CENTRO PREVENZIONE SALUTE MENTALE DONNA

Responsabile: dr. Elvira Reale

 

 

LA PERCEZIONE DI MALATTIA 

 

La malattia prima di essere un dato dell'osservazione clinica  è un processo di cambiamento  della  percezione di sè:

 

da un sè capace e sano ad un sè incapace e malato

 

 

1. Analisi della percezione di malattia

 

Le tappe del  percorso di formazione della percezione di malattia:

percezione di insostenibilità

percezione di immodificabilità

percezione di incapacità

percezione di malattia

2. Il protocollo sulla percezione di malattia:

 

struttura

uso

metodologia

 un  caso clinico

 

3. Il Percorso di ammalamento nella donna

 

il percorso di Gina

il percorso di Katy

 il percorso di Angela

il percorso di Silvia 

 

 

1. Analisi della percezione di malattia.

Presupposti generali di una teoria cognitiva applicata

all'esperienza di disagio psichico nella donna.

 

La malattia, prima di divenire un dato della realtà indipendente da colui che osserva o da colui che la esperisce in prima persona, risulta essere il prodotto congiunto di un giudizio esterno (contesto sociale, familiare) e di un giudizio interno (percezione soggettiva di malattia). Questi giudizi si riferiscono da un lato alla sofferenza sperimentata dal soggetto; dall'altro, ad una serie di suoi comportamenti osservabili dall'esterno. Sia la sofferenza che i comportamenti, nel giudizio di malattia, sono sottratti alla sfera di comprensione degli accadimenti quotidiani e ascritti alla funzionalità fisico-psichica dell'individuo.'

Quando si vuole, come nel nostro intervento, riportare il vissuto di malattia dentro l'ottica di una sofferenza collegata a condizioni di vita quotidiana, risulta necessario rivedere il concetto di malattia in termini di giudizi/percezioni di funzionalità/disfunzionalità relativi a norme di comportamento di ruolo.   

Diviene allora centrale l'analisi dei modi e dei meccanismi di costruzione del giudizio di malattia, così come espresso dal contesto socio familiare ed interiorizzato dall'individuo

  L'analisi della percezione di malattia mette maggiormente a  fuoco il rapporto tra sintomo (espressione tangibile dell'esser malato) e  condizioni di vita.

Essa infatti presuppone che esista un collegamento tra sintomo e condizioni di vita, per cui, ove si generi una situazione di vita insostenibile, questa a sua volta, se non trova la via del cambiamento, si esprime attraverso il sintomo e la malattia.

Ma l'analisi della percezione di malattia non fornisce solo l'idea del collegamento, del rapporto, della relazione: essa individua bensì anche i passaggi, i percorsi di una determinata soggettività umana, che passa, costruendola mentalmente, da una condizione di sofferenza legata a motivi leggibili nel quotidiano ad un altro tipo di sofferenza, la malattia appunto, che non trova più alcun referente nei fatti quotidiani. 

L'ampliamento della nostra ipotesi iniziale sul rapporto tra sintomo e condizioni di vita: da collegamento a costruzione, ha permesso di mantenere costante il punto di riferimento della ricerca e dell'intervento. Questo punto di riferimento é ovviamente la persona sofferente, che si considera malata: la sua esperienza e il racconto di questa esperienza, senza alcun salto interpretativo, costituiscono la guida fondamentale per la ricostruzione d'un punto di vista e quindi di una condizione di vita fuori dell'ottica della malattia.    La riflessione sul passaggio dalla sofferenza, legata alle  condizioni e stili di vita, alla malattia non é più mediata dall'intervento dell'operatore, che presuppone un rapporto tra quelle e questa: la persona sofferente e malata può riscoprire direttamente i passaggi che ha compiuto per collocarsi dall'una. nell'altra posizione cognitivo-esperienziale.  

 


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Le tappe del percorso della formazione di malattia

            Le tappe di questo cammino che ha portato la persona verso una rappresentazione di sé come inaffidabile, incapace, diversa, ecc. sono: l'insostenibilità, l'immodificabilità, l'incapacità.    

L'insostenibilità è data dal peso che grava sulla persona in relazione alle richieste del contesto che si strutturano intorno ai compiti di ruolo.    

L'immodificabilità é costituita dal peso esercitato dai modelli di ruolo; questi, presentandosi alla persona con le ben note caratteristiche di naturalità, legittimità, ecc., tendono a porsi come stabili da sempre e quindi come non modificabili.    

L'incapacità definisce il come la persona vive e rappresenta se stessa: una persona cioé non in grado di svolgere i' giusti compiti che il contesto  le affida o le ha affidato.    

Quando si realizza, in un determinato momento della vita di una persona,  la compresenza di queste tre situazioni e condizioni soggettive che riguardano il modo di percepire se stessi, i carichi di lavoro ed i modelli di  ruolo, essa dà luogo all'esperienza della malattia.    

Si determina cioé nello specifico, una situazione per la quale la donna  percepisce il peso delle sue funzioni, ma considerandole legittime - grazie  ai modelli che le sostengono - non le vede modificabili. Essendo allora preclusa la strada del cambiamento, la donna ricorre alla malattia per due ordini di motivi: 

a.       perché con la malattia può interrompere il flusso di richieste del contesto ed ottenere, come effetto secondario, una riduzione/interruzione delle  mansioni abituali più gravose; 

b.      b. perché la malattia non mette in discussione la legittimità delle richieste del contesto ed i modelli da cui sono sostenute, ma "soltanto" la capacità psico-fisica della donna e il suo buon "funzionamento" personale, trasformando cosi il problema da collettivo e contestuale in individuale.    

Così l'insostenibilità delle condizioni di vita (richieste del contesto  e modelli giustificativi gravosi ed oppressivi) si trasforma, attraverso la  percezione di una propria incapacità ed inadeguatezza, in percezione di una disfunzionalità psico-fisica (la malattia).    

Questi dunque i contenuti fondamentali della percezione di malattia, vediamo ora, in maniera sintetica, il percorso fattuale della donna dalla condizione di insostenibilità a quella di malattia: 

a. la donna si dichiara malata quando comincia a percepire la propria situazione come insostenibile (non ce la faccio più, la mia vita é monotona,    non provo più piacere nelle cose che faccio, ecc.).

b.  La percezione di insostenibilità coincide con un aumento del carico delle funzioni di ruolo (sia lavorative che affettive); questo maggior carico é prevedibile sia nel passaggio da una tappa (di formazione del ruolo) all'altra, sia all'interno di una medesima tappa, per un evento collegabile con l'esercizio delle funzioni di ruolo (ad esempio: una ragazza, nell'adolescenza, può essere gravata di un "peso in più", quale il compito di sostenere - a vario livello - la madre). 

c. La strada della percezione di malattia si apre in contrasto con quella  del cambiamento: la donna non si orienta cioé a valutare come plausibile  l'ipotesi di un mutamento di determinati assetti ed equilibri della propria vita quotidiana.

d. L'idea della non modificabilità delle proprie attività e funzioni di ruolo ha come presupposto l'idea che determinati modelli, quelli propugnati   dal contesto socio-culturale di appartenenza come i più accreditati, siano giusti, adeguati e legittimi.

e. Il processo mentale attraverso cui si forma nella donna l'idea della    giustezza e legittimità dei modelli, é sostenuto e rinforzato da un altro    processo: quello che induce nella donna l'idea di una propria incapacità.    Questo processo é messo in moto dal contesto nel tentativo di tenere sotto controllo eventuali spinte al cambiamento generate dalla insofferenza  ai compiti di ruolo.

f. L'insofferenza che il contesto tenta di sedare è espressione nella donna    della percezione che una determinata qualità di vita non é più tollerabile. Ciò determina la richiesta della donna al contesto di un aiuto per modificare la propria condizione di vita o alcuni aspetti specifici di essa. La risposta del contesto alla richiesta di aiuto si configura come    rifiuto a qualsiasi cambiamento, e come formulazione/codifica della incapacità della donna ad assumersi il carico dei suoi compiti e doveri legittimi (definiti tali dal ruolo naturale).

g. Quando il processo di induzione all'incapacità/inautonomia e di legittimazione dei modelli di ruolo é completato, compare il sintomo, esso esprime il senso della incapacità - indotta nel soggetto - vissuta come malattia.

h. Il sintomo si costruisce nel momento in cui la donna ritira il suo interesse e la sua attenzione dal quotidiano (in particolare dallo scontro   con il contesto per modificare il carico dei suoi compiti di ruolo), e   riflette su di sé come luogo fisico (corpo) e psichico (mente) in cui si    verificano determinate carenze ed irregolarità di funzionamento.

i. La paura di queste anormalità richiama alla mente modelli familiari e sociali di malattia: morte o follia. E' possibile allora che si verifichi  la ripetizione di determinati comportamenti già sperimentati come anomali nel proprio ambito familiare o extra-familiare, come tentativo di dimostrare, prima di tutto a se stesse, la propria capacità di controllo su di essi, e quindi la propria distanza da essi.   

Con la malattia, con la dichiarazione dell'esistenza di un malessere, la donna esce dalla fase della insostenibilità; fase in cui manteneva ancora un proprio punto di vista sulle sue esigenze e sul bisogno di cambiamento nella direzione di un alleggerimento delle funzioni di ruolo.  

 Lo schema in appendice illustra e visualizza lo scambio domanda-risposta che si instaura tra la donna ed il contesto nella fase di transizione dalla insostenibilità alla malattia.

   


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 1.1      L'insostenibilità.  

