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I disturbi psichici più frequenti nella donna adulta: ansia, depressione, stress |
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LA DEPRESSIONE E LA
DIAGNOSTICA 3. LA DEPRESSIONE ED IL PUNTO DI VISTA DELLE DONNE
4. Anna Giovanna Emilia Rosaria
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Le statistiche internazionali mostrano come le patologie psichiche (depressione maggiore, ansia, attacchi di panico, disturbo post-traumatico da stress, disturbi del comportamento alimentare) siano prevalenti tra le donne nella popolazione generale ed in quella dei Servizi Sanitari. La depressione in modo particolare è la principale causa del carico di malattia (Burden of Disease) ed essa, nelle donne di età compresa tra i 15 ed i 44 anni, costituisce la prima causa di carico di malattia. (The World Health Report , Database). Tra le varie patologie psichiche la depressione costituisce oggi quella che crea maggiore allarme sanitario, come più volte ha evidenziato l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). E di questa patologia soffre maggiormente in Italia e nel mondo la popolazione femminile. La ricerca ha mostrato come le madri, con più figli piccoli o minori, e le adolescenti hanno i più alti rischi di depressione. In generale tutti i dati internazionali concordano sul fatto che le donne soffrono di depressione da due a tre volte più degli uomini. La prevalenza della depressione nelle donne rispetto agli uomini inizia con l'adolescenza e dura in tutto il corso della vita. Le adolescenti sono a maggior rischio di depressione e in alcuni casi, come nei disturbi dell'alimentazione, il rapporto femmine maschi è di 9:1, ovvero il 90% della totalità dei casi.
dal punto di vista psichiatrico si presenta come un ventaglio di diverse sindromi sotto la categoria " disturbi dell'umore" in rapporto a: criteri temporali (per quanto tempo, da quanto tempo) e quantitativi (incidenza di gravità dei sintomi nel funzionamento sociale della persona).
Alcune domande sulla diagnosi di depressione
Tra i disturbi dell'umore quali sono quelli più tipicamente diagnosticati nelle donne?
La depressione maggiore e la distimia sono considerate le diagnosi più frequenti tra le donne.
E l'essere donna è considerato dalla psichiatria un fattore di rischio per la depressione? Si, il sesso femminile nella depressione non bipolare è considerato un fattore di rischio, gli altri fattori di rischio, ovvero condizioni frequentemente associate alla depreSsione sono:
LA DEPRESSIONE ED IL PUNTO DI VISTA DELLE DONNE:
Al di là della diagnostica medico-psichiatrica, l'esperienza depressiva costituisce per la donna un vissuto unitario e si connota nella generalità dei casi come: stanchezza, demotivazione, mancanza di interesse, azzeramento del senso di sè, difficoltà al riconoscimento di sè, sentimenti di estraniazione da sè, percezione di fragilità, debolezza ed incapacità, mancanza di desideri, mancanza di sentimenti positivi, ma anche incapacità a " sentire" i sentimenti e le emozioni quali: la gioia, l'amore, l'amicizia, l'appartenenza, la condivisione. Essa si accompagna poi ad una sintomatologia psico-fisica multivariegata quale ad esempio: la perdita di appetito, l’insonnia, il pianto frequente e/o prolungato, l’ansia, l’irrequietezza, il panico, la paura di impazzire e l'angoscia di "non guarire".
