SVILUPPO
A NAPOLI DELL'ESPERIENZA DELLA RETE
CONTRO LA VIOLENZA SESSUALE
La
proposta della casa di accoglienza
.
L'esperienza di questi tre anni di lavoro a Napoli (1998-2001) ha
mostrato come sia necessaria, per far uscire dal silenzio la violenza contro le
donne, una forte azione volta sia a creare quel contesto di rete e di protezione
indispensabile affinchè la donna esprima il disagio e denunci la violenza, sia a far
emergere nelle istituzioni un tipo di risposta che non penalizzi le donne e non
le ricacci dentro l'isolamento.
Sta emergendo una consapevolezza comune che la violenza contro le donne
porti con sè anche la violenza contro i minori; infatti sta venendo fuori in
vari contesti scientifici ed istituzionali che la violenza contro le donne
è il primo fattore di rischio per lo sviluppo della violenza contro i
minori.
Alla
fine quindi una politica di contrasto della violenza contro le donne risulta
altamente efficace anche per la prevenzione della violenza contro i minori.
Il Rapporto ISTAT e le ricerche svolte in altre città su questo tema
definiscono senza ombra di dubbio come la violenza contro le donne rappresenti
una vera e propria emergenza.
La violenza prevalente ed anche più insidiosa è quella familiare: non
fa rumore, si consuma in silenzio dentro
le mura domestiche e dà alle
donne poche
speranze di risoluzione.
Di questa violenza sono stati definiti i
rischi sulla salute fisica e psichica delle donne, ed anche le
conseguenze sui minori in termini di apprendimento di modelli culturali e
relazionali violenti. (per i
ragazzi) o di riproposizione della soggezione (per le ragazze).
L'attività svolta dal Centro Ascolto a Napoli in questi mesi ha chiarito
che alle donne non serve solo una informazione, ma la donna che subisce violenza
ha bisogno di un aiuto ed un supporto più complessivo che parte dalla
informazione, e va al supporto psicologico e sociale, al tutoraggio nelle fasi
più delicate del rapporto con le istituzioni (in particolare con il tribunale e
le forze della polizia), alla ricollocazione nel suo ambiente sociale o in altro
con una nuova progettualità.
Il circuito perverso in cui le donne più facilmente incorrono nella loro
esperienza di violenza è questo:
la donna vittima, ed in genere vittima di violenze domestiche appare all'esterno
come debole, svuotata di energie, impaurita, priva di progetti alternativi di
vita.
Questo modo di essere, che è sicuramente
effetto della violenza, viene invece letto dalle istituzioni
come incapacità soggettiva, mancanza di volontà ad uscire dalla
violenza, debolezza caratteriale ecc. Queste donne quindi spesso non vengono
supportate con azioni che rimuovano gli effetti della violenza su di loro, ma
giudicate negativamente e penalizzate da decisioni che le privano ulteriormente
di un diritto (ad esempio il diritto alla casa coniugale, all'affido dei figli,
ecc.).
Un contesto così delicato di azione che vede la trasformazione della
donna vittima in "colpevole'
perchè giudicata non all'altezza
della situazione (buona madre, capace di trovarsi lavoro e di mostrarsi
autonoma, ecc.) necessita di un forte supporto istituzionale.
Il supporto istituzionale deve come prima cosa accogliere la donna , ed
individuare questo problema valutando nel giusto modo gli effetti della violenza
e progettando misure adeguate di riparazione del danno, che non
intacchino i suoi diritti come cittadina, donna e madre.
Questo supporto istituzionale, non può essere episodico e parcellizzato
in una serie di interventi separati ma va
fornito con l'organizzazione di un Servizio unitario e centralizzato
che abbia come scopo la
presa in carico dei bisogni complessivi della donna, il supporto allo sviluppo
di un orientamento di "sottrazione"
al contesto violento, e la individuazione di un progetto concreto di
uscita dalla violenza attivando
in un concorso di sinergie tutte le risorse territoriali esistenti.