            Riassumiamo ora le caratteristiche di quella che abbiamo definito insostenibilità del ruolo femminile. Il carattere generale del ruolo femminile costituisce il fondamento dell'esperienza soggettiva di insostenibilità che può verificarsi in determinati momenti della vita della donna. Non sempre le condizioni tipicamente gravose del ruolo femminile danno luogo alla percezione della loro insostenibilità: perché ciò si verifichi é necessario che si determini una particolare situazione di conflittualità tra il punto di vista della donna ed il corrispondente punto di vista del contesto (familiare e/o sociale).

Oggetti di questo scontro sono i modelli, i progetti ed i comportamenti di ruolo.    Rivediamo allora alcune caratteristiche salienti del ruolo femminile implicate maggiormente nella determinazione della condizione di insostenibilità.

a.       Sovraestensione della funzione materna.  

La funzione materna prevede come propria possibilità l'esser estesa a piacere, oltre i limiti, cosi detti naturali, della cura della prole. Nell'ambito familiare questa possibile estensione significa che alla donna    può essere richiesto di occuparsi, come proprio dovere, insito nella funzione naturale-materna, non solo dei figli, ma anche della cura materiale    ed affettiva del marito/partner e di qualsiasi altro membro del nucleo (genitori,    parenti di ogni ordine e grado, ecc.).

Nell'ambito extra-familiare, l'estensione della funzione materna implica l'assunzione di compiti e mansioni di supporto e di accudimento nei riguardi di colleghi, datori di lavoro, amici, ecc.; in determinate professioni, come quelle educativo-assistenziali, si richiede che la donna svolga compiti di tipo materno.

b. Attribuzione esclusiva alla donna del lavoro connesso alla funzione materna.    Oltre a possedere il carattere della sovraestensibilità, il lavoro connesso alla funzione materna é socialmente considerato come interamente e legittimamente attribuibile alla donna, in quanto le compete in modo "naturale". Nel campo familiare, che é ovviamente il campo della maggiore estrinsecazione della funzione materna, la cura della prole e le mansioni di accudimento materiale ed affettivo sono in genere comandati alla donna.

Solo a volte, e in determinati livelli della scala sociale, sono consentite deleghe. Ma le deleghe sono per loro natura (convenzione sociale sottoposte al giudizio ed al consenso del delegato. Si verifica infatti  ad esempio che, nella delega di alcuni aspetti della cura dei figli, il marito/partner - come soggetto delegato - scelga in base alla propria disponibilità, interesse, ecc., i compiti e le funzioni che devono costituire l'oggetto della delega. La necessità del consenso nella trasferibilità di alcuni compiti e mansioni della funzione materna costituiscono, come vedremo, un elemento fondamentale della percezione di insostenibilità prima,    e della percezione di malattia poi.

I due aspetti: sovraestensione della funzione materna, e sua totale e legittima attribuzione alla donna, definiscono la condizione base della percezione di insostenibilità. Essa é costituita da un eccessivo accumulo di responsabilità. ( L'approfondimento della fase della insostenibilità è stata condotta nella ricerca sullo stress femminile come fattore di rischio principale nei disturbi psichici ed in particolare della depressione femminile)

 

Si sottolinea che effetto principale di questo modo di vedere e concepire la funzione materna è dunque un ampliamento delle competenze e degli ambiti di responsabilità della donna.

La donna, in pratica, é chiamata, in nome della sua funzione naturale, ad occuparsi di tutto quanto accade e   si svolge in un determinato confine (quello familiare in genere, ma spesso anche oltre) che racchiude più ambiti personali.     

L'esser - per definizione - responsabile di una serie di altri individui,  e della loro cura materiale ed affettiva, carica la donna di pesi e responsabilità aggiuntive ed esorbitanti, rispetto alle proprie.     

In questo esser caricata di pesi e responsabilità altrui, trova una possibilità di spiegazione concreta l'attribuzione alla donna di quell'atteggiamento psicologico definito come dipendenza. Quello che si intende comunemente come dipendenza  (clicca qui per un approfondimento del problema della dipendenza) della donna non é altro che l'espressione della sua forzata iper-responsabilizzazione.

La donna é indotta dal suo ruolo a pensare e   a provvedere al soddisfacimento del bisogno altrui: ciò la rende inevitabilmente dipendente dai modi e dalle forme in cui si esprime il bisogno di benessere altrui. Ella diviene, in questa sua funzione, attenta e attiva organizzatrice di risposte rivolte alla soddisfazione altrui, mentre necessaria-   mente deve "dimenticare" e mettere da parte la soddisfazione dei propri bisogni, che non essendo compresi tra i compiti di ruolo assumono un carattere  di secondarietà.

L'assunzione di responsabilità che competono ad altri conduce la donna verso la dipendenza dalle esigenze altrui; questa dipendenza a   sua volta espone la donna al bisogno di consenso e di accettazione dei propri comportamenti.    

 L'esser - in funzione di altri - comporta una particolare esposizione al   giudizio altrui: i comportamenti della donna, finalizzati come sono al raggiungimento della soddisfazione di un bisogno altrui, possono essere giudicati adeguati o meno, solo dalla persona cui sono indirizzati; essi non possono essere giudicati soddisfacenti o meno dalla donna, in maniera indipendente o diversa da quella del destinatario della prestazione.     

Il giudizio proveniente dal contesto risulta non confrontabile con l'opinione personale della donna e con i suoi vissuti; nel momento in cui si riferisce ad un comportamento indirizzato al soddisfacimento di bisogni che   non sono propri, esso é chiaramente non confutabile dalla donna.     

In questo quadro, il campo delle possibili situazioni di insostenibilità e intollerabilità é molto ampio; cosi come é vasto il campo dei possibili giudizi di inadeguatezza ed incapacità attribuiti al comportamento femminile e relativi all'espletamento della funzione materna.  

 

La percezione di insostenibilità si verifica nel momento in cui la donna percepisce di non farcela più ad andare avanti in una direzione che  è quella abituale.  

Questo momento può coincidere con il passaggio da una tappa di ruolo ad   un'altra; oppure con il crescere di responsabilità e carichi di lavoro all'interno di una stessa tappa.    

In ambedue i casi, l'aumento complessivo del carico di lavoro e responsabilità non viene riconosciuto dal contesto: esso tende ad attribuirlo alla   normale e legittima possibilità di estensione della funzione materna. Il contesto mantiene così costante la pressione quantitativa e qualitativa delle   richieste rivolte alla donna.

La donna d'altra parte comincia a percepire l'aggravio di lavoro in termini di fatica sia fisica che psichica, e tende a rendere esplicita questa situazione di sovraffaticamento.  Non riduce autonomamente il suo carico di lavoro, ma aspetta che il contesto si accorga del l'aggravio che si é verificato e che consenta ad una riduzione del lavoro e delle responsabilità.

Questa modalità di atteggiamento della donna, definita dipendenza, che tende cioè  a sottoporre al consenso del contesto decisioni che la riguardano, deriva dal fatto che la donna non esprime una critica al modello secondo cui é a lei che compete legittimamente tutto ciò che può essere ricompreso nella funzione materna.   

Se un lavoro, una responsabilità possiede caratteri di legittimità, esso può essere disatteso senza incorrere in pericolose censure o sanzioni, solo con il consenso di colui o di coloro cui é indirizzata la prestazione corrispettiva.  

 Così la donna affaticata cerca la comprensione del contesto: ciò cui punta é l'ottenimento del consenso altrui per poter ridurre i propri compiti.   

 

La percezione di insostenibilità si articola in due momenti successivi.   

A. Prima fase della percezione di insostenibilità: la situazione di scontro.    Definiamo scontro, nella fase di insostenibilità, una serie di comportamenti che la donna mette in atto per diminuire consapevolmente determinati carichi di lavoro e responsabilità. Caratteristica dello scontro, in questa fase, é la ricerca del consenso del contesto.    La ricerca del consenso per  poter modificare l'insieme del proprio carico di lavoro o di aspetti di esso, nasce dal fatto che il contesto cui la donna si riferisce é implicato nella sua progettualità personale.

Il progetto di vita della donna in questa fase, da noi denominata di insostenibilità, non prevede ipotesi alternative ed escludenti il contesto. Ogni ipotesi di modifica é quindi solo pensabile in accordo con le ipotesi del contesto.   

Questa particolare situazione di ricerca del consenso e di mancanza di progetti alternativi é quella che qualifica lo scontro o meglio la contrapposizione di interessi tra la donna ed il contesto in questa fase.    In altre fasi della vita della donna, al di fuori dello specifico percorso di ammalamento, lo scontro - come contrapposizione di interessi tra la donna ed il suo contesto - può essere condotto senza la ricerca del consenso; ciò avviene appunto quando la donna é sostenuta da una progettualità alternativa e sufficientemente autonoma rispetto al contesto.   

La fase della insostenibilità è quindi definita dalla presenza di uno scontro o contrapposizione di interessi  finalizzato alla ricerca di consenso; laddove in altre fasi, che non denomineremo di insostenibilità, lo scontro é finalizzato direttamente alla soddisfazione delle proprie esigenze o di parte di esse.   

Lo scontro cosi come lo riferisce la donna può avere diverse caratteristiche e tipologie: può consistere in litigi e lamentele, preghiere o tentativi di convincimento, discussioni con raffronti dei rispettivi punti di vista, a volte di ribellione. Lo scontro può essere vissuto direttamente, ma anche indirettamente ed in tal caso è costituito dalla partecipazione allo scontro promosso da altri. Si può trattare ad esempio di una sorella minore che non giunge a sperimentare direttamente lo scontro con i genitori perché precocemente dissuasa dall'assistere o dal subire le conseguenze degli scontri avvenuti tra i genitori ed una  sorella maggiore. Oppure si può trattare del caso di una moglie-madre che veicola il proprio scontro con il marito-padre attraverso le istanze di ribellione dei figli.       