la loro esperienza di depressione: ANNA, GIOVANNA, EMILIA, ROSARIA
Per prima cosa la donna segnala la stanchezza:” non ce la faccio più a fare le cose che facevo prima” tutto mi stanca e mi dà peso. Poi segnala un cambiamento di prospettiva: non vivo le cose più come prima, non provo più gioia nel fare le cose, niente mi interessa più. Poi segnala la paura del cambiamento: non mi riconosco più, non so chi sono, non so cosa mi sta succedendo. Poi demarca la differenza tra un sé precedente capace ed un sé attuale incapace. Poi spiega il cambiamento pensando ad una malattia
Anna
"Ho cominciato a stare male da quando mi sono sposata. Mi sono sposata che aspettavo il bambino. Mi sono sposata dopo aver scoperto la gravidanza. Cioè ho scoperto di aspettare Giulio e non ero contenta; non avrei mai abortito ma non ero contenta. Poi quando è nato il bambino ho cominciato a piangere e piangevo sempre, tutti i giorni. Ero triste, ero spaventata perché non avevo casa, perché mi sentivo incapace di essere moglie e di essere madre. Avevo questi forti timori, allora anche le piccolezze mi spaventavano. Pensavo a quello che dovevo fare, a quello che le dovevo mettere addosso, al latte e via dicendo; pensavo sempre alle stesse cose e sono stata malissimo. Mi sono messa a letto e non ho fatto più niente perché ero stanca. Sono depressa da quando l'ho conosciuto. La caduta psicologica è stata il matrimonio, ma io mi trascinavo pure dietro questo fidanzato che mi diceva "non si fa questo, non si fa quello". Se lo chiamavo "stronzo" lui mi diceva "puttana". Però quand’ero fidanzata sono riuscita ad impormi, ad esempio per indossare la minigonna o una maglietta scollata. Se mi diceva di non indossarla io dicevo “va bè esco da sola!” Io ero così, io sono così. Oggi non riesco più ad essere così tosta… Io non amo fare la casalinga, sicuramente sono più gratificata nel lavoro, quindi lo faccio di più (la casalinga) e meglio perché so che mi devo impegnare di più però lo faccio con sforzo. Poi ci ho riflettuto, in me c'è sempre dovere, dovere, dovere e sfortunatamente non dovere fare così e così, ma dovere fare bene.
Non potevo frequentare nessuno. Facevo casa - scuola e scuola - casa. Il pomeriggio non potevo muovermi, neanche per la spesa perché non avevo nessuno a cui lasciare i bambini, e quindi anche se mi sarebbe piaciuto uscire non potevo e mio marito faceva lui la spesa prima di rientrare a casa. Poi la sera preparavo la cena e via a dormire. Però anche qui c'erano dei doveri ed io in quel periodo mio marito non lo sopportavo proprio! Però stavo zitta e passiva. Mi ritenevo responsabile solo per il fatto che non riuscivo a reagire. Io sapevo di poter cambiare la mia vita però avrei dovuto fare qualcosa di grosso: ecco lasciare mio marito e andarmene! Un colpo di testa. Ma mi sarei sentita in colpa verso i miei figli. No, io non mi sono mai sentita una persona malata. Perché dentro di me sapevo che lo stress cui mi sottoponevo era enorme. E poi per sottrarmi a quella situazione mi tuffavo nel lavoro e questo mi stancava ancora di più. Non c'era più speranza per me. Per cui dovevo tacere se mia suocera gridava, se mia cognata mi martirizzava. Dicevano per esempio che io ero uno "zero", che come insegnante non valevo niente. Tutta la famiglia di mio marito non mi valorizzava: io per loro non valevo niente.
"Prima il rapporto sessuale era una cosa gioiosa, invece era diventato l'ultimo servizio della giornata. Facevamo vite diverse io mi alzavo presto al mattino, cucinavo portavo i figli a scuola, e poi quando ho cominciato a lavorare andavo al lavoro; lui si alzava tardi ed usciva per lavoro il pomeriggio per rientrare tardi al sera; io dopo aver fatto mangiare i figli, aspettavo anche alle 23 per cenare con lui e nel frattempo lavavo i panni o stiravo o facevo altri servizi per la casa. Dopo cena lui guardava la televisione come se stesse solo ed io facevo la cucina; poi andavamo a letto e l'ultimo servizio della giornata era quello". " Sono sempre stata una persona molto attiva, anche all'epoca ero così: mi alzavo presto al mattino, cucinavo poi andavo al lavoro, ero sempre disponibile con i figli, per cui c'erano sempre amici in casa, alla mia casa ho sempre badato io, non ho mai avuto aiuti, perchè non me lo potevo permettere, e poi perchè mi piaceva". "Non ho mai avuto problemi del tipo paura di stare sola, fobie o attacchi di panico, è che ad un certo punto mi sono stancata. Io incitavo sempre mio marito, cercavo di incoraggiarlo, è come se non ce la facessi più a fare questo. Io le cose le affronto, non mi tiro mai indietro, e quindi mi sembrava sempre di combattere con mio marito, con i genitori di mio marito, perchè ci considerassero una famiglia, perchè facessero i nonni e non i genitori dei nostri figli" "Mi sono resa conto che era inutile combattere, quindi ho deposto le armi, non ne volevo sapere più niente: pensavo lasciatemi stare. Stavo sul divano, e quando mio marito se ne accorse chiamò mia sorella, e non sapevano che fare e mi portarono in ospedale”.