Questa attività di
supporto, come presa in carico dei problemi complessivi che una donna ha nel
momento in cui si orienta a chiedere un aiuto alla istituzione per uscire dalla
violenza, si configura come una vera e
propria organizzazione di servizio
al cittadino che non può essere occasionale, saltuario
o solo volontario ma deve poter avere quei caratteri essenziali ai
servizi pubblici di continuità, stabilità, autorevolezza.
Questa attività quindi,
dopo una fruttuosa fase sperimentale, deve
necessariamente essere ricollocata
in un progetto di organizzazione di Servizio socio-assistenziale
più ampio, sulla scorta anche delle esperienze effettuate nelle altre
regioni italiane ed europee.
Dall'esperienza di questi mesi in particolare è emersa la necessità
che nel progetto di ampliamento del Centro ascolto sia previsto a breve
termine la organizzazione di una Casa di ospitalità ed accoglienza residenziale
per le situazioni di emergenza.
L'attività di accoglienza residenziale svolta infatti dagli altri Centri
religiosi e laici non è attrezzata sui temi dell'emergenza: molte volte si verifica
che per tempi di attesa burocratici, la donna non
regga l'attesa di una sistemazione, anche provvisoria, e ritorni sui suoi
passi, rientrando frettolosamente in casa, chiudendo il rapporto con
un progetto di cambiamento e negando successivamente l'esistenza di un
problema di violenza con evidenti gravi conseguenze in termini di rischio per la
salute.
Inoltre si è potuto constatare che l'attività di accoglienza alle donne
finora espletata da Centri religiosi e laici prevede una differenziata casistica di donne da assistere
(nubili, con figli minori di una certa età, ecc.) ed una serie di regole
specifiche (ad esempio alcuni Centri non prendono bambini di sesso maschile, non
prendono donne con tre figli, ecc.) che non facilitano l'azione di un raccordo
immediato tra i bisogni della singola donna e le organizzazioni di supporto ed
accoglienza.
Comunque ed in ogni caso
nelle situazioni di accoglienza indicate non
è mai prevista l'accoglienza per la donna singola maltrattata quando
non sia accompagnata da figli o da figli minori.
La nostra esperienza svolta all'interno del Comune di Napoli ha chiarito
come vi sia carenza di una legislazione
in materia di assistenza alle donne vittime di violenza1:
le politiche di tutela della famiglia hanno finora privilegiato
i minori dimenticando spesso che la violenza contro le madri da un lato
veicola anche la violenza contro i minori, dall'altro può essere spia indiretta
di quella nei confronti dei minori.
L'attività di accoglienza va quindi ricollocata in un quadro
istituzionale diverso:
-
sia lavorando per
l'ampliamento e l'integrazione delle
prassi dei numerosi Centri che accolgono donne (su indicazione del Tribunale dei
minori e su supporto economico dei Comuni) con la stesura di un protocollo di
intesa su iniziativa del Comune di Napoli insieme eventualmente ad altri Comuni;
-
sia promuovendo al livello regionale una legge che
includa nelle politiche dell'assistenza quella alle donne vittime di
violenza, indipendentemente dalla loro età, e stato civile (nubili o non nubili
secondo il codice assistenziale della provincia, con figli o senza figli secondo
il codice della più recente legge dello stato che è incentrata sull'assistenza
dei minori).
tre tipi di azioni e linee di
programma, individuate durante la fase sperimentale, ci sembrano
indispensabili per dare una risposta efficace al problema della violenza.
1.
Il mantenimento ed il rafforzamento di una operatività in rete tra tutti
i soggetti e le istituzioni che vengono a contatto con i vari aspetti del
problema; si è visto infatti che la rete e la sinergia tra
le istituzioni e il volontariato produce effetti positivi in generale ed
in particolare sul singolo caso,
perchè dà alla donna quella idea concreta di operatività e solidarietà che
le serve per superare diffidenze e paure e per affrontare il contesto di
violenza in cui si trova inserita.
2.