Obiettivo   dello    scontro   è quello di    ottenere    il consenso  del contesto per poter esprimere alcune delle proprie esigenze personali attraverso la modifica di determinati compiti. Ricercare il consenso significa anche ottenere una rassicurazione circa la non illegittimità o anormalità della modifica di alcuni compiti o aspetti di ruolo.

Ricercare il consenso significa non avere la sicurezza nelle proprie capacità e risorse per poter rischiare di alienarsi la persona, con le sue capacità le sue risorse, verso cui si agisce il conflitto e la contrapposizione   

Ed é proprio la ricerca del consenso con il timore di perdere l'altro (percezione di essere dipendente e bisognoso dell'altro e delle sue capacità e risorse) che costituisce il fattore principale della "perdibilità" dello scontro e della contrapposizione.

Infatti la ricerca di consenso dà immediatamente al contesto l'idea della dipendenza e della bisognosità dell'altro, cosa che  spinge il contesto a proporre e riaffermare le proprie ragioni ed il proprio punto di vista ( compreso degli interessi conseguenti) come più valide e più legittimi. Appellandosi ai modelli di ruolo, sulla cui         legittimità la donna non discute, il contesto tende a riconfermare  come immotivate, indebite, infondate le richieste che la donna avanza e sottopone al suo giudizio.

 

      Seconda fase della percezione di insostenibilità: la cessazione dello scontro e della contrapposizione di interessi.   

Il richiamo ai modelli di ruolo condivisi dalla donna, la inutilità dello sforzo tendente a convincere il contesto delle proprie buone ragioni, la non previsione di uno scontro fino alla "separazione" dall'altro, la percezione della propria bisognosità e dipendenza, inducono nella donna un senso di stanchezza, di frustrazione e poi di dubbiosità.  

Lo scontro tende allora ad affievolirsi man mano la donna comincia a sottrarre credibilità alle proprie ragioni ed a considerare come più credibili le ragioni del contesto.   

La donna riferisce che stanchezza, noia, senso di vuoto ed inutilità hanno accompagnato il periodo immediatamente precedente quello dell'insorgenza del malessere, dei sintomi e della percezione di malattia.   

La stanchezza di cui la donna parla ha due aspetti: si riferisce da un lato ad una situazione fisica, dall'altro ad una psicologica.

Dal punto di vista fisico la donna percepisce un carico di lavoro che le grava sulle spalle e del quale ha perso la speranza di liberarsi; dal punto di vista psichico, convertendosi alle ragioni del contesto, ha perso i suoi interessi e le sue motivazioni con la conseguenza che le cose che fa le appaiono ormai prive di un senso (quello appunto per sé), e quindi noiose, ripetitive, meccaniche, pesanti.   

La stanchezza si configura complessivamente come "perdita del sentire precedente"; essa inizia con il consenso dato al punto di vista altrui, e con la conseguente rinuncia allo scontro, per far valere il proprio punto di vista (anche se parziale).

 La cessazione dello scontro e l'abbandono del proprio punto di vista  (in positivo il vedere la contrapposizione di interessi è terapeutico) comportano quindi la rinuncia ad una serie di interessi personali e ad uno o più progetti e programmi personali.   

Nell'intervento del Servizio la fase dello scontro é recuperata con molto lavoro e fatica da parte della donna: si stende infatti su di essa un velo e spesso si ha difficoltà a dare a questo periodo una collocazione precisa. Ciò che la donna comunque dice, quando nel rapporto con il Servizio comincia ad emergere il significato di questa fase, é che questo periodo era stato completamente messo da parte come privo di senso, oppure totalmente dimenticato e che comunque era cessato in concomitanza con l'inizio dei malesseri e dei sintomi. La fase della stanchezza é richiamata invece più facilmente alla memoria, ma non è più messa in relazione con il periodo dello scontro. Mancando alla donna questo collegamento, la fase della stanchezza si presenta come diretta antecedente della malattia e come sua prima manifestazione. Solo successivamente quando il ricordo del periodo dello scontro sarà messo a fuoco, anche il periodo della stanchezza e della noia acquisterà per la donna un significato diverso dalla malattia.

   


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            1.2     La percezione di incapacità.     

Si intende per percezione di incapacità tutta quella serie di vissuti che  la donna esprime per attestare il suo non sentirsi adeguata a fatti, comportamenti, modelli, richieste, compiti, che in realtà provengono dall'esterno ma che sono vissuti come proprie aspirazioni e desideri.     

Questa serie di elementi è riferita dalla donna, all'interno del rapporto con il Servizio, come corollario e controprova della sua "non sanità", insieme ai sintomi fisici e/o psichici.     

Nel corso del rapporto con il Servizio si individua invece un momento della storia personale della donna in cui queste stesse incapacità, che oggi  ella attribuisce a se stessa, si ritrovano come attribuite a lei dal contesto e non ancora da lei condivise.

      L'induzione di incapacità, presente prima della dichiarazione di malattia, é lo strumento tipico usato dal contesto familiare (genitori, marito/partner) per ridurre - nelle fasi dello scontro   le esigenze della donna    alle esigenze altrui.

Questo strumento è usato ogni volta che il contesto deve affermare i propri interessi e punti di vista contro quelli della donna. Nella fase della insostenibilità esso concorre massicciamente alla formazione della percezione di malattia; in altre fasi esso ha come effetto di indebolire il punto di vista personale senza però creare ancora percezione di malattia.    

La percezione di incapacità si forma in un processo di cui descriveremo    le principali caratteristiche.    Vi sono in questo processo due elementi che richiamiamo qui come condizioni di partenza:   

a. il soggetto esprime esigenze (o tende ad esprimerle, o si teme che le possa esprimere) in cui si evidenziano elementi di non conformità alle regole    prescelte come valide dal contesto familiare ( in particolare dalla madre, su delega anche del padre, come espressione delle esigenze del nucleo di origine; dal partner come referente dei nuovo nucleo e dei nuovo progetto di vita) o, da quello extra-familiare.   

b. Il contesto familiare o quello extra-familiare esprime l'esigenza di caricare quella determinata persona di lavoro materiale o affettivo, o di ulteriori responsabilità, avendo in ciò come riferimento il modello materno e    la sua estensibilità all'infinito.   

Nella tappa infantile o adolescenziale sì può richiedere ad una figlia,    che viene prescelta per una serie di motivi, di svolgere un ruolo materno effettivo e non solo potenziale, come sarebbe tipico di una fase di cosi detto "apprendistato".    Nell'età adulta si possono chiedere ad una donna compiti aggiuntivi risultanti da una ipertrofizzazione del ruolo materno e da una sua estensione a  rapporti e situazioni che arbitrariamente vengono assimilati al rapporto madre-figlio.     

Questo é il caso di una moglie chiamata a far da "madre" al marito o ai genitori, o al proprio datore di lavoro, ecc. Oppure di una donna chiamata,   in nome del suo ruolo, a svolgere compiti assistenziali (cura dei membri del   la famiglia - sia di origine che acquisiti - malati, carcerati, tossicodipendenti, ecc.). Oppure, nel caso del doppio carico di lavoro, una donna può essere   chiamata a svolgere il doppio lavoro senza alcun altro aiuto e condivisione  di responsabilità del lavoro familiare.     

L'attenzione che il contesto dà alle deroghe attuate o presunte, é proporzionale al bisogno di utilizzare quella donna nell'ambito della famiglia   come scarico di altrui responsabilità oppure come sostegno al carico di responsabilità di un'altra donna (ad esempio la madre).     

In ciascuna di queste situazioni il contesto nette in atto   una particolare strategia di cattura del consenso della donna attraverso  il meccanismo di induzione del senso di incapacità.     

Attraverso il giudizio di incapacità il contesto ottiene che la donna continui a svolgere quella funzione in cui é stata segnalata come incapace.  Infatti l'obiettivo nello svolgimento di una funzione per altri è raggiungere la soddisfazione per gli altri; ma se dagli altri non proviene alcuna attestazione positiva,   alcun riconoscimento, ecco allora che la donna continua a svolgere la sua   funzione fino a quando non giunga dal contesto un segno di approvazione.     

Più in generale la definizione dell'altro (donna o uomo) come incapace   in uno o più compiti, ha come effetto il mantenimento di una situazione di   dipendenza. li giudizio di incapacità mantiene legata in maniera costante   una persona a colui che, definendo l'altro incapace, pone se stesso come più   capace.

Nel momento in cui qualcuno é giudicato incapace deve affidarsi alla   guida di qualcun'altro. Il giudizio di incapacità é espresso con due finalità contrapposte:  

a. giudizio incentivante determinate attività;  

b. giudizio dissuasivo di alcune attività.    

 Il "non sei capace" ha così un doppio significato: "non lo sai fare bene,   quindi cerca di fare sempre meglio, non distrarti dal tuo compito, ecc.";   oppure, "non lo sai fare, é pericoloso per te farlo, quindi non lo fare o non lo devi fare".     

A.    Uso del giudizio di incapacità come mantenimento o potenziamento dell'attività desiderata dal contesto.     

Il contesto può giudicare una donna incapace in quanto non svolge in modo      sufficientemente adeguato il proprio ruolo di madre; in questo caso il "non sei capace" significa. "non ti occupi a sufficienza della casa e dei figli, o non te ne occupi nel modo giusto, ecc.".

Scopo di questo giudizio é incrementare l'attività' in discussione facendo si che la donna segua i consigli e le direttive del contesto o della persona specifica che      ha espresso il giudizio di incapacità, creando o rinforzando un sistema di dipendenza ( l'altro che mi dà le regole ha più, esperienza, capacità, risorse, potere, ecc.).  