Avvertivo un disagio che si manifestava con un malessere di natura fisica, per cui pensavo da un lato di essere malata, dall'altro poi mi rendevo conto che si trattava di un disagio psicologico. Mi sono rivolta prima al medico curante, poi ad un neurologo che mi ha dato una cura con psicofarmaci: la situazione per un po’ è migliorata poi é tutto ritornato come prima. Avvertivo un crollo fisico tutte le volte che stavo un pochino più affaticata. Mi sentivo incapace di fare qualsiasi cosa e correvo a buttarmi sul letto. Avevo mal di testa tremendi, una specie di oppressione proprio sulla testa, avvertivo una sensazione che mi prendeva alla nuca; per tutto questo sono arrivata al punto che non riuscivo più ad uscire da casa. Questo é successo dopo un episodio in cui mi sono sentita male per strada: mi si sono bloccate le gambe e non riuscivo più a camminare; ho avuto una paura enorme di quel momento e mi sono detta: "Credo di stare impazzendo". Da quel giorno non sono più uscita da casa per un mese: in casa stavo bene, se mi avvicinavo alla porta mi riassalivano le paure. Collegavo i miei malesseri ad una serie di eventi accumulati negli anni precedenti: la malattia di mio marito, la malattia di mia suocera, il mio senso del dovere per cui mi imponevo di fare una serie di cose. Ricordo che poco prima di stare male, di avere tutti questi disturbi, non ce la facevo più a fare sempre tutto. Cominciava dentro di me ad esserci una specie di rifiuto, per cui poi mi sentivo male. Era come se volessi dire "sto male" per non fare una certa cosa; a volte pensavo questo però poi non sapevo assolutamente cosa fare per evitare il tutto (cose da fare, doveri malesseri)
Una lettura degli eventi tipici che accompagnano il disagio femminile e le sindromi connesse
Gli eventi più ricorrenti intorno ai quali si struttura la depressione sono: Il doppio lavoro con i suoi multipli ruoli, la nascita e la cura di uno o più figli; il conflitto con il partner con eventi o meno di violenza, separazione, perdita; il distacco dai figli; la perdita del lavoro del coniuge o il pensionamento, la cura degli anziani e dei malati (suoceri e genitori).
Questi eventi sono occasioni intorno alle quali si concretizzano i fattori di rischio tipici della vita di una donna: -la presenza di un sovraccarico, ovvero l'eccesso di compiti e di fatica connessa; -la dipendenza , ovvero l'impossibilità al cambiamento delle relazioni; - il senso di fallimento di un progetto di realizzazione personale pensato intorno alla relazione con l'altro (partner, figli) accompagnato dal vissuto depressivo ( allora...non sono capace, non valgo, ecc).
Questi eventi tipici della vita della donna possono definire una serie di "sindromi della vita quotidiana femminile" che sono alla base della depressione: - sindrome risarcitoria e dipendenza dal partner: il fallimento della relazione di supporto e confidenza all'interno della coppia; - sindrome emancipazionistica e dipendenza dal lavoro familiare: il fallimento dell'armonizzazione dei ruoli familiari ed extra-familiari; - sindrome del focolare e dipendenza dal lavoro familiare: il fallimento della realizzazione di una soddisfazione personale nel progetto di una famiglia unita ed autarchica ; - sindrome dello svincolo e dipendenza dal partner dipendente: il fallimento di un progetto di autonomia dalla famiglia di origine del partner; - sindrome della maternità e dipendenza dal modello materno: il fallimento di un rapporto materno risarcitorio ed alternativo (compensativo e diverso da quello sperimentato nella propria storia infantile-adolescenziale). - sindrome del nido vuoto e dipendenza dai figli: il fallimento di un progetto di realizzazione personale attraverso i figli ( la mancata realizzazione di un rapporto di prolungamento di sè nei figli).
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