo puntuale il passaggio, più o meno graduale a secondo dei diversi contesti, da una fase improntata alla cura di sé, ad un'altra fase caratterizzata  dalla cura degli altri. E' la nascita di  un bambino più piccolo, sono le vicende economiche del nucleo, oppure una difficoltà della madre, a costituire una occasione per indirizzare la bambina a  rivolgere le sue competenze, apprese inizialmente per uso personale, verso gli altri.

Questa nuova modalità di agire, caratteristica dell'essere  donna, prende forma in genere nella seconda infanzia, strutturandosi con quelle caratteristiche tipiche dell'età adulta. Il processo di acquisizione di questa modalità d'agire (cura di altri) ha la sua espressione più completa nella tappa adolescenziale e pre-adolescenziale. In questa tappa dello sviluppo sociale e psicologico della bambina si verificano le seguenti situazioni:

-         la bambina ha interiorizzato il modello della cura degli altri ed è chiamata ad una prova generale, si tratta di una forma di vero e proprio apprendistato per i compiti del ruolo femminile che si realizza in questa fase;

-          inizia l'epoca dello sviluppo sessuale che comporta la messa in campo dei divieti e delle proibizioni che investono la bambina - a causa del suo sesso - nel rapporto con il mondo esterno; -

-         la bambina si confronta con i coetanei maschi e li vede liberi dalla cura degli altri (sul piano interno) e senza impedimenti sul piano delle relazioni con l'esterno.

Questi dati della realtà strutturano nella bambina una percezione (non chiaramente definita) di impaccio, impedimento interno che viene vissuta come incapacità personale ad essere come sono al contrario i coetanei maschi. Da questa percezione la bambina ricava il senso generale della propria debolezza collegato all'appartenenza al genere femminile; ricava  inoltre l'indicazione ad appoggiarsi al genere maschile (ai coetanei maschi) perché più capaci di rapporto con il mondo esterno e con il sociale.

In conclusione possiamo dire che la strutturazione delle due forme di dipendenza per la donna  avviene  in epoche diverse  -   la I° nella seconda infanzia, la seconda nella adolescenza - e che ambedue nascono da uno stimolo precoce verso l'autonomia personale (cura di sé)

 

 

* Lo studio sulla dipendenza femminile fa parte della ricerca su: "Stress e condizione femminile svolta, svolta dalla nostra Unità Operativa di Napoli nell'ambito del Progetto Finalizzato CNR "Prevenzione e controllo dei fattori di malattia", Sottoprogetto "Stress".

 



[i] Questa esperienza di lavoro inizia a Napoli nel 1978 presso la USL 39, ed ha portato alla costituzione di un Servizio di salute mentale rivolto esclusivamente all'ascolto dei problemi dell'utenza femminile.