B. Uso del giudizio di incapacità come dissuasione da determinate attività      (comportamenti, progetti, altro) non condivisi dal contesto.

       Il contesto può giudicare incapace una persona in quanto coltiva interessi divergenti o confliggenti con i propri.   

In questo caso il "non sei capace" significa: "non lo devi fare", oppure "é pericoloso per te farlo"; ciò può riguardare una serie di attività che di volta in volta il contesto individua come antagoniste a quelle finalizzate alla funzione materna. Queste attività in genere sono quelle che vengono considerate come espressive delle sole esigenze della donna (ad esempio proseguire gli studi, intraprendere una attività lavorativa oppure di tempo libero, ecc.).

 

Il contesto per rafforzare la propria posizione o punto di vista sull'incapacità della donna, ricorre alla interpretazione di alcuni eventi come sfavorevoli alla donna e attestanti in modo inconfutabile là sua incapacità.   

Questi eventi avranno allora il significato di rinforzo del punto di vista del contesto, e di indebolimento del punto di vista della donna.   

Consideriamo due casi che esemplificano il significato di rinforzo di determinati eventi sia per le attività da incentivare (tipo a) sia per quelle da disincentivare (tipo b).

Se si ammala il figlio di una donna, già sottoposta a giudizio di incapacità per il modo in cui adempie la funzione materna, la malattia del figlio sarà attribuita dal contesto alla scarsa attenzione che la madre ha rivolto alla cura del figlio. In questo caso, l'evento malattia, che può essere casuale o dipendere da altro, sarà letto e addotto come prova della carente propensione della donna a svolgere il ruolo di madre; a questa lettura farà seguito una maggiore incisività delle richieste del contesto nel pretendere dalla donna più attenzione e più dedizione ai compiti materni.   

Pensiamo ora ad una ragazza in conflitto con i genitori per l'uso/acquisto di un motorino: i genitori sostengono il punto di vista della pericolosità dell'andare in motorino, di girare sola in luoghi poco frequentati, ecc. dell'incapacità della ragazza a guidare e a sapersela cavare nelle varie situazioni (ad es: bucatura di una gomma); la ragazza dal suo punto di vista afferma che tutte le sue amiche di scuola lo hanno, e che lei ha una notevole pratica di mezzi a due ruote (ad es.: la bicicletta). Se accade poi che un'amica della ragazza cade dal motorino, oppure se la ragazza cade dal motorino di un'amica, oppure se l'amica o la ragazza, uscendo in motorino subiscono un furto, ecco che il contesto potrà utilizzare ciascuno di questi possibili eventi come prova della pericolosità dell'andare in motorino per una ragazza e dell'imperizia o della irresponsabilità nel guidare e nel salire sul motorino.    Il "non sei capace" inoltre trova il suo riferimento generale nella distanza da un determinato modello, prescelto come valido dal contesto, e condiviso dalla donna.

A seconda del modello considerato affidabile per quella determinata funzione che si vuole validare ed affermare, si dimostra la di- stanza della donna da esso, e la sua incapacità a rivestirlo adeguatamente. Così il contesto può far riferimento a modelli concreti (la madre, la suocera, ecc.) per dimostrare la distanza della donna dal modello perfetto rispetto al quale quelle figure sono rappresentate come esempio o incarnazione.

La costruzione della percezione di incapacità é un processo che raggiunge il suo culmine nella fase di transizione dalla insostenibilità alla malattia. Esso però affonda le sue radici nella storia dei rapporti della donna con il suo contesto.   

Il processo di formazione. della incapacità non coincide con quello della malattia: ma la fase dell'ammalamento lo presuppone come esperienza fondamentale.

L'induzione di incapacità é uno strumento di cui il contesto si serve tutte le volte che intende ridurre gli interessi altrui ai propri. Non sempre l'induzione di incapacità determina la malattia: perché abbia inizio il percorso dell'ammalamento é necessario che parallelamente si sia verificata una particolare storia dei progetti personali nel loro rapporto specifico con i modelli familiari e sociali.

 


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1.3.   La percezione di immodificabilità.   

La percezione di immodificabilità accompagna la donna nella storia di formazione del suo ruolo, quando ella si rivolge ai modelli corrispondenti per ricavarne linee per una propria progettualità.   

Questi modelli infatti sono socialmente pensati come raffrenanti le spinte al cambiamento, e come deterrenti rispetto ad ogni tipo di deroga. Ogni volta che il progetto di una donna minaccia un determinato equilibrio, il contesto invoca il modello in funzione dissuasiva.   

Sul piano generale i modelli sono sostanzialmente due, e da essi discendono due tipi di progettualità consentite alla donna. Al di là di essi non è consentito andare, ed in questo senso i modelli appaiono come immodificabili e rigidi.   

All'interno di ciascuno dei due modelli principali: donna casalinga e donna emancipata, si creano specifiche modalità di rapporto tra una oppressione e le sue forme di nascondimento. Per il primo modello (la casalinga) il rischio maggiore di malattia é dato dal livello dì inapparenza della funzione lavorativa che si nasconde dietro quella materna, ed altresì dal livello di inapparenza di desideri e bisogni che riguardino la sfera extra-domestica. Al contrario non é inapparente la mancanza di potere contrattuale: essa appartiene ad una funzione che non consente l'esercizio di una attività esterna, unica possibilità di emancipazione. Può qui risultare come fattore di malattia l'inattingibilità di un potere contrattuale che viene vissuto come valore antitetico alla funzione materna, a sua volta percepita come proprio destino sociale e/o individuale immodificabile.   

Per la donna emancipata, relativamente alla ideologia che ne afferma la parità con l'uomo, i rischi maggiori di malattia sono dati dal livello di inapparenza della condizione di soggezione e disparità. Ella si considera libera rispetto alla funzione naturale: non ne riconosce il peso, i carichi specifici, i condizionamenti.

Non vede come tale funzione le competa in termini di negazione o limitazione concreta di una strada realmente emancipatoria. Questa donna vive allora come inapparente il proprio dislivello di potere, in quanto si riferisce ad una ideologia che gliene attribuisce. La percezione di immodifícabilità della   propria situazione è allora data dal fatto che la donna emancipata ritiene di aver già modificato una condizione di vita: ritiene infatti di svolgere   una funzione socialmente riconosciuta che appare come garanzia del superamento dei livelli di soggezione propri del ruolo naturale.   

Il punto limite all'interno di questi rapporti "soggezione-inapparenza" é dato, in tutti e due i modelli, dalla adesione e dipendenza dalle rispettive immagini di ruolo.

Questa dipendenza, che vale per la casalinga e per la donna emancipata, si sostanzia del vissuto o percezione di immodificabilità rispetto ad una propria condizione di vita.   

Queste che abbiamo esaminate sono le condizioni generali per le quali la donna vive come immodificabile il modello cui fa riferimento. La percezione di immodificabilità che la singola donna sperimenta riguarda la messa in atto di progetti che in qualche modo vengono bloccati in una delle fasi della loro realizzazione. I progetti costituiscono le articolazioni pratiche dei modelli di ruolo. Il senso di immodificabilità di una situazione che si percepisce insostenibile é un elemento fondamentale per la formazione della percezione di malattia.   

Il senso di immodificabilità che la donna sperimenta si riferisce ad una situazione di vita che si percepisce come bloccata: questo blocco é relativo ad una qualche realizzazione che non é avvenuta, ed alla mancanza di un progetto alternativo che il contesto - o una determinata interpretazione del modello di riferimento - non prevede.    In ogni situazione che si presenta come immodificabile é necessario allora determinare la progettualità della donna, quella cui ha rinunciato, e il modello (ovvero l'insieme di idee e credenze) cui si é appellata (spesso sulla scorta di indicazioni provenienti dal contesto) per validare la sua rinuncia.   

La donna sperimenta il senso di immodificabilità, nel percorso che dalla insostenibilità va alla malattia, quando un proprio progetto (piccolo o grande, complessivo o parziale) incontra un ostacolo esterno. Questo progetto, in quanto collocato all'interno di un modello consentito, é vissuto come l'unico possibile, non viene messo in discussione, né cambiato, né dà luogo ad un altro tipo di progettualità.

Vi sono due tipi di ostacoli che possono sorgere all'interno della realizzazione di un progetto.   

Un ostacolo "casuale": quando una donna, per una serie di circostanze, non riesce a realizzare un determinato progetto che rappresenta la concretizzazione del modello di vita prescelto. Ad esempio una donna che non stabilisce un rapporto di fidanzamento e poi di matrimonio, pur avendolo progettato come propria realizzazione; oppure una donna che, sposata, non riesce a fare un figlio o più di uno; oppure una donna che non riesce a trovare un lavoro part-time mentre ne ha uno a tempo pieno; ecc.   

Un ostacolo "indotto": quando il contesto della donna si oppone alla realizzazione di progetti parziali o complessivi, relativi all'uno o all'altro modello. In questo caso la progettualità della donna, pur essendo legittima all'interno di un modello, non lo é se guardata dal punto di vista dell'altro modello. Ad esempio: una donna emancipata che viene richiamata ai suoi doveri di madre, e quindi a rinunciare al tempo dedicato a se stessa od anche al lavoro esterno. In questi casi il contesto può in vari modi creare ostacoli ad un progetto: dissuadendo la donna, invocandone l'incapacità, il dovere di madre, ricattando, ecc.; oppure mettendo in atto una sorta di resistenza passiva fatta di non valorizzazione del progetto, di non partecipazione, ecc.    

Un ostacolo "interno": quando la donna, pur avendo coltivato e realizzato un progetto, non ricava da questa realizzazione le previste soddisfazioni.  'Ciò può succedere per vari motivi tra cui l'aver caricato questo progetto di eccessive aspettative rispetto ad una previsione di risoluzione di problemi o rispetto all'acquisizione di livelli di benessere.    

