DELLA VITA QUOTIDIANA E DELLA STORIA PERSONALE
2. Presentazione del protocollo | 3. Uso del protocollo |
1. Presupposti
generali dell'analisi della vita quotidiana
L'analisi
della vita quotidiana è lo strumento capace di mettere in evidenza i contenuti
di oppressione e subordinazione presenti nell'esercizio del ruolo femminile.
L'importanza di cogliere questi aspetti del ruolo sta nel fatto che essi
divengono anche le parti costitutive del processo di ammalamento della donna.
Il
processo di ammalamento ricalca alcuni dei modi di formazione del processo di
strutturazione del ruolo. Questi modi fondamentali sono da rintracciarsi nel
progressivo restringimento degli spazi di espressione personale della donna, a
vantaggio degli spazi di altre figure del contesto. Questo terreno comune ai due
processi fa sì che si possa parlare di un percorso preferenziale della donna
verso la malattia. Il ruolo femminile costituisce cioè un terreno fertile per
la costruzione di quella che abbiamo chiamato "percezione di
malattia".
Come
si realizza allora, nell'ambito della formazione del ruolo femminile, il
restringimento degli spazi di vita personali, e come l'analisi della vita
quotidiana può rendere evidente questo processo?
Gli
aspetti fondamentali di oppressione del ruolo femminile sono da rintracciare nel
rapporto particolare che intercorre tra sessualità e lavoro. Analizzeremo in
breve questo rapporto.
Sessualità
e lavoro nella donna costituiscono due entità funzionalmente connesse. Il
lavoro domestico-familiare, nella sua caratteristica di lavoro socialmente non
riconosciuto, e quella extradomestico come lavoro dipendente e subordinato al
primo, trovano la loro giustificazione sociale nella specifica natura sessuale
della donna (rivolta alla procreazione come sua funzione principale).
Da
ciò discende l'esistenza da un lato di un lavoro radicato nell'affettività: di
un lavoro dipendente dalla condizione sessuale della donna; dall'altro, di una
sessualità che si declina in termini di lavoro concreto [i].
Il
lavoro, radicato nella sensualità ha una configurazione particolare: presenta
rispetto a modi e ritmi una
struttura continua e totalizzante; si esplicita in mansioni specifiche [ii].
Lavoro e funzione naturale costituiscono gli aspetti contigui e spesso fusi e
intercambiati della realtà femminile. Il lavoro per la donna si radica
nell'affettività e come tale è naturalizzato; ed alla sua affettività ovvero
natura - si richiedono implicitamente contenuti di lavoro concreto. Ciò
determina il rimando, il continuo nascondimento dell'uno rispetto all'altro e la
continua denominazione dell'uno per l'altro. Questa ambiguità dei due aspetti
di vita della donna - ambiguità intesa come diversi modi di lettura e codifica
della stessa realtà - è mantenuta in piedi da modelli sociali che tendono a
separare i due aspetti. In questa separazione la funzione naturale, la specifica
condizione sessuale della donna è messa al primo posto come funzione sociale
primaria femminile ma svuotata di ogni significato di lavoro produttivo. Il
lavoro "produttivo esterno", quando si dà, è considerato subordinato
al primo, in quanto non inerente la funzione fondamentale della donna, e in
quanto secondario. La subordinazione del lavoro extrafamiliare è data dalla
limitazione costituita dal carico di lavoro casalingo-familiare, che alla donna
compete in toto od in parte, ma sempre comunque in misura preponderante rispetto
a quanto non accada per gli altri membri del nucleo. Ed è una condizione di
subordinazione che vale anche nel caso in cui non vi sia alcun carico di lavoro
domestico: difatti l'organizzazione sociale del lavoro assume quello femminile
in ogni caso come subordinato perché sempre gravabile dell'altro lavoro (quello
familiare).
Come
conseguenza di tutto ciò si ha che: la funzione naturale (madre) separata e
concepita in termini esclusivamente naturalistici, è funzionale al
nascondimento di una realtà di lavoro concreto e alla giustificazione di un
lavoro esterno svalorizzato. Il lavoro femminile familiare e quello
extrafamiliare, concepiti l'uno come lavoro non produttivo e l'altro come lavoro
produttivo ma subordinato al primo, determinano la svalutazione della donna come soggetto
sociale. Questo tipo di svalutazione della donna nel sociale funziona poi come
aggregazione, da parte della singola donna, di vissuti di subordinazione,
dipendenza e svalutazione.