Il mantenimento ed il rafforzamento di un Centro operativo di accoglienza
e ascolto della donna, di
promozione e coordinamento delle varie azioni
che ciascuna istituzione ed associazione deve svolgere per offrire un
contributo adeguato alla soluzione del problema nel singolo caso. Tale Centro
deve essere collocato in una
istituzione fortemente rappresentativa dei bisogni dei cittadini per avere
l'autorità necessaria per colloquiare con le altre istituzioni e svolgere un
adeguato ruolo di stimolo. In questo senso è risultata positiva l'esperienza
del Centro di accoglienza incardinato nelle attività dell'Assessorato alla
Dignità del Comune: essa va soltanto rafforzata nella fase ulteriore.
3.
In particolare è emersa l'esigenza di trovare un alloggio temporaneo
alle donne per le quali si è reso necessario un allontanamento provvisorio dal
contesto familiare di appartenenza Pertanto diventa non più eludibile l'
istituzione di una Casa di accoglienza per donne maltrattate e/o violentate come
supporto al Centro di ascolto antiviolenza del Comune di Napoli. Tale Casa deve
essere una struttura che garantisca una convivenza di tipo familiare e al tempo
stesso il sostegno per l'individuazione ed il superamento delle difficoltà che
hanno determinato la necessità di accoglienza.
CASA DI ACCOGLIENZA PER LE DONNE MALTRATTATE E /O VIOLENTATE
Funzioni principali
La Casa di accoglienza è un luogo di prima ospitalità
e accoglienza residenziale che funziona come struttura intermedia tra la situazione di violenza da
cui proviene la donna (soprattutto in fase di emergenza) e il futuro progetto
che insieme alla donna le operatrici svilupperanno (il rientro a casa a
determinate condizioni di sicurezza; il reperimento di una soluzione abitativa
alternativa).
La Casa ha la funzione di accogliere le donne che,
per il problema presentato, hanno assoluta necessità di allontanarsi dal
domicilio, e impossibilità ad avere un'altra collocazione temporanea.
La casa non ha funzioni di emergenza generale e ad esso non possono
accedervi donne su indicazioni di altre istituzioni per le quali non sia stato
fatto un adeguato filtro e non siano state valutate altre possibilità di
accoglienza.
La Casa risponde alle
necessità delle donne, che sotto l'urgenza degli eventi, non hanno potuto
elaborare una linea di uscita dalla situazione di violenza, e che hanno bisogno
di una pausa di riflessione lontane dai luoghi del conflitto e della violenza.
La Casa di accoglienza
prepara la donna ad una scelta consapevole, e prepara anche le istituzioni che
eventualmente dovranno accoglierla. L'organizzazione
di un percorso di uscita dalla situazione di violenza ha una serie di risvolti che vanno tutti preparati e
che richiedono del tempo: l'avvio di una pratica di separazione, la denuncia,
la richiesta di allontanamento del coniuge violento (il
5 aprile c.a. è stata approvata la nuova legge N. 154 che disciplina
l'allontanamento del coniuge violento), la richiesta di affido dei figli, la richiesta di
alloggio presso una residenza per un periodo, la ricerca di una collocazione dei
figli nel semi-convitto, la ricerca
di una collocazione lavorativa, ecc.
La Casa di accoglienza costituisce quindi un ampliamento dell'intervento
di prima accoglienza; esso svolge
la funzione di punto di appoggio residenziale nel caso che vi sia una difficoltà
alla decodifica immediata del
bisogno della donna ed alla individuazione del percorso di uscita dalla
situazione di disagio.
Spesso infatti le donne presentano quella incertezza tipica di chi per
lungo tempo ha subito violenza: hanno bisogno quindi di capire, informarsi,
avere il tempo per valutare, con il supporto di una operatrice, la propria
situazione e di decidere in quale direzione andare.
1 Segnaliamo a questo proposito l'iniziativa della parlamentare Anna Serafini che ha presentato una proposta di legge sul finanziamento pubblico ai Centri ed alle Case di accoglienza per le donne maltrattate