La percezione di immodificabilità si realizza quando un determinato progetto, su cui vi era stato un forte investimento, viene meno a causa di uno degli ostacoli prima menzionati.     La percezione di immodificabilità é strettamente collegata al processo di formazione dell'insostenibilità e della incapacità. In caso di fallimento del progetto, o di rinuncia ad esso per l'entità degli ostacoli frapposti, la donna abbandona il progetto, e con esso il proprio punto di vista, e si converte alle esigenze del contesto: ciò in sostanza determina la rinuncia  ad una nuova progettualità.

Quando la donna percepisce la situazione come immodificabile ha già rinunciato allo scontro con il contesto, accettando il modello di comportamento da esso propugnato come l'unico valido.   

Per capire come si arriva a questa chiusura del progetto di vita é necessario analizzare la storia della progettualità della donna, le varie tappe, ed in particolare i progetti coltivati dalla donna prima di ammalarsi.    

In questa storia é sempre presente, in ogni fase, un modello di riferimento, che spesso coincide con il modello del contesto, ma di cui il contesto  dà una interpretazione totalizzante che é funzionale ai propri livelli di  benessere e di de-responsabilizzazione; mentre la donna dà una interpretazione meno rigida, tale da ricomprendere anche delle minime esigenze per sé.    

Lo scontro avviene quindi spesso sulle articolazioni pratiche del modello: ma il contesto con lo strumento della induzione di incapacità tende a  definire come illegittime quelle proposte e praticate dalla donna.    

Non sempre lo scontro sul progetto é evidente: spesso capita che la donna  parta da un progetto del tutto coincidente con quello del contesto ma si trovi a fare i conti con una realtà di iper-responsabilizzazione e di carico di  lavoro tale da non permetterle il pur minimo spazio di libertà personale. 

E' il caso - ad esempio - di una donna che aveva progettato di sposarsi e  di fare due figli, di stare in casa ed occuparsi a tempo pieno della famiglia. Questo progetto coincideva con quello del marito; i figli però non arrivano: per averli la donna si sottopone a vari interventi. Alla fine, quando nascono due figli a distanza di un anno l'uno dall'altro, la donna scopre di non avere più neanche "il tempo per uscire a passeggio con un'amica", elemento che  aveva inserito nella sua progettualità come articolazione personale  del modello della "buona madre". A questo punto sarebbe stata necessaria una ristrutturazione del progetto ed una revisione del concetto di "madre totale"; ciò non si rende possibile perchè intanto il marito, invece di darle solidarietà ed aiuto concreto nell'assumersi la condivisione dei compiti genitoriali, la richiama al dovere di    "buona madre"   che  non prevede insieme alla funzione di  accudimento per altri ( i figli in questo caso), anche delle funzioni "cura di sè" personale (come quella realizzabile nell'uscita  con l' amica). 

        La percezione di immodificabilità costituisce - nelle persone che svilupperanno dei sintomi psichici, - l'ultima fase della progettualità: essa definisce la conversione della progettualità personale alla progettualità del contesto, e coincide con l'ingresso nell'ottica della malattia.    La storia dei progetti, come quella dei modelli prescelti come riferimento della progettualità, affonda le sue radici fino alla tappa della adolescenza.

 Nell'adolescenza si costruiscono i primi progetti consapevoli e si determinano le prime scelte sui modelli. Quando su queste scelte adolescenziali interviene il contesto familiare, ecco che si può avere come risultato l'assunzione di un progetto personale in qualche modo alternativo a quello proposto e sostenuto dalla famiglia, ma caricato della responsabilità aggiuntiva di dimostrare ad altri le proprie capacità di riuscita.   

Il progetto dimostrativo, pur essendo un progetto personale, si sovraccarica della dimensione del 'per-altri': "ti dimostrerò che posso riuscire contando sul mio progetto, sia che tu non lo voglia, sia che tu lo voglia ma non lo credi possibile". Questo particolare progetto personale é proprio quello che, nella fase della insostenibilità, si presenterà ridotto e mutilato nelle sue possibilità di riuscita fino a contare, per la propria realizzazione, solo un'ultima possibilità.   

Il suo fallimento si lega alle altre prove della propria incapacità, alla rinuncia al proprio punto di vista che appare ormai perdente e non più credibile, all'affidamento completo al giudizio ed al punto di vista del contesto e di coloro che finora hanno propugnato modelli e progetti di vita che appaiono non fallimentari perché collaudati da una tradizione storica e familiare.

Nella percezione di malattia il progetto personale, che definiamo tale anche quando sovraccaricato delle esigenze di dimostrazione, é ormai scomparso: al suo posto è subentrata l'adesione ad un progetto condiviso dal contesto ed a questo la donna affida le possibilità di uscita dal malessere.   

L'intervento del Servizio, che si esplica ovviamente nella fase della percezione di malattia, deve distinguere il progetto di benessere che la donna esprime in questa fase, dal progetto personale antecedente alla malattia.   

E' necessario allora rintracciare il progetto personale, ricostruirne a ritroso la storia, se necessario fino alla adolescenza, e rintracciare così le quote dimostrative che lo hanno appesantito e reso impraticabile; infine modificarlo espellendo queste ultime.

 In questo lavoro di distinzione tra ciò che é legato ad esigenze personali e ciò che é stato determinato da esigenze altrui, vi é la possibilità della costruzione di una nuova progettualità che la malattia aveva bloccato. Nella storia del progetto di vita ritroviamo anche i motivi del suo fallimento: questi possono dimostrare alla donna come la responsabilità di ciò non stia nella propria incapacità ed inadeguatezza rispetto al modello o al progetto scelto; ma nella inadeguatezza del modello e del progetto a rappresentare le proprie esigenze personali.

 


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1.4     La percezione di malattia    

La percezione di malattia, così come la donna la esprime, si compone di due elementi:

a. un malessere fisico e/o psichico che non trova alcuna corrispondenza organica (patologia di un organo specifico) e che viene descritto fenomenologicamente in vari modi: tremito, senso di svenimento, palpitazioni, mal di testa, perdita di memoria, confusione mentale, turbe percettive, ecc.;

b. l'interruzione di una serie di funzioni di ruolo, presentata come dipendente da questi malesseri e come prova della propria incapacità, diversità, anormalità. L'elemento nodale che spinge la donna a parlare di malattia, o - il che é la stessa cosa - a cercare un aiuto tecnico di tipo specifico (psicologico, psichiatrico), é costituito dalla sensazione di vivere una situazione non controllabile con le proprie forze ma che necessita di una gestione tecnica esterna.   

L'incapacità é sicuramente, tra i due elementi che conducono alla malattia, quella che ha maggior peso per la formazione della percezione di malattia..   

Questa incapacità consiste nel non riuscire o nel non poter fare le cose che attengono alle proprie funzioni di ruolo perché ci si percepisce impossibilitati da un qualche fenomeno a carattere naturale o costituzionale, o comunque sottratto al proprio potere di gestione e di controllo.   

Questa incapacità in quanto malattia assume il carattere della incolpevolezza: "non sono io che non lo voglio fare, ma é la malattia che non me lo consente di fare".

L'assunzione del punto di vista della malattia comporta quindi la deresponsabilizzazione della persona rispetto al malessere; e in rapporto a ciò: la dipendenza dal tecnico e la sua delega al controllo per proprio conto.

Capovolto il rapporto tra sintomo e agire quotidiano (è il sintomo che mi impedisce di fare le cose che normalmente svolgevo) si allontana la possibilità di portare una modifica a quegli equilibri relazionali (percezione di bisognosità e dipendenza), lavorativi (eccessivo carico di lavoro e responsabilità) di cura personale (assenza di tempi e risorse per i progetti e gli spazi personali) che stanno dietro la condizione antecedente che ha generato l'emergere del malessere e del sintomo.

 Emerge in primo piano il senso della incapacità soggettiva: incapacità a svolgere le proprie funzioni, incapacità a controllare il sintomo.

Nella percezione di malattia anche l'incapacità viene sottratta al campo del quotidiano, in cui si era precedentemente formata, e attribuita alla malattia come sua ulteriore conferma.   

La percezione di malattia si instaura nel momento in cui si crea la situazione limite definita dalla donna come stanchezza, noia, mancanza di progettualità, caduta di sentimenti positivi. La storia di tutto ciò é già stata esaminata: il gravare di responsabilità, il bisogno di cambiamento, e la risposta del contesto con l'induzione di incapacità, la rinuncia alla lotta ed al proprio punto di vista.

Alla donna rimane la stanchezza, il senso di fallimento personale, la noia, la mancanza di gioia per un quotidiano che non può più rispecchiare i propri interessi e la propria progettualità. D'altra parte non si prospettano alternative; queste sono state già tutte consumate nel tentativo di realizzazione di un proprio spazio e di un proprio progetto di vita; l'aiuto del contesto non è arrivato in termini di modifica delle proprie richieste relative al lavoro e alle responsabilità che la donna si assume per altri.

La mancata risposta di aiuto, non produce altra reazione nella donna: nè separazione, nè disconnessione. La mancata risposta di aiuto ritorna alla donna come percezione di impossibilità al cambiamento.

Si lega il discorso della immodificabilità al discorso della dipendenza: la donna non può fare altro, perchè altro potrebbe significare la rottura di un rapporto di cui si pensa di non poter fare a meno (clicca qui sul significato della dipendenza nella donna).

Come si arriva alla percezione di non poter mettere in discussione l'altro e l'agire dell'altro per la donna?