Questa
particolare composizione delle funzioni di ruolo femminile determina una
confusione degli spazi di vita per sé e di quelli degli altri. Se affettività
e lavoro sono strettamente uniti, come può riuscire la donna con facilità a
distinguere il lavoro che rivolge alla cura degli altri dall'espressione di una
qualsiasi esigenza personale? In questa prospettiva il "per sé" e il
"per altri" sono difficilmente separabili. La conseguenza di ciò è
nel fatto che il lavoro principale della donna è la cura degli altri;
questa cura è presente sia nel lavoro familiare, sia in tutte le attività
esterne di lavoro o anche non di lavoro. La cura degli altri al di fuori
dell'ambiente familiare vuol dire due cose: una prima che, anche quando la donna
si rivolge all'esterno, deve pensare e provvedere alla cura e al benessere dei
componenti del proprio nucleo; una seconda che, quando entra in rapporto con
altre persone nell'ambiente esterno, le è richiesto di sviluppare le stesse
modalità di cura che rivolge ai componenti dell'ambiente familiare. La cura degli altri
inoltre aumenta man mano che con l'età si sviluppano i rapporti sociali ed
affettivi. Se ad esempio per una ragazza adolescente la cura può rivolgersi a
persone limitate del proprio ambiente, per una donna adulta, sposata, con figli,
e che per giunta lavora fuori casa, le attività di cura degli altri dovranno
necessariamente dilatarsi ed espandersi.
La
cura degli altri
che discende dalla funzione naturale primaria della donna (la cura della prole)
prevede nel corso storico della sua espansione il restringimento progressivo
della cura personale (cura
di sé) della donna. Con la cura personale intendiamo le attenzioni
materiali ed affettive che la donna rivolge a se stessa ed ai suoi interessi e
alle sue esigenze.
La
cura di sé
vuol dire anche protezione dei propri spazi di vita, rispetto all'invasività
distruttiva costituita dalle esigenze e dagli interessi altrui. Il massimo della
invasività e del "nascondimento" si osserva quando - come spesso
frequentemente accade - la donna dichiara che il "suo piacere"
consiste esclusivamente nel piacere e nel benessere degli altri.
In
questo quadro, costituito dagli aspetti fondamentali di formazione del ruolo
femminile, si inserisce l'analisi del quotidiano e della storia personale, come
strumento in grado di poter rivelare gli aspetti più oppressivi del ruolo.
L'analisi della vita quotidiana ricostruisce e mette in evidenza i contenuti di
lavoro concreto, i carichi materiali ed affettivi, le responsabilità che la
donna si assume, spesso inconsapevolmente, durante la gestione dei rapporti
affettivi e dei rapporti familiari. Il quotidiano è analizzato sia nella
dimensione attuale che in quella storica.
L'analisi
del quotidiano attuale, ha come presupposto il considerare il lavoro
familiare ed i rapporti familiari come centrali e come prototipi delle altre
attività e degli altri rapporti. Il lavoro familiare con le sue caratteristiche
diviene il riferimento costante nell'analisi di ogni attività femminile. Ciò
permette di far risaltare agli occhi della donna, in ogni situazione, la confusione tra le proprie esigenze e quelle altrui, e di
mettere dei limiti tra ciò che è il proprio interesse personale e quelli che
sono gli interessi del contesto. Questa analisi mira a rintracciare gli aspetti
di lavoro concreto celati dietro le varie funzioni affettive, ed a distinguere
ciò che è fatto per sé da ciò che è fatto per altri; essa viene condotta in
tutti gli ambiti in cui si esprimono le attività della donna.
Dall'analisi
del quotidiano emerge che:
a.
l'attività domestica è un lavoro, ed è un lavoro particolare perché
non consente alla donna spazi
liberi da esso; è quindi totalizzante e come tale non confrontabile con quello
altrui (maschile), e per di più non è retribuito. Il lavoro esterno non esime la donna da
quello domestico-familiare.
b.
Il lavoro esterno si configura come "doppio lavoro" o lavoro in
più, secondario rispetto a quello familiare e svalorizzato sul mercato.
c.
Ogni altra attività esterna alla famiglia, così come ogni altro
rapporto fuori della sfera familiare, si configura come dipendente dalle
esigenze del lavoro familiare e da
questo condizionato nelle sue modalità espressive (di modo, di
tempo, di, luogo, ecc. ). In queste attività comprendiamo quelle che si
svolgono nelle seguenti sfere:
l'attività di studio, rapporti sociali, i rapporti sessuali, le attività di
tempo libero.
L'analisi
del quotidiano storico è localizzata intorno alle tappe di formazione
del ruolo. Queste tappe sono state individuate in rapporto ai momenti evolutivi
dello sviluppo biologico-sessuale della donna. Il riferimento allo sviluppo
biologico non deriva ovviamente da una nostra concezione naturalistica del ruolo
femminile, ma dal fatto che le richieste da parte del contesto, di farsi carico
di determinati compiti ed attività, si organizzano intorno ai parametri
evolutivi dello sviluppo biologico. Man mano che la donna procede attraverso la
maturazione biologica del corpo verso la funzione di madre, ecco che aumentano i
"dover essere" in relazione alla cura e all'accudimento degli altri.