Le premesse di questa situazione affondano le radici lontano nel tempo; il contesto di vita relazionale attuale con le figure più rappresentative é implicato nel progetto di realizzazione personale della donna, esso é stato scelto come punto di riferimento e/o di applicazione della propria progettualità. Questa progettualità che ha in quella relazione (che è stata attraversata dal conflitto e dallo scontro) il suo punto di riferimento centrale non prevede progetti di ricambi: questa progettualità, alle soglie della malattia è divenuta l'ultima tappa della realizzazione personale, ad essa la donna é legata dal bisogno di dimostrare la propria capacità messa in discussione già precedentemente (ad esempio, dal contesto familiare nell'epoca adolescenziale).  

 Alle soglie della percezione di malattia, si saldano i giudizi negativi di incapacità del contesto, giudizi  che riguardano determinate funzioni di ruolo (per altri), con il giudizio negativo che la donna esprime su di sé relativamente alla incapacità a realizzare le sue aspirazioni personali (il proprio progetto).   

Il nuovo scenario che vede questa saldatura i giudizi negativi del contesto, con il senso di aver fallito sull'ultimo progetto di realizzazione delle proprie aspirazioni fa implodere il sistema di sicurezze personali fondato sull'autostima e sulla fiducia in se stessi ed apre le porta alla percezione di un sè malato.

Sul piano concreto succede che la donna a questo punto del percorso contempla angosciosamente la propria situazione che le appare senza via di uscita (necessità di cambiamento ed impossibilità a cambiare; bisogno di aiuto ed impossibilità a contrattare l'aiuto, e comincia a riflettere che tutta questa stanchezza, incapacità non dipendono dal contesto (perché anche la richiesta di aiuto appare come indice di una propria debolezza) ma da qualcosa che é in se stessa e a cui bisogna trovare un nome.   

Ciò che manca alla donna, nel momento in cui si avvia sulla strada di una riflessione sulla propria disfunzionalità, é uno sguardo diverso sulla propria storia e sulla proprie responsabilità.

La donna non vede cioé come vi sia stato nella sua storia un aggravio di responsabilità e di carichi di lavoro a partenza dai bisogni del contesto; e non vede come questo aggravio abbia determinato poi la non riuscita e il fallimento dei progetti personali; si pensa priva di risorse e bisognosa delle risorse, dell'aiuto del consenso degli altri al cambiamento, e non vede le proprie risorse e capacità esaurite nella costante pratica di fare per altri senza mai accantonare energie e risorse  per sè.  

La malattia quindi nasconde alla donna la possibilità di gettare uno sguardo diverso sulla propria storia: essa costituisce in modo solo apparente una via d'uscita, in quanto sembra allontanare dal giudizio di incapacità personale  (il non riuscire più a fare le cose di prima, il non essere più come prima, il non sentire più le stesse e mozioni e sentimenti di prima) le quote di colpevolezza, relegando l'incapacità stessa nella sfera della "natura".

Nella malattia la donna attribuisce quindi ad una sè "astorico" ed al proprio funzionamento psico-fisico l'incapacità. Si assiste in questo modo ad un processo di sfocamento della vita quotidiana e della storia personale con le sue relazioni concrete e con i conflitti e le reali contrapposizioni di interessi, ed alla messa a fuoco contemporanea della propria incapacità fisica c/o mentale.   

Questo processo assume le caratteristiche di un sistema percettivo del tipo "figura - sfondo", in cui man mano o a tratti il quotidiano si allontana e su di esso come sfondo si staglia la malattia come figura. L'inversione "figura - sfondo" tra quotidiano e malattia può divenire un sistema stabile di riferimento della propria percezione. Si é verificato ad esempio, che in alcune donne le proprie ragioni di disagio, collegate alla vita quotidiana, fossero facilmente attingibili dietro una prima rappresentazione della propria incapacità e malattia; in altre invece - relativamente anche alla variabile tempo - si é verificata una maggiore difficoltà a "rievocare" il quotidiano come luogo di proprie capacità e al contrario come luogo delle pratiche di oppressione e prevaricazioni degli altri .   

Da questo momento in poi inizia per la donna la riflessione sulla propria diversità e carenza di funzionalità; i tempi dello scontro da ora in poi saranno obliterati ed entreranno in campo solo come ulteriore attestazione della propria incapacità e debolezza.

 

Nel momento in cui il percorso dalla insostenibilità alla malattia é completo, la donna rinuncia ad analizzare ed a portare avanti le proprie ragioni e rinuncia a una qualsiasi progettualità (cambiamento di funzioni, di ambiente familiare, ecc.).

Il proprio mondo interno si trova così deprivato di oggetti (idee, progetti, desideri, ecc.): vi è in questa fase, per dichiarazione esplicita della donna, un momento di "vuoto" ed insieme un momento di "confusione mentale". Questo momento é stato visto da alcune donne, durante il rapporto con il Servizio, come frutto di un azzeramento di ogni pensiero sulla situazione di scontro e conflittualità con il contesto, e con alcune figure di esso.

Da questo azzeramento delle vicende quotidiane, da questo vuoto  si passa a un pieno di segno diverso; inizia il processo di riempimento della mente con contenuti che si dirigono a immagini e riflessioni su di sé che non funziona.  L'attenzione si sposta cioé sul funzionamento del proprio corpo e della propria mente come elementi separati dalla vita quotidiana e dalla sua storia.

 La riflessione sul proprio corpo comprende anche l'esplorazione della funzionalità psichica; corpo e mente sono qui considerati unitariamente sotto un'angolazione organicistica. L'elemento iniziale di quest'analisi é la stanchezza psico-fisica. Essa non viene più considerata nel suo collegamento con i carichi di lavoro e le responsabilità quotidiane sia materiali che affettive e sociali (su questi infatti é caduto un "necessario" silenzio), ma é vista come primo dato di una situazione che deve trovare una qualche giustificazione nella sfera della funzionalità fisica.

La stanchezza, privata del suo retroterra storico, diviene quindi elemento della disfunzionalità del corpo e prima attestazione dell'esistenza di una malattia. Dalla stanchezza si sviluppa poi una riflessione più articolata sulle disfunzioni corporee collegate a quelle comportamentali, che darà vita alla costruzione del sintomo.   

La riflessione sul proprio comportamento ha come elemento iniziale la stanchezza intesa come noia, mancanza di gioia. Anche qui la riflessione abbandona il percorso storico antecedente, e questo nuovo modo di sentire viene vissuto dalla donna come attestazione di una disfunzionalità comportamentale. Questa riflessione iniziale sulla funzionalità fisica e comportamentale trae lo spunto dai giudizi di incapacità ed anche di anormalità che il contesto ha inviato alla donna, e prosegue sulla scia di una auto-osservazione mirante alla definizione di un complessivo stato patologico.

  Analizzeremo in dettaglio gli elementi su cui la persona costruisce la riflessione soggettiva circa l'esistenza di prove che indicano la presenza di uno stato patologico: é questo il processo di costruzione del sintomo.   

La base di questo processo di costruzione del sintomo-malattia é costituita da un lato da una serie di banali malesseri o di normali deroghe ad un comportamento fisio-psichico "perfetto"; dall'altro, da variazioni di atteggiamenti nei confronti delle attività quotidiane.

Il processo di costruzione del sintomo ( clicca qui per un approfondimento) si instaura nel modo seguente: da un lato procede 1 'attenzione al corpo/mente ed ai loro modi di funzionamento; dall'altro Procede l'attenzione che si dà al modo di condurre i compiti quotidiani. Per ambedue si sviluppa una riflessione che condurrà la donna all'accertamento di una propria diversità; in questo accertamento le due parti del processo saranno chiamate l'una a fondamento dell'altra in un rapporto di validazione e rafforzamento reciproco.

Il processo dì costruzione del sintomo é ovviamente nella percezione soggettiva ed in quella collettiva, l'elemento/prova della formazione ed esistenza di una malattia.

 Sul sintomo psico-fisico, sulle incapacità, e sulle diversità dei comportamenti si basa l'osservazione medica e quella del contesto sociale per definire una persona portatrice di un qualche disturbo psichico.   

Corollario della costruzione del sintomo e della formazione della percezione di malattia è la paura della perdita del controllo da parte della persona che si suppone malata.   

Da questa paura nascono una serie di comportamenti ed atteggiamenti particolari, che esprimono il bisogno - da parte della persona che si percepisce malata - di avere determinati controlli esterni e vincoli. Questo bisogno porta alla creazione di un sistema di sicurezza personale.   

Questo sistema di sicurezza non é niente altro che una complessa strategia di evitamento di situazioni pericolose o vissute come tali da parte della persona sofferente.

 Saranno cosi da evitare determinati luoghi (chiusi o aperti) isolati, che comunque possono essere soggettivamente correlati con il rischio di sentirsi male e/o di avere bisogno di soccorso tempestivo. Oppure faranno parte del sistema di sicurezza determinate persone la cui presenza é ritenuta affidabile e rassicurante. In genere le persone prescelte, come sostegno necessario alla propria temuta incapacità di autocontrollo, sono quelle che hanno avuto un maggior peso nel determinare i vissuti di incapacità prima e di malattia dopo. Queste ultime, nella malattia, mutando solo apparentemente di segno e di significato, divengono portatrici indispensabili di soccorso e di aiuto.

 


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2. Il protocollo sulla percezione di malattia

Struttura, uso e metodologia del protocollo

 

2.1       Struttura

Il protocollo ha la funzione di unire in un unico processo, gli elementi di cui si compone la percezione di malattia. Sono qui analizzati, sul piano strutturale e dinamico, gli aspetti che sono stati individuati come parte integrante del processo di formazione della percezione di malattia.

 

Insostenibilità, incapacità immodificabilità, costituiscono campi di indagine che strutturano tre ambiti di analisi e di intervento: percezione delle condizioni di vita; percezione di sé, delle funzioni e dei progetti di ruolo; percezione del malessere. 