Le tappe così individuate risultano essere degli strumenti di aggregazione dei
dati storici piú significativi del quotidiano di una donna in quanto mettono
l'accento sui momenti centrali e determinanti della pressione delle istituzioni,
prima fra tutte quella familiare, volta a controllare ed eliminare spinte
eversive e deroganti rispetto all'assunzione dei compiti di ruolo. Le tappe
storiche della formazione della funzione sessuale/biologica sono quindi
esaminate nel loro farsi concreto e quotidiano e nel loro costituire un
progressivo restringimento degli spazi di "libero movimento" della
donna.
Esse
sono:
Infanzia - già nell'infanzia comincia l'analisi dei carichi
di lavoro e responsabilità che vanno sotto il nome di "cura degli
altri". Quali sono allora questi carichi, e con che modalità vengono
svolti? Come poi questi carichi limitano la sfera personale delle attività di
studio, di gioco, di rapporti con i coetanei? ecc.? Quali figure del contesto
sono coinvolte in questa limitazione?
Menarca/adolescenza
- l'adolescenza costituisce il momento in cui per la donna si sviluppano i
divieti intorno alla sessualità. Questi divieti trovano una loro
giustificazione nel dover riservare le energie delle donna all'apprendimento di
funzioni e compiti di ruolo. E' questa la fase più tipica dell'addestramento di
ruolo, fase in cui alla ragazza possono essere anche avanzate richieste di
lavori e compiti in sostituzione della madre. La funzione principale della donna
è in questa fase l'apprendimento della funzione materna o della funzione di
cura degli altri. Ogni altra attività, compresa quella sessuale, risulta
chiaramente fuorviante e dispersiva. Anzi si può dire che la libera espressione
della propria esigenza sessuale risulta essere più confliggente di altri tipi
di esigenze con il compito di apprendimento della funzione di cura. In questa
tappa, come nelle altre, si potrà procedere al confronto tra i compiti affidati
alle figure maschili, e i compiti affidati a quelle femminili; con particolare
riguardo alle rispettive restrizioni in campo sessuale. Va da sé cogliere
quindi il nesso esistente tra limitazioni della sfera sessuale e di ogni altra
sfera in cui si coltivino interessi personali, più o meno confliggenti con il
contesto, e ampliamento dei carichi di cura e responsabilità nei confronti di
altri. Infine si cercheranno di cogliere i ruoli che le altre figure del
contesto hanno o hanno avuto nei confronti di questo addestramento della
ragazza, in particolare si analizzerà il ruolo dei genitori.
Maternità/matrimonio
- Siamo qui nella tappa "più calda" della strutturazione del ruolo
femminile. La donna dà qui prova di sé e delle sue capacità di apprendimento
degli imperativi del ruolo; è chiamata alla verifica di quello che sa fare e
del come lo ha imparato. In questa tappa si addensano il maggior numero di
richieste del contesto: si tratta di assumersi, in maniera difficilmente
derogabile, una serie di compiti che riguardano i figli, il marito (o il
partner) , la casa. Si tratta inoltre di assumersi la cura dei figli piccoli che
è una cura ancor più totalizzante di altre (si pensi ad esempio al lavoro
notturno con i bambini piccoli). Ed inoltre, nel caso della donna occupata nel
mercato, a questo lavoro già di sé particolarmente totalizzante va ad
aggiungersi il lavoro esterno. Se spazi personali in
passato erano esistiti anche per la donna, con la maternità questi spazi
subiscono una grave limitazione. Contribuiscono ad aggravare questa limitazione
le regole che riguardano il comportamento della buona madre e della buona
moglie. E' importante allora far venire fuori quali siano queste regole (che
possono essere espresse direttamente o indirettamente), chi le pone, e secondo
quali modelli. Anche in questa tappa vale esplorare il ruolo che hanno le altre
figure: ad esempio quella del partner/marito nei confronti della prole.
Menopausa - Questa tappa è stata considerata come termine
della vita sessuale della donna e come tale anche termine delle sue funzioni di
ruolo. Sia l'una che l'altra di queste affermazioni sono inesatte e veicolo di
pregiudizi sulla donna. La vita procreativa finisce ma non certo quella
sessuale! Ed inoltre i carichi di lavoro legati alla funzione di accudimento
continuano e in certi casi possono
anche essere incrementati. Rimane alla donna il lavoro per la casa, per il
marito e in molti casi il lavoro per le nuove famiglie create dai propri figli,
che si sono (per modo di dire) autonomizzati. Si incrementa in questa tappa la
funzione di cura verso le persone del nucleo ammalate e colpite dagli acciacchi
della vecchiaia. Spesso si aggiunge un nuovo carico per la donna (un carico che
nel nostro lavoro è capitato spesso di dover prendere in considerazione): il ma
rito andato in pensione, che soggiorna in casa tutta la giornata impedendo alla
donna le piccole espressioni della propria libertà di organizzare il lavoro
familiare. In definitiva ogni tappa ha
le sue incombenze e i suoi compiti legati al ruolo della maternità; è pur vero comunque che nell'età in cui la
maternità si sperimenta direttamente la donna si trova a dover fronteggiare
compiti impellenti non sempre sostenibili. Ma bisogna dire che la pratica
appresa a limitare i propri spazi continua a mantenere la sua efficacia anche
quando sarebbe possibile recuperare alcuni di questi spazi. Cosi può succedere che le donne non riescano a
recuperare delle proprie libertà anche quando sono caduti degli impedimenti
oggettivi (ad esempio la crescita dei figli, e la non necessità di occuparsi di
altri bambini).
L'analisi della vita quotidiana è lo strumento che permette
di leggere gli aspetti di oppressione insiti nel ruolo femminile: essa induce la
donna a porre attenzione a fatti concreti come la quantità di lavoro materiale
ed affettivo; induce a fare confronti tra il proprio lavoro, i propri compiti e
quelli altrui, evidenziando differenze nella divisione di compiti quanto meno
ingiustificabili; induce a collegare fatti, compiti ed atteggiamenti propri
sotto il denominatore comune del prendersi cura degli altri per "dover
essere di ruolo"; induce al riconoscimento della restrizione della propria
sfera di attività; ed infine induce al desiderio di cambiamento della propria
situazione di vita. Quando la donna non riesce da sola a leggere gli aspetti di
limitazione personale insiti nel proprio ruolo, considerando questi ultimi dal
punto di vista del contesto, e cioè
come praticabili e legittimi, non si rivolge verso la strada del cambiamento
della propria condizione di vita, ma verso la malattia come dichiarazione della
propria impotenza soggettiva.
Ecco
allora che l'analisi della vita quotidiana, dei fatti specifici attraverso cui
passa la restrizione dei propri spazi di vita, diviene strumento fondamentale
anche dell'analisi della sofferenza sotto la specifica
veste della malattia.
La
successiva domanda che ci porremo, e cui risponderà un successivo strumento di
intervento è: come si costruisce la percezione di malattia, e a partire da
quali fatti, eventi, atteggiamenti della donna e del suo contesto nella vita
quotidiana?
2. Presentazione
del protocollo
Il protocollo costituisce una elaborazione e modifica
della scheda di intervento illustrata nella precedente pubblicazione del CNR
(Progetto finalizzato prevenzione malattie mentali)[iii].
I presupposti concettuali sono comunque i medesimi: si vogliono infatti
determinare le modalità espressivo-restrittive del ruolo femminile nella sua
attualità e nella sua strutturazione storica, a partire dall'infanzia per
giungere alla menopausa attraverso le tappe dell'adolescenza e della maternità.
Le sfere di attività quotidiana da esplorare nelle varie tappe del ruolo
rimangono le stesse: il lavoro familiare, il lavoro extrafamiliare, lo
studio o la formazione, i rapporti sociali, i rapporti sessuali, il tempo
libero, il progetto e gli interessi personali.
Ciò
che cambia è il rapporto tra quotidiano e storia del ruolo: non costituiscono
più parti separate e diverse, ma un unico schema di analisi delle attività
quotidiane diviene lo strumento per esplorare sia il presente che le tappe ed i
periodi passati. Un ulteriore cambiamento è rappresentato dall'attenzione
rivolta agli aspetti del quotidiano che riguardano i
carichi di lavoro e di responsabilità assunti dalla donna e richiesti
dal contesto.
Questa nuova attenzione è determinata dagli ultimi sviluppi della ricerca in
corso: si è infatti rilevato che l'elemento fondamentale della formazione della
percezione di malattia è lo "scontro" tra le richieste del contesto,
volte a far assumere alla donna determinati compiti di ruolo, ed i tentativi
messi in campo dalla donna per sottrarsi ad essi.
Il protocollo è strutturato in sei parti che analizzano sei sfere dell'attività quotidiana:
la 1° parte analizza i contenuti del lavoro
familiare
la 2°, il lavoro extrafamiliare;
la 3°,
le attività di studio e formazione;
la 4°, i rapporti sociali extra-familiari;
la 5°, l'attività sessuale;
la 6°,
il tempo libero o tempo per sé ( interessi e spazi personali).
Ogni parte si articola in tre sezioni (A, B, C) che analizzano, ciascuna
per la propria sfera di competenza, le attività proprie (della donna); le
attività altrui (delle altre figure significative del contesto): le
caratteristiche generali della attività.
Le sezioni A e B di ciascuna parte si suddividono a loro volta in tre
sottosezioni che analizzano, sempre rispetto alla attività di competenza
della loro parte, i carichi di lavoro, le responsabilità e gli
atteggiamenti assunti, richiesti e desiderati sia dalla
donna che dalle altre figure del contesto.
Le
sezioni A e B
prevedono (nella loro articolazione in sottosezioni) il riferimento ad una serie
di ambiti direzionali, che illustrano e definiscono nello specifico la
direzione (il "da chi" e il "verso chi") dei carichi
di lavoro, delle responsabilità e degli atteggiamenti. Gli ambiti
direzionali variano a seconda delle parti e delle sfere di attività
prese in considerazione.