           In ogni fase del processo di costruzione della percezione di malattia, questi campi si compongono in modo diverso e con uno specifico rapporto tra loro, dando vita a situazioni e punti di vista differenziati.. Il protocollo, che si compone di 4 parti, è predisposto per dare una linea guida all'intervento dell'operatore che guarda al processo di formazione della percezione dì malattia partendo dalla   sua conclusione per poi  risalire indietro fino al, momento iniziale della sua messa in moto.           

La Parte 1°         analizza l'ultima fase del processo: lo specifico percorso della persona che si percepisce malata all'interno dell'istituzione medico-psichiatrica;

raccoglie gli elementi del processo di cronicizzazione (definizione e stabilizzazione) della percezione di malattia.           

La Parte 2° analizza il percorso di ammalamento della persona all'interno della vita quotidiana, nel rapporto con il contesto, prima di una qualsiasi codifica, tecnica o meno;

definisce il processo attraverso cui l'attenzione della donna si sposta gradualmente dalle ragioni e dai motivi di scontro  con il contesto alle ragioni e ai motivi della propria disfunzione fisio-psichica.

Il percorso di ammalamento è dato allora dal passaggio dalla percezione di insostenibilità alla percezione di malattia. Questo passaggio è costituito dal cambiamento-ribaltamento del proprio, punto di vista sulla situazione di   vita e di rapporto con il contesto.           

La Parte 3° analizza la percezione di incapacità conseguente a scontri con il contesto in una qualsiasi tappa della vita della persona antecedente al percorso specifico dell'ammalamento La percezione di incapacità è la risultante di una serie di giudizi svalutativi espressi dal contesto in determinate situazioni di scontro e di divergenza di punti di vista. In questa Parte si realizza un progressivo incremento dei vissuti di incapacità, oppure un incremento delle esigenze di verifica delle proprie capacità: in ogni caso non si realizza però il ribaltamento del proprio punto di vista: dallo scontro con il contesto all'autoassunzione di responsabilità circa le proprie difficoltà di vita.

La Parte 4°         analizza la percezione di incapacità formatasi in una tappa di vita specifica: quella della adolescenza e dell'addestramento al ruolo; raccoglie i dati circa il grado di percezione di incapacità che la donna ha assunto relativamente ai giudizi espressi dal contesto nella fase adolescenziale.

 

2.2       Uso del protocollo

Esso costituisce uno strumento specifico per l'analisi e la rilevazione del processo di formazione della percezione di malattia. Questo strumento, come ogni altro, accompagna l'operatore in tutto il corso dell'intervento con l'utente, fungendo da schema orientativo per la impostazione dei problemi in discussione e come luogo sistematizzato di raccolta dati.

Questo protocollo raccoglie notizie e dati nell'ambito completo della storia di vita della persona. Esso tuttavia non raccoglie tutti i dati della vita della persona (a questa funzione sono adibiti altri strumenti la cartella clinica e il protocollo di rilevazione del quotidiano), ma alcuni  momenti salienti di essa.

Come vanno allora individuati i dati da raccogliere ed analizzare? Un elemento su cui impostare la raccolta dati è sicuramente quello cronologico.

In particolare l'operatore esplorerà la condizione di vita della persona a partire dal primo momento in cui questa riferisce di "essersi ammalata".                

a.       Si cercherà di distinguere il momento in cui la persona ha percepito un  qualche disturbo, dal momento in cui si è rivolta per la prima volta ad un tecnico. Definiti questi due ambiti temporali, ciascuno sarà analizzato separatamente. Il primo contatto con il tecnico è certamente da assumere come inizio della percezione di malattia. Ciò pone l' operatore in condizione di esplorare la parte di percorso mentale che la persona ha compiuto in una doppia direzione. In una direzione, si analizzerà il percorso come conferma, approfondimento e cronicizzazione della percezione di malattia (definito: "percorso medico-psichiatrico"); nell'altra si analizzerà il percorso come attestazione o acquisizione di un giudizio soggettivo (percezione) circa una propria disfunzionalità all'interno della vita quotidiana. In questo modo si giungerà a distinguere i giudizi tecnici avanzati nel percorso medico-psichiatrico, dal punto di vista della persona sulla malattia.  Questo punto di vista risulta più direttamente collegato agli elementi della vita quotidiana di quanto lo sia il punto di vista del tecnico.

b.        L'operatore a questo punto si trova nel cuore della percezione di malattia (Parte 2). L'intervento qui è condotto lavorando intorno a precisi limiti cronologico. Il campo da esplorare non deve tenere conto di eventuali intrusioni del passato nella situazione attuale. Ad esempio, l'utente tende a dare alla percezione di malattia un fondamento più arretrato nel tempo, accomunando all'attuale percezione anche malesseri  saltuari e/o sporadici del passato: "'sono sempre stata male, ho sempre avuto questi disturbi, ecc."

L'operatore deve definire con precisione, escludendo dalla riflessione di questa specifica Parte ogni altra osservazione dell'utente sulla sua vita, il momento in cui l'utente ha percepito di aver bisogno dell'aiuto o dell'affidamento ad un tecnico per la gestione dei suoi problemi.

c.         In questo modo l'operatore definisce un quadro completo di come, da quando e perchè la persona si sente malata, incapace, diversa; di come vive il rapporto con il contesto, della presenza o meno di divergenze o insoddisfazioni rispetto al contesto di vita.

Questo è il punto limite della rappresentazione di sé che la persona fornisce spontaneamente al tecnico. L'intervento dell'operatore deve invece spingersi al di là di questo limite. Il limite si varca esplorando l' immediato contorno temporale della formazione della percezione di malattia.

Cosa c'era prima? Questa diviene la domanda centrale per ripercorrere a ritroso il processo di formazione della malattia. Il "prima" riguarda le condizioni di vita, i rapporti della persona con il suo con- testo prima della malattia. Questa domanda sul "prima" presuppone l'esistenza di una situazione del tutto diversa, che sta in un rapporto di ribaltamento rispetto a quella attuale.

Il "prima" può affiorare immediatamente: in questo caso non sempre corrisponde all'acquisizione di un altro punto di vista della persona sulla propria situazione. La determinazione di un nuovo punto di vista è affidata invece all'intero svolgimento dell'intervento di cui il protocollo rappresenta solo la definizione di un aspetto cognitivo, anche se essenziale. La specificazione del  "prima" non può riguardare fasi e tappe di vita della persona diverse da quella implicata nell'ammalamento. Ad esempio: se la persona riferisce l'inizio della percezione di malattia nella fase matrimoniale, il "prima" non potrà essere riferito ad una tappa diversa come quella adolescenziale

Il percorso dell'ammalamento, che va dalla percezione di insostenibilità a quella di malattia, è un percorso molto breve, se lo si rapporta al corso totale degli avvenimenti della vita di una persona. La brevità di questo percorso è data dal fatto che esso rappresenta, all'interno di una storia di accumulo di dati ed eventi, il momento 'XY' della trasformazione di questi dati grazie all'acquisizione di una nuova ottica: quella della malattia. Il percorso dell'ammalamento coincide quindi con il ribaltamento del punto di vista della persona: dalla rappresentazione di un sé in lotta con il contesto, alla rappresentazione di un sè malato. Il protocollo da noi messo a punto ha in questa parte l'obiettivo di cogliere precisamente questo passaggio che ha al suo centro il momento di ribaltamento della percezione di sè, definito convenzionalmente XY

d.      Quando questa fase sarà stata superata, l'operatore si troverà esattamente ad analizzare il periodo e le fasi di vita precedenti al percorso della trasformazione della percezione di sè. In questa analisi la persona rivede le condizioni storiche - antecedenti alla percezione di malattia - che l'hanno condotta in direzione della malattia. In questo ambito di analisi l'operatore interviene per mettere in evidenza il processo di induzione dei vissuti di incapacità da parte del contesto. Inizia qui il lavoro di verifica della legittimità dei modelli su cui la persona ha misurato, nel corso degli anni, le proprie capacità; il lavoro di verifica delle risorse personali, degli stati reali di dipendenza e di bisognosità, l'analisi di progetti e desideri accantonati e/o dismessi.

e.       Si analizzano quindi fasi precedenti della vita della persona, fasi in cui si è espressa una conflittualità con persone del contesto rispetto a funzioni, attività, interessi, progetti specifici. Queste fasi da analizzare possono essere anche più di una (Parte 3°), a secondo dell'età della persona e delle varie tappe di vita che sono state esperite (infanzia, adolescenza, primi anni di autonomia dalla famiglia di origine, matrimonio con figli piccoli ecc. ecc.)

Qui l'operatore deve tenere conto soprattutto degli esiti di eventuali scontri con il contesto: a che cosa la persona ha dovuto rinunciare, in che cosa ha dovuto modificare la propria progettualità, o in che cosa ha dovuto modificare gli aspetti del proprio quotidiano in rapporto a richieste avanzate dal contesto. Ciò che interessa mettere in evidenza con questa analisi è il punto di vista della persona espresso nello scontro, ma prima della sua risoluzione od esito. La scelta, ad esempio, di lasciare il lavoro dopo il matrimonio, o dopo la nascita del primo figlio, rappresentava il punto di vista della persona, i suoi interessi, oppure rappresentava il punto di vista del contesto?  E in base a quale rappresentazione di sè, dei modelli, dell'altro il conflitto si è risolto con una rinuncia?

f.     Di scontro in scontro, a ritroso nella vita della persona, si giunge alla fase in cui lo scontro con il contesto ha determinato la prima formulazione consapevole di propri modelli di vita e la definizione di una progettualità di riferimento per gli anni futuri.