Gli ambiti direzionali delle varie attività espresse
in carichi, responsabilità, ecc., sono definiti secondo otto indici di
rilevazione qualitativa.
Essi
sono: l. tipi; 2. modi; 3. tempi; 4. luoghi; 5. motivi; 6. aspettative; 7.
riconoscimenti; 8. difficoltà.
La
sezione C
non prevede sottosezioni né ambiti direzionali. Essa costituisce una
rilevazione sintetica delle caratteristiche generai delle varie sfere di
attività prese in considerazione. L'analisi generale di queste attività viene
effettuata attraverso tredici indici di rilevazione: 1. tipi; 2. modi; 3. tempi;
4. luoghi; 5. motivi; 6. aspettative; 7. riconoscimenti; 8. difficoltà; 9.
gestione; 10. modello; 11. progetto; 12. ostacoli; 13. eventi di vita.
Il
protocollo serve ad esplorare ed analizzare le attività che una persona svolge
nell'ambito del suo quotidiano. Esso inoltre raccoglie informazioni circa gli
atteggiamenti che la persona assume nei confronti delle attività svolte o da
svolgere, e nei confronti delle altre figure del contesto. Questo strumento deve
poter fornire un quadro generale del tipo di vita che la persona attualmente
conduce e che ha condotto in passato. Pertanto esso è strutturato secondo uno
schema che serve ad analizzare sia il presente che il passato. L'operatore
allora dovrà inizialmente definire l'ambito storico rispetto al quale intende
raccogliere le informazioni (Epoca). La determinazione del periodo, da
analizzare di volta in volta, dipende
essenzialmente dai temi che l'utente porta in discussione. Nella generalità dei
casi si comincia dall'attualità della vita quotidiana per poi ripercorrere a
ritroso tutta la storia. L'analisi del quotidiano attuale comprende il periodo
della malattia ma anche il periodo e la fase antecedente. Questo succede quando
l'inizio della malattia non è molto arretrato nel tempo: in tal caso sia la
malattia che la fase antecedente ricadono in una stessa tappa (adolescenza,
matrimonio, ecc.) Il quotidiano analizzato comprenderà quindi anche il
riferimento alle funzioni interrotte o a quelle modificate. L'interesse
dell'operatore non va però concentrato su questi dati (la cui raccolta spetta
ad altri strumenti: cartella clinica e protocollo di percezione di malattia) ;
ciò che qui interessa è stabilire il tipo di vita (carichi di lavoro,
responsabilità, ecc. ) che la persona conduceva nella tappa di ruolo in
corrispondenza della quale si è poi determinato l'evento malattia.
Successivamente l'operatore passerà ad analizzare le tappe di vita precedenti,
tenendo presente la periodizzazione fornita dallo sviluppo del ruolo. Per ognuna
delle tappe di vita passate userà lo stesso schema del quotidiano attuale. E'
ovvio che il ricordo dei fatti quotidiani che riguardano il passato potrà
essere molto più sfumato, o in alcuni casi tenderà ad essere inesistente. Ciò
vuol dire che la raccolta dei dati del passato avrà tempi più lunghi, e
intervalli nei quali la persona potrà oscillare da un periodo all'altro della
sua vita. L'ordine dei fatti, e la determinazione della loro appartenenza ad un
periodo o all'altro, dovrà essere tenuto o ricordato dall'operatore.
Si potrà verificare inoltre che la persona dia più versioni
della storia del suo quotidiano l'operatore di volta in volta annoterà le varie
versioni date in tempi diversi.
Le diverse "versioni" della propria storia dipendono
dal fatto che la persona, nel corso dell'intervallo modifica il proprio punto di
vista su di sé, sulla malattia e sulla sua vita; ciò comporta come effetto una
reinterpretazione dei fatti e degli accadimenti che vengono visti e presentati
sotto una nuova luce. Sempre per questo motivo possono essere richiamati alla
memoria situazioni, fatti particolari, atteggiamenti che nell'ottica precedente
non trovavano un loro spazio ed una loro giustificazione. Tutto ciò significa
per l'operatore aspettare che l'utente esprima più e più volte la sua storia,
ritornando su periodi già narrati per mettere in luce fatti e atteggiamenti
nuovi. Per ogni tappa di vita, sia attuale che passata, l'operatore deve
concentrare la sua attenzione sui carichi di lavoro e sulle responsabilità che
di volta in volta la donna si assume e il contesto le richiede.
Carichi
di lavoro e responsabilità configurano complessivamente la funzione di cura per
gli altri. Su questa funzione l'operatore deve insistere per mostrare alla donna
il come e il perché si formano determinati vissuti di insufficienza ed
incapacità.
La percezione di incapacità (che come vedremo si lega
strettamente ai vissuti di malattia) nasce proprio nel tentativo di adempiere ai
doveri di accudimento nei confronti di altre persone e nelle eventuali deroghe a
questi doveri. L'operatore inoltre, in ogni sfera di attività del quotidiano,
deve mostrare alla donna, attraverso il confronto tra il suo carico di lavoro e
quello altrui, le differenze tra la sua condizione di vita e quella altrui. Ciò
favorisce da parte della donna una
critica dei modelli e degli stili di comportamento che sono alla base del suo
malessere.
Un
altro confronto che l'operatore deve stimolare è quello tra la disponibilità
della donna a farsi carico di certi compiti, e le richieste del contesto. Spesso
le richieste del contesto si mantengono molto al di sopra di quello che la donna
è disposta a dare relativamente alla sua funzione di cura degli altri. A questo
confronto va aggiunto quello tra ciò che la donna effettivamente svolge e
quello che desidererebbe fare.
L'analisi del desiderio serve ad esplorare quel campo di
esigenze personali che i doveri di ruolo tendono a nascondere. Lo stesso
confronto va operato anche nell'analisi delle attività altrui ciò che qui
interessa far emergere è la differenza di situazione con la donna. Più spesso
gli altri, e in genere le figure maschili del contesto realizzano tra i tre
livelli un maggiore equilibrio. Va fatto notare alla donna come eventualmente
per gli altri (o per alcune altre figure del contesto) non vi siano eccessive
divaricazioni tra ciò che si fa in termini di cura per gli altri, ciò che il
contesto richiede (e per esso i modelli dominanti) e ciò che si desidera fare.
Contestualmente
l'operatore sviluppa l'analisi degli atteggiamenti che la donna assume, che il
contesto le richiede, e che lei desidererebbe assumere.
Nell'analisi
degli atteggiamenti vanno sottolineati gli atteggiamenti di ruolo come ad
esempio: la mancanza di aggressività, la passività, la dipendenza, la
disponibilità (a farsi carico dei problemi altrui), la tendenza a
sottovalutarsi, il bisogno di protezione affettiva, la subordinazione alle
figure maschili, la svalutazione delle altre figure femminili, ecc. Essi vanno
analizzati in ogni sfera del quotidiano e della storia personale nel rapporto
con le figure significative del contesto di vita. Questi atteggiamenti sono
effettivamente rappresentativi delle esigenze espressive della donna? Come si
sono formati? E' stato ad .esempio il contesto, con le sue richieste e le sue
censure a determinare l'assunzione di atteggiamenti di questo tipo? Per
rispondere a questi interrogativi è utile la comparazione degli atteggiamenti
assunti dalla donna nel corso della vita. Si potrà vedere in
questo modo quali sono stati gli atteggiamenti incentivati e quelli
disincentivati dal contesto, e come e perché. Si potranno poi analizzare quegli
atteggiamenti che, considerati antifemminili, incontrano la disapprovazione del
contesto e della donna stessa, e che contribuiscono ad una percezione di sé
come di persona 'diversa o anormale'.
L'operatore
poi procederà all'analisi degli atteggiamenti altrui, mettendo in evidenza come
in altre situazioni determinati atteggiamenti siano favoriti e promossi dal
contesto (ad esempio l'aggressività nei maschi).
Anche per l'analisi degli atteggiamenti si procederà (sia nel caso degli
atteggiamenti della donna che per quelli altrui) al confronto tra atteggiamenti
assunti, richiesti e desiderati.
Un
altro criterio generale da tenere presente nell'uso del protocollo è la
raccolta dei dati disaggregata per sesso. Ciò significa che l'operatore deve
sempre proporre una visione dei problemi e delle situazioni in cui l'operatività
maschile venga ben differenziata da quella femminile. Così ad esempio la coppia
genitoriale sarà suddivisa in padre e madre, il gruppo di fratelli, dei figli,
dei colleghi, degli amici, dei parenti sarà disaggregato in maschi e femmine.
Questo
facilita l'assunzione di un punto di vista sulla realtà che sia maschile o
femminile e che favorisca la donna nella reinterpretazione
di una serie di fatti che hanno contribuito, con la loro oscurità legata ad una
pretesa neutralità sessuale, a provocare vissuti di sofferenza e/o malattia.
Passiamo
ora a considerare i problemi che riguardano la quantità di dati da raccogliere.
Il
protocollo è stato elaborato tenendo presente l'espansione massima della vita
quotidiana di una persona. Si sono quindi considerati sei sfere di attività;
per ogni sfera è stato previsto il riferimento alle figure del contesto più
rappresentative (ambiti direzionali); ed infine in ogni sfera si sono
determinati i compiti e le attività della donna e quelle altrui con il
riferimento a tre piani di indagine (essere, dover essere, desiderio).
Questa
notevole estensione dei dati da raccogliere non costituisce però una regola
rigida. Non sempre infatti l'operatore avrà la necessità o la
possibilità di esaminare ogni cosa. Dall'analisi della situazione
dell'utente l'operatore ricaverà di volta in volta le indicazioni necessarie
per l'uso estensivo o minimale del protocollo. Al minimo potrà utilizzare la
sezione C di ogni sfera di attività (caratteristiche generali dell'attività
presa in considerazione); l'uso di questa sezione potrà fornire un quadro
sintetico della condizione di vita dell'utente. Infine potrà utilizzare solo
alcune sottosezioni, o, fare riferimento solo ad una parte degli ambiti
direzionali. Anche le sei sfere di attività potranno non essere tutte usate:
basti pensare ad esempio ad una
donna che non svolge e che non ha mai svolto
un'attività lavorativa esterna alla casa; così vi potrà essere
qualcuno che non ha rapporti sociali al di fuori della famiglia; ecc.