 L'analisi di questa fase (Parte 4°) prevede l'articolazione di uno schema di rapporti tra il contesto e la persona. L'operatore deve tendere ad individuare da quale esigenza muove la progettualità della persona: di contrapposizione o meno con il. contesto? Di quali responsabilità la persona è stata caricata relativamente alle esigenze di realizzazione delle aspettative del contesto, ed in particolare delle aspettative della madre?

Il modello assunto dalla donna adolescente con il relativo progetto costituisce l'antefatto storico del percorso di ammalamento. Il modello ed il progetto costituiscono l'elemento esplicativo, per l'operatore e per l'utente, del come e perchè sono state fatte determinate scelte di vita risultate svantaggiose in seguito.

L'operatore deve individuale inoltre le persone del contesto (familiare ed extra-familiare) che si trovano implicate nella progettualità dell'utente. Da chi in particolare la persona sofferente fa discendere la necessità di essere validata e confermata rispetto alla giusta realizzazione dei propri progetti?

Sono proprio queste le persone che con i loro giudizi hanno un peso determinante nell'assunzione da parte dell'utente della percezione di incapacità e fallimento.

g.   Quando il protocollo è stato ultimato, l'operatore trae un bilancio consuntivo insieme all'utente.

Ciò che deve emergere da questo consuntivo è la storia di un punto di vista nascosto, accantonato, dismesso nel corso degli scontri con il contesto.

L'individuazione di questo punto di vista, attraverso il recupero di una progettualità personale man mano ridotta nel gioco di interessi contrapposti (persone e contesto), apre un nuovo campo di intervento.

Questo campo, costituito da "materiale di recupero" della storia dell'utente, fornisce all'utente ed all'operatore i modi e gli strumenti concreti per costruire un nuovo percorso che sia divergente da quello dell'ammalamento.

Da questo momento in poi il lavoro continua con la sperimentazione di forme nuove di attività, interessi e progetti non più rigidamente improntati ad uno dei due modelli socialmente validati. Si tratta di forme nuove, non in assoluto, ma relativamente alla storia della persona ed al modo in cui fino ad allora erano state messe insieme ed articolate, dando così luogo ad uno stile di vita rilevatosi parziale rispetto alle proprie esigenze.

 

2.3       Metodologia d'uso nel rapporto con l'utente

Il protocollo è strutturato per la raccolta del punto di vista dell'utente. Questo, che è punto nodale di ogni metodo di intervento centrato sull'utente, trova qui una sua necessità logica oltre che operativa. Il protocollo infatti raccoglie le fasi di un processo di costruzione mentale, che inizia con la rappresentazione di un Sé in rapporto di scontro con il contesto, e termina con la rappresentazione di un Sé malato.

Le fasi di questo processo con le due rappresentazioni soggettive contrapposte possono essere comprese e raccolte e messe in evidenza, e quindi utilizzate nell'approccio terapeutico di cambiamento, solo con una metodologia di ascolto del punto di vista dell'utente.

La metodologia d'uso del protocollo non si esaurisce però solo nell'ascolto e nella rilevazione del punto di vista dell'utente. La rilevazione del punto di vista dell'utente che si presenta ad un Servizio di salute mentale è limitata infatti alla fase della rappresentazione del Sé malato Invece è necessario andare anche al di là di questa rappresentazione iniziale, per poter recuperare il punto di vista (le proprie ragioni, i propri interessi, ecc.) che la persona ha perso o dismesso nel corso della propria storia di vita e in particolare nel corso degli ultimi scontri con il contesto. In questo intervento di recupero, il punto di vista dell'operatore agisce come perno di ridefinizione del punto di vista storico dell'utente, antecedente all'ottica della malattia.

Il protocollo infatti è strutturato per rendere evidente agli occhi dell'utente l'abbandono del proprio punto di vista a favore di una percezione soggettiva di malattia. In questo senso il protocollo non può limitarsi a radiografare una situazione; ma, nel momento in cui mette in evidenza l'abbandono del punto di vista personale dell'utente (punto di vista storico), pone necessariamente l'esigenza della modifica del punto di vista attuale (ottica della  malattia) e della acquisizione di un altro punto di vista (punto di vista esigenziale), più legato agli interessi e alle ragioni storiche della persona.               

L'utente segue il filo del. suo discorso, rappresentando le varie fasi di questo processo secondo un ordine che è più vicina ai suoi modi espressivi.

L'operatore non deve costituire assolutamente alcuna gabbia al discorso dell'utente; egli dovrà s tenere la "memoria" del discorso perchè alla fine l'utente possa essere consapevole del processo , riconoscendo e ricomponendo tutti gli elementi di quel processo che l'ha condotto verso l'auto-attribuzione del giudizio di malattia[i].                   

Il punto di vista dell'operatore è presente nella riformulazione - che riuscirà a sviluppare - dei problemi che l'utente presenta al tecnico, come prove e segni tangibili della propria incapacità e malattia.

L'operatore ridefinisce ogni atto che l'utente porta in discussione, al fine di capovolgere il senso di questi atti: essi allora, nell'ottica dell'operatore, non sono più testimonianza dell'incapacità del soggetto, ma elementi separati e sconnessi di una storia di contrapposizione di interessi con il contesto di vita.

Referente, nella riformulazione dei problemi, rimane sempre l'analisi della vita quotidiana. ( clicca qui per approfondire l'analisi dei fatti della vita quotidiana).

 I fatti della vita quotidiana sono inoltre sempre visti come espressione di interessi di soggetti sociali diversi. La riformulazione del problema da parte dell'operatore, per poter essere accolta dalla donna come prova a favore della propria capacità, deve essere sostenuta da fatti reali e visibili che posseggano evidenza tale da smentire il significato di fallimenti ed incapacità personali. Ciò è possibile perchè la percezione di malattia, come rappresentazione mentale di una propria disfunzionalità rispetto alle norme e ai modelli sociali, è essa stessa la risultante di fatti concreti e tangibili come gli interessi materiali ed affettivi di parti contrapposte nel gioco delle relazioni sociali.

Per questo occorre che all'analisi della percezione della malattia sia affiancato un altro strumento, trasversale al primo, che è l'analisi della vita quotidiana rappresentata nella donna dai conflitti di interessi secondo una scala gerarchica che vede al primo posto le differenze di sesso e poi a scendere quelle relativamente all'età, all'economico, e all'etnia.

Quando il percorso è esaurito ma anche durante questo percorso di ricostruzione della storia degli interessi della persona) non è esaurito l'intervento terapeutico. Esso prevede infatti (3° fase dell'intervento), che la persona si sia cimentata con fatti ed esperienze risultanti dall'acquisizione del nuovo punto di vista, esterno all'ottica della malattia.

Il percorso complessivo di uscita dalla malattia si realizza con:

a.     la destrutturazione di un punto di vista di incapacità e di responsabilità personale nel fallimento dei progetti della propria vita;

b.      la liberazione di capacità prima disincentivate o disabilitate che, rimesse nel circolo della propria esistenza, possono riaprire una progettualità che la malattia aveva sancito come conclusa o fallita;

c.       la  sperimentazione di nuove forme di attività e stili di vita più congeniali all'espressione e soddisfazione dei bisogni ed esigenze personali.

 

E' necessario quindi che il protocollo sulla percezione di malattia sia usato nel contesto della più ampia metodologia di intervento che sappia mettere insieme i vari strumenti, le varie fasi ed i vari obiettivi per conseguire un superamento della condizione di disagio ma soprattutto per fornire all'utente, mentre si svolge il lavoro, gli strumenti di comprensione e fronteggiamento del disagio e delle sue condizioni di innesto e mantenimento[ii].



[i] L'auto-attribuzione del giudizio di malattia è elemento fondante della diagnosi di patologia psichica. A questo proposito consulta la trattazione sulla diagnostica del DSM IV, in questo stesso sito, all'indirizzo:diagnostica.htm

[ii] Da tutto il lavoro clinico è maturata la necessità di intervenire sul problema della prevenzione non solo individuale (strumenti forniti ai singoli utenti nel corso dell'intervento clinico) ma di gruppi più estesi sia al livello di potenziali utenti, sia a livello di operatori della sanità.

 


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SCHEMA  A

 

PERCEZIONE DI INSOSTENIBILITA'

Contesto

Richieste alla donna di farsi carico di ulteriori compiti e responsabilità materiali ed affettive.

 Ampliamento dei carichi e dei compiti di ruolo

Donna

Restringimento dei propri spazi di vita; percezione di gravosità. Domanda di aiuto al contesto

 

 

PERCEZIONE DI INCAPACITA' E

PERCEZIONE DI IMMODIFICABILITA'

 

 

Contesto

Domanda di aiuto respinta.

 Legittimazione delle richieste di sovraccarico attraverso il richiamo ai modelli di ruolo. Attribuzione

di incapacità alla donna.

 

Donna

Adesione al punto di Vista del contesto, condivisione dei criteri di legittimità dei modelli.

Percezione di una propria incapacità nell'adempimento dei compiti di ruolo e nell'assunzione di responsabilità personali.

 

 

PERCEZIONE DI MALATTIA

 

Contesto

 

Mantenimento delle richieste, rinforzo del giudizio di incapacità;

attribuzione della incapacità ad una diversità: "sei diversa dalle altre donne e quindi non vali, sei l'atta male, sei snaturata, sei pazza, ecc.

 

Donna

 

Adesione al punto di Vista del

Perdita graduale della percezione di gravosità dei costi e delle responsabilità; con ampliamento della percezione di incapacità.

Inspiegabilità della stanchezza in termini di pesantezza dei compiti, e sua attribuzione a malattia.

Attenzione al malessere fisico e psichico: costruzione del sintomo.