Per
quanto riguarda le varie epoche da prendere in considerazione,
l'indicazione ottimale è quella dei periodi coincidenti con le tappe di
formazione del ruolo. Ma neanche questa costituisce una regola rigida: si potrà
verificare infatti l'esigenza di dettagliare maggiormente un periodo; così ad
esempio potrà sorgere la necessità di analizzare, all'interno della tappa
della maternità, il periodo di tempo in cui i figli sono piccoli (al di sotto
dei 10-14 anni) distinto dal periodo in cui i figli sono più grandi. Si potrà
dare il caso, al contrario, che non sorga la necessità di analizzare una delle
tappe previste; si pensi al caso di una donna anziana per la quale il periodo
dell'infanzia è troppo distante dalla situazione attuale e la cui analisi a
conti fatti appare poco produttiva.
Inoltre
l'analisi delle varie tappe dipende ovviamente dall'età della persona: in una
persona molto giovane i periodi da analizzare potranno essere più dettagliati;
nelle persone anziane vi sarà l'esigenza di riassumere anche le tappe
principali.
Il
protocollo di analisi della vita quotidiana non è uno strumento di rilevazione
sociologica dei dati di una persona e del suo contesto. Esso, come gli altri
strumenti, va usato nel contesto del rapporto clinico, con l'utente, costituendo
una griglia per la lettura e la sistemazione dei fatti quotidiani. Non si
sovrappone quindi all'esposizione dei fatti che l'utente porta in discussione,
coartandone la spontaneità.
L'operatore
deve imparare a farne uso come strumento di orientamento del proprio intervento
terapeutico. E' consigliabile che l'operatore nel rapporto con l'utente utilizzi
il diario clinico come luogo dove trascrivere, il più fedelmente possibile, i
problemi e i fatti portati in discussione; in un secondo momento organizzerà e
raccoglierà i dati che non sono stati annotati nello spazio previsto dal
protocollo.
Per
una rapida lettura dei dati raccolti l'operatore può organizzare delle griglie
in cui si staglino i momenti salienti sia della storia del ruolo del quotidiano
Le griglie possono risultare utili per una lettura dei dati evolutivi che
riguardano gli aspetti del ruolo e le conseguenti attività del quotidiano. Il
dato evolutivo per eccellenza è la restrizione graduale degli spazi di vita per
sé, a vantaggio degli spazi di vita altrui. Questo dato è valutatile sia sul
piano qualitativo che quantitativo. Sul piano qualitativo si tratta di stabilire
le funzioni e le attività, che la donna svolge in nome di un interesse altrui;
sul piano quantitativo si definiscono i tempi spesi per la cura degli altri
in confronto ai tempi spesi per la cura di sè.
Queste
griglie, o schemi di lettura rapida, potranno essere facilmente approntati
ciascuna per ogni periodo o tappa di vita aggregando le varie sfere di attività
(le sei del protocollo) con i loro ambiti direzionali, valutando per ciascun
ambito la quantità di lavoro svolto per gli altri in contrapposizione al lavoro
svolto per se stessa e per coltivare i propri interessi. Questi schemi servono a
dare una immediata rappresentazione del percorso che la donna ha compiuto nel
corso della sua storia in termini di svalutazione dei propri ambiti di interessi
e attività, e di adesione ad attività ed interessi altrui. Questo tipo di
analisi e valutazione dei fatti del quotidiano serve infatti a determinare i
moventi concreti che inducono la persona e nello specifico la donna ad imboccare
l'altro percorso: quello della malattia.
L'analisi
del quotidiano prevede una esplorazione degli ambiti di attività della donna
che va condotta con il riferimento costante a situazioni di vita concrete.
Nell'ambito
di una metodologia di intervento fondata sugli aspetti concreti della vita di
una persona, l'analisi della vita quotidiana con i riferimenti a carichi di
lavoro precisi, ai rapporti tra le persone considerati dal punto di vista delle
loro differenze di attività e lavoro sociale (differenze di potere sulla scena
sociale), diviene uno strumento fondamentale per la definizione del peso
soggettivo e oggettivo della condizione di vita di una persona e delle sue quote di sofferenza.
L'analisi
della vita quotidiana serve però non solo a determinare il peso storico di una
condizione di vita che ha poi prodotto la condizione di malattia, ma anche a
sciogliere questo peso suddividendolo tra la persona
e le altre figure del contesto che ne appaiono prive.
Ciò significa che un tipo di analisi del genere, che parte dalla
definizione concreta e dal riconoscimento del peso della propria condizione
(soggettiva ed oggettiva) di vita, può giungere ad un cambiamento che sempre in
termini concreti significhi minori quote di svantaggio sociale e personale e
quindi minori quote di sofferenza.
Sintetizziamo qui di seguito i criteri principali di
riferimento della metodologia di
analisi della vita quotidiana:
B. Concretezza
Esprime il riferimento costante a situazioni pratiche nel racconto della storia di vita. Significa il comunicare (da parte dell'utente) e il richiedere (da parte dell'operatore) esempi e riferimenti precisi fino a registrazioni il più dettagliate possibili di situazioni/fatti/rapporti. Il livello della concretezza intende superare le prospettive astratte. L'astrazione infatti favorisce le rappresentazioni dei fatti della realtà corde scollegati, separati ed isolati. Da un processo di astrazione dal quotidiano si forma il "sintomo" e la malattia come ciò che è incomprensibile.
B.
Confronto
b1. Confronto per differenze: tra situazioni di ruolo
femminile e di ruolo maschile (marito - moglie; fratello - sorella). Differenze
di ruolo all'interno di una medesima situazione.
b2. Confronto per omogeneità: con situazioni
analoghe di sofferenza ed oppressione (madre - figlia, amica, ecc.) Questo
confronto tende a creare solidarietà e alleanze tra persone percepite come
antagoniste.
Confronto inoltre tra momenti diversi della propria storia (tappe di ruolo), atti a verificare il passaggio da situazioni di minore a quelle di maggiore sofferenza ed oppressione, o viceversa.
C.
Collegamento
Comporta la connessione degli eventi fra loro, per costruire una continuità di significato tra oppressione (richieste da parte del contesto di adeguarsi a modelli precodificati di ruolo) e modi di espressione soggettiva della sofferenza.
D.
Riconoscimento
Consiste nel cogliere, riconoscendole come "luoghi restrittivi della libera espressione del sè", le tappe significative della formazione del ruolo sociale femminile.
E.
Desiderio
Il livello del desiderio serve a configurare un piano di esigenze sottratte all'immagine del "dover essere". L'espressione e il riconoscimento di alcuni desideri serve ad aprire una contraddizione - che può essere di vario grado - tra l'attualità del propria condizione di vita ed un progetto di vita meno rigidamente contenuto nell'immagine e nei modelli di ruolo finora sperimentati. Questi desideri possono essere riferiti anche al passato: ciò succede quando si verifica che la persona (all'interno dell'ottica della malattia) ha difficoltà nel presente a riconoscere di provare qualche desiderio.
F.
Sperimentazione
Consiste nel prospettare situazioni sperimentali nel quotidiano da cui l'utente ricavi la percezione della possibilità di affermazione di proprie esigenze e di propri diritti. Si prospettano iniziative minimali di affermazione dei propri desideri; iniziative con le quali le utenti possano sperimentare la tollerabilità (per sé) delle reazioni del contesto fino ad allora molto temute
G.
Cambiamento
Si verifica con questo parametro di riferimento quali
possibilità vi siano di cambiare una situazione. Ogni situazione presentata
dall'utente può avere aspetti che possono essere modificati. Si prospettano
possibilità di cambiamento graduali e parziali, in rapporto alla situazione di
partenza. E' possibile cambiare un rapporto, un atteggiamento, un determinato
carico di lavoro personale: quali ostacoli vi sono? Il livello del cambiamento
assume un valore anche esplicativo della reale situazione interna dell'utente, e
soprattutto dà una quadro preciso degli ostacoli interni ed esterni a
modificare una situazione. L'aspetto del cambiamento è l'ultimo criterio di
riferimento della metodologia di intervento sulla vita quotidiana; si può
parlare di cambiamento di alcuni aspetti (o di molti) del quotidiano solo dopo
che la persona ha esplorato, riconosciuto, verificato, che l' attuale equilibrio
di rapporti con il contesto pesa solo o in gran parte su di sé e sulla propria
disponibilità a farsi caricare di responsabilità e di doveri oltre misura.
[i] Per "condizione sessuale e "sessualità" intendiamo qui la funzione naturale della donna (procreazione e cura della prole) legata alla differenza sessuale.
[ii] Diamo uno schema delle principali funzioni e delle corrispondenti mansioni:
FUNZIONE FEMMINILE
MANSIONE
LAVORATIVA
Lavoro sessuale
Riproduzione Lavoro procreativo
Allevamento ai figli
Assistenza e cura del marito
Accudimento familiare Assistenza e cura dei figli
Assistenza degli anziani
Assistenza ai malati
Organizzazione dell'ambiente domestico
Espressività Educazione dei figli
Attività sessuale
Cura estetica-funzionale della casa e dei
Figli
Estetica personale Cura del corpo secondo canoni prevalenti
nel proprio gruppo sociale.
[iii] Cfr. E. Reale e altri: Malattia mentale e ruolo della donna, op. cit., pag. 81 e